La zecca e monetazione di Costantinopoli (Moneta) era l'edificio presso il quale vi fu la prima coniazione di monete in epoca imperiale a Costantinopoli, a partire dall'Imperatore Costantino I nel 330.
Le indagini archeologiche non hanno ancora in modo definitivo individuato con sicurezza l'antico edificio presso il quale fu iniziata la coniazione delle monete di Costantinopoli.
Segni di zecca
Numerosi furono nel secolo e mezzo che rimase aperta i segni di zecca: es. C(ostantinopolis), C(ostantino) P(olis), CON(stantinopoli), CONS(tantinopolis), CONS(tantino) P(oils), CONOB (CONstantinopolis OBrizyacum = oro depurato, puro).
La zecca aprì nel 330 quando Costantino I trasferì la capitale imperiale da Roma a Costantinopoli nel 330. Sebbene l'Imperatore continuasse a risiedere nella vicina Nicomedia, la città di Costantino, nei quali i lavori procedevano febbrilmente divenne dunque nuova capitale dell'Impero Romano, assieme alla vecchia Roma. E speciali monete commemorative vennero coniate per celebrare l'evento. Questa fase vide l'imperatore cristiano riordinare l'amministrazione interna e religiosa, oltre a consolidare l'intero sistema difensivo lungo i tratti renano e danubiano ed ottenendo importanti successi militari che portarono a "controllare" buona parte di quei territori ex-romani, che erano stati abbandonati da Gallieno ed Aureliano: dall'Alamannia (Agri decumates), alla Sarmatia (piana meridionale del Tibisco, ovvero il Banato) fino alla Gothia (Oltenia e Valacchia). E sempre a partire da questi anni, Costantino continuò ad utilizzare quali sue residenze imperiali preferite Serdica, Sirmium e Tessalonica, oltre alla diocelzianeaNicomedia.
Il 18 settembre 335, Costantino elevò il nipote Dalmazio al rango di cesare, assegnandogli la Thracia, l'Achaea e la Macedonia, con probabile capitale a Naisso[1] e compito principale la difesa di quelle province contro i Goti, che le minacciavano di incursioni.[2] Costantino divise così di fatto l'impero in quattro parti, tre per i figli e una per il nipote; la nomina di Dalmazio, però, dovette incontrare l'opposizione dell'esercito,[3] che aveva palesato la propria preferenza per l'accesso della linea dinastica diretta al trono.
Costantino, dall'unificazione alla morte (325-337)
FLAV MAX FAVSTA AVG, busto verso destra con drappeggio di Flavia Fausta, moglie di Costantino I, con i capelli raccolti in uno chignon;
SALVS REIPVBLICAE, Fausta come la Salus, in piedi verso sinistra, tiene in braccio i figli Costantino II e Costanzo II; in esergo Α / CONS; in esergo AQ P(rima).
Morto Costantino (22 maggio del 337), mentre stava ancora preparando una campagna militare contro i Sasanidi, la situazione vedeva il potere spartito tra i suoi figli e nipoti, cesari: Costanzo II, che era impegnato in Mesopotamia settentrionale a supervisionare la costruzione delle fortificazioni frontaliere,[4] si affrettò a tornare a Costantinopoli, dove organizzò e presenziò alle cerimonie funebri del padre: con questo gesto rafforzò i suoi diritti come successore e ottenne il sostegno dell'esercito, componente fondamentale della politica di Costantino.
Durante l'estate del 337 si ebbe un eccidio, per mano dell'esercito, dei membri maschili della dinastia costantiniana e di altri esponenti di grande rilievo dello Stato: solo i tre figli di Costantino e due suoi nipoti bambini (Gallo e Giuliano, figli del fratellastro Giulio Costanzo) furono risparmiati.[5] Le motivazioni dietro questa strage non sono chiare: secondo Eutropio Costanzo non fu tra i suoi promotori ma non tentò certo di opporvisi e condonò gli assassini;[6]Zosimo invece afferma che Costanzo fu l'organizzatore dell'eccidio.[7] Nel settembre dello stesso anno i tre cesari rimasti (Dalmazio era stato vittima della purga) si riunirono a Sirmio in Pannonia, dove il 9 settembre furono acclamati imperatori dall'esercito e si spartirono l'Impero: Costanzo si vide riconosciuta la sovranità sull'Oriente.
D N MAXI-MVS P F AVG, busto verso destra con drappeggio, corazza e testa laureata di Magno Massimo, usurpatore romano;
CONCORDI-A AVGGGG, Costantinopoli con l'elmo, seduta di fronte, la testa verso destra, il pede destro su una prua, tiene uno scettro nella mano sinistra, un globo nella destra, la testa di un leone sul trono; in esergo I/CONOB.
RIC IX pg. 224, note 46; cf. P. Bastien, "Y a-t-il eu un monnayage d'or au nom de Maxime a Constantinople?" CENB 20/3 (July-September 1983), pg. 51-55; Depeyrot 38.
^Aurelio Vittore, Liber de Caesaribus, XLI, 15: «obsistentibus valide militaribus».
^John Bagnell Bury et al., The Cambridge Ancient History, Volume XIII di The Late Empire 337-425, in Cambridge University Press, 1925, p. 12 (ISBN 0-521-30200-5).