Monetazione dei Giulio-ClaudiiPer monetazione dei Giulio-Claudii si intende l'insieme delle monete emesse da Roma durante il principato dei cinque Imperatori della dinastia giulio-claudia: Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone (dal 27 a.C. al 68). Contesto storicoI Giulio-Claudii rappresentano la dinastia, così chiamata, dal nomen (il nome di famiglia) dei primi due imperatori: Caio Giulio Cesare Ottaviano (l'imperatore Augusto), adottato da Cesare e dunque membro della famiglia Giulia (gens Iulia) e Tiberio Claudio Nerone (l'imperatore Tiberio figlio di primo letto di Livia, moglie di Augusto), appartenente per nascita alla famiglia Claudia (gens Claudia). AugustoTiberioDiscendente della gens Claudia, alla nascita ebbe il nome di Tiberio Claudio Nerone (Tiberius Claudius Nero). Fu adottato da Augusto nel 4 d.C., ed il suo nome mutò in Tiberio Giulio Cesare (Tiberius Iulius Caesar); alla morte del padre adottivo (19 agosto del 14), ottenne il nome di Tiberio Giulio Cesare Augusto (Tiberius Iulius Caesar Augustus) e poté succedergli ufficialmente nel ruolo di princeps, sebbene già dall'anno 12 fosse stato associato nel governo dell'impero. In gioventù Tiberio si distinse per il suo talento militare conducendo brillantemente numerose campagne lungo i confini settentrionali dell'Impero (in Germania e in Illirico). Dopo un periodo di volontario esilio sull'isola di Rodi, rientrò a Roma nel 4 e condusse altre spedizioni in Illirico e in Germania, dove pose rimedio alle conseguenze della battaglia di Teutoburgo. Asceso al trono, operò alcune importanti riforme in ambito economico e politico, e pose fine alla politica di espansione militare, limitandosi a mantenere sicuri i confini grazie anche all'opera del nipote Germanico. Dopo la morte di quest'ultimo, Tiberio favorì sempre più l'ascesa del prefetto del pretorio Seiano, allontanandosi da Roma per ritirarsi nell'isola di Capri. Quando il prefetto mostrò di volersi impadronire del potere assoluto, Tiberio lo fece destituire e uccidere, ma evitò ugualmente di rientrare nella capitale. E se Tiberio fu duramente criticato dagli storici antichi, quali Tacito e Svetonio, la sua figura è stata rivalutata dalla storiografia moderna come quella di un politico abile e attento.
Tematiche principaliFamiglia imperiale e successioneFin dall'inizio del suo principato, Tiberio si trovò a dover convivere con l'incredibile prestigio che Germanico, il figlio di suo fratello, Druso maggiore, che egli stesso aveva adottato per ordine di Augusto, andava acquisendo presso tutto il popolo di Roma.[17] Quando questi ebbe portato a termine le sue campagne sul fronte settentrionale, dove si era guadagnato la stima dei suoi collaboratori e dei legionari, riuscendo a recuperare due delle tre Aquile legionarie perdute nella battaglia di Teutoburgo,[18] la sua popolarità era tale da consentirgli, se avesse voluto, di prendere il potere, cacciando il padre adottivo, che in alcuni contesti era già malvisto poiché la sua ascesa al principato era stata segnata dalla morte di tutti gli altri parenti che Augusto aveva indicato come eredi.[19] Il risentimento[20] spinse quindi Tiberio ad affidare al figlio adottivo uno speciale compito in Oriente, in modo da allontanarlo ulteriormente da Roma; il Senato decise di conseguenza di conferire al giovane l'imperium proconsulare maius su tutte le province orientali,[21] accompagnato da Gneo Calpurnio Pisone, che era stato collega nel consolato dello stesso Tiberio nel 7 a.C., aspro ed inflessibile. Germanico, dunque, partì nel 18 verso l'Oriente assieme a Pisone, che fu nominato governatore della provincia di Siria.[22] Germanico, tornato in Siria nel 19 dopo aver soggiornato in Egitto durante l'inverno, entrò in aperto conflitto con Pisone, che aveva annullato tutti i provvedimenti che il giovane figliastro di Tiberio aveva preso;[23] Pisone, in risposta, decise di lasciare la provincia per fare ritorno a Roma. Poco dopo la partenza di Pisone, Germanico cadde malato ad Antiochia e morì il 10 ottobre dopo lunghe sofferenze;[19] prima di spirare, lo stesso Germanico confessò la propria convinzione di essere stato avvelenato da Pisone, e rivolse un'ultima preghiera ad Agrippina affinché vendicasse la sua morte.[24] Tiberio, tuttavia, evitò di manifestare pubblicamente i suoi sentimenti, e non partecipò neppure alla cerimonia in cui le ceneri di Germanico furono riposte nel mausoleo di Augusto.[25] In effetti Germanico potrebbe essere deceduto di morte naturale, ma la popolarità crescente enfatizzò molto l'avvenimento, che comunque è anche ingigantito dallo storico Tacito.[26] Subito, però, si manifestò il sospetto, alimentato dalle parole pronunciate da Germanico morente, che fosse stato Pisone a causarne la morte avvelenandolo. Si diffuse dunque anche la voce di un coinvolgimento dello stesso Tiberio, quasi fosse il mandante del delitto di Germanico, avendo lo stesso scelto personalmente di inviare Pisone in Siria:[18][27] La morte di Germanico aprì la strada per la successione all'unico figlio naturale di Tiberio, Druso, che aveva, fino a quel momento, accettato un ruolo secondario rispetto al cugino Germanico.[28] Egli era soltanto di un anno più giovane del defunto, ma ugualmente abile, come risulta dal modo con cui fronteggiò la rivolta in Pannonia. Intanto, Lucio Elio Seiano, nominato prefetto del Pretorio insieme al padre nel 16, riuscì presto a conquistarsi la fiducia di Tiberio. Accanto a Druso, dunque, favorito per la successione, si andò a collocare anche la figura di Seiano, che acquisì un grande influsso sull'opera di Tiberio: il prefetto del Pretorio, infatti, che mostrava nel carattere una riservatezza del tutto simile a quella dell'imperatore, era invece animato da un forte desiderio di potere, e ambiva lui stesso a divenire il successore di Tiberio.[29] Tra Druso e Seiano si venne quindi a creare una situazione di aperta rivalità;[30] il prefetto, allora, iniziò a meditare l'ipotesi di assassinare Druso e gli altri possibili successori di Tiberio,[31] sedusse la moglie dello stesso Druso, Claudia Livilla e intraprese con lei una relazione.[32] Poco tempo dopo, nel 23, lo stesso Druso morì avvelenato; l'opinione pubblica arrivò a sospettare, pur senza alcun fondamento, che potesse essere stato Tiberio a ordinare l'assassinio di Druso, ma appariva più verosimile che vi fosse stata coinvolta Claudia Livilla.[33] Otto anni più tardi Tiberio venne a sapere che ad uccidere il figlio era stata proprio la nuora Livilla, insieme al suo più fidato consigliere, Seiano.[34][35]
Seiano, dopo aver eliminato l'ultimo discendente diretto di Tiberio, si riteneva ormai l'unico candidato alla successione.[36] Cominciò, quindi, ad aspirare al conferimento della tribunicia potestas, che avrebbe formalmente sancito la sua successiva nomina ad imperatore, rendendo la sua persona sacra e inviolabile, e ottenne, intanto, nel 31 il consolato assieme allo stesso Tiberio.[37] Contemporaneamente, però, la vedova di Druso maggiore, Antonia minore, facendosi portavoce dei sentimenti di gran parte della classe senatoriale, comunicò in una lettera a Tiberio tutti gli intrighi e i fatti di sangue di cui Seiano, che stava ordendo una cospirazione ai danni dello stesso imperatore, era responsabile;[38] Tiberio, allertato decise allora di destituire il potente prefetto, e organizzò un'abile manovra con l'aiuto del prefetto dell'Urbe Macrone.[34] Alla fine, l'imperatore accusò il prefetto di tradimento, ordinandone la destituzione e l'arresto.[39] Seiano, sbigottito per l'inatteso voltafaccia venne immediatamente condotto via in catene dai vigiles e poco dopo sommariamente processato dal Senato riunito nel tempio della Concordia: fu condannato a morte[39][40] e alla damnatio memoriae:[41][42]
Trionfi in Germania e IlliricoTiberio, dopo aver portato a termine le operazioni in Germania Magna e Illyricum, celebrò a Roma il meritato trionfo nell'ottobre del 12,[43] in occasione del quale si prostrò pubblicamente di fronte ad Augusto,[44] e ottenne nel 13 il rinnovo della tribunicia potestas e l'imperium proconsulare maius, titoli che ne completavano di fatto la successione, elevandolo al rango effettivo di coreggente, insieme allo stesso Augusto:[45][46] poteva, dunque, amministrare le province, comandare gli eserciti, ed esercitare pienamente il potere esecutivo. Tuttavia già dal momento della sua adozione Tiberio aveva iniziato a prendere parte attiva al governo dello stato, coadiuvando il patrigno nella promulgazione delle leggi e nell'amministrazione.[47]
Clemenza e Concordia degli ultimi anni
CaligolaIl terzo imperatore della dinastia Giulio-Claudia fu Caligola, su cui le fonti storiche pervenute lo hanno reso noto per la sua stravaganza, eccentricità e depravazione, tramandandone un'immagine di despota. L'esiguità delle fonti fa, comunque, di Caligola il meno conosciuto di tutti gli imperatori della dinastia. Al momento della morte di Tiberio, molti dei personaggi che avrebbero potuto succedergli erano stati uccisi. Il successore più logico (scelto anche da Tiberio) era Gaio (meglio conosciuto col nome di Caligola, per la sua abitudine di portare particolari sandali chiamati caligae), suo pronipote e figlio dell'erede al trono, Germanico, scomparso prematuramente nel 19. Caligola iniziò il regno ponendo fine alle persecuzioni e bruciando gli archivi dello zio. Sfortunatamente, però, cadde presto malato: gli storici successivi, probabilmente alterando in parte la verità, riportano di una serie di suoi atti insensati che avrebbero avuto luogo a partire dalla fine del 37. Pare, ad esempio, che avesse ordinato ai suoi soldati di invadere la Britannia, ma che avesse cambiato parere all'ultimo minuto, mandandoli invece a raccogliere conchiglie sulla riva del mare. Venne, inoltre, accusato di intrattenere rapporti incestuosi con le proprie sorelle. Celebre è anche la sua presunta decisione di nominare senatore un suo cavallo. Il suo ordine di erigere nel tempio di Gerusalemme una statua che lo raffigurasse, sebbene fosse di normale amministrazione nelle province orientali (in cui il culto riservato al sovrano aveva funzione di collante istituzionale), scatenò l'opposizione degli Ebrei. Nel 41, Caligola cadde vittima di una congiura, assassinato dal comandante dei pretoriani Cassio Cherea. L'unico membro rimasto della famiglia imperiale era un altro nipote di Tiberio: Tiberio Claudio Druso Nerone Germanico, meglio noto come Claudio.
Tematiche principaliFamiglia imperialeCaligola era il terzo figlio di Agrippina Maggiore e Germanico, generale molto amato dal popolo romano. Il padre era figlio di Druso maggiore (fratello di Tiberio e figlio di Livia, moglie di Augusto) e di Antonia Minore (figlia di Marco Antonio e Ottavia, sorella di Augusto). La madre era figlia di Marco Vipsanio Agrippa (amico di Augusto) e di Giulia (figlia di primo letto di Augusto). Inoltre suo padre Germanico era stato adottato da Tiberio, che era stato adottato da Augusto, che a sua volta era stato adottato da Giulio Cesare. Aveva, inoltre, otto tra cui, Nerone Cesare, Druso, Agrippina minore, Giulia Drusilla e Giulia Livilla. Ebbe, infine, quattro mogli: Giunia Claudilla, Livia Orestilla, Lollia Paolina, già sposata a Publio Memmio Regolo e Milonia Cesonia, dalla quale ebbe una figlia che chiamò Giulia Drusilla in onore dell'amatissima sorella deceduta per malattia, Livia Drusilla.
ClaudioNato col nome di Tiberio Claudio Druso e figlio di Druso maggiore (figlio adottivo di Augusto) e Antonia minore, era considerato dai suoi contemporanei come un candidato improbabile al ruolo di imperatore, soprattutto in considerazione dell'infermità da cui era affetto, tanto che la sua famiglia lo tenne lontano dalla vita pubblica fino all'età di quarantasette anni, quando tenne il consolato assieme al nipote Caligola. Fu probabilmente questa infermità e la scarsa considerazione politica di cui godeva che gli permisero di sopravvivere alle purghe che colpirono molti esponenti della nobiltà romana durante i regni di Tiberio e Caligola: alla morte di quest'ultimo, Claudio divenne imperatore proprio in quanto unico maschio adulto della dinastia Giulio-Glaudia. Malgrado la mancanza di esperienza politica, Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, questo il nome adottato dopo l'acclamazione ad imperatore, dimostrò notevoli qualità: fu un abile amministratore, un grande patrono dell'edilizia pubblica, espansionista in politica estera (sotto il suo comando si ebbe la conquista della Britannia, l'annessione di Tracia, la riorganizzazione delle province di Norico e Rezia) e un instancabile legislatore, che presiedeva personalmente i tribunali e che giunse a promulgare venti editti in un giorno. Tuttavia, la sua posizione era resa poco sicura dall'opposizione della nobiltà, cosa che condusse Claudio a mettere a morte molti senatori. Claudio dovette anche sopportare molte disgrazie nella vita privata: una di queste potrebbe essere stata all'origine del suo assassinio. La fama di Claudio presso gli storici antichi non fu certo positiva, al contrario tra i moderni molte delle sue opere furono rivalutate.
Tematiche principaliGuardia pretoriana
Famiglia imperiale e successioneL'Imperatore Claudio nacque a Lugdunum (attuale Lione) in Gallia il 10 a.C. nel corso della terza campagna militare in Germania, con il nome di Tiberio Claudio Druso, terzo figlio di Nerone Claudio Druso (Druso maggiore) e Antonia minore, dopo Germanico e Livilla. Il padre di Claudio era figlio di Tiberio Claudio Nerone e di Livia Drusilla, ma era nato tre mesi dopo che Livia aveva sposato Augusto;[63] l'imperatore Tiberio era dunque zio paterno di Claudio. Antonia minore era invece figlia del triumviro Marco Antonio e di Ottavia minore, sorella di Augusto. Nel 4, in seguito all'adozione del fratello Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico nella famiglia Giulia, Claudio divenne il pater familias dei Claudii Nerones e prese il nome Tiberio Claudio Nerone Germanico.
Conquista della Britannia (43-51)Nel 43 iniziò la conquista della Britannia, quasi un secolo dopo Gaio Giulio Cesare. Al di là della ragioni politiche, economiche e militari della spedizione, non va dimenticata una considerazione forse più importante, di natura psicologica, e cioè di provare a tutti di essere il degno figlio del conquistatore della Germania, Druso. Egli si recò in Britannia nell'autunno del primo anno di guerra per essere presente alla vittoria finale. Questa fu la conquista della quale Claudio andò più orgoglioso.
Crisi parto-armenica (54)Le terre del Regno d'Armenia, tra il Mar Nero e il Mar Caspio, erano da tempo motivo di contesa tra Roma e l'impero dei Parti, per il controllo della regione. Nerone, preoccupato dal fatto che il re della Partia, Vologese I, avesse posto sul trono del regno d'Armenia il proprio fratello Tiridate sul finire del 54, si convinse che fosse necessario avviare preparativi di guerra in vista di un'imminente campagna militare, il cui comando fu affidato alla fine a Gneo Domizio Corbulone. Sotto il suo comando furono inviate dal limes danubiano anche un paio di legioni: la V Macedonica e la VIII Augusta. Presenti nell'area orientale c'erano anche le legioni X Fretensis e XII Fulminata, celebrate anch'esse nella monetazione del periodo (che potrebbero aver inviato loro coloni a Patrae).
NeroneUltimo della dinastia dei Giulio-Claudi fu Nerone. Nato con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, fu il quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia il quale, succedendo a suo zio Claudio nell'anno 54, governò per quattordici anni fino al suicidio avvenuto all'età di trent'anni. Inizialmente, Nerone lasciò il governo di Roma a sua madre ed ai suoi tutori, in particolare a Seneca. Tuttavia, divenendo adulto, il suo desiderio di potere aumentò: fece giustiziare la madre ed i tutori. Durante il suo regno ci fu una serie di rivolte e ribellioni in tutto l'Impero: in Britannia, Armenia, Partia e Giudea. L'incapacità di Nerone di gestire le ribellioni e la sua sostanziale incompetenza, divennero rapidamente evidenti e nel 68, cosicché perfino la guardia pretoriana lo abbandonò. Nerone si suicidò nel 68, e dopo la sua morte scoppiò una nuova guerra civile che terminò l'anno seguente (nel 69), noto come l'anno dei quattro imperatori, al termine della quale Vespasiano ottenne il trono.
Tematiche principaliFamiglia imperialeIl padre apparteneva alla famiglia dei Domizi Enobarbi, una stirpe considerata di "nobiltà plebea" (cioè recente), mentre la madre, Agrippina Minore, era figlia dell'acclamato condottiero Germanico, nipote di Marco Antonio, di Agrippa e di Augusto, nonché sorella dell'imperatore Caligola. Quando nel 41, lo zio Caligola venne assassinato, Agrippina Minore tornò a Roma dall'esilio (poiché coinvolta in una congiura contro il fratello Caligola) e pochi anni più tardi (nel 49), riuscì a sposarsi con l'imperatore Claudio, ottenendone la revoca dell'esilio di Seneca, allo scopo di servirsi del celebre filosofo quale nuovo precettore del figlio Nerone. A undici anni Nerone fu costretto dalla madre a fidanzarsi con Ottavia, figlia di Claudio, di otto anni, diventando così erede legittimo del patrigno Claudio.
Campagne militari in Armenia (58-63)Nerone, preoccupato dal fatto che il re della Partia, Vologese I, avesse posto sul trono del regno d'Armenia il proprio fratello Tiridate, decise di inviare un suo valente generale, Gneo Domizio Corbulone, a capo delle operazioni militari in Oriente. Quest'ultimo, una volta riorganizzato l'esercito, penetrò nel 58 in Armenia e giunto fino alla capitale Artaxata riuscì ad impadronirsene dopo aver battuto lo stesso Tiridate. L'anno successivo fu la volta di Tigranocerta. Al termine delle operazioni, nel 60, pose Tigrane V sul trono di Armenia. Scoppiata una nuova crisi nel 62, in seguito alla quale, l'esercito del governatore della Cappadocia, Lucio Cesennio Peto, fu battuto dalle forze partico-armene, Corbulone fu costretto ad intervenire. Egli infatti raggiunse un accordo definitivo con il "re dei re" nel 63, restaurando il prestigio di Roma, e concludendo con Tiridate I di Armenia (sostituitosi a Tigrane V) un accordo che riconosceva il protettorato romano e che rimase pressoché invariato fino al principato di Traiano (98-117).
Celebrata la Pace e chiusura del tempio di GianoSotto Nerone, il re della Partia Vologese I pose sul trono del regno d'Armenia il proprio fratello Tiridate, sul finire del 54. Questo convinse Nerone che fosse necessario avviare preparativi di guerra in vista di un'imminente campagna militare. Domizio Corbulone fu inviato a sedare le continue scaramucce tra le popolazioni locali e sparuti gruppi di romani. In realtà non vi fu una vera guerra fino al 58 d.C. Dopo la conquista di Artaxata nel 58 e della città di Tigranocerta, nel 59, pose sul trono dei Parti re Tigrane IV, nel 60. Il nuovo re non era molto favorevole all'influenza dei romani ed il fratello Tiridate si sostituì al medesimo nel 64. Si spense così l'ultimo focolaio di guerra e Nerone poté fregiarsi del titolo di Imperator (Pacator) incoronando a Roma il re Tiridate I ed inaugurando, nel contempo, i festeggiamenti per la ricorrenza del trecentesimo anniversario della prima chiusura delle porte del tempio di Giano Gemino per la pace ecumenica raggiunta in tutto l'impero. Nerone fece coniare una moneta sulla quale, nel dritto appare la sua figura con il capo incoronato e l'aspetto fiero riportante la scritta: " IMP NERO CAESAR AVG GERM " e sul rovescio il tempio di Giano "a porte chiuse" con la scritta: "PACE P R UBIQ PARTAIANVM CLVSIT S C". Per la prima volta dunque un imperatore di Roma si fregiò del titolo di Imperatore.
Guardia pretorianaNerone, visto come era stato ucciso Caligola ed eletto il padre adottivo, Claudio, dalla guardia pretoriana, decise di ottenerne il suo consenso nel corso degli anni, come risulta anche dalle monete, soprattutto degli ultimi anni di regno.
Disposizioni amministrative e fiscaliAlcune monete di Nerone celebrarono anche alcuni provvedimenti amministrativi e fiscali come i frequenti congiaria oltre all'annona per la fornitura di grano per la città di Roma.
Opere pubblicheL'imperatore Claudio fu il primo a far costruire un nuovo porto a circa 4 km (o 2,5 miglia) a nord di Ostia, detto appunto Portus, su di un'area di circa 70 ettari, dotato di due lunghi moli aggettanti sul mar Tirreno, con un'isola artificiale ed un faro. La costruzione di questo faro si attuò con il riempimento di una grossa nave che aveva trasportato dall'Egitto un grande obelisco utilizzato per decorare il circo vaticano. Fu portato a termine dal figlio adottivo, Nerone, il quale ne celebrò la fine dei lavori con la monetazione. Nerone diede il nome di Portus Augusti al nuovo porto. Fu fatto costruire un arco di trionfo in onore dell'imperatore Nerone, decretato dal Senato nel 58, in occasione della vittoria contro i Parti, sebbene sia stato effettivamente costruito solo nel 62. Era collocato sulla via di accesso al Campidoglio, ma venne distrutto probabilmente poco dopo, o per la damnatio memoriae o nell'incendio del colle del 69. Le raffigurazioni sulle monete lo mostrano ad un solo fornice, con colonne corinzie libere al di sopra di piedistalli sporgenti dalla facciata che sorreggevano statue e una ricca decorazione scultorea. Nel 64, sotto il regno di Nerone uno spaventoso incendio quasi rase al suolo l'intera città, distruggendo interamente tre delle zone augustee e danneggiandone gravemente sette, lasciandone integre solo quattro. Per favorire un'ordinata ricostruzione e impedire il diffondersi di nuovi incendi, venne emanato un nuovo piano regolatore, attuato però solo in parte, come riporta Tacito, tramite la realizzazione di strade più larghe, affiancate da portici, senza pareti in comune tra gli edifici, di altezza limitata e con un uso quasi bandito di materiali infiammabili, sostituiti da pietra e mattoni. Approfittando della distruzione Nerone costruì la sua Domus Aurea, che occupò gli spazi compresi tra Celio, Esquilino (Oppio) e Palatino con un'enorme villa, segno tangibile delle mire autocratiche dell'imperatore. Altri edifici pubblici neroniani furono il mercato del Celio (Macellum Magnum) e le Terme di Nerone del Campo Marzio, la cui pianta regolare e simmetrica fece da modello per tutti gli edifici termali futuri, inaugurando la tipologia di terme "imperiali". Si ipotizza anche una ricostruzione dopo il grande incendio del 64, contemporaneamente allo spostamento e ingrandimento della casa delle Vestali: il tempio venne infatti rappresentato in monete dell'epoca di Nerone e dei successivi imperatori Flavi.
Note
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