Sede vescovile è la città di Vigevano, dove si trova la cattedrale di Sant'Ambrogio. A Mortara sorge la basilica minore di San Lorenzo. Tra i molti santuari presenti in diocesi, si ricordano in particolare: il santuario della Madonna della Bozzola a Garlasco, compatrona della diocesi; il santuario della Madonna di Pompei a Vigevano, riconosciuto come santuario diocesano della famiglia; e il santuario del Sacro Cuore alle Sacramentine a Vigevano, riconosciuto come santuario diocesano dell'eucaristia.[1]
Adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento (Vigevano)
Adoratrici eucaristiche secolari (Vigevano)
Storia
La diocesi fu eretta da papa Clemente VII il 16 marzo 1530 con la bolla Pro excellenti[3], ricavandone il territorio dalle diocesi di Novara e di Pavia. Originariamente comprendeva soltanto tre parrocchie (Vigevano, Mortara e Gambolò) ed era suffraganea dell'arcidiocesi di Milano. La diocesi si ingrandì nel 1532 con l'erezione di altre due parrocchie in città, e nel 1535 con l'annessione dell'abbazia di Santa Maria di Acqualunga, in precedenza appartenente alla diocesi di Pavia. L'erezione di una diocesi era stata richiesta dal duca di MilanoFrancesco II Sforza per "nobilitare" Vigevano, che era diventata una delle sedi della Corte dalla fine del Quattrocento; con la stessa bolla di erezione gli Sforza ottennero anche il patronato della diocesi.
Nel Seicento la diocesi fu governata da una serie di vescovi di origine spagnola: la bolla di erezione riconosceva espressamente il diritto di patronato dei duchi di Milano, all'epoca i re di Spagna. Alcuni di essi furono assenti dalla vita della diocesi; altri invece si distinsero per la serietà nella cura pastorale. Particolare rilievo nella vita culturale dell'Europa del tempo l'ebbe il vescovo Juan Caramuel y Lobkowitz, acceso polemista e accanito antigiansenista.
Il 17 luglio 1817 la diocesi di Vercelli fu elevata al rango di arcidiocesi metropolitana e il 26 novembre dello stesso anno, con il breveCum per nostras litteras, Vigevano ne divenne suffraganea. Contestualmente papa Pio VII ampliò notevolmente la diocesi di Vigevano, assegnandole tutte le parrocchie della diocesi di Pavia a destra del Ticino e altre cinque, che prima appartenevano alla diocesi di Novara.[4] Queste decisioni furono determinate dal nuovo assetto politico della regione dopo la restaurazione e dal nuovo confine tra il Regno lombardo-veneto e il Regno di Sardegna che correva lungo il fiume Ticino.[5]
Il primo vescovo dell'Ottocento fu Giovanni Francesco Toppia (1818-1828) che si adoperò per rivitalizzare la vita diocesana dopo i danni provocati dall'occupazione francese; ripristinò le visite pastorali, indisse un sinodo, curò con particolare attenzione la formazione dei sacerdoti nel seminario e rifondò le confraternite e le pie associazioni soppresse durante il regime napoleonico.
La seconda parte dell'Ottocento è segnata dall'episcopato di Pietro Giuseppe de Gaudenzi (1871-1891), uno dei più significativi del secolo: diffuse la devozione del Sacro Cuore, si impegnò nella formazione culturale e pastorale della sua diocesi con la pubblicazione di ben 155 lettere pastorali, indisse tre sinodi diocesani, promosse attività cattoliche in campo assistenziale, fondò i comitati parrocchiali e le società di mutuo soccorso, diffuse la stampa cattolica e fondò il settimanale diocesano, L'opportuno, che nel 1900 mutò nome in L'Araldo lomellino.[6]
Il 17 luglio 1974 con il decreto Concilii Oecumenici della Congregazione per i vescovi è tornata a far parte della provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Milano e della conferenza episcopale lombarda, lasciando quella piemontese.
^Testo della bolla in: Cappelletti, Le Chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, vol. XIV, pp. 605-609.
^Le cinque parrocchie sottratte a Novara sono menzionate nella bolla Beati Petri del 17 luglio: Gravellona, Casolo vecchio, Casolo nuovo, Vignarello e Villanova; le altre invece nel breve Cum per nostras litteras.
^Dalla Storia della provincia ecclesiastica di Milano sul sito www.lombardiabeniculturali.it.
^Informazioni tratte da Beweb e dalla storia della diocesi in www.lombardiabeniculturali.it.