La zecca e monetazione di Aquileia (Moneta) era l'edificio presso il quale vi fu la prima coniazione di monete in epoca imperiale ad Aquileia, a partire dall'Imperatore Diocleziano nel 294/296.[1]
Le indagini archeologiche non hanno ancora in modo definitivo individuato con sicurezza l'antico edificio presso il quale fu iniziata la coniazione delle monete di Aquilieia. Sulla base di quanto accaduto "in parallelo" nell'altra capitale imperiale del periodo tetrarchico, Mediolanum, potrebbe trovarsi non molto distante dal Forum. Le prime maestranze della zecca sembra furono importate dalla capitale di Roma antica.[2]
Segni di zecca
Numerosi furono nel secolo e mezzo che rimase aperta i segni di zecca: es. AQ = AQ(uileia); SMAQ = Sacra Moneta AQuileiae; AQA (AQuileia, officina "A"?); AQB (AQuileia, officina "B"?); AQP (AQuileia Prima officina) o AQUILP o SMAQP; AQMOS (AQuileia Moneta Secunda officina) o AQS o AQUILS o SMAQS; AQT (AQuileia Tertia officina) o AQΓ (numerale greco) o AQUILT o SMAT o TAQ (altre forme per terzia officina); AQOB (AQuileia OBrizyacum = oro depurato, puro); AQPS (AQuileia PuStulatum = argento puro); AQUIL; un'Aquila entro ghirlanda; COM OB AQ (COMes OBrizyacum AQuileiae = preposto all'oro puro); MAQ (Moneta AQuileiae).
Storia e monetazione
Il periodo tetrarchico e della guerra civile (294-324)
Nel 312, durante la guerra civile, Costantino I, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, riunito un grande esercito, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi,[4] e dopo aver sconfitto due volte consecutive le armate di Massenzio, pose sotto assedio ed occupò Aquileia,[5] sottomettendo l'intera Italia settentrionale. Con la successiva e decisiva vittoria a Ponte Milvio su Massenzio nel 312,[6][7] tutta l'Italia passò sotto il controllo di Costantino.[8] Da qui l'inizio di un nuovo periodo di conaiazione monetaria.
Monetazione della prima tetrarchia (294 - 1º maggio 305)
In questo primo periodo, la zecca di Aquileia produsse monete nei tre metalli: oro, argento e bronzo, sebbene quelle in oro non fossero continue.
Il sistema si rivelò efficace per la stabilità dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i vent'anni di regno, come non era più successo dai tempi di Antonino Pio. Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione: il 1º maggio del 305 Diocleziano e Massimiano abdicarono.
Monetazione della seconda tetrarchia (1º maggio 305 - 25 luglio 306)
In questo secondo periodo, la zecca di Aquileia produsse monete in oro e bronzo. Non se ne conoscono invece in argento.
Il 1º maggio del 305 Diocleziano e Massimiano abdicarono (ritirandosi il primo a Spalato ed il secondo in Lucania).[9] La seconda tetrarchia prevedeva che i loro rispettivi due cesari diventassero augusti (Galerio per l'oriente e Costanzo Cloro per l'occidente[10][11]), provvedendo questi ultimi a nominare a loro volta i propri successori designati (i nuovi cesari): Galerio scelse Massimino Daia e Costanzo Cloro scelse Flavio Valerio Severo.[11] Sembra però che poco dopo, lo stesso Costanzo Cloro, rinunciò a parte dei suoi territori (Italia e Africa)[10] a vantaggio dello stesso Galerio, il quale si trovò a dover gestire due cesari: Massimino Daia a cui aveva affidato l'Oriente,[11] Flavio Valerio Severo a cui rimase l'Italia (e forse l'Africa),[11] mentre tenne per se stesso l'Illirico.[12] Il sistema rimase invariato fino alla morte di Costanzo Cloro avvenuta ad Eburacum il 25 luglio del 306.[10][13]
IMPMAXIMIANUS (si intende in questo caso: Gaio Galerio Valerio Massimiano) P F AVG, busto di Galerio rivolto verso sinistra laureato, con elmo e corazza. Tiene la lancia o uno scettro sulla spalla destra, scudo al braccio.
VIRTUS AVGG ET CAESS NOSTR, l'Imperatore Galerio, scudo al braccio sinistro, a cavallo verso destra; trafigge un nemico a terra, mentre un secondo nemico e sdraiato a terra; in esergo AQ P(rima).
Monetazione della terza tetrarchia (25 luglio 306 - 11 novembre 308)
In questo terzo periodo, la zecca di Aquileia produsse monete in oro e argento, seppure in quantità assai ridotte.
Con la morte di Costanzo Cloro (25 luglio del 306[10][13]), il sistema andò in crisi: il figlio illegittimo dell'imperatore defunto, Costantino venne proclamato cesare[12][13] dalle truppe in competizione con il legittimo erede, Severo. Qualche mese più tardi, Massenzio, figlio del vecchio augusto Massimiano Erculio, si fece acclamare, grazie all'appoggio di ufficiali come Marcelliano, Marcello, Luciano[14] e dai pretoriani, ripristinando il principio dinastico.
Galerio si rifiutò di riconoscere Massenzio e inviò a Roma, Severo (che si trovava a Mediolanum[15]) con un esercito, allo scopo di deporlo. Poiché, però, gran parte dei soldati di Severo avevano servito sotto Massimiano, dopo aver accettato denaro da Massenzio disertarono in massa.[15] Severo fuggì a Ravenna,[15] dove fu assediato dal padre di Massenzio, Massimiano. La città era molto ben fortificata, cosicché Massimiano offrì delle condizioni per la resa che Severo accettò: fu preso da Massimiano e ucciso.[12][16][17][18]
Solo l'11 novembre 308 si tenne a Carnuntum, sull'alto Danubio, un incontro cui parteciparono Galerio, che lo organizzò, Massimiano e Diocleziano, richiamato da Galerio. In questa occasione venne riorganizzata una quarta tetrarchia: Massimiano fu obbligato ad abdicare, mentre Costantino fu nuovamente degradato a cesare, mentre Licinio, un leale commilitone di Galerio, fu nominato augusto d'Occidente.[6][19]
FIDE MILITUM AUGG ET CAESS NN, la Fides in piedi di fronte, il viso verso sinistra, tiene in entrambe le mani due vexilla militari; in esergo AQ S(secunda).
CONSERV VRB SVAE, Roma seduta di fronte su uno scudo, la testa girata verso sinistra, in un tempio esastilo, tiene un globo ed uno scettro di fronte all'imperatore Massenzio, ai loro piedi un prigioniero; in esergo AQ Γ.
Monetazione della quarta tetrarchia (11 novembre 308 - 5 maggio 311)
In questo quarto periodo, la zecca di Aquileia sembra non abbia prodotto monete in oro ed argento, almeno dall'autunno del 307 alla fine del 309.
Il quarto periodo tetrarchico, iniziato l'11 novembre del 308, terminò il 5 maggio del 311 quando Galerio morì e Massimino Daia si impadronì dell'Oriente, lasciando a Licinio il solo Illirico.[20] L'Italia, comprese le sue zecche rimasero nelle mani dell'usurpatoreMassenzio, figlio di Massimiano.
CONSERV VRB SVAE, Roma seduta di fronte, la testa girata verso sinistra, in un tempio esastilo, tiene un globo ed uno scettro; in esergo AQ S(secunda).
Monetazione della quinta tetrarchia (5 maggio 311 - agosto 313)
In questo quinto periodo, la zecca di Aquileia sembra abbia prodotto solo un multiplo da 1,5 solidi in oro, ma nessuna moneta d'argento, almeno dall'ottobre del 312 al maggio del 313.
Ora l'impero romano era nuovamente diviso in quattro parti: Massimino Daia e Licinio in Oriente, Costantino e Massenzio in Occidente. Si trattava della "quinta tetrarchia". In realtà poco dopo Massimino, Costantino e Licinio si coalizzarono per eliminare il primo dei quattro augusti: Massenzio che possedeva ora Italia ed Africa.[21] Così nel 312, Costantino, riunito un grande esercito, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi,[4] fino a scontrarsi con l'esercito di Massenzio nella decisiva battaglia di Ponte Milvio,[6] il 28 ottobre del 312.[7] Massenzio fu sconfitto ed ucciso.[22] Con la morte di Massenzio, tutta l'Italia passò sotto il controllo di Costantino.[8] Poi nel febbraio del 313, Licinio e Costantino si incontrarono a Mediolanum, dove i due strinsero un'alleanza (rafforzata dal matrimonio di Licinio con la sorella di Costantino, Flavia Giulia Costanza),[23][24][25][26][27][28][29] che prevedeva di eliminare il terzo imperatore, Massimino Daia. Licinio lo affrontò e sconfisse nella battaglia di Tzirallum il 30 aprile di quest'anno.[30] Massimino Daia, morì pochi dopo (agosto).[6][31] Restavano ora solo due augusti: Costantino per l'Occidente e Licinio per l'Oriente.[32]
Monetazione della diarchia Costantino-Licinio (agosto 313 - dicembre 324)
Per undici anni l'Impero romano fu retto da Costantino e Licinio, più tardi affiancati dai loro rispettivi figli, nominati Cesari. A partire, infatti, dal 317, dopo un primo scontro armato avvenuto presso Mardia,[33] i due Augusti scesero a patti, firmando una tregua (1º marzo 317). Licino dovette cedere a Costantino l'Illirico.[34] In cambio Licinio ottenne la possibilità di governare autonomamente la sua parte di Impero. Erano sorti così due regni "separati" ed indipendenti, ben lontani dal progetto tetrarchico di Diocleziano, che prevedeva una "unità" imperiale.[35] Con la fine delle ostilità i due Augusti elevarono a Cesari i loro stessi figli (Serdica il 1º marzo del 317): Crispo (a cui fu affidata la Gallia) e Costantino II per Costantino, mentre Valerio Liciniano Licinio per Licinio.[35][36][37][38]
Lo scontro finale avvenne pochi anni più tardi, quando nel 323, un'orda di Goti, che avevano deciso di attraversare l'Istro, tentarono di devastare i territori romani della Mesia inferiore e della Tracia.[39] Costantino, informato di ciò,[40] marciò contro di loro, penetrando però nei territori all'altro augustoLicinio e ricevendo tutta una serie di proteste ufficiali da parte dello stesso, che sfociarono nella fase finale della guerra civile tra i due.[41] Nel 324 si ebbero una serie di scontri tutti favorevoli a Costantino (ad Adrianopoli,[42]Bisanzio, nell'Ellesponto,[43] e Crisopoli[44]) che portarono Licinio, ora assediato ora a Nicomedia, a consegnarsi al suo rivale, il quale lo mandò in esilio come privato cittadino a Tessalonica[45] (messo a morte l'anno successivo[45][46]). Costantino era ora l'unico padrone del mondo romano.[47][48][49][50][51][52][53][54] Per questo motivo la monetazione degli anni successivi ne celebrò la sua unità con la scritta "Restitutor Orbis".[55]
DN CONSTANTINIMAX AUG, nel mezzo VOT/XX su due linee; un ramo di palma sui lati, a sinistra e destra; tutto all'interno di una corona di lauro; in esergo AQ P(rima).
Monetazione costantiniana dall'unificazione alla morte (325-337)
La fase dalla riunificazione imperiale alla morte di Costantino il Grande (avvenuta nel 337), vide l'imperatore cristiano riordinare l'amministrazione interna e religiosa, oltre a consolidare l'intero sistema difensivo lungo i tratti renano e danubiano ed ottenendo importanti successi militari che portarono a "controllare" buona parte di quei territori ex-romani, che erano stati abbandonati da Gallieno ed Aureliano: dall'Alamannia (Agri decumates), alla Sarmatia (piana meridionale del Tibisco, ovvero il Banato) fino alla Gothia (Oltenia e Valacchia). E sempre a partire da questi anni, Costantino continuò ad utilizzare quali sue residenze imperiali preferite Serdica, Sirmium e Tessalonica, oltre alla diocelzianeaNicomedia.
Il 18 settembre 335, Costantino elevò il nipote Dalmazio al rango di cesare, assegnandogli la Thracia, l'Achaea e la Macedonia, con probabile capitale a Naisso[58] e compito principale la difesa di quelle province contro i Goti, che le minacciavano di incursioni.[59] Costantino divise così di fatto l'impero in quattro parti, tre per i figli e una per il nipote; la nomina di Dalmazio, però, dovette incontrare l'opposizione dell'esercito,[60] che aveva palesato la propria preferenza per l'accesso della linea dinastica diretta al trono.
Costantino, dall'unificazione alla morte (325-337)
[...] CONSTANTINUS MAX AUG, testa di Costantino I con diadema, busto con drappeggio e corazza verso destra.
GLORI-A EXER-CITVS, due soldati, ognuno tiene una lancia ed uno scudo riversi, in piedi uno di fronte all'altro con due vessilli al centro; in esergo AQ P(rima).
FL DELMATIVS NOB C(aesar), testa laureata, busto con drappeggio e corazza verso destra.
GLORI-A EXER-CITVS, due soldati, ognuno tiene una lancia ed uno scudo riversi, in piedi uno di fronte all'altro con un vessillo al centro; in esergo AQ S(secunda).
Monetazione dei figli e nipoti di Costantino (337-363)
Morto Costantino (22 maggio del 337), mentre stava ancora preparando una campagna militare contro i Sasanidi, la situazione vedeva il potere spartito tra i suoi figli e nipoti, cesari: Costanzo II, che era impegnato in Mesopotamia settentrionale a supervisionare la costruzione delle fortificazioni frontaliere,[61] si affrettò a tornare a Costantinopoli, dove organizzò e presenziò alle cerimonie funebri del padre: con questo gesto rafforzò i suoi diritti come successore e ottenne il sostegno dell'esercito, componente fondamentale della politica di Costantino.
Durante l'estate del 337 si ebbe un eccidio, per mano dell'esercito, dei membri maschili della dinastia costantiniana e di altri esponenti di grande rilievo dello stato: solo i tre figli di Costantino e due suoi nipoti bambini (Gallo e Giuliano, figli del fratellastro Giulio Costanzo) furono risparmiati.[62] Le motivazioni dietro questa strage non sono chiare: secondo Eutropio Costanzo non fu tra i suoi promotori ma non tentò certo di opporvisi e condonò gli assassini;[63]Zosimo invece afferma che Costanzo fu l'organizzatore dell'eccidio.[64] Nel settembre dello stesso anno i tre cesari rimasti (Dalmazio era stato vittima della purga) si riunirono a Sirmio in Pannonia, dove il 9 settembre furono acclamati imperatori dall'esercito e si spartirono l'Impero: Costanzo si vide riconosciuta la sovranità sull'Oriente.
CONTANT-IUSPFAUG, testa laureata con diadema, busto con drappeggio e corazza verso destra, tiene un globo nella mano destra.
FEL TEMP REPAR-ATIO, un soldato che avanza verso destra, il viso a sinistra, tiene una lancia, conduce un bimbo fuori da una capanna al di sotto di un albero; in esergo AQP(rima)•.
^Aurelio Vittore, Liber de Caesaribus, XLI, 15: «obsistentibus valide militaribus».
^John Bagnell Bury et al., The Cambridge Ancient History, Volume XIII di The Late Empire 337-425, in Cambridge University Press, 1925, p. 12 (ISBN 0-521-30200-5).
Luisa Bertacchi, Aquileia: l'organizzazione urbanistica, in Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.), catalogo della Mostra Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.) tenutasi a Milano, Palazzo Reale dal 24 gennaio al 22 aprile del 1990, Ed.Silvana Milano, 1990, pp. 209–212.
J.H.Humphrey, Roman Circuses, Londra 1986.
O.Ulrich-Bansa, Note sulla zecca di Aquileia romana, in Aquileia nostra: vol.V-VI, 1934-35 (pp. 3–30); VI-VII, 1936-37 (pp. 77–100); VIII-IX, 1938-39 (pp. 1–20); X, 1939 (pp. 37–64); XVIII, 1947 (pp. 3–12).