L'isola era detta dai greciAithàle (Αιθάλη)[1][2], Aithàleia (Αιθάλεια)[3] e Aithalìa (Αιθαλία)[4], tutti nomi derivanti dal termine greco aithàle («fuliggine»), in riferimento alle attività di lavorazione del ferro estratto nelle miniere elbane. Per i Latini era invece Ilva[5], toponimo di probabile origine preromana dai Liguri Ilvates, che durante il Medioevo si trasformò in Ilba[6] e infine in Helba.[7]
Nell'isola d'Elba - definita in passato Piccola Trinacria per la sua conformazione geografica[8] - si trova un settore del litorale occidentale chiamato Costa del Sole, una delle zone più frequentate dai turisti per la bellezza delle spiagge. Un famoso panorama dell'isola è chiamato I Tre Laghi almeno dal 1941, in quanto sono visibili i golfi della Biodola e del Viticcio insieme al retrostante Canale di Piombino. Il versante orientale dell'isola, denominato Costa che brilla, è caratterizzato dalla presenza delle ex miniere di ferro, con particolari ed uniche caratteristiche di brillantezza e di colori in tutto l'ambiente circostante, ed in particolar modo alle spiagge, bellissime in quanto ancora poco frequentate da turismo di massa.
Notevole importanza rivestono alcune aree umide come quelle di San Giovanni, Le Prade e Mola; non più esistenti sono quelle di Marina di Campo e Procchio, classificate come «zona malarica» sino agli inizi del XX secolo.
Suddivisione amministrativa
L'isola è divisa in sette comuni[9], tutti afferenti alla provincia di Livorno, per un totale di 31 904 abitanti[10], che aumentano notevolmente durante l'estate.
origine romana: Remmiano (dal nome latino Remmius), Cala del Velesio (dal nome latino Velesius)
origine longobarda: Aringo (hring, «spazio aperto»), Cabòtoli («casa di Bàtuli»), Cafaio (gahagi, «recinto»), Castaldinco (gastald, «amministratore terriero»), Catro (kater, «cancello»), Cadonno («casa di Donno»), Caparùtoli («casa di Baruttuli»), Castormo («casa di Sturmi»), Gaggioli (gahagi, «recinto»), Gualdo, Gualdarone e Gualdicciolo (wald, «bosco»), Guata (wahta, «posto di guardia»), Lamia (lama, «palude»), Passo di Bergo e Poggio Berghino (berg, «monte»), Scolca (skulka, «postazione armata»), Staldo (gastald, «amministratore terriero»), Verna e Vernacciola (verna, «ontano nero»), Zanca (zanka, «tenaglia»).[11]
origine medievale: Calandorfello («casa di Landolfello»), Calegrone («casa di Alegrone»), Camarzucco («casa di Marzucco»), Casardello («casa di Sardello»), Casarotto («casa di Sarotto»).
Dai maggiori rilievi dell'isola scendono numerosi corsi d'acqua a regime torrentizio, i quali raramente superano i 3 km. Durante il periodo estivo, quando le precipitazioni si riducono al minimo, risulta frequente che quelli di minore lunghezza e portata si secchino, lasciando il letto asciutto.
I più importanti, ordinati per lunghezza, sono:
(Gaio Plinio Secondo, Storia naturale, trad. it. di A. Barchiesi, R. Centi, M. Corsaro, A. Marcone e G. Ranucci, 5 voll., Einaudi, Torino 1982, vol. 1, III, 6,12, p. 425.)
Il clima dell'isola presenta prevalentemente caratteristiche mediterranee, fatta eccezione per il Monte Capanne dove gli inverni tendono ad essere moderatamente freddi. Le precipitazioni sono concentrate nel periodo autunnale e risultano essere abbastanza contenute. Il vento più frequente risulta essere lo scirocco caratterizzato da un elevato tasso di umidità; degno di nota è stato il vento di ponente del 12 gennaio 2016, che sul Monte Perone ha toccato 136 chilometri orari. Relativamente frequenti sono le trombe marine; la più grande è datata al 18 agosto 1979, nello specchio di mare antistante Marciana Marina. La neve compare regolarmente sui rilievi del Monte Capanne dalla fine di dicembre alla metà di marzo; tra le nevicate più copiose si ricordano quelle avvenute il 28 febbraio 1932, il 9 febbraio 1983, il 3 gennaio 1985, il 28 dicembre 1996, il 30 dicembre 2005, il 26 dicembre 2008, il 19 marzo 2010, l'11 febbraio 2012, il 6 febbraio 2015 e il 14 gennaio 2017.
Neve sui monti occidentali
Nella tabella sottostante sono riportati i valori medi di temperatura che si registrano a Portoferraio.
«Il 31 ottobre anno decorso una meteora singolarissima per gli speciali fenomeni che la accompagnarono si risolveva in una violenta alluvione sul culmine del Monte Capanne (...). L'alluvione durò per ben due ore, rovesciando tale e tanta acqua che a memoria d'uomo non si ricorda l'uguale. I torrenti che hanno origine dall'indicato monte e dagli altri contigui cioè delle Calanche, Monte Maolo e Monte Perone si gonfiarono in un tratto raccogliendo così enorme massa d'acqua da trasbordare non solo dal loro antico alveo, ma da invadere le vallate a notevole altezza, cagionando rilevanti danni alla viabilità ed opere di arte, e rimanendo interrotto il transito ai veicoli ed agli abitanti dei due paesi di Marciana e Poggio.»[13]
«(...) è stato un disastro immenso (...) quale mai non si è visto nell'isola d'Elba. Nel momento in cui parlo, vi sono dei luoghi che sono rimasti senza conduttura di acqua potabile e senza alcuna strada di accesso. Molte case sono distrutte. Molte minacciate.»[14]
Il circondario orientale dell'isola è invece contraddistinto da alcune essenze vegetali che invece mancano quasi del tutto nell'Elba occidentale, tra cui l'endemica Centaurea aplolepa var. aethaliae, l'anemone stellato, l'ampelodesmo e l'asfodelo. Nell'area umida di Mola, presso Porto Azzurro, è degna di nota la presenza dell'iris acquatico. Sulle rupi marittime del Monte Grosso si trovano due delle tre stazioni elbane di palma nana.
I castagneti sono localizzati sulle pendici settentrionali e sudorientali del Monte Capanne. Strumenti utilizzati in passato nei castagneti elbani erano la ristaia (grossa roncola con immanicatura ad anello) e la squadratora (scure usata per squadrare le travi). In passato esistevano nei boschi delle seccaiole[19], piccole strutture per l'essiccazione delle castagne, insieme alla presenza di numerose carbonaie localizzate soprattutto nelle leccete. Nel 2005 è avvenuto il gemellaggio, motivato dalla castanicoltura, tra Marciana e Castelnuovo di Garfagnana.
Caratteristica ristaia elbana
Il «caso muflone»
Il Comune di Marciana, con delibera n. 26 del 30 aprile 1976, dispose l'acquisizione in concerto con Arci Caccia - per la somma complessiva di 672.000 lire - di tre esemplari di muflone provenienti dalla tenuta di Ugo Baldacci a Montecatini Val di Cecina da collocare sul Monte Perone, dichiarando che l'introduzione degli esemplari costituiva un «contributo del Comune all'opera di ripopolamento e ricostituzione della fauna (...) al fine di ottenere un ripopolamento di selvaggina nelle idonee zone dell'isola.»[20]
Tuttavia, nel maggio 2016, il Consiglio direttivo del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano ha preso la decisione di «eradicare» il muflone dall'isola. Il giro di vite giunge dopo anni in cui il Parco ha tentato di limitare i capi di ungulati sul territorio elbano: un'azione che, evidentemente, non è bastata a gestire l'emergenza procurata dai mufloni, responsabili assieme ai cinghiali di numerosi danni alle colture e alla biodiversità, soprattutto nei confronti del giglio rosso, del giglio stella, dell'agrifoglio e del pungitopo.[21]
La leggenda dei canarini
«Si trovano anco de' canarij bastardi scesi dalli naturali nell'isola dell'Elba, in questo modo, che venendo una nave di Canaria per queste parti, patì naufragio nelli scogli di detta isola, e portando molti di questi ucelli se ne vennero in detta isola, dove si trovano e sono della grossezza della lecora (lucherino), ma più gialli assai nel mento ch'il canario naturale, et ha i piedi negri, et questo sarà il maschio de' bastardi.»[22]
Fiordaliso del Monte Capanne (Centaurea ilvensis)Viola del Monte Capanne (Viola corsica ssp. ilvensis)
Dopo la caduta di Roma, l'Elba divenne territorio degli Ostrogoti e successivamente dei Longobardi; a questi ultimi si devono numerosi toponimi presenti ancora oggi sull'isola, come Gualdo (da wald, «bosco»), Cafaio (da gahagi, «recinto»), Catro (da kater, «cancello»), Caparùtoli, Cadonno e Castormo (casa di Barùttuli, di Donno e Sturmi, nomi personali). All'età longobarda apparterrebbe la sepoltura di un guerriero con corredo funebre che comprendeva una spatha e alcune monete d'oro, rinvenuta agli inizi del XX secolo nell'area della Pieve di San Lorenzo. Contestualmente l'Elba divenne luogo di eremitaggio per i primi monaci anacoreti cristiani che seguivano la regola di Pacomio, tra cui San Cerbone nel 573. Nell'874 l'isola fu pesantemente saccheggiata dai Saraceni, mentre nel 1003 e nel 1016 fu assalita da Mujāhid al-ʿĀmirī.
L'isola subì pesanti devastazioni da parte di corsari tunisini nel 1442, e successivamente per mano di Khayr al-Din (italianizzato in Ariadeno Barbarossa) nel 1534 e 1544 e di Dragut nel 1553 e 1555; di questi ultimi assalti è testimonianza la raffigurazione cartografica dell'isola nella coeva Cosmographia di Sebastian Münster. Nel 1562 scrisse Paolo Giovio: «[Barbarossa] andò all'isola dell'Elba, ove fece smontare i soldati in terra a fare quanta più preda potevano, perché Iacopo d'Appiano signor di quella isola e di Piombino negò di rendergli un giovanetto turco figliuolo di Sinam detto il Giudeo, qual fu già preso a Tunisi. Pure vedendo la ruina che gli veniva addosso per questo, perché i turchi assaltarono Capolibero e presero quasi tutti i terrazzani e rubbavano ciò che potevano e davano la caccia agli habitatori, lo rese, e Barbarossa senza fargli poi più danno alcuno andò via e mandò il giovane fatto capitano di sette galee fin'a Suez, porto del Mar Rosso vicinissimo al Cairo, a suo padre Sinam; il quale per l'allegrezza del figliuolo rihavuto subito venne meno e morì.» Nel 1548 il granduca di Toscana Cosimo I affidò all'architetto Giovanni Camerini la progettazione una città fortificata simbolicamente chiamata Cosmopoli (oggi Portoferraio), concepita come presidio militare con lo scopo di difendere le coste toscane nonché come sede dei Cavalieri di Santo Stefano e che nel 1583 venne così descritta da Giovan Battista Adriani: «Il poggio più elevato, che signoreggia e scuopre tutto il porto, fu chiamato il Falcone: l'altro men rilevato dalla forma della fortezza secondo la qualità del sito hebbe nome la Stella, spargendo le sue fortificazioni qua e là a guisa di razzi. Parimente fermarono un bastione sopra la bocca del porto, il quale fu chiamato dalla forma Linguella.» In tal modo l'isola venne a trovarsi divisa in tre settori politicamente dipendenti da Firenze (circondario di Portoferraio), dalla Spagna con lo Stato dei Presidi (circondario di Porto Longone, oggi Porto Azzurro) e da Piombino (tutto il restante territorio elbano). Nel 1603 gli spagnoli dello Stato dei Presidi iniziarono a Porto Azzurro la costruzione del nucleo fortificato chiamato Forte Beneventano, insieme al presidio militare del Forte Focardo. Agli inizi del XVIII secolo un tardivo seguace di Annio da Viterbo redasse un falso poema in latino sull'antica storia dell'Elba ambientato nel VI secolo (Rerum mirabilium Ilvae), sotto il nome di Celeteuso. Al 1729 risale la prima descrizione generale sulla storia dell'isola (Zibaldone di memorie) da parte di Giovanni Vincenzo Coresi Del Bruno, governatore di Grosseto. Intorno al 1780 l'Elba fu visitata dal pittore John Robert Cozens, che ritrasse panorami di Porto Azzurro.
Il re di Napoli Ferdinando IV rinunciò a tutte le proprietà e ai diritti che ancora vi possedeva con il trattato di Firenze (29 marzo 1801). L'isola fu quindi ufficialmente annessa all'Impero francese nel 1802 (senatoconsulto del 26 agosto 1802), e Louis Puissant fu incaricato di misurare l'isola e di redigere con altri collaboratori un'accurata cartografia. Negli stessi anni l'Elba fu visitata da diversi scrittori inglesi e francesi che descrissero l'isola nelle loro opere, come Arsenne Thiébaut De Bernaud (Voyage à l'isle d'Elbe), Richard Colt Hoare (A tour through the island of Elba) e Hugh William Williams (Travels in Italy). Nel 1811 l'Elba venne integrata nel dipartimento del Mediterraneo.
A testimonianza della sua permanenza restano due belle ville ove soggiornò: Villa dei Mulini in posizione dominante a Portoferraio, e Villa San Martino residenza estiva del Còrso alla periferia della piccola capitale elbana; dal 23 agosto al 5 settembre 1814 Bonaparte soggiornò presso il Santuario della Madonna del Monte. Nel 1815 Giuseppe Ninci pubblicò a Portoferraio la Storia dell'isola dell'Elba, dedicata a Napoleone Bonaparte.
La prima fotografia scattata all'isola d'Elba (dagherrotipo del 1855 circa), raffigurante la gendarmeria del granduca Leopoldo II a Portoferraio
A partire dal 1830 si ebbero i primi flussi migratori dall'isola d'Elba verso il Venezuela, nello Stato di Trujillo. Negli ultimi decenni dell'Ottocento all'isola visse il Mago Chiò, caratteristico personaggio noto per le sue funamboliche imprese. L'isola fu visitata da illustri geologi e mineralogisti quali Gerhard von Rath, Antonio D'Achiardi e Giovanni D'Achiardi. Nel 1882 il geologo Bernardino Lotti redasse la prima carta geologica dell'isola. Dal 1892 al 1900 il settore occidentale dell'isola (Monte Capanne) fu visitato dai botanici Pio Bolzon, Stefano Sommier e Giacomo Doria; agli anni compresi tra 1904 e 1914 sono datate le ricognizioni del geologo Piero Aloisi. Il 13 dicembre 1900 la società siderurgica Ilva, tramite Pilade Del Buono, iniziò la costruzione degli altiforni a Portoferraio. Nel 1907 vi fu una ripresa dell'estrazione della granodiorite nel settore occidentale dell'isola; la famiglia tedesca Zimmer fondò la Bergwerks Gesellschaft e riaprì vecchie cave nelle località di Seccheto e Cavoli. Allo scoppio della prima guerra mondiale l'attività degli Zimmer cessò, per poi riprendere sotto la guida di Federico Mellini che lasciò a sua volta il posto alla società Seccheto Anonima Graniti Elba (S.A.G.E.) e, infine, a Guglielmo Federici che fu l'ultimo proprietario delle cave.
Le due guerre mondiali hanno visto morire centinaia di giovani elbani; e i due dopoguerra hanno visto emigrare migliaia di lavoratori elbani. La città di Portoferraio fu pesantemente colpita, il 16 settembre 1943, da un bombardamento aereo della Luftwaffe effettuato con dieci Junkers Ju 88 decollati dall'Aeroporto di Viterbo (in cui vi furono 47 vittime tra militari e civili), e da quel momento iniziò l'occupazione tedesca dell'isola. Il 20 novembre 1943 avvenne un imponente rastrellamento compiuto da militari della Wehrmacht, che interessò i paesi di Poggio (dove rimase accidentalmente uccisa Ernestina Paolini, una bambina di dieci anni), Marciana, Sant'Andrea e San Piero in Campo. Il 17 giugno 1944 le truppe alleate franco-senegalesi sbarcarono sulla spiaggia di Fonza con la cosiddetta Operazione Brassard; allo stesso anno risale la realizzazione, da parte dei francesi, di una stele in pietra (nota come Il Monumento) collocata sul valico montano tra il Monte Còcchero e il Monte San Martino. L'azione degli Alleati fu in parte agevolata dalla collaborazione informativa di alcuni partigiani elbani come Dino Barsalini di Sant'Andrea e Riccardo Spinetti di San Piero; quest'ultimo possedeva una rudimentale postazione radio antitedesca in una grotta di Pietra Murata.
I quartieri pastorali dell'Elba occidentale, documentati dal XVI secolo, sono costituiti dal caprile o chiuso (recinto in pietra per la mungitura delle capre), dalla capanna o grottino (struttura in pietra, esterna, per la produzione di formaggi e ricotte, e dal grìgolo (struttura in pietra per isolare i capretti durante lo svezzamento), termine che deriverebbe dal basso latinocryptŭlus, «piccola grotta»; i grìgoli più antichi, infatti, erano ricavati da grotte naturali adattate con muretti «a secco». Le capanne (in tempi recenti denominate domoliti, dal latino domus, «casa», e dal greco lìthos, «pietra») - tranne il protodomolito detto Caprile dei Colli presso Serraventosa realizzato sul finire del XIX secolo - vennero edificate solo a partire dal 1930 ad opera del pastore sanpierese Mamiliano Martorella (1898-1973), seguito poi da Giuseppe Galli (1901-1977), soprannominato Peppitto, e da Evangelista Barsaglini (1923-2016).[28]
Estrazione del monzogranito
Le cave del settore occidentale dell'isola (massiccio del Monte Capanne) furono sfruttate sin da età imperiale romana.[29] Nel 1596Leandro Alberti (Descrittione di tutta l'Italia) scrisse che all'Elba «furono cavate alcune belle et grandi colonne di granico.» Agostino Del Riccio, nel 1597, osservò in Istoria delle pietre che «cavasi abbondantemente nell'isola dell'Elba una specie di marmo mistio detto granito: ne cavavano anticamente i Romani delle colonne assai, come si vede in gran parte delle muraglie antiche della loro città. Di questo sono le gran colonne del duomo di Pisa e le colonne altresì del bellissimo tempio di San Giovanni di Firenze. […] Di questo marmo granito dell'Elba è fatta d'un pezzo tutta la tribuna del duomo di Ravenna, che è il maggior pezzo di granito che si sia visto fino a qui.» Successivamente, nel 1768, Giovanni Targioni Tozzetti (Relazioni d'alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana) annotò: «In Firenze, d'antico lavoro, ne sono le colonne del tempio di San Giovanni, le colonne della Chiesa di San Jacopo Sopr'Arno, delle quali due sole si vedono nella loggia poiché dentro alla chiesa sono state coperte di stucco; alquante colonne nella cantina d'una osteria ne' Camaldoli di San Lorenzo (Firenze), detta la Cella di Ciardo, che sembra essere stata la confessione di qualche antica basilica; la colonna del Mercato Vecchio; quella di Santa Felicita, quella della Croce al Trebbio; un tronco nella Piazza di San Pier Maggiore, detto la Staffa del Vescovo, etc. Di moderno poi servirà rammentare la bellissima vasca rotonda nell'isola di Boboli.»
Edificazione religiosa
Dal XVIII secolo l'isola fu protagonista di un'intensa edificazione religiosa - da collegarsi con una tardiva applicazione dei dettami del Concilio di Trento, che intendeva rinsaldare la fede cristiana a fronte del protestantesimo - costituita da piccole strutture (cappelline) a planimetria rettangolare e a copertura a due falde costituita da travicelli di castagno e mezzane in cotto. Fa eccezione la cappellina della Madre del Buon Consiglio presso San Piero in Campo, che presenta una volta a botte. Edificate lungo le principali vie di comunicazione dell'epoca, sono titolate a singoli santi.[30]
Per la sua posizione geografica, l'Elba rappresenta un ponte linguistico tra Toscana, prendendo cadenze nella parte sud anche dal vicino Lazio, col dialetto che si accosta infatti all’isola d’Elba sia da nord, coi porti di Livorno e Piombino che da sud Porto Santo Stefano Grosseto. Partendo dalla penisola dell'Argentario quindi, Giannutri e Isola del Giglio con un lessico che si somiglia molto, si dirige verso l’isola d’Elba attraversando tutte le singole isole dell Arcipelago toscano fino a prendere spunti dalla Corsica. Il dialetto elbano sopravvive nelle zone più marginali dell'isola, specialmente nel versante occidentale e orientale; secondo alcuni glottologi, «l'elbano appartiene al gruppo dei dialetti còrsi, e fra essi è (...) il più toscanizzato.»[31] Secondo altri, come Gerhard Rohlfs, l'elbano fa parte dei dialetti toscani insulari. Inoltre «il dialetto elbano è fra i più interessanti per gli avvicendamenti etnici e le varie situazioni storiche, che l'hanno condizionato in doppia direttrice, nell'ascissa còrso-toscana e nell'ordinata napoletana-genovese (...).»[32]
In ogni caso, la gorgia toscana risulta assente tranne che nell'area di Portoferraio (luogo di assidua frequentazione continentale a partire dal XVI secolo), mentre nel circondario di Capoliveri le consonanti intervocaliche c, p e t hanno pronuncia sonora (ad es. aberto per aperto, munigibio per municipio). Il settore occidentale dell'Elba è quello che più si avvicina al còrso settentrionale e al capocorsino; sostantivi come bóllero, gaɖɖina (con suono cacuminale), regùzzolo e téppa equivalgono al còrso bóllaru («sorgente»), ghjaɖɖina («gallina»), regùzzulu («pettirosso») e tippa («pendio»). Influssi della lingua ligure si riscontrano nei sostantivi léppico («appiccicoso») e rumenta («immondizia»), che si riallacciano a lépegu e rumenta.
Modi di dire in antico dialetto elbano sono, ad esempio, «Un c'è nimo 'n dógo» («Non c'è nessuno in giro», dal latinonemo in loco) e «Gaɖɖina ch'un ha fatto óve d'è sempre poɖɖasta» («Gallina che non ha fatto uova è sempre pollastra»).
Molti toponimi dell'Elba tradiscono un'origine comune con quelli della Corsica; tra essi Bóllero (còrso bóllaru, «sorgente»), Caracuto (còrso caracutu, «agrifoglio»), Gombale (còrso ghjómbulu, «masso»), Pastorecce (còrso pasturìcciule, «quartieri pastorali»), Penzutello (còrso pinzutellu, «pendio»), Tole (còrso tola, «tavola»). Nella toponomastica elbana esistono inoltre alcuni esempi della terminazione locativa -inco (dal latinoincola, «abitante») come Batinca, Castaldinco, Ciabattinca, Generinco e Sassinca.
Tradizioni popolari
Fino al XIX secolo, in occasione dei funerali venivano svolte due particolari pratiche. Secondo lo storico Eugenio Branchi (1839), «in Marciana, Poggio e Marciana Marittima, posto il cadavere nella stanza più ampia della casa, tutti i parenti gli si aggirano intorno piangendo o fingendo di piangere, e formano una specie di lotta con la Confraternita allorquando si reca a prenderlo, intendendo così mostrare il dispiacere della sua ultima dipartita (...). In S.Piero e S.Ilario, allorquando al morente è stata amministrata la estrema unzione, spegnesi quasi subito il fuoco che arde sul focolare domestico e qualora presso il medesimo siavi qualche cosa a cuocere, si rovescia o si getta via per denotare che l'infermo ha cessato di cibarsi.»
Sempre Eugenio Branchi descrive «una particolare costumanza nelle festività straordinarie che antichissima oggi raramente ripetesi (...); appellasi questa Moresca, e consiste in una sfida fra due stuoli cristiani e turchi vestiti ambedue respettivamente alla foggia della nazione cui fingono appartenere; ne è l'introduzione un dialogo fra i capi dei due stuoli e successivamente tra ciascuno, finché tutti i rappresentanti non siano in scena; ciò fatto avvengono reciproci ingiuriosi diverbi e quindi un combattimento cui è dato fine con la pace, e successivamente con balli. Questa specie di comica scena, che ha la durata di circa due ore e mezza, è un continuo faticosissimo esercizio pantomimico per gli attori che non offre ai medesimi riposo, se non che nei brevi intervalli dei dialoghi che avvengono anche a metà del combattimento o del ballo.»
A Capoliveri esisteva la credenza popolare della Pagana; di derivazione latina, era una strega barbuta che appariva in sogno alle donne partorienti, facendole abortire. Dopo il parto, le donne si presentavano in chiesa per la benedizione, il cosiddetto insanto (ossia «rientrare in santo»).
A Rio nell'Elba, la domenica delle Palme si svolge il Rito della Sportella; i ragazzi innamorati fanno giungere alla loro amata un cesto pieno di fiori con all'interno il cerimito, un dolce di forma fallica. Il giorno di Pasqua, se il gesto è gradito, le ragazze presentano ai corteggiatori una sportella, un dolce a forma di organo genitale femminile. L'isola è diventata famosa, anche all'estero, per il suo vino, in particolare l'aleatico, dolce vino liquoroso da dessert che spesso accompagna il dolce tipico, la schiaccia briaca.
Schiaccia briaca riese.
Canti popolari
Per l'Epifania viene rappresentato il Canto della Befana, in cui alcuni cantori (befanotti) intonano una nenia tradizionale che evoca la nascita di Cristo con l'arrivo dei Magi; attestato almeno dal 1839, il Canto della Befana viene svolto nei paesi di Poggio e Rio nell'Elba: Dio vi dia la buona sera, generosa compagnia, saluteremo il padron di casa con la nobil compagnia. Santa nova noi vi diamo: che l'è nato il Re del mondo ed un parto così giocondo noi convien che l'annunziamo. E l'è nato in Betlemme, in città della Giudea presso di Gerusalemme, sopra il fien dove giacea. Per presepio una capanna, fatta l'è di stipa e fieno, la soffitta era di canna, le lucenti a ciel sereno. Senza fuoco e senza culla, lì giacea sopra del fieno e del resto non ha nulla, solamente il sol terreno. Ma le bestie coi lor fiati riscaldarno il bambinello ed insiem col loro fiato adorarno quel volto bello. I Re Magi sono partiti dalla propria abitazione, sono giunti a questi lidi per trovare il Redentore. Tutti posti in orazione il Signore vi adorarno, e gli voglion dimostrare la sua vera abitazione. Dopo fatta l'orazione, apparisce dall'oriente (dava nova del Signore) una stella rilucente. Questa stella seguitarno che guardava la capanna e da Erode ne passarno e li fe' questa domanda: «Gran signori, dove andate che portate tanti doni?» «Noi andiamo a ritrovare il Signore dei signori.» Disse: «Quando ritornate voi da me ne passerete, tal notizia a me portate se il Messia ritroverete.» Arrivati alla capanna, dove il bove e l'asinello Maria figlia di Sant'Anna e Gesù quel volto bello. Tutti i doni che ebbero portato li cedettero al gran Signore, poi si posero in ginocchio e gli fecero orazione. Quindi dopo se ne andarno la sua patria a ritrovare, da Erode non passarno, altra parte ebbero a pigliare. Falso Erode traditore, diede lume ai suoi intenti, per uccidere il Signore fe' la strage d'innocenti. O voi madre che allattate quei teneri pargoletti, così stretti li abbracciate, li tenete ai vostri petti. E Maria fu avvisata che di lì fosse partita, obbediente all'imbasciata si nascose fra la stipa. Ma la stipa traditora in quel punto fu fiorita, diede segno a tali signori che di lì fosse partita. E la turba andò cercando il gran figlio di Maria, e a tutti domandarno il Verbo dove sia: «Gran signora, dove andate ed in grembo che ci avete?» «Io c'ho quel che cercate, gran Signor se lo volete.» Ognun di loro la guardava per veder cosa ci aveva, e dal grembo grano versava, bel miracolo faceva. In Egitto se ne andarno la gran madre del Signore, il bambino e San Giuseppe, li accettarno di buon cuore. La Befana abbiam cantato in onor di Dio potente, gran notizia abbiam portato; felice notte, o brava gente.
Al 1871, in occasione della cattura di una foca monaca, risale la Canzone del bove marino: «Il dì 5 di marzo dell'anno settantuno fu preso all'Elba un pesce mai visto da nessuno. Poi venne il sor Cristino in giubba ed in fanfara: il pesce è nella bara, venitelo a vedé. Sia benedetto Dio - questo lo disse il prete - che ora le nostre rete si possono calar.» Dal 1938 esiste la Festa dell'Uva, che si svolgeva a Portoferraio con sfilate allegoriche sulla vendemmia ed è stata ripresa in anni recenti a Capoliveri; legata alla prima edizione della festa è la Canzone del Poggio, il cui testo recita «Chi dice che il Poggio non è bello? Soltanto le ragazze che ci stanno! I giovanotti son fatti a pennello, chi dice che il Poggio non è bello? Il vino del Lavacchio fa cantare a chi ne beve più di un bel bicchiere; le gambe accascia e il capo fa girare, il vino del Lavacchio fa cantare! Il mese di settembre è una gran festa, e tutta l'Elba l'uva al vin consacra». Ai primi anni del XX secolo risale l'Inno a San Niccolò, composto dal sacerdote Aristide Mazzarri: «Domatore dei secoli infidi, oggi un popol devoto ti onora, e fra tante sciagure implora un soccorso da te, protettor. Noi ti lodiamo, noi ti preghiamo, noi t'invochiamo, Niccolò santo! Sacerdote fedele ed ardente, oh di Poggio gran Santo patrono, tu dei falli ci ottieni il perdono, tu ci guidi la mente ed il cuor». Al 1945 è datata la canzone Elba, terra nostra di Alberto Carletti: «Quando io sono lontano, sento nel cuor la malinconia e allora penso alla terra mia, che al mondo più bella non v'è. Tutto è un giardino fiorito, tutto è un sorriso di primavera dove la gente vive sincera, laggiù non tradisce l'amor. Sei tu la terra dell'amor, o Elba in fiore dove ogni cuore canta. Sei tu, in quell'azzurro mar, l'isola bella che come stella brilla. Le tue fanciulle sono raggi di sol, più belle di mille rondinelle nel vol. Sei tu, coi tuoi vigneti d'or sul mare, regina di splendor; terra di ferro e di sole, cantano tutti per te.»
Economia
Risorse
Agricoltura
La principale risorsa agricola dell'Elba è la viticoltura che si estende per una superficie di 350 ettari di cui 125 iscritti alla produzione dei vini DOCG e DOC dell'isola.[33] I vini prodotti all'Elba sono:
Il quartiere pastorale delle Macinelle, con caprile sullo sfondo e le due capanne realizzate da Mamiliano Martorella
Oggi la pastorizia all'Elba è limitata a poche greggi di pecore attive nel territorio di Marina di Campo e di Lacona. L'attività di allevamento delle capre è documentata dal XIV secolo, e veniva condotta sui monti occidentali in apposite strutture in pietra chiamate caprili. Il caprile più conosciuto si trova in località Le Macinelle; già attestato nel XVIII secolo, fu corredato con due capanne in pietra dal pastore sanpierese Mamiliano Martorella intorno al 1930. I prodotti ricavati erano formaggi (detti baccelloni e cacetti) e ricotte. I territori in passato più interessati dalla pastorizia furono quelli presso i paesi di Capoliveri, San Piero in Campo, Sant'Ilario in Campo, Marciana e Poggio.[36]
Pesca
La pesca è un'attività economica importante nell'isola. Sono 72 i pescherecci che praticano la pesca commerciale di cui quasi la metà a Portoferraio[37]. Molto praticata la pesca sportiva. Era attiva per secoli la pesca del tonno. Diverse erano le tonnare che erano localizzate in vari punti della costa elbana: Portoferraio, Enfola, Marciana Marina. La pesca del tonno, nell'ultima tonnara attiva dell'Enfola, si concluse nel 1958.
Risorse minerarie
Le miniere di ferro (Elba orientale) hanno rivestito un ruolo di primo piano per l'economia dell'isola sin dall'epoca etrusca. Lo sfruttamento delle stesse è continuato sino alla metà degli anni cinquanta del XX secolo. Da quel momento è stato un continuo susseguirsi di chiusure di miniere con la chiusura dell'ultima avvenuta nel 1981.[38]
L'isola è ricca di monzogranito (Elba occidentale) ed una cava è tuttora presente in prossimità del paese di San Piero in Campo. L'attività estrattiva è oggi quasi del tutto abbandonata.[39]
Turismo
Il turismo è sviluppato soprattutto nei mesi estivi.
Montano
L'isola è attraversata dalla Grande Traversata Elbana (GTE), percorribile in più tappe per un totale di 60 chilometri.
Il Monte Capanne (il più alto in tutta la provincia di Livorno) offre la possibilità di numerose passeggiate e si può raggiungere la sua sommità, la più alta dell'isola, con la Funivia del Monte Capanne che parte da Marciana. Sullo spartiacque montano si trova la Via ferrata del Monte Capanne e, più in basso, il sentiero escursionistico Vicinale del Tenditoio sul versante settentrionale e le Vie del Granito su quello meridionale. Alcuni centri di guide ambientali sono specializzati in escursioni lungo i bellissimi sentieri che si snodano dentro e fuori dal Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano. Grande interesse è dato dai Mostri di pietra dell'Isola d'Elba, meta di escursionisti. Dal 2005 al 2013 nel settore occidentale dell'isola si svolsero le Domeniche del granito, escursioni trekking lungo la rete sentieristica del Monte Capanne.
Ciclistico
L'isola offre un'incredibile rete di percorsi per stradisti in cerca di percorsi tecnici per allenarsi, motociclisti che si divertono su sentieri e strade sterrate, cicloturisti, famiglie con bambini che hanno bisogno di percorsi accessibili da percorrere rilassatamente e in sicurezza. A tutto ciò si deve aggiungere una serie di servizi specifici dedicati a chi va in bici come centri di assistenza e noleggio bici. Il Capoliveri Bike Park, con oltre 100 km di strade e sentieri pedalabili, è d'obbligo per tutti i ciclisti. Il resto dell'isola offre agli amanti della bici da strada percorsi spettacolari, godibili e tecnicamente interessanti. L'altimetria è estremamente varia e le traiettorie sono imprevedibili. Sulla strada che arriva a Rio nell'Elba da Porto Azzurro si trova la Fonte di Coppi. Fausto Coppi, verso la fine della sua carriera, venne ad allenarsi per ritrovare la forma migliore sulle strade dell'Elba[40].
Subacqueo
Due sub in immersione sui fondali dell'isola.
Ricca di spiagge e scogliere, l'isola d'Elba offre un'ampia scelta per le immersioni subacquee, spaziando da immersioni accessibili ai principianti a quelle più impegnative[41].
Alcuni esempi sono:
Relitto di Pomonte (42°44′35.4″N 10°07′06.6″E42°44′35.4″N, 10°07′06.6″E), vicino allo Scoglio dell'Ògliera, posato ad una profondità di soli 10 metri sul fondale sabbioso, adatto anche ai neofiti della subacquea;
Formiche della Zanca (42°48′19.8″N 10°07′35.4″E42°48′19.8″N, 10°07′35.4″E), ad ovest dell'isola vicino a Capo Sant'Andrea, una parete verticale dai 20 ai 40 metri ricca di gorgonia rossa;
Capo Stella, un'immersione impegnativa fino a 41 metri ricca di cernie, murene, gorgonie rosse e corallo rosso;
Punta della Madonna, tra Sant'Andrea e Marciana Marina, bella immersione anche per principianti, tra i 15 ed i 35 metri. Così chiamata perché da lì i pescatori scorgevano sulla montagna di fronte al Santuario della Madonna del Monte. Si trovano gorgonie, murene, saraghi e se si è fortunati qualche grossa cernia.
Balneare
Ovviamente è il turismo balneare che maggiormente attrae turisti sull'isola da maggio a settembre inoltrato, grazie al clima caldo ma ventilato e alla bellezza e varietà delle spiagge dislocate nei suoi 147 km di coste. Spiagge di sabbia bianca granitica e scogli levigati nella parte occidentale come le spiagge di Marina di Campo, Cavoli, Fetovaia, Seccheto e Sant'Andrea; di sabbia dorata nella parte centrale sia a sud che a nord-ovest come Procchio, Biodola, Lacona e Lido di Capoliveri; spiagge di ghiaia bianchissima nella parte di costa a ovest di Portoferraio che conferiscono al mare una eccezionale trasparenza come Le Ghiaie, Capo Bianco, Sansone; e infine spiagge caratterizzate da polvere e minerale di ferro nella costa orientale come Terranera e Topinetti. A Pomonte, dalla Spiaggia del Relitto, si può raggiungere a nuoto lo Scoglio dell'Ògliera dove è possibile osservare il relitto della nave mercantile Elviscot.
Strutture alberghiere
L'isola d'Elba offre numerose tipologie di alloggi:
campeggi: sulla costa sud, tra il lido di Capoliveri, Lacona, Laconella, Margidore e Marina di Campo, si trovano le migliori strutture per questo tipo di alloggio, immerse per lo più nel profumato verde della macchia mediterranea e nelle pinete.
L'isola d'Elba è regolarmente servita da linee di navigazione che la collegano soprattutto con Piombino. Le società di navigazione che servono l'isola sono:
Moby Lines, servizio annuale da Portoferraio per Piombino e stagionale da giugno a settembre da Cavo per Piombino.
Toremar, servizio annuale da Portoferraio, Cavo e Rio Marina per Piombino, a cui si aggiunge la tratta elbana tra Cavo e Portoferraio e il collegamento settimanale da Rio Marina per l'isola di Pianosa.
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