Le chiese di Trento sono gli edifici di culto cristiani situati entro i confini dell'odierno comune di Trento, comprendendo quindi sia il centro storico cittadino, sia i quartieri e le frazioni periferiche.
Gli edifici sono elencati in liste suddivise per circoscrizione; includono oltre cento chiese consacrate (sebbene non tutte officiate regolarmente), a cui si aggiungono una ventina di cappelle e quasi altrettanti edifici scomparsi, sconsacrati, abbandonati o altrimenti non più attivi. Gli edifici di culto consacrati appartengono tutti alla confessione cattolica e fanno parte dell'arcidiocesi di Trento, ad eccezione della chiesa di San Marco, in concessione alla comunità ortodossa rumena.
Sede dell'arcidiocesi di Trento, nonché duomo; edificata per volere del principe vescovo Federico Vanga a partire dal 1212, e completata solo verso il 1320, sorge sopra la precedente basilica paleocristiana; varie modifiche continuarono ad essere effettuate nei secoli successivi[1]. È luogo di sepoltura di gran parte dei vescovi di Trento.
Parrocchiale; probabilmente una chiesa sul sito (un po' più ad ovest) esisteva già dal VI-VII secolo, e venne rimaneggiata più volte; l'edificio attuale venne eretto tra il 1307 e il 1320 circa. Venne danneggiata dalle truppe di Vendôme durante l'invasione del Trentino del 1703; restaurata più volte nei secoli seguenti, venne elevata a parrocchia nel 1967[5].
Parrocchiale; una cappella privata sul luogo venne eretta dalla famiglia Sardagna nel 1759, poi divenuta pubblica nel 1794; nel 1836-1840 venne sostituita dalla chiesa odierna, elevata da curazia a parrocchia nel 1942[6].
Parrocchiale; la costruzione partì nel 1941, ma il cantiere venne danneggiato da un bombardamento nel 1943 e i lavori ripresero solo nel 1948, concludendosi nel 1952. Venne poi danneggiata dall'alluvione dell'Adige del 1966[7].
Una prima chiesa sul luogo, dedicata a Santa Maria Coronata, venne eretta verso il 1232 dai monaci ospedalieri, con annesso monastero; passò poi all'ordine teutonico che la riconsacrò a santa Elisabetta, quindi ai Teatini che la ridedicarono a san Gaetano. Nel 1727 il complesso passò alle orsoline, che riedificarono tutto da zero e consacrarono la chiesa, quella attuale, a San Giuseppe. Nel 1844 vi si stabilirono le figlie del Sacro Cuore di Gesù della Verzeri, e ora è parte dell'istituto scolastico paritario Sacro Cuore, che ha sede nell'ex monastero[9].
Una prima chiesa venne eretta sul luogo tra il IX e l'XI secolo, probabilmente abbandonata e poi ricostruita a seguito del terremoto del 1117; la nuova chiesa fu a supporto di un'abbazia (non più esistente) retta dai benedettini, quindi dai domenicani; la chiesa, pesantemente danneggiata da bombardamenti del 1943-1944[10], è ora "tempio civico" retta dai cappuccini[11].
Parrocchiale; eretta nel 1971 per sostituire una cappella con la stessa intitolazione a memoria dei reduci della prima guerra mondiale (che, costruita nel 1918, venne abbattuta nel 1968 per far spazio all'autostrada A22)[12].
Costruita tra il 1273 e il 1283 a supporto di un convento degli eremitani di Sant'Agostino e ampliata nel 1363, poi ricostruita tra il 1641 e il 1660; sconsacrata nel 1811, venne adibita a magazzino dell'intendenza di finanza (che aveva occupato i locali del monastero). Riaperta al culto nel 1855, dal 2003 è in concessione alla comunità ortodossa[13].
Una chiesa sul luogo, annessa a un monastero di domenicane, è attestata dal 1240, e venne ricostruita nel 1326. Dopo un incendio nel 1727 venne ampliata e affidata ai terziari francescani secolari, quindi abbandonata e riconvertita in fienile e poi in gendarmeria. Venne acquistata da Antonio Rosmini, che la fece restaurare e riaprire al culto tra il 1831 e il 1845, ma nel 1855 fu nuovamente chiusa; venne infine riaperta nel 1897[14].
Una chiesa paleocristiana sul luogo sorse già nel IV secolo; prima sede episcopale, cedette il passo alla nuova cattedrale e venne nominata chiesa cimiteriale. Tra il 1520 e il 1539 venne totalmente ricostruita per volontà di Bernardo Clesio, e ospitò gran parte delle assemblee durante la terza parte del concilio di Trento; la volta crollò per un dissesto strutturale nel 1805, e venne rifatta entro il 1809; venne poi colpita da varie bombe durante la seconda guerra mondiale[15]. Fu elevata al rango di basilica minore nel 1973.
Parrocchiale; una chiesa, con annesso ospizio, è citata nel 1191; venne ricostruita tra il 1740 e il 1750 in stile barocco, ma andò quasi totalmente distrutta da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale. L'edificio odierno sorse tra il 1952 e il 1961, e venne elevato a parrocchia nel 1963[16].
Parrocchiale; una chiesa nella zona, intitolata a san Pietro, è citata fin dal 1180. Venne ricostruita tra il 1473 e il 1483 per volere del principe vescovo Johannes Hinderbach, con lo scopo di promuovere il culto del Simonino di Trento (il cui corpo è stato conservato in una cappella della chiesa fino alla soppressione del culto nel 1965). L'edificio venne rimaneggiato più volte, tra cui una nel 1624 a seguito di un incendio e una nel 1848-51 quando venne realizzata la nuova facciata[17].
Parrocchiale; istituita per distaccamento dalla parrocchia di San Pietro, la chiesa venne eretta tra il 1958 e il 1962; venne molto danneggiata dall'alluvione dell'Adige del 1966[18].
Costruita per volontà di Antonio e Giovanni Battista a Prato fra il 1519 e il 1533, per un monastero di clarisse; la facciata venne rifatta tra il 1683 e il 1689 su promozione della badessa Roccabruna. Il monastero passò ai padri filippini nel 1785, poi divenne caserma militare nel 1803 e, tra il 1812 e il 1816, ospitò il ginnasio. Nel 1822 venne riaperta al culto (con una parentesi tra il 1859 e il 1861 dovuta ad una profanazione); il monastero venne demolito nel 1845. Dal 1940 la chiesa è una rettoria affidata ai padri comboniani[19].
Privata, adiacente alla villa San Giorgio dei conti Salvotti (luogo dove sorgeva un tempo la chiesa di San Giorgio); costruita verso il 1830, venne distrutta da un bombardamento aereo il 13 maggio 1944, e quindi riedificata, su progetto dell'architetto Giovanni Leo Salvotti de Bindis, nel 1959[21].
Cappella incorporata in palazzo Galasso, destinata al culto ecumenico sin dal 1968. Una prima venne costruita nel 1571; venne rifatta nel 1607 perché in cattive condizioni, su progetto del Bagnadore; venne restaurata nel 1834[21].
Cappella cimiteriale, edificata nel 1919-20 su progetto dell'architetto Marco Martinuzzi, con funzione di camera mortuaria, ossario e anche memoriale per i sedici soldati della Vela caduti nella prima guerra mondiale[22].
Edificata tra il VII e il VIII secolo, ampliata e ristrutturata varie volte nel corso dei secoli fino al 1212, allorché venne sostituita dalla nuova cattedrale costruita sullo stesso luogo[1]; ora è sito archeologico, sottostante l'odierno duomo di Trento.
Dell'edificio, di cui restano solo le parti basali delle mura, non si sa pressoché nulla. Venne probabilmente eretto nel corso del V secolo e, come testimonia un frammento d'affresco, era ancora in uso nel 530-540[23][24].
Chiesa di San Benedetto
Documentata XII secolo
Trento, lungo l'odierna via Oss Mazzurana
Documentata da dopo il 1160; nel corso dei secoli venne fortemente rimaneggiata, ribaltandone anche l'orientamento; venne parzialmente demolita nel 1830, e ciò che restava pesantemente modificato, così che non ne rimane alcuna traccia[25].
Realizzata dall'architetto Rodolfo Vantini negli anni 1830, in occasione del rinnovamento di palazzo Thun (di cui fa parte); sconsacrata almeno dai primi decenni del Novecento, è adibita a spazio per mostre temporanee ed esposizioni[26][27].
Venne fatta costruire dalla confraternita del Carmine tra il 1636 e il 1639, con ulteriori aggiunte durante tutto il secolo, e venne poi ricostruita nel secondo decennio del Settecento. Contratti numerosi debiti ed essendo incapace di ripagarli, la confraternita entrò in crisi verso la metà del XVIII secolo, venendo quindi soppressa nel 1811 e i suoi beni alienati al demanio. Nel 1829 venne approvata la demolizione della chiesa per permettere di ingrandire il vicino seminario; gli arredi andarono a varie altre chiese, sia a Trento, sia in altri comuni[28].
Chiesa di San Giorgio, o dei Santi Giorgio e Biagio
Attestata nel 1245
Trento, situata nell'odierna località San Giorgio, dietro a Piedicastello
Sorta in zona commerciale entro il 2002[31]; venne chiusa a fine 2018 per problemi strutturali[32] e poi temporaneamente riaperta per l'accoglienza invernale dei senzatetto[33]. Dal 2023 è stata sconsacrata ed è destinata a ospitare i nuovi uffici dell'ACI[34].
Parrocchiale; una chiesa sul sito esisteva già nel 1445, e risultava ridotta in rovina nel XVII secolo; quella attuale è stata eretta nel 1959 ed elevata a parrocchia nel 1967[39].
Citata nel 1646; cappella privata della famiglia Altenburger, che l'ampliò tra il 1760 e il 1780 e la concesse in uso al comune di Cognola nel 1856; chiusa al culto nel 1912, poi acquistata dalla comunità di Martignano ed elevata a parrocchiale dal 1938 fino al 1950 (quando venne sostituita dalla chiesa dell'Ausiliatrice); venne adibita a scuola materna nel 1954, e restaurata nel 2000[42].
Parrocchiale; citata nel 1330, all'epoca dedicata solo a san Vito, l'intitolazione attuale è dal 1540; ampliata con modifiche non radicali varie volte nel corso dei secoli (1539, 1609, 1767, 1774, 1815)[46].
Fatta costruire dal principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo, allora proprietario del maso, originariamente era dedicata a san Michele; l'intitolazione all'Immacolata è successiva ad una serie di restauri ottocenteschi[48][49][50].
Inserita all'interno di Villa Bampi (già Villa Fedrigoni) nel vecchio centro di Zell, sicuramente già esistente nell'Ottocento; vi era tradizionalmente celebrata la Messa il giorno di sant'Anna, motivo per cui è nota anche con l'intitolazione alternativa a tale santa[49].
Chiese sconsacrate, abbandonate o scomparse
Cappella della Madonna del Carmelo e di San Giovanni Nepomuceno, o cappella Migazzi
Fatta costruire prima del 1745 dal conte Gasparo Migazzi de Waal e Sonnenthurn; già a fine Ottocento la cappella era chiusa al pubblico e non frequentata nemmeno dagli eredi, e in seguito venne spogliata degli arredi sacri e trasformata in stalla (l'uso per scopi "profani" è documentato già dal 1890)[53].
Parte del monastero degli agostiniani citato per la prima volta nel 1234; nel 1450 passò ai benedettini, nel 1455 alla prepositura del Capitolo di San Vigilio. Dal 1840 l'intero maso passò di mano più volte, ed è ora di proprietà della ASUC[57].
Parrocchiale; eretta nel 1842-45 per sostituire la vecchia chiesa di San Valentino; elevata a parrocchia nel 1854, e restaurata più volte nel corso degli anni[58].
Parrocchiale; venne costruita tra il 1956 e il 1958, ed elevata a parrocchia nel 1977. Nel 1983-84 venne aggiunto alla chiesa il nuovo corpo laterale che divenne l'aula principale: la "vecchia" chiesa venne in parte convertita a cappella feriale, e in parte usata per ricavare spazi di ministero pastorale[70].
Parrocchiale, eretta tra il 1855 e il 1859 per ottemperare ad un voto fatto a seguito di un'epidemia di colera nel 1836, andò a sostituire la precedente chiesa omonima. Nel 1925 venne aggiunto il campanile[71].
Costruita nel 1836, a supporto di un lazzaretto con annesso cimitero sorto durante l'epidemia di colera che flagellò Gardolo in quell'anno; risultava abbandonata e degradata nel 1977, e nel 1982 venne anche danneggiata da una manovra errata di un mezzo pesante; venne quindi ristrutturata e riaperta al culto nel 1985[72].
Citata nel 1467 e probabilmente risalente all'inizio del XV secolo, o anche alla fine del XIV[71]. Sostituita dalla nuova parrocchiale omonima, quindi sconsacrata e divenuta abitazione privata; resta in funzione il campanile.
Costruita nel 1913 come parte dell'orfanotrofio femminile "Istituto di San Virgilio"; chiesa e istituto vennero chiusi nel 1966; nel 1983 venne ristrutturata e riaperta al culto[74].
Parrocchiale. Viene citata nel 1647 come chiesa di San Rocco; nel 1726 venne cointitolata a san Valentino, che nel 1760 rimase l'unico intestatario; venne ampliata nel 1881, data a cui risale anche il campanile, ed elevata a parrocchia nel 1920[77].
Eretta nel 1731, in origine dedicata alla Beata Vergine Maria e a san Giuseppe[76]; ora sconsacrata[78], di proprietà del comune di Trento, abbandonata[79] e in stato di forte degrado.
Un lebbrosario intitolato ai santi Lazzaro e Giuliana esisteva nella zona già nel 1237, a cui probabilmente era annesso un luogo di culto; la prima menzione diretta della chiesa, dedicata solo a san Lazzaro, è del 1431. L'ospizio/lebbrosario venne chiuso verso la fine del XIV secolo, e nel 1431 la chiesa risultava in rovina. Venne riedificata nel 1505, ma risultava nuovamente degradata nel 1579; riparata ancora nel 1626, ma nel 1718 l'edificio risultava per l'ennesima volta in pessime condizioni. Venne così chiusa al culto nel 1751, a cui seguì immediatamente una ristrutturazione e poi altre nel corso dell'Ottocento[83].
Chiesa (o cappella) di San Leonardo, o dei Santi Leonardo e Antonio
Parrocchiale; una prima cappella venne eretta sul posto nel 1741 dalla famiglia Gottardi; nel 1856 venne eretta la nuova chiesa (di cui la cappella divenne la sagrestia fino al 1957-58, anni in cui anch'essa fu ricostruita)[84].
Parrocchiale; citata nel 1226, e attestata come pieve più tardi nel secolo; venne notevolmente ampliata, se non riedificata, nella seconda metà del XVI secolo, e la cappella laterale del Rosario venne aggiunta nel secondo quarto del XVIII secolo[85].
Citata la prima volta nel 1315, tra il 1527 e il 1546 vennero aggiunti il campanile e la sagrestia. Venne rimaneggiata più volte fino al 1859, allorché fu chiusa perché pericolante. Nel 1870-73 la chiesa venne accorciata di due terzi, demolendo la parte anteriore, per destinarla a cappella cimiteriale[87].
Chiesa della villa di Paolo Oss Mazzurana, costruita nel 1891 per commemorare sua madre Maria Elisabetta, morta quell'anno. La villa andò distrutta in un incendio nel 1966, e sul terreno sorse in seguito il centro terapeutico Antidroga di Camparta; la chiesa è stata sconsacrata e ridotta ad uso profano, a servizio del centro.
Una cappella sul posto esisteva all'inizio del XV secolo, ed è citata nel 1485; venne abbattuta e riedificata tra il XV e il XVI secolo; con la costruzione della chiesa della Madonna di Caravaggio a Gazzadina, la chiesa di San Martino venne progressivamente abbandonata e andò in rovina; ne resta intatto solo il campanile[90].
La cappella si trova in uno stato di abbandono lungo la via Crucis che parte da Gardolo e porta al Monte Croce (o Calvario). È situata circa a metà percorso, a ridosso del muro che delimita le pertinenze di Villa Crivelli. Di fronte ad essa è presente una croce in pietra con incisa la data 1727.[92]
Cimiteriale; citata nel 1183, ampliata nel 1646. Venne danneggiata dal terremoto del 13 settembre 1989, quando già necessitava di riparazioni; i lavori di restauro vennero portati avanti negli anni immediatamente successivi, e poi altri tra il 2000 e il 2009[93].
Parrocchiale; costruita tra nel 1974-75 (l'elevazione a parrocchia per distaccamento da quella del Sacro Cuore di Gesù è precedente, del 1971), ristrutturata nel 2003[94].
Costruita nel 1929-31, subì danni da una bomba nel 1945; il campanile venne aggiunto nel 1948, e l'intera struttura venne ampliata nel 1965; fu parrocchiale dal 1968 al 1975, allorché la sede passò alla chiesa di Madonna Bianca[96].
Cappella di pertinenza di Villa O' Santissima, costruita verso il 1676 quando questa era ancora chiamata "maso Magor"; nel 1857 venne restaurata grazie ad un lascito testamentario di Giacomo Rovereti de Freiberg, sommo scolastico del Capitolo della cattedrale di Trento[99][101][102]; dopo anni di abbandono, nel 2022 è stata restaurata assieme a tutta la villa.
Edificata su un piccolo sperone roccioso nel 1662; nel 1986 è stata risistemata e riarredata ad opera della famiglia di Giorgio Rizzoli del quartiere di Madonna Bianca[103][104].
Costruita nel 1872-73 per volontà dell'avvocato Pietro Bernardelli, in memoria del nipote Adalberto; venne sconsacrata nel 1975 e subì vandalismi e danni da intemperie; è stata restaurata nel 2010-11[105].
Edificata dove sorgeva il Castel Cedra, fu distrutta alla fine del XIX secolo per fare spazio al Forte San Rocco. Alla chiesa era annesso un romitorio[108][109][110].
Chiesa di quella che fu la "Casa Sacro Cuore", scuola dei padri dehoniani, costruita nel 1954 su progetto di Guido de Unterrichter (che già aveva firmato quello dell'intero complesso, eretto nel 1934); nel 1995 la scuola passò alla provincia, diventando l'Istituto di formazione professionale "Sandro Pertini"[112]. La chiesa, con il suo porticato, è l'unico elemento superstite del complesso, abbattuto nel 2017 e in fase di ricostruzione; già in precedenza sconsacrata e convertita in aula magna, è destinata, al termine dei lavori, all'uso di auditorium e biblioteca[113].
Probabilmente fondata nel XIV secolo, tradizionalmente detta parte di un castello che è documentato dal 1375 e forse costruita reimpiegando un edificio preesistente (ad esempio una torre); venne ricostruita nel 1566, e restaurata varie volte nel corso degli anni[114][115].
Costruita nel 1769; sebbene dedicata ad Antonio di Padova, la festa più importante è invece quella di Antonio abate, per motivi legati al lavoro agricolo[115][116].
Chiesetta citata nel 1756, di partinenza di una proprietà dei conti Pompeati, ma usata all'epoca dai fedeli della zona circostante; originariamente intitolata alla Madonna del Carmine, che è raffigurata anche nella pala d'altare[115][118].
Eretta nel 1748 per volontà di Francesco Moser, probabilmente su progetto di Oradini, e poi passata di proprietà alla famiglia Salvadori, che nel 1970 la donò alla parrocchia di Povo[115][120].
Chiesa della Madonna del Carmelo, o cappella Manci[115]
Privata, di pertinenza di Villa Manci (ex villa Taxis Bordogna), sicuramente esistente nel 1753; venne gravemente danneggiata durante la prima guerra mondiale[115].
Citata nel 1579 (all'epoca dedicata ai santi Rocco e Sebastiano), ma certamente edificata prima, probabilmente in periodo altomedievale e in luogo di una preesistente edicola votiva; il campanile venne aggiunto nel 1855-59; dal 1966, complice la costruzione della nuova parrocchiale del Sacro Cuore, la chiesa venne abbandonata e usata come deposito; nel 1992 è stata restaurata ed è avvenuto l'adeguamento liturgico[115][122].
Parrocchiale; citata nel 1131, e attestata come pieve dall'inizio del XIV secolo; nel 1819 venne rimaneggiato (o rifatto) il campanile. Un crollo sopra le volte portò alla chiusura della struttura nel 1907, e alla sua demolizione e riedificazione entro il 1910[123].
Venne costruita probabilmente come ex voto a seguito dell'epidemia di peste che colpì il Trentino nel 1523-25; la prima citazione risale ad una visita pastorale di Ludovico Madruzzo, in cui viene detta "in condizioni pietose"; due restauri sono documentati nell'Ottocento[115][124].
Cappella privata, situata sui terreni di Villa Manci. Costruita nel 1900 al posto di una precedente cappella pubblica franata a seguito di uno smottamento[115] e benedetta il 30 ottobre di quell'anno[125].
Chiese sconsacrate, abbandonate o scomparse
Cappella (o chiesa) del Santissimo Crocefisso, o cappella Manci[126]
Costruita nel 1711 dalla comunità di Povo, e riedificata nel 1751 per volere del conte Filippo Francesco Manci; l'ultimo intervento di conservazione è del 1962, e la cappella risulta ora abbandonata e in stato di degrado[126][127][128].
Chiesa di Santa Cristina
Citata XIII secolo
Località Gionghi
Chiesa di pertinenza del castello di Pietrapiana, documentata nel 1258; il maniero andò in rovina nel Seicento[129], e della chiesa non resta alcuna traccia.
Cappella della Madonna della Corona (o dell'Addolorata[125])
Facente parte del complesso di Villa Maria (ex Villa Ricci), venne costruita nel 1668; era legata ad un "beneficio" voluto da Biagio Ricci nel 1701, col quale si forniva una casa ad un sacerdote che aveva il compito di celebrarvi la Messa giornalmente. È caduta in disuso durante il XX secolo, ed è ora sconsacrata e abbandonata[115].
Settecentesca, di pertinenza di quella che fu la proprietà della famiglia de Battaglia, risultava in pessime condizioni già nel 1905[115]. Nel XXI secolo è stata restaurata e riconvertita in appartamento a destinazione turistica[130].
Costruita nel 1655 per volontà delle comunità locali, e per interessamento del futuro principe vescovo Francesco Alberti Poja, che aveva possedimenti nella zona; il campanile venne aggiunto solo nel 1856[131].
Parrocchiale; edificata nel 1784 sul sito di una cappella privata della famiglia Sizzo, questa attestata almeno dal 1743; venne ampliata nel 1799 ed elevata a parrocchia nel 1944[133].
Una chiesa sul luogo, legata al lebbrosario di San Nicolò, gestito dai benedettini, venne consacrata dal vescovo Corrado di Beseno nel 1191; nel 1574 venne adibita a lazzaretto; tutto il maso venne abbandonato nel corso del XVIII secolo, la chiesa venne chiusa al culto e, nel 1830, venduta a privati. Il maso venne riacquistato dalla mensa vescovile di Trento sul finire del XIX secolo, che fece ricostruire il luogo di culto, terminato nel 1899; nel 1965-66 l'intero complesso venne restaurato, riparando i danni della seconda guerra mondiale; nel complesso risiede ora la comunità di consacrate "Fraternità Cena Domini"[138].
Nel 1245 venne eretta sul posto la chiesa di un convento francescano, dedicata a San Francesco, che venne demolita in periodo napoleonico; il convento, superstite, venne affidato nel 1826 alle canossiane, che ricostruirono l'edificio (completato nel 1828) dedicandolo all'Addolorata. Questa seconda chiesa venne adibita a magazzino della Croce Rossa (gran parte del convento divenne invece caserma) tra il 1916 e il 1918, e danneggiata da un bombardamento nel 1945[139].
Chiesa del convento francescano di San Bernardino; chiesa e convento vennero fondati nel 1452 in località Ghiaie, ma subirono diverse volte le alluvioni del Fersina e vennero quindi abbandonati e rifondati nel 1690-98 nella sede attuale (recuperando materiali dal vecchio complesso); la chiesa subì diversi rimaneggiamenti e ristrutturazioni nel corso degli anni[143].
Una prima chiesa sul luogo, dedicata a san Michele Arcangelo, è citata nel 1183; nel 1229 venne assegnata alle clarisse, che costruirono lì un convento, da cui deriva l'intitolazione a santa Chiara. L'edificio venne ampliato nel 1626, e nel 1710 venne aggiunta la penitenzieria. Le clarisse lasciarono il monastero nel 1804; la chiesa fu adibita a magazzino e, nel 1810, aggregata all'ospedale cittadino che era stato organizzato nel convento. L'ospedale cambiò sede nel 1970, e nel 1979 la chiesa venne riacquistata dall'arcidiocesi di Trento, che la fece restaurare e riconsacrare[144].
Chiesa del convento cappuccino di Santa Croce alla Spalliera, costruito nel 1842 (prima l'ordine era basato presso l'altra chiesa omonima, in via Santa Croce). La nuova chiesa venne distrutta da un bombardamento già nel 1944, e ricostruita nelle forme attuali nel 1948-50. Fu parrocchiale tra il 1967 e il 2005 (poi fu inglobata in Santi Pietro e Paolo)[145].
Chiesa dell'istituto dei padri venturini, costruita nel 1935-36; nel 1960 venne aggiunta una cripta per ospitare le spoglie del fondatore dell'ordine Mario Venturini[146].
Parrocchiale; una chiesa provvisoria (ora avente funzione di auditorium e oratorio) venne costruita sul luogo già nel 1936; quella odierna sorse nel 1955-1958[147].
Parte del complesso del seminario minore, venne eretta nel 1906-09 per volontà di Celestino Endrici, per commemorare il centenario del dogma dell'Immacolata Concezione; venne chiusa al culto nel 1968 e riaperta nel 1994; dal 2013 è gestita dal Seminario Maggiore Arcivescovile di Trento (mentre il complesso del seminario minore ospita il liceo scientifico "Leonardo da Vinci")[148].
Un capitello sul posto, contenente un'immagine della Madonna con Bambino ritenuta miracolosa, esisteva nella metà del XVI secolo; nel 1615 vi venne costruita intorno una prima chiesetta, a cui seguì, nel 1619-20, la struttura odierna, affiancata dal 1924 da un convento dei padri carmelitani. Nel 1651-54 vennero aggiunte due cappelle laterali, e una terza nel 1685. Seguirono la facciata nel 1696, il campanile nel 1699-1713, una quarta cappella nel 1713-14, la cantoria nel 1721. Nel 1810 i carmelitani furono scacciati e il santuario ridotto a magazzino; venne restituito al culto nel 1922, e riconsegnato ai carmelitani nel 1941[149].
Chiesa dell'istituto delle suore di Maria Bambina; una prima struttura venne eretta nel 1896; venne distrutta da un bombardamento aereo nel 1944, e ricostruita nelle forme attuali nel 1949-52[150].
Chiesa del seminario maggiore arcivescovile (contro cui è appoggiata, essendo quindi priva di facciata); l'intero complesso è stato edificato nel 1907-09[153].
Parrocchiale; la costruzione iniziò nel 1912, si interruppe a causa della guerra tra il 1914 e il 1925, e si concluse nel 1927; tra il 1943 e il 1947 la chiesa venne adibita a magazzino per cereali con annesso anche un mulino, e venne anche danneggiata da un bombardamento; restaurata, venne riaperta al culto nel 1948; è parrocchiale dal 1963[154].
Parte di un complesso monastico fondato verso il 1183 e affidato ai crocigeri, e passato nel 1598 ai cappuccini, che vi rimasero fino al 1942 (tranne una parentesi napoleonica tra nel 1810-14); in quell'anno i monaci si spostarono in nuovo convento alla Spalliera e la chiesa venne sconsacrata e ceduta al comune. Dal 1986 è di proprietà dell'Istituto Trentino di Cultura e dal 2007 della Fondazione Bruno Kessler, e usata come aula per conferenze[161].
In origine parte di un istituto vescovile per sordomuti fondato da Giovanni Nepomuceno de Tschiderer; abbandonata verso la fine del XX secolo, è caduta in grave degrado fino al restauro, in corso a dicembre 2020, dopo il quale verrà convertita in spazio per eventi culturali di proprietà della Civica di Trento[162][163].
Parrocchiale; costruita tra il 1736 e il 1742 per sostituire la chiesa omonima, troppo piccola. Ampliata nel 1860, elevata a parrocchiale nel 1910[165].
Una chiesetta sul posto, intitolata all'Invenzione di Santo Stefano Protomartire, venne costruita nel 1567; demolita e ricostruita nel 1710, poi ancora nel 1801-03; elevata a parrocchiale nel 1907 e fino al 2000[172].
Aldo Gorfer, Strade e volti della collina di Trento, a cura di Gruppo per la Ricerca- Storico-Territoriale del Meanese, prefazione di Giuseppe Gorfer, fotografie di Giorgio Rossi, Meano, Circoscrizione Meano, 2007, SBNBVE0475415.