Il Macellum Magnum fu edificato e dedicato da Nerone nel 59 d.C.[4].
Si ritiene che esso in seguito fu distrutto e ricostruito verso la fine del IV secolo sempre ad uso pubblico, probabilmente ancora come mercato[4].
Papa Simplicio (468‑482) lo trasformò nella basilica di Santo Stefano e fu restaurato con varie modifiche dai papi Teodoro I (642‑649) e Nicola V (1453)[4]..
Descrizione
Il Macellum era raffigurato sulla monetazione neroniana come edificio circolare a due piani, con una thòlos centrale o una struttura a cupola, circondata da un portico esterno[4].
Il complesso era formato da un edificio centrale, costituito da un porticato circolare a due piani dotato di 22 colonne, che sostenevano un tetto a cupola, e, attorno ad esso, un porticato concentrico dotato di 36 colonne, anch'esso a due piani. Inoltre, all'esterno di questo sorgeva un ambulacro di larghezza pari a 10 metri, diviso in otto segmenti da file di colonne[4].
I segmenti alternativamente erano privi della parete esterna, somigliando così a cortili aperti.
L'edificio originario di Nerone era cinto da un porticato rettangolare che conteneva botteghe, i cui resti forse erano ancora visibili nel XVI secolo[4].
Dell'edificio originario di Nerone si conservano solo le fondazioni in travertino, parte del muro di cinta e otto pilastri del colonnato esterno; comunque, l'edificio del IV secolo fu edificato sulle fondazioni originarie e pare che abbia conservato in generale la forma dell'edificio originario[4].
MAC AUG S-C, facciata del Macellum Magnum costruito da Nerone, una statua di fronte alla base di un'entrata a quattro colonne cilindrica, nella parte alta una struttura a tre colonne sormontata da una cupola conica; portico a due ordini da entrambe le parti (sinistra-destra).
^abcdefgMacellum Magnum, in: Samuel Ball Platner & Thomas Ashby, A Topographical Dictionary of Ancient Rome, Oxford University Press, Londra, 1929, p. 323.
Collegamenti esterni
Macellum Magnum, in: Samuel Ball Platner & Thomas Ashby, A Topographical Dictionary of Ancient Rome, Oxford University Press, Londra, 1929.