È percorsa dai fiumi Ticino e Po, che si incontrano 4 km a sud del capoluogo e che la dividono in tre zone: il Pavese, situato in Pianura Padana, nella parte nordest della provincia, a nord del Po e a est del Ticino, che prende il nome dal capoluogo di provincia, che è anche il comune più popoloso, Pavia (situato a valle del Ticino rispetto a Vigevano, sulla sponda sinistra, vicino alla sua confluenza con il Po); la Lomellina, anche questa in Pianura Padana, a nordovest, a ovest del Ticino ma sempre a nord del Po, il comune più importante è Vigevano, situato nei pressi della sponda destra del Ticino; l'Oltrepò Pavese, in territorio appenninico, a sud del Po, prende il nome dal suo essere appunto dall'altro lato del Po rispetto al resto della provincia, il comune più importante è Voghera. Il territorio del Siccomario, alla confluenza dei due fiumi, secondo la definizione precedente si troverebbe in Lomellina, ma per motivi storici è considerato parte del Pavese. Di queste 3 zone la Lomellina è quella più estesa, con un'estensione di 1240 km², seguita dall'Oltrepò di 1097 km², mentre il Pavese ha un'estensione di circa la metà di quella della Lomellina, con circa 650 km².
Un altro importante corso d'acqua della provincia è l'Olona. Si tratta di un colatore alimentato da rogge e risorgive che trae origine nelle campagne attorno a Bornasco, attraversa la campagna pavese e confluisce nel Po presso San Zenone. Tale corso d'acqua non è da confondersi con l'omonimo fiume che nasce nelle Prealpi Varesine, e confluisce a Milano nel Lambro Meridionale. Prima delle deviazioni operate dai Romani i due fiumi costituivano un unico corso d'acqua, da cui deriva l'omonimia mantenutasi sino ai giorni nostri.
Per un breve tratto interessa la provincia anche il fiume Lambro. Maggiore è il percorso compiuto nella provincia dal suo affluente colatore Lambro meridionale, derivato dall'Olona a Milano, che riceve le acque in eccesso dei navigli e scorre al confine tra le province di Pavia e di Lodi.
Nella parte più meridionale dell'Oltrepò Pavese il confine è segnato in val Trebbia per una piccola porzione dal fiume Trebbia, il punto più a sud è posto nel comune di Brallo di Pregola accanto alla frazione emiliana di Ponte Organasco (Cerignale - provincia di Piacenza).
La provincia è in gran parte pianeggiante. La pianura a nord del Po ha una base sabbiosa, specialmente in Lomellina, ove affiorano alcuni sabbioni (resti di antiche dune) un tempo assai più numerosi. Nell'Oltrepò la poca pianura presente è prevalentemente argillosa; a sud della limitata fascia pianeggiante l'Oltrepò presenta un'ampia area collinare facente parte della catena Appenninica che lentamente si innalza in modeste montagne (tutte sotto i 1000 m). Solo all'estremità meridionale, a sud di Varzi, quasi all'improvviso le montagne si fanno più impervie e raggiungono altitudini considerevoli con alcune delle maggiori vette dell'Appennino Ligure: il Monte Lesima (la maggiore elevazione della provincia con i suoi 1724 m), il Monte Chiappo (1700 m), la Cima Colletta (1494 m), il Monte Bogleglio (1492 m) e il Monte Penice (1460 m)
Attraversata dai due maggiori fiumi italiani per portata, il Po e il Ticino, che confluiscono quasi nel suo centro, la provincia di Pavia appare, a seconda dei punti di vista, divisa o unita da questi fiumi. Superficialmente si direbbe divisa, e tale fu storicamente quando il suo destino fu deciso da forze esterne, per le quali un fiume poteva essere un comodo confine amministrativo o politico-militare. Al contrario, quando furono le forze locali a poter giocare un ruolo determinante, prevalse la tendenza all'unione delle terre lungo i fiumi, principali vie di comunicazione nella pianura, e motivo di coesione. Così i Romani, che divisero il territorio addirittura fra tre regioni diverse, non tennero in alcun conto le precedenti aggregazioni etniche, che - come diremo - appaiono organizzate lungo i fiumi.
Nel Medioevo fu la città di Pavia ad aggregare di nuovo il territorio, ma nel XVIII secolo, nel dominio assoluto delle cancellerie europee, esso fu smembrato tra stati diversi, e Napoleone, padrone di tutte queste aree, mantenne questa divisione radicale. Sarà necessario attendere l'azione del governo sabaudo, nel 1859, per vedere riunito definitivamente il territorio pavese. In tutto questo va comunque sottolineato il caso particolare della Lomellina, e in particolare di Vigevano, che nel corso dei secoli e ancora poco tempo prima dell'Unificazione aveva sempre cercato e spesso ottenuto forti autonomie dal potere centrale, come testimoniato da entità amministrative quali il Vigevanasco e, all'interno dello Stato di Milano nel XVII secolo, con una propria Congregazione indipendente da quella del Principato di Pavia.
Età antica
Gli scarsi cenni, ricavabili dagli autori antichi e dalla toponomastica, sulle popolazioni che abitavano il territorio attorno alla confluenza del Ticino nel Po, ci consentono di avere un pur vago disegno del quadro etnografico fino al II secolo a.C.
Il popolo più importante era probabilmente quello dei Marici, citati da Plinio che ne fa, assieme ai Levi, i fondatori di Pavia (Ticinum). Entrambi erano di stirpe celtica: i Marici si distendevano lungo il Po nelle province di Pavia e Alessandria, i Levi lungo il Ticino. Proprio alla confluenza dei due fiumi questi popoli confinanti fondarono Pavia, probabilmente come loro mercato e luogo di incontro. Gli stessi Levi sarebbero stati i fondatori di Vigevano[3], posta su un importante guado del Ticino.
Più a ovest, a nord del Po, si trovavano i Libìci (Lebeci secondo Polibio), che occupavano la Lomellina occidentale e l'adiacente Vercellese. Non sembra avere invece consistenza storica il fantomatico popolo degli Iriati, nato dall'arbitraria correzione del nome degli Iluati, citati da Livio, per ottenere una suggestiva ma superflua connessione con il nome della città di Iria, Voghera.
I Romani giunsero nella provincia di Pavia nel III secolo a.C., al tempo delle guerre contro i Galli e i Cartaginesi. Nel 222 a.C. sconfissero gli Insubri a Clastidium, nell'Oltrepò Pavese, uno dei principali villaggi dei Marici loro alleati. Nel 218 a.C. furono sconfitti da Annibale presso il Ticino. La successiva colonizzazione ebbe come centro propulsore la vicina colonia latina di Piacenza, la cui centuriazione si distese su tutta la pianura dell'Oltrepò.
La fondazione, attorno al 120 a.C., della colonia di Tortona, determinò il passaggio all'area di influenza di tale città della parte occidentale dell'Oltrepò Pavese (Voghera). La colonizzazione di Pavia (187 a.C.) fu pure realizzata con la centuriazione della pianura a nord del Po e ad est del Ticino, mentre la parte a ovest del Ticino non conserva tracce di centuriazione (se non attorno a Vigevano, dove giungeva la colonizzazione di Novara e che in questo periodo è emporio fortificato[4]). È pertanto da ritenersi che nella Lomellina, come forse nella parte collinare dell'Oltrepò, più a lungo si mantenesse l'elemento indigeno. La zona a nord del Po, nella suddivisione dell'Italia in regioni operata da Augusto, fu attribuita alla Transpadana, mentre l'Oltrepò fu suddiviso tra l'Emilia e la Liguria lungo il confine tra le aree di influenza di Piacenza e Tortona. A partire dalla tarda romanità il territorio della provincia acquisì un ruolo di primo piano nello scenario nazionale: Pavia[5] divenne sede di una zecca imperiale dal III secolo d.C., vi furono istituite fabbriche statali di armi e proprio a Pavia (dove era stanziato un grosso contingente militare) si rifugiò Oreste, incalzato dalla rivolta di Odoacre nel 476 d.C., la cattura di Oreste e la deposizione del figlio Romolo Augustolo decretò la fine dell'impero romano d'occidente. Contemporaneamente, un altro centro conosceva, sempre per ragioni militari, grande sviluppo: Lomello.
Medioevo
Durante il regno degli Ostrogoti, Teodorico fece realizzare un grande palazzo reale a Pavia che divenne, insieme a Verona e Ravenna, sede regia[5]. Nel 572Pavia fu conquistata dai Longobardi, che ne fecero la loro capitale. I Longobardi organizzarono le loro conquiste in ducati, ma la geografia amministrativa del territorio pavese in questo periodo non è nota.
Nella successiva età carolingia il territorio venne diviso in contee: nella provincia di Pavia furono istituite quelle di Pavia, di Lomello (da cui si originò la Lomellina), a nord del Po. Il territorio a sud del fiume apparteneva nella parte occidentale alla contea di Tortona, nella parte centrale e orientale (ecclesiasticamente nella diocesi di Piacenza) rimase forse nel territorio piacentino, come in epoca romana. La città era attraversata dalla "Roggia Carona, che permise con le sue acque la nascita di diverse attività artigianali.
Nel 996 è conte di Lomello Cuniberto; lascia la contea ai figli Aginulfo e Ottone I, che nel 1001 concentra nelle sue mani anche le cariche di Conte di Pavia e di Conte Palatino (la maggiore carica giudiziaria del Regno), con sede nel Sacro Palazzo (Palazzo Reale) di Pavia. Nel 1024, alla morte dell'Imperatore Enrico II, i Pavesi distrussero questo palazzo, e i conti palatini si ritirarono in Lomellina, loro dominio originario, dove resistettero alle pressioni del nascente comune pavese; furono infine sottomessi e costretti a stabilirsi in città.
Nello stesso tempo il Comune di Pavia cominciò a estendere la propria influenza sull'Oltrepò, dove già il Vescovo e vari monasteri della città avevano la signoria su numerosi paesi.
La città di Pavia stava quindi unificando per la prima volta nella sua storia il territorio di quei popoli che l'avevano fondata molti secoli prima. Questo stato di fatto fu ufficializzato nel 1164 da Federico I, che attribuì a Pavia l'intera Lomellina e gran parte dell'Oltrepò. Rimaneva indipendente la zona meridionale dell'attuale provincia: per il possesso di queste terre Pavia dovette lottare a lungo con i Comuni vicini (come nella battaglia di Casei Gerola del 1213), specie con Piacenza, raggiungendo infine una certa stabilità di confini. Ma la più pericolosa nemica di Pavia fu senza dubbio Milano, che le contese a lungo il possesso della Lomellina.Tuttavia Pavia, sempre ghibellina, poté giovarsi dell'aiuto dell'imperatore Federico I (che fu incoranto nella basilica di San Michelere d'Italia e più volte soggiornò in città) e del nipote Federico II.
I Pavesi esercitarono sul loro territorio un potere signorile, mantenendo per secoli una condizione di privilegio rispetto agli abitanti rurali. I nobili pavesi vi possedevano la maggior parte dei beni fondiari, e questa situazione ancora sussisteva nel XVIII secolo.
Dal punto di vista amministrativo, l'area soggetta a Pavia era divisa in quattro zone molto disuguali, convergenti sulla città, secondo i punti cardinali, ovvero le porte da cui tali zone si raggiungevano:
a nord la Campagna Soprana (da porta Laudense);
a est la Campagna Sottana (da porta Oria);
a ovest la Lomellina (da porta Marica);
a sud l'Oltrepò con il Siccomario (da porta del Ponte).
Nei primi secoli del dominio pavese avvenne una sorta di osmosi tra le famiglie nobili di origine cittadina, che acquisivano terre, castelli e signorie nel territorio soggetto alla città, e le famiglie signorili locali di tale territorio, che si stabilivano in città, confondendosi con le prime. In tal modo si formò un'omogenea classe dominante, di famiglie che non mancavano d'avere un piede in città e uno nel contado, di qui una torre, di là un castello. In tal modo le lotte politiche interne alla città, che videro schierarsi le maggiori famiglie, ebbero immediata ripercussione nel dominio pavese.
Tra queste famiglie dobbiamo ricordare in particolare:
i conti palatini, da cui discesero i Langosco, gli Albonese, gli Sparvara e i Gambarana, capi della parte guelfa;
Nel 1499 il territorio pavese, passato con Milano agli Sforza, ebbe dall'imperatore la qualifica di Principato, che lo poneva al secondo posto dopo il Milanese tra le province sforzesche. Nel 1535 passò con Milano alla Spagna, e in quello stesso anno buona parte della Lomellina settentrionale entrò a far parte del Vigevanasco, il contado assegnato alla città di Vigevano da Francesco II Sforza che per oltre due secoli avrebbe garantito l'autonomia della città e del territorio circostante.
Nel 1564 il governo spagnolo, riconosciuta l'iniquità dei privilegi fiscali dei cittadini pavesi rispetto ai rurali, promosse la costituzione di congregazioni con la finalità principale di distribuire equamente tra le comunità il carico fiscale. Le congregazioni ebbero più in generale funzioni di coordinamento amministrativo e rappresentanza delle istanze locali di fronte al potere centrale. Non erano elette direttamente dalla popolazione, ma formate dai rappresentanti dei comuni principali: erano quattro, una per ognuna delle zone in cui era diviso il Principato; al di sopra si poneva la Congregazione generale del Principato, formata da 21 rappresentanti (7 per l'Oltrepò, 7 per la Lomellina, 4 per la Campagna Sottana e 3 per la Campagna Soprana), da cui era eletta una giunta formata da cinque sindaci, i quattro a capo delle congregazioni locali e il Sindaco generale. Nel secolo XVII la congregazione della Lomellina si staccò da quella generale del Principato; quest'ultima ebbe 24 delegati (12 per l'Oltrepò e 6 per ciascuna delle Campagne pavesi), e altrettanti ne ebbe la Congregazione della Lomellina, risultando almeno formalmente territorio autonomo.
Il Principato di Pavia non aveva esattamente la stessa estensione dell'attuale Provincia. Comprendeva le seguenti zone:
la città di Pavia;
il Parco Vecchio, situato a nord della città, cinto da mura e comprendente la parte originaria dell'antico parco visconteo;
il Parco Nuovo, tra il Parco Vecchio e la Certosa;
il Vicariato di Settimo, cuneo del territorio milanese tra la Campagna Soprana e Sottana e il Parco Nuovo, amministrato da Pavia, comprendente Bornasco e Zeccone;
la Campagna Soprana, a nordovest dei territori precedenti, fino al Ticino;
la Campagna Sottana, a sudest dei medesimi, fino al Po;
Nel XVIII secolo avvenne lo smembramento del territorio pavese: nel 1707 la Lomellina, e nel 1744 l'Oltrepò con il Siccomario furono annessi al Piemonte, cui fu ceduto anche il Vigevanasco. La Lomellina, il Vigevanasco e l'Oltrepò Pavese divennero province piemontesi con capoluoghi rispettivamente Mortara, Vigevano, Voghera e Bobbio. La provincia di Lomellina aveva però perso Valenza, Bassignana e cinque piccole terre lungo il Tanaro, unite ad Alessandria. A Pavia rimase un piccolo territorio, appartenente alla Lombardia austriaca, col nome di Principato prima e di Provincia dal 1786. Nel periodo napoleonico (1797 - 1814) l'unione del territorio pavese non venne ripristinata.
Lo stemma della provincia è stato concesso con regio decreto del 18 luglio 1930[8] e si può blasonare:
«Inquartato: nel PRIMO di rosso, alla croce d'argento; nel SECONDO troncato: a) d'oro, all'aquila spiegata di nero, coronata, rostrata e membrata del campo; b) ritroncato: sopra, fasciato di nero e di argento; sotto, di rosso pieno; nel TERZO troncato, sopra, d'argento, all'aquila spiegata di nero, coronata, rostrata e membrata d'oro; sotto, campo di cielo, alla campagna erbosa ed alberata, al cervo che si abbevera ad una fonte presso una quercia, il tutto al naturale; nel QUARTO di rosso, al castello, merlato alla ghibellina, torricellato a destra d'argento murato di nero, la torre finestrata di tre, 1-2 del campo.»
Lo stemma porta inquartati gli emblemi di Pavia (croce bianca in campo rosso), di Voghera, di Mortara (con un cervo che si abbevera ad una fonte, presso una quercia, al margine di una grande foresta che rappresenta la silva pulcra attraverso la quale passò la regina Teodolinda quando, sposato Agilulfo, da Lomello andò a Monza), e quello di Vigevano (in campo rosso un castello merlato ad una sola porta, con a destra un'alta torre merlata).[9]
Il gonfalone, riconosciuto con DCG dell'11 luglio 1933[8], è un drappo di azzurro.[9]
Il fulcri principali di tutti gli autobus urbani sono la stazione di Pavia e l'autostazione affiancata ad essa. Collegano i quartieri dei comuni di Pavia, Voghera, Stradella e Sannazzaro con corse cadenzate ogni 10 minuti circa nei giorni feriali, 10-15 nel sabato e 30-40 minuti nei giorni festivi (non tutte le linee sono attive nei giorni festivi).
Le linee extraurbane partono principalmente da Pavia (Area Pavese), Voghera (Area Oltrepò), Vigevano e Mede (Area Lomellina) raggiungendo la città metropolitana di Milano e la regione Piemonte.
Le linee extraurbane collegano i comuni più distanti della provincia pavese:
Area Pavese: Pavia (Autostazione), Milano (Romolo FS/M2 e Famagosta M2)*, Albuzzano, Vidigulfo, Siziano, Rosate*, Bereguardo, Motta Visconti, Lacchiarella*, Villanterio, Inverno e Monteleone, Corteolona e Genzone, Pieve Porto Morone, Pieve Emanuele*, Torrevecchia Pia, Bascapè, Binasco*, Stradella, Zibido San Giacomo*, Locate Triulzi*, Opera*, Landriano, Chignolo Po.
Area Oltrepò: Pavia, Casteggio, Stradella, Rea, Voghera, Milano (Famagosta M2)*, Broni, Santa Maria della Versa, Bressana, Zavattarello, Romagnese, Varzi, Borgo Priolo Schizzola, Ruino Carmine, Godiasco, Corana, Fabbrica Curone**.
Area Lomellina: Vigevano, Trecate***, Novara***, Mortara, Milano (Famagosta M2)*, Garlasco, Gravellona, Gropello Cairoli, Dorno, Sannazzaro, Pieve Cairo, Mede, Voghera, Valle Lomellina, Sommo, Zinasco.
*Città metropolitana di Milano.
**Provincia di Alessandria (Piemonte).
***Provincia di Novara (Piemonte).
Cultura e Turismo
Dal punto di vista turistico la provincia di Pavia è ricca di castelli, palazzi, chiese e santuari legati principalmente al periodo Medievale, fra i tanti ricordiamo solo:
La presenza umana sul territorio pavese si concentra per circa il 31% nel capoluogo e nelle altre due città principali, Voghera e Vigevano. Quasi il 50% risiede in soli 10 comuni mentre l'altra metà è spalmata sui restanti 175. Il numero di comuni con popolazione non superiore ai 5 000 abitanti nella provincia di Pavia è, quindi, molto elevato (pari all'88%).
Appartengono alla provincia di Pavia i seguenti 185 comuni, di cui 13 fregiati del titolo di città:
In grassetto sono indicate le città metropolitane. In luogo delle province, in Sicilia vi sono i liberi consorzi comunali; in Valle d'Aosta le funzioni della provincia sono espletate direttamente dalla regione, in Friuli-Venezia Giulia le province sono state abolite come enti amministrativi e rimangono esclusivamente come unità territoriali sovracomunali non amministrative; mentre in Trentino-Alto Adige le province sono enti autonomi sui generis.