Francesco II Sforza
Francesco II Sforza (Milano, 4 febbraio 1495 – Vigevano, 24 ottobre 1535) fu il nono e ultimo Duca di Milano indipendente dal 1521 al 1535. Duca di Bari, principe di Rossano e conte di Borrello, Longobucco e Rosarno dal 1497 alla morte. Era il figlio minore di Ludovico Sforza, detto il Moro, e di Beatrice d'Este. «O Francesco duca de Milano, BiografiaInfanziaFrancesco era il secondogenito di Ludovico Sforza, all'epoca già duca di Milano, e di sua moglie Beatrice d'Este. Nacque nella notte tra il 3 e il 4 febbraio 1495 nel castello di Porta Giovia con l'aiuto di comare Frasina da Ferrara, la levatrice di famiglia.[1] Fu tenuto a battesimo dalla zia Isabella d'Este, venuta a Milano per assistere la sorella nel parto, e da Antonio Maria Pallavicino,[2] e gli furono imposti una quindicina di nomi, fra i quali il suo nome proprio fu Sforza Maria,[3] in onore dello zio paterno Sforza Maria morto in giovane età, al quale Ludovico era stato molto affezionato, o, secondo altri, a memoria dell'avo Francesco I, dal quale sorse appunto quel soprannome - Sforza - che divenne cognome di famiglia. Nei primi anni, e almeno fino al 1499, fu dunque chiamato ufficialmente col nome di Sforza, ma successivamente si impose quello di Francesco.[4] Malgrado una malattia che lo travagliò dall'aprile all'agosto 1495[5] e il quasi contemporaneo assedio di Novara che tenne impegnati i suoi genitori lontani da casa, i primi anni di Francesco trascorsero spensieratamente, tra studi e giochi in compagnia dei fratelli.[6] Fin dai primissimi mesi di vita dimostrò un grande attaccamento nei confronti della sorellastra Bianca Giovanna, figlia illegittima del padre e carissima amica di Beatrice,[7] tanto che una volta, caduto ammalato, pareva rianimarsi solo quando la vedeva. Tuttavia la giovinetta morì molto presto, all'età di quattordici anni, nel novembre 1496, e poco più di un mese dopo venne a morte anche la stessa madre Beatrice. Il bambino perdette così prestissimo entrambe le figure femminili più importanti e pure il padre, a partire da quel momento, cominciò a trascorrere sempre meno tempo coi figli. Nello stesso anno 1497, dopo la morte della moglie, il padre Ludovico rinunciò ai suoi possedimenti nell'Italia meridionale in favore di Francesco, che fu così investito del Ducato di Bari (comprendente Bari, Modugno e Palo del Colle), del principato di Rossano e delle contee calabre di Borrello, Longobucco e Rosarno. In seguito a una confusa e infruttuosa manovra del padre Ludovico, tuttavia, dal 1499 il ducato di Bari fu occupato da Isabella d'Aragona, pur continuando a esserne titolare Francesco.[8] Nel 1499 il ducato di Milano fu invaso dai francesi e Ludovico provvide a mettere al riparo i figli presso la corte imperiale ad Innsbruck, raggiungendoli subito dopo lungo la via. Si separò poi da loro nel gennaio successivo, quando decise di tentare la sorte in Italia per recuperare il ducato, e non li rivide mai più. La separazione fu certo traumatica, sia per il cinquenne Francesco che per il fratello maggiore, se lo storico milanese Bernardino Corio scrive a tal proposito: "questi fanciulli, accommiatandosi dall'amatissimo padre e baciandolo, di pietose lagrime gli bagnarono il volto, atto veramente d'incredibil dolore".[9] Subì l'incameramento dei beni da parte dell'imperatore, che lasciò ai milanesi rifugiati soltanto un esiguo appannaggio ducale. Triste condizione solo in parte mitigata dagli interventi della cugina e imperatrice Bianca Maria Sforza, alla cui tutela i due fanciulli erano affidati. Bianca morì però nel 1510, sostituita quindi da Margherita d'Asburgo. I due fratelli furono probabilmente separati dopo la Dieta di Costanza, quando Massimiliano seguì l'imperatore a Innsbruck, mentre Francesco fu affidato al vescovo Bernardo Clesio, che gli impartì probabilmente una migliore educazione umanistica rispetto al fratello,[10] ma che lo abituò a vestirsi con "lo abito negro et da prete alla todescha". Rimase 21 anni in esilio in condizioni economiche indubbiamente inferiori rispetto a quelle in cui si era trovato alla corte milanese durante lo splendido regno di suo padre. Durante gli anni di governo di suo fratello Ercole Massimiliano, restaurato come duca tra il 1512 e il 1515, Francesco non riuscì a tornare a Milano; quando questi ne venne cacciato di nuovo nel 1515, in seguito al ritorno dei francesi, Francesco (che si trovava a Trento) si adoperò subito per riprendere il possesso del Ducato di Milano, che nella sua ottica legittimamente spettava a lui. Egli riuscì finalmente a rientrare a Milano, al seguito delle truppe di papa Leone X e dell'imperatore Carlo V nel 1521 (coalizzate nella cosiddetta Lega Santa), aiutati in questo anche dalla popolazione lombarda, che si sentiva vessata fortemente da un dominio considerato estraneo. In un contesto in cui gli Este, suoi parenti per parte materna, parteggiavano per il re di Francia, il ricordo della madre Beatrice era divenuto scomodo. Ciò nonostante nel 1522, nel corso di trattative volte a portare il duca Alfonso I d'Este dalla parte imperiale, Francesco scrisse all'intermediaria marchesa Isabella sua zia: "me ricordo chi fu mio patre et mia matre, et il bene di la Casa da Est tanto lo desidero como quello di Casa Sforzesca. Debo desiderar che sia quello stato de la eclesia, et che sia extinto il nome di quella casa? Certo non; la bona memoria de mia matre fu sua sorela, né non mi ne vergogno, ma molto mi acontento aver havuto una tal matre".[11] Ascesa al ducatoCon l'acquisizione del Ducato, ad ogni modo per Francesco II non finirono le preoccupazioni: le pressioni dei francesi continuavano ad essere insistenti soprattutto lungo il confine con il Piemonte e lo sforzo bellico richiedeva sempre più denaro, che per uno stato ormai di sempre più ridotte dimensioni come il Ducato di Milano, rispetto al colosso francese, costituivano un dissanguamento continuo. Francesco II fu pertanto costretto a tassare fortemente la popolazione per difenderla e questo lo mise in cattiva luce, oltre a provocare l'insorgere di rivolte localizzate. Tra i maggiori fautori di queste rivolte ricordiamo Bonifacio Visconti, erede e lontano parente di quei Visconti che un tempo reggevano Milano e che vedeva gli Sforza come gli usurpatori di un potere che loro stessi avevano creato. Bonifacio Visconti perciò tentò di uccidere Francesco II per ottenere il possesso del Ducato, approfittando della situazione politica instabile, ma riuscì solamente a ferire il duca al collo ed alla spalla. Sentendosi comunque instabile nel suo governo, a causa della pesante influenza asburgica e della presenza di truppe imperiali nei suoi territori, Francesco II Sforza, su iniziativa del suo ministro Girolamo Morone, ribaltò la sua alleanza e si unì alla Lega di Cognac contro l'Imperatore: insieme a lui, la Repubblica di Venezia, la Repubblica fiorentina, il Pontefice Clemente VII ed il Regno di Francia. Rimase perciò coinvolto in una congiura, illudendosi di avere l'appoggio di Fernando Francesco d'Avalos, marchese di Pescara, comandante delle milizie imperiali in Italia. L'Avalos però nel 1525 [12]tradì i congiurati, rivelò il complotto e fece scoppiare la guerra. Il Duca Francesco II fu rapidamente soverchiato dalle truppe imperiali, ma riuscì a mantenere il controllo su alcune città e piazzeforti del Ducato, finché grazie all'aiuto dei veneziani, che non volevano confinare con gli Asburgo anche ad occidente, aderì alla Lega di Cognac e, dopo una favorevole campagna militare, riottenne i propri possessi nel 1529; quindi lo Sforza fu ristabilito nel suo governo ed ottenne di riappacificarsi con Carlo V, anche se dietro il pagamento di un pesantissimo risarcimento, che impoverì ancora di più lo stato milanese. Nel 1530 ottenne dal Papa l'erezione della nuova diocesi di Vigevano, ottenendone il patronato per lui e i successori nel ducato, per nobilitare la città che dalla fine del Quattrocento ospitava la Corte. Matrimonio e morteA suggello della nuova alleanza con l'Imperatore , nel 1534 Francesco ebbe in sposa Cristina di Danimarca, figlia di Cristiano II di Danimarca e di Isabella, sorella dell'imperatore Carlo V, una ragazza di appena tredici anni. Francesco non fu contento di queste nozze, anzi credette inizialmente di dover sposare la sorella maggiore,[12] mentre giudicava che Cristina fosse ancora troppo tenera d'età e lo preoccupava la consumazione del matrimonio.[13] Cristina ricevette Tortona come città dotale dopo che Francesco II, ammalatosi di una malattia che lo rese quasi cieco, morì nel castello di Vigevano nel 1535.
«Francesco Sforza secondo figliuolo di Lodovico il Moro, essendo in età di tre anni, fu cacciato fuor di stato col padre e stette 21 anni in esilio, e spesse volte in povertà fra speranza e timore piangendo e aspettando pena degli altrui peccati. Dopo che Massimiliano suo fratello fu cacciato dello stato paterno, egli cinque anni dopo trovandosi in Trento, fu con l’armi di papa Leone X e di Carlo V rimesso in Milano avendolo anco molto amorevolmente richiamato i Milanesi, i quali odiando il dominio superbo de’ Francesi, molto più amavano quello del lor natural signore, e però discacciarono a furore Mons. di Lutrec governatore per il re di Francia con tutti i suoi seguaci per le disonestà e insolenze ch’usavano. Ma il duca spesse volte si pentì d’avere intrapreso quel carico, perciò travagliato dall’armi Francesi e trovandosi povero di denari, era perciò sforzato con spesse gravezze a taglieggiare i popoli, talché per ciò se n’acquistò l’odio de’ sudditi e quasi era bestemmiato da ognuno, vedendosi che mai non erano per aver fine le stranezze di riscuoter denari. Per questo dunque pensarono alcuni di volerselo levar dinanzi, e Bonifacio Visconti l’affrontò e ferì con un pugnal fra il collo e la spalla, ma leggermente. Diede egli fine a tre guerre con l’ajuto degl’imperiali, perciocché vinse Mons. di Lutrec alla Bicocca, e l’ammiraglio Gofferio e gli Svizzeri al fiume Sesia; e finalmente prese Genova e domò i Genovesi. Ma nella quarta guerra essendo il re Francesco in persona stato fatto prigione sotto Pavia, egli fu accusato di tradimento dal marchese di Pescara e da Antonio da Leva, i quali dicevano che lo stato di Milano s’era acquistato all’imperatore e non allo Sforza. Perché da loro fu assediato in castello e quasi gli furon tolte tutte le città dello stato. Ma papa Clemente e i Veneziani non sopportarono quest’ingiuria, e uniti co’ Francesi fecero molte guerre contra l’imperatore. Finalmente accordate le cose e venuto l’imperatore a coronarsi in Bologna per mano del papa, fece venir quivi lo Sforza, e lo rimise in stato, dandogli per moglie Cristierna sua nipote, nata d’una sua sorella e di Cristierno re di Dazia il che fu l’anno 1534, ma non godé lungamente tanta felicità: perciocché venutogli male agli occhi e accrescendosegli il male, venne a morte ai 24 d’ottobre 1535. Fu aperto il suo corpo e trovatogli il cuore arido, ma gonfio. Morto il marito la sposa fu rimenata al padre, e lo stato di Milano restò a Carlo V da cui è passato, estinti i Duchi Visconti e Sforzeschi, al Cattolico Filippo re di Spagna.» Aspetto e personalitàFrancesco ebbe carnagione e capelli scuri, di corporatura robusta ma di statura media.[10] Di lui fu detto che somigliasse fisicamente al padre, sebbene fosse di questo meno magnifico,[12] tuttavia il viso ricordava vagamente la madre. Così lo descrive Benedetto Capilupi nel 1513, diciottenne: "Ha de l'aspetto del padre, ma non tanto signorile; non serrà grande de persona, ma più grosso del duca, ha colme le spalle, li capilli simili a quelli del duca, lo abito negro et da prete alla todescha".[14] E così Mario Equicola: "Lo S.r Duca de Bari è multo grave, et ben serva in publico il grado di sacerdote et persona ecclesiastica".[15] Soffrì per anni d'una estrema cagionevolezza e di una deformità alla schiena, oltreché della gotta. Così lo descrive Giorgio Vasari: "Francesco ultimo fu gobbo, ma di faccia venerabile, con carne bianca, e barba nera, come dimostra il suo ritratto dipinto dal Vecelio".[10] Le voluminose pellicce di lince dovevano servire ad occultarne la deformità, come si vede appunto nel ritratto di Tiziano, dal quale si intuisce anche un certo rattrappimento alle mani.[16] La sua salute malferma è confermata anche da Marin Sanudo nel 1530: "el qual Duca camina mal [...] e lo orator suo exixtente qui li andava dagando man per aiutarlo"; e poi: "questo Duca è di età di anni ... molto meniconico, et mal pol aiutarse di le man, e camina mal".[17] Da fanciullo pare invece che fosse perfettamente normale e in salute, come si deduce dalle varie lettere: nel marzo 1495 Franceschino del Maino scriveva al padre che si era sfasciato il neonato e che "al trava [agitava] de le sue gambete et braze che pare che habia uno anno"; e altrove: "cresce et se fa belino". Nell'aprile che "persevera nel stare bene quanto al tetare, al dormire et alle altre operatione del corpo".[18] Era "sempre alegro, trahendo con le gambine et menando le sue manine verso Madonna Biancha che ben pareva de volerli fare gran careze".[7] Il provveditore generale di Brescia, Marco Foscari, così lo descrive: "Il signor duca mostra di complexione malinconica ed è infirmo del corpo, che non può adiutarse delli piedi et ha molto colore nel volto; mostra essere molto timido et suspettoso et ha una mente presaga di male, di sorte che sempre pronostica male".[19][17] Come il fratello maggiore, fu incline "alla malinconia e alla depressione, alternando secondo norma fasi di euforica energia ad altre di ansia, rinuncia quando non di panico",[10] non troppo diversamente da come faceva il padre, ma la depressione di Francesco fu certamente accentuata dalla tragica perdita dei genitori, dagli esili e dalle continue difficoltà. Carlo Contarini, in un suo dispaccio del 1527, lo descrive "molto collericho, né vol patir contrasto alcuno", com'era del resto la madre, d'altra parte, come il padre, "quando li intervene qualche inopinato caso, resta molto confusso et più presto perduto che altramente".[20] Pietro Aretino, che gli rinfacciava continuamente la pretestuosa condanna a morte inflitta ad Aberto Maraviglia e più d'ogni altro lo vessò nei suoi mordaci strali, lo chiama "protomartire Sforza", "duca di mummia", ipocrita, ribaldo, gli predice una morte straziante per mano del popolo[21] e perfino gli imputa una certa "impotenzia genitale" in virtù della quale auspicava che il suo "ganimede" Massimiliano Stampa, favorito e collega nel dominio ducale, sarebbe stato "luogotenente" anche nello sposalizio. Si trattava di una malignità gratuita, in quanto non solo risulta che Francesco avesse una figlia illegittima,[22] ma anche l'imperatore Carlo V si fece testimone della sua potenza sessuale:[13][23] «Fate in modo ch'ella [Cristina] lo trovi buono, perché quanto allo stato è ottimo e, quanto alla persona, il duca ha bensì stranamente guasti i membri visibili, ma la testa e la midolla spinale ben fondate, e, a quel che si dice, ed è men male, non può starsene senza donna.» DiscendenzaSi ha notizia di una sua figlia illegittima, tale suor Marta, nota per una sola lettera nella quale lamentava di essere da lui dimenticata e di vivere in ristrettezze economiche.[12][22] Ascendenza
Note
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