La memoria di Rotari è legata soprattutto al celebre editto, promulgato nel palazzo Reale di Pavia[3] alla mezzanotte tra il 22 ed il 23 novembre 643, con il quale codificò il diritto longobardo rimasto fino ad allora legato alla trasmissione orale. L'editto apportò significative innovazioni, come la sostituzione dell'antica faida (vendetta privata) con il guidrigildo (risarcimento in denaro), e limitò fortemente il ricorso alla pena capitale.
Biografia
Già duca di Brescia, ariano[4], apparteneva alla stirpe degli Arodingi, termine che potrebbe indicare la discendenza da una popolazione, gli Arudi, anticamente stanziata nello Jutland. Ascese al trono nel 636 alla morte di Arioaldo, del quale sposò la vedova Gundeperga, cattolica e portatrice del carisma dell'antica dinastia dei Letingi ereditato dalla madre Teodolinda.
Secondo la tradizione, alla morte di Arioaldo i duchi longobardi avrebbero incaricato Gundeperga di scegliere il nuovo re e sposo, secondo una modalità già applicata dalla monarchia longobarda con Rosmunda (che scelse Elmichi, peraltro rifiutato dalla maggioranza dei duchi) e Teodolinda (che scelse Agilulfo, questa volta con largo consenso). Anche la scelta di Gundeperga - presumibilmente pilotata dai duchi - ebbe successo. Rotari rinnovò pertanto la formula di un re ariano affiancato da una regina cattolica, che, dai tempi di Teodolinda, assicurava un sostanziale equilibrio nel Regno e una politica di tolleranza.
Rotari condusse numerose campagne militari, che portarono quasi tutta l'Italia settentrionale sotto il dominio del regno longobardo. Ciò fu possibile in quanto l'Impero Bizantino attraversava una grave crisi interna, che lo distoglieva dall'Occidente. Rotari, pertanto, conquistò (642) la Liguria (compresi il capoluogo Genova e Luni) e Oderzo. Tuttavia, neppure la schiacciante vittoria ottenuta sull'esarcabizantino di Ravenna, sconfitto e ucciso insieme a ottomila suoi uomini presso il fiume Panaro, fu sufficiente a sottomettere l'Esarcato.
Governò con energia e colpì con durezza i duchi che gli si opponevano, facendone eliminare molti; questo tuttavia non gli alienò il sostegno e l'affetto del suo popolo, che in lui ammirava il legislatore e, soprattutto, il guerriero. Anche il Ducato di Benevento, che durante il suo regno espanse a sua volta il suo dominio conquistando la Puglia e la città di Salerno, riconobbe l'autorità del re; il duca Arechi inviò alla corte di Milano il proprio figlio ed erede Aione.
Poco dopo la sua morte la sua tomba venne aperta nottetempo e gli ornamenta furono rubati[11].
Paolo Diacono narra anche della punizione sovrannaturale del ladro[12][13].
^Nel prologo del suo Editto Rotari si qualificò come il 17º Re dei Longobardi (septimodecimum rex gentis Langobardorum). Il testo dell'Editto è consultabile qui: Leges Langobardorum, su Monumenta Germaniae Historica, p. 1. URL consultato il 2 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 2 novembre 2019).
^Giovanni Polara, L' "Età del ferro": il VII secolo- L'Italia, in Letteratura latina tardoantica e altomedievale, Jouvence, p. 163, ISBN88-7801-069-3.
^"Fu sepolto accanto alla basilica del beato Giovanni Battista [...]"
^L'identificazione della «basilica di San Giovanni Battista» ricordata da Paolo Diacono (IV, 47) è discussa: vi è chi la identifica con la chiesa omonima di Monza e chi, invece, pone la sepoltura a Pavia, capitale del Regno, nella basilica fondata dalla figlia di Agilulfo e Teodolinda e moglie di Rotari, Gundeperga. Cfr. Lida Capo, Commento a Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, p. 526.
^ Paolo de Vingo, Le forme di rappresentazione del potere e le ritualità funerarie aristocratiche nel regno longobardo in Italia settentrionale, in Acta Archeologica Academiae Scientiarum Hungaricae, 2012, n. 63.
^Paolo Diacono, Libro IV, 47 Essendo stato sepolto re Rotari presso la Basilica di San Giovanni un ignoto, per malvagia cupidigia, aprì la sua tomba di notte e lo spogliò di ogni ornamento che trovò sul cadavere.
^Ma appena commesso il gesto sacrilego, al ladro apparve la visione di Giovanni Battista che lo atterrì rimproverandolo di aver osato toccare il corpo di colui che, nonostante non credesse «in maniera giusta», gli si era voluto affidare in morte. Come castigo, s. Giovanni interdisse al profanatore ogni futura possibilità di ingresso nella sua chiesa; e, difatti, da quel giorno ogni qual volta l'uomo si provava a varcare la soglia della basilica, veniva prodigiosamente respinto all’indietro come se un pugile invisibile lo avesse colpito con un forte pugno al collo.
^Nel 1989 sono state rinvenute nel Duomo di Monza tre tombe altomedievali con antichi motivi ornamentali, una delle quali è doppia. A differenza delle due trovate vuote (possibili tombe di Teodolinda, Agilulfo e Adaloaldo) la terza era ancora sigillata e conteneva uno scheletro privo di ornamenti. Si è ipotizzato trattarsi delle spoglie di Rotari, V.Maspero, Storia di Monza,Vittone ed., 2007.
In corsivo i regnanti titolari de iure ma non de facto, oppure i pretendenti al trono, quindi senza effettiva sovranità sui territori italiani
Note:
^non è chiaro con quale titolo Odoacre regnò in Italia ma gli storici concordano sull'attribuirgli quello di Re d'Italia, assegnatogli dal contemporaneo Vittore Vitense.
^non da Imperatore, contese il trono ad Enrico II il Santo