La zecca e monetazione di Ticinum (Moneta) era l'edificio presso il quale vi fu la prima coniazione di monete in epoca imperiale a Pavia, quando l'Imperatore romano, Aureliano, decise di chiudere la vicina zecca milanese nel 274 a vantaggio della nuova.[1] Nella nuova zecca di Ticinum furono create addirittura sei officine.[2]
Le indagini archeologiche non hanno ancora dato riscontri sull'antico edificio presso il quale fu iniziata la coniazione delle monete di Ticinum. Certo è che potrebbe essere sorto non molto distante dal Forum cittadino, cuore amministrativo-finanziario dell'antica Pavia.
Segni di zecca
Numerosi furono i segni di zecca: es. T(icinum), T(ertia)T(iciniensis), P(rima)T(iciniensis), S(ecunda)T, B[=secunda]T, Q(uarta)T, VI (oficina) XXI.
ORIENS AVG, il Sole con i raggi in piedi verso sinistra, un mantello corto (clamide) sulle spalle, la mano destra alzata verso il cielo tiene una globo; due prigionieri seduti ai suoi piedi a destra e sinistra; in esergo Q(uarta) XX T.
PROVIDENT(ia) AUGG(ustorum), la Provvidenza in piedi verso sinistra, triene una cornucopia e una spiga di grano sopra un modio verso sinistra; in esergo VI (oficina) XXI.
La zecca continuò a battere moneta fin dal principio del regno di Diocleziano[5] e poi per tutto il periodo tetrarchico fino al 326/327, quando Costantino I la chiuse definitivamente.[2][6] Sappiamo che dopo la prima tetrarchia, terminate il 1º maggio del 305, quando Diocleziano e Massimiano abdicarono (ritirandosi il primo a Spalato ed il secondo in Lucania),[7] la seconda prevedeva che i loro rispettivi due cesari diventassero augusti (Galerio per l'oriente e Costanzo Cloro per l'occidente[8][9]), provvedendo questi ultimi a nominare a loro volta i propri successori designati (i nuovi cesari): Galerio scelse Massimino Daia e Costanzo Cloro scelse Flavio Valerio Severo.[9] Sembra però che poco dopo, lo stesso Costanzo Cloro, rinunciò a parte dei suoi territori (Italia e Africa)[8] a vantaggio dello stesso Galerio, il quale si trovò a dover gestire due cesari: Massimino Daia a cui aveva affidato l'Oriente,[9] Flavio Valerio Severo a cui rimase l'Italia (e forse l'Africa),[9] mentre tenne per se stesso l'Illirico.[10] Il sistema rimase invariato fino alla morte di Costanzo Cloro avvenuta ad Eburacum il 25 luglio del 306.[8][11]
Diarchia e primo/secondo periodo tetrarchico (285-306)
Con la morte di Costanzo Cloro (25 luglio del 306[8][11]), il sistema tetrarchico andò in crisi: il figlio illegittimo dell'imperatore defunto, Costantino venne proclamato cesare[10][11] dalle truppe in competizione con il legittimo erede, Severo. Qualche mese più tardi, Massenzio, figlio del vecchio augusto Massimiano Erculio, si fece acclamare, grazie all'appoggio di ufficiali come Marcelliano, Marcello e Luciano (non invece di Abellio, vicario del praefectus Urbi, che fu ucciso),[12] dai pretoriani, ripristinando il principio dinastico.
La guerra civile romana che ne derivò durò quasi un ventennio, dal 306 al 324, vide lo scatenarsi di un lungo conflitto tra numerose fazioni di pretendenti al trono imperiale (tra augusti, cesari ed usurpatori) in diverse parti dell'Impero, al termine del quale prevalse su tutti Costantino I. Egli era così riuscito a riunire il potere imperiale nelle mani di un solo monarca, dopo il periodo della Tetrarchia. Nel 315, Costantino fece coniare dalla zecca di Ticinum un medaglione in argento in memoria della vittoria di Ponte Milvio (nel quale l'imperatore viene raffigurato provvisto di elmo con cristogramma) che fu, probabilmente, donato agli ufficiali di cavalleria che nutrivano simpatie nei confronto del cristianesimo[13][14]. Al termine della guerra civile, la zecca di Ticinum chiuse nel 326/327.[2][6]
IMPCONSTAN-TINVS MAX AVG, testa laureata e busto con corazza ed elmo verso destra.
VICTORIAE LAETAE PRINCPE [RP?], due Vittorie in piedi una di fronte all'altra, insieme tengono uno scudo sul quale è scritto VOT/PR su due linee, al di sopra di un altare con una *; P(rima oficina) T(icinensis) in esergo.
Durante la guerra Greco-gotica, le zecche di Roma, Ravenna e Milano, precedentemente utilizzate per le emissione monetali trimetalliche gote, furono, a causa dell’avanzata dell’esercito bizantino, dismesse. La zecca di Ticinum divenne quindi il principale centro di coniazione gota dal regno di Baduila, detto Totila. Sicuramente alla zecca di Ticinum va attribuita una siliqua con monogramma del re gotoIldibald, che regnò tra il 540 e il 541.
Anche la monetazione dell’ultimo re goto, Teia, andrebbe riferita alla zecca ticinense, unico centro di produzione possibile dopo la conquista bizantina di Roma. Le emissioni di Teia sono note solo attraverso parti di silique in argento con al diritto il busto di Anastasio o una legenda pseudoepigrafica e, al rovescio, il nome in ghirlanda del re.
Verosimilmente, la zecca di età gota va identificata con i resti di un edificio tardo antico rettangolare absidato, scoperti nel 1961 durante scavi per la costruzione di un’abitazione nel settore sud-orientale della città, in Via Porta Damiani, tra Via Pedotti e Via Alboino[15].
^abcMaila Chiaravalle, La produzione delle zecche di Milano e di Ticinum, in Catalogo della Mostra "Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.)", a cura di Gemma Sena Chiesa, Milano 1990, p.47.
^ Bruno Bleckmann, Costantino dopo la battaglia presso il ponte Milvio: Note sul medaglione di Ticinum., in E. dal Covolo / G. Sfameni Gasparro (Hrsgg.), Costantino il Grande alle radici dell' Europa. Atti del Convegno Internazionale di Studio in occasione del 1700 anniversario della Battaglia di Ponte Milvio e della conversione di Costantino, Vatikan 2014, 197-220, 1º gennaio 2014. URL consultato il 23 aprile 2022.
Maila Chiaravalle, La produzione delle zecche di Milano e di Ticinum, in Catalogo della Mostra "Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.)", a cura di Gemma Sena Chiesa, Milano 1990.
Stephen Williams, Diocletian and the Roman Recovery, Routledge, 1997, ISBN0-415-91827-8.
Stephen Williams, Diocleziano, un autocrate riformatore, Genova, ECIG, 1995 ISBN 88-7545-659-3
Testi numismatici
Gian Guido Belloni, La moneta romana, Ed.Carocci, Roma 2004, ISBN 88-430-2105-2
Henry Cohen, Description Historique des monnaies frappées sous l'Empire Romain, Paris, 1880-1892, in 8 vol.
Harold Mattingly, E.A. Sydenham et al, Roman Imperial Coinage (RIC), vol. 10, Londra 1926-1994 (vol. VI, Dalla riforma di Diocleziano a Massimino Daia (294 – 313), di C.H.V. Sutherland, Londra, 1967; vol. VII, Da Costantino a Licinio (313 - 337), di P.M. Bruun, 1966).