Verosimilmente, la chiesa, di culto ariano, fu fondata nel VI secolo in età ostrogota[1]. L'edificio fu fatto rimodellare da re Rotari nel VII secolo ed è menzionato nell'Historia Langobardorum di Paolo Diacono.[5][6]
Nel 658 la chiesa passò dal culto ariano a quello cattolico e, contemporaneamente, il suo clero aderì al cattolicesimo, tanto che il vescovo ariano di Pavia, Anastasio, divenne il presule cattolico della città[7]. Il perimetro absidiale della cripta risale al VII secolo, mentre il resto della struttura venne aggiunto nell'XI secolo, quando la soprastante chiesa fu ricostruita e dotata di tre navate. La chiesa subì poi ampie manomissioni nel 1512 e nel corso del XVII secolo, per poi essere nuovamente distrutta e rifatta nel 1741. Nel corso di questi lavori (che non interessarono la cripta), furono eliminate le tre navate medievali e l'edificio fu ridotto ad aula unica. Nel 1805 la chiesa fu soppressa e venne acquistata dal vicino ospedale San Matteo che la utilizzò, almeno fino al 1876, come padiglione per i pazienti affetti da malattie infettive[8]. Nel 1923 se ne decise il definitivo abbattimento nel quadro di un "riordino" urbanistico della zona, da cui sarebbe sortiti l'attuale piazza Leonardo da Vinci e l'isolamento suggestivo quanto antistorico delle torri[9]. Durante i restauri del 1968 furono rinvenute a est dell'abside della cripta alcune tombe alla cappuccinaaltomedioevali[5]. La cripta, sebbene rimaneggiata in epoca romanica, conserva ancora alcuni capitelli di età longobarda[10] che mostrano un allontanamento dall'arte classica attraverso forme originali ispirate all'oreficeria. Si è pensato che essi fossero originariamente ricoperti da paste vitree o grosse pietre colorate, che avrebbero dato un aspetto più maestoso ed aggraziato all'insieme; uno è diviso in campi chiusi triangolari, che ricorda le coeve fibule alveolate, mentre un secondo presenta ovali longitudinali, assimilati a grandi foglie d'acqua, che sembrano derivare dalle fibule "a cicala" usate in tutta l'oreficeria barbarica e derivate da modelli orientali[3][2][4]. La cripta è a cinque navate divise da quattro file di colonne, mentre le volte sono a crociera[11]. Le volte conservano affreschi, di gusto bizantino, raffiguranti busti di santi risalenti alla seconda metà del XII secolo[9][12].
La cripta è affidata ai Musei Civici e per potervi accedere è necessario prenotare la visita attraverso i Musei Civici.[13]
Curiosità
Nel 2018 nella cripta sono state girate alcune scene del film Aquile randagie di Gianni Aureli, uscito nel 2019.
^ab Saverio Lomartire, Pavia nell'alto medioevo: i monumenti e le opere, in Saverio Lomartire e Davide Tolomelli (a cura di), Musei civici di Pavia. Pavia longobarda e capitale di regno. Secoli VI-X, Milano, Skira, 2017, p. 53, ISBN978-88-572-3790-9.
^abPierluigi De Vecchi-Elda Cerchiari, I Longobardi in Italia, pp. 309-311.
^ Margherita Cecchelli e Gioia Bertelli, Edifici di culto ariano in Italia, in Actes du XIe congrès international d'archéologie chrétienne. Lyon, Vienne, Grenoble, Genève, Aoste, 21-28 septembre 1986, Rome, École Française de Rome, 1989, pp. 239-240.
^ Luisa Erba, Parrocchie soppresse a Pavia tra Sette e Ottocentoː una grande trasformazione urbana, in Bollettino della Società Pavese di Storia Patria, n. 122, Cisalpino, 2022, pp. 78-79, ISSN 2239-2254 (WC · ACNP).
^ Luigi Carlo Schiavi, Sant'Eusebio, in Saverio Lomartire e Davide Tolomelli (a cura di), Musei Civici di Pavia. Pavia longobarda e capitale di regno. Secoli VI-X, Milano, Skira, 2017, p. 53, ISBN978-88-572-3790-9.
Saverio Lomartire, Davide Tolomelli, Musei Civici di Pavia. Pavia longobarda e capitale di regno. Secoli VI- X, Milano, Skira, 2017, pp. 88, ISBN978-88-572-3790-9.
Carlo Bertelli, Lombardia medievale. Arte e architettura, Milano, Skira, 2003, pp. 368, ISBN978-88-849-1300-5.
Giovanna Forzatti Golia, Istituzioni ecclesiastiche pavesi dall'età longobarda alla dominazione visconteo-sforzesca, Roma, Herder, 2002, pp. 571, ISBN978-88-858-7671-2.
Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I Longobardi in Italia, in L'arte nel tempo, Milano, Bompiani, 1991, pp. Vol. 1, tomo II, pp. 305-314., ISBN88-450-4219-7.