Gli edifici sono elencati in liste suddivise per comune; includono oltre cento chiese consacrate (sebbene non tutte officiate regolarmente), a cui si aggiungono quasi quaranta cappelle e alcuni edifici sconsacrati, abbandonati o non più esistenti. Gli edifici di culto consacrati appartengono tutti alla confessione cattolica e fanno parte dell'arcidiocesi di Trento.
Parrocchiale. Una chiesa dedicata a San Giorgio, posta circa nello stesso luogo dell'attuale, è documentata nel 1368. L'edificio venne ricostruito tra il 1542 e il 1571; nel XVIII secolo vennero aggiunti il campanile (1709-10) e le cappelle laterali (1736-39); un ulteriore ampliamento si ebbe nel 1851-65[1].
Una capitello votivo sul sito esisteva forse nel XV o nel XVII secolo, protetto da una capanna in legno. Esso venne inglobato in un edificio realizzato tra il 1720 e il 1745, e venne ampliato col portico, il campanile e la sagrestia nel 1931-33[2].
Parrocchiale. Citata per la prima volta nel 1370, venne ricostruita tra il 1547 e il 1585; nel Settecento vi furono vari interventi (ampliamento del presbiterio, costruzione della sagrestia e riedificazione del campanile), mentre nel 1832-36 venne ampliata la navata e rifatta la facciata. Interventi al campanile si resero necessari a seguito di un fulmine nel 1838 e poi ancora nel 1911. È parrocchiale dal 1919[5].
Citata nel 1390. Gran parte dell'edificio venne abbattuto nel 1864, dopo la costruzione della nuova chiesa omonima di fronte; ne venne lasciato in piedi solo l'abside, che costituisce la struttura attuale (oltre al campanile, che risulta isolato in mezzo alle due chiese)[6].
Parrocchiale. Costruita tra il 1857 e il 1859, andò a sostituire la precedente chiesa omonima situata di fronte. L'elevazione a parrocchiale è del 1919[7].
Parrocchiale. La chiesa venne edificata tra il 1664 e il 1674, ed era in origine dedicata alla Madonna e ai santi Giuseppe e Rocco; questo primo edificio venne quasi completamente ricostruito nel 1889-93, mantenendo il presbiterio e l'abside originali. È parrocchiale dal 1956[8].
Una cappella è citata nel 1585; l'edificio odierno venne edificato nel 1683-86 per volontà della famiglia Bortolazzi; nel 1920 è stata acquistata dal Comune[9].
Citata nel 1533, era legata ad un antico ospedale di passo (l'edificio adiacente, che ora ospita la biblioteca comunale e su cui è posto il campanile a vela)[10].
Ricavata da un preesistente edificio di proprietà della famiglia Tecilla; la costruzione iniziò 1909 e terminò, a causa della prima guerra mondiale, solo nel 1927[11].
Costruita nel 1751-59 per volontà della famiglia Siciliani-Gentilotti, come oratorio privato. Venne sconsacrata nel 1885, adibita a fienile e subì un periodo di degrado fino al restauro nel 1981; ora è di proprietà del Comune, ed è destinata principalmente ad eventi culturali[17].
Costruita tra 1714, anno della licenza vescovile di erezione, e il 1729, anno di una visita pastorale alla chiesetta; il campanile venne aggiunto nel 1922[18][19].
Parrocchiale. Citata nel 1648; riedificata tra il 1730 e il 1743 a seguito delle apparizioni della Madonna di Piné, poi ampliata nel 1877-80. È parrocchiale dal 1919[20].
Costruita originariamente nel XVII secolo, poi riedificata nel 1780-85; il campanile venne aggiunto all'inizio del Novecento. È stata parrocchiale dal 1954, fino alla costruzione della nuova chiesa omonima[21].
Chiesa di Sant'Antonio di Padova, o di Santa Maria Regina Mundi[22]
È citata per la prima volta nel 1673. Venne ampliata nel 1785, mentre nel 1932 venne demolito l'abside originale, e nel 1946 venne eretto il campanile[27].
Antica pieve di Piné, citata con certezza nel 1220; questo primo edificio venne demolito e ricostruito nel XV secolo. Un ampliamento si ebbe intorno al 1535, e poi ancora verso il 1729-43. Dopo la costruzione della nuova parrocchiale omonima, subì un periodo di degrado terminato solo con dei lavori di ridimensionamento e ristrutturazione nel 1922-25, al qual punto venne però adibita ad usi bellici o civili fino alla riapertura al culto nell'ultimo quarto del Novecento[30].
Antica chiesa pievana, citata nel 1242; questo primo edificio venne quasi interamente ricostruito intorno al 1443, e poi ampliato nel 1500-02 e ancora tra il 1530 e il 1580[32].
Parrocchiale. La chiesa è citata per la prima volta nel 1537, e venne ampliata nel 1580-85. Nel 1912-13 fu costruita la nuova chiesa, inglobando la precedente che venne riconvertita in sagrestia e cappella feriale[33].
Edificata nel 1723; intorno al 2016, con l'ausilio di un argano, è stata spostata di qualche metro verso il lago della Serraia per esigenze di viabilità, e quindi restaurata[35].
Eretta nel 1837 come ex voto per l'epidemia di colera degli anni precedenti (la notizia secondo cui sarebbe documentata già dal 1724 è infondata). Popolarmente detta cappella (o capitello) "di San Rocco", la struttura venne in realtà cointitolata a san Rocco, santa Giuliana e alla Madonna di Caravaggio, titolari rispettivamente delle chiese di Miola, Sternigo e Montagnaga, che compaiono sulla pala d'altare assieme a san Sebastiano; la presenza di questo santo, insieme con l'errata convinzione popolare che la santa raffigurata fosse Lucia e non Giuliana, ha dato origine all'intitolazione alternativa ai "Santi Rocco, Sebastiano e Lucia", raccolta tra l'altro anche da Gorfer[38].
Parrocchiale. Una prima chiesa a Brusago venne costruita tra il 1766 e il 1773; essa venne demolita e ricostruita nelle forme attuali nel 1954-56. L'elevazione a parrocchia è del 1969[39].
Parrocchiale. Una prima chiesa a Piazze, dedicata a san Leonardo, venne eretta nel 1697; questa venne sostituita dalla chiesa attuale, con nuova intitolazione, nel 1856[41].
Parrocchiale. Una cappella dedicata a sant'Osvaldo a Bedollo è citata nel 1299; essa venne sostituita da una chiesa nel XVI secolo, che venne ampliata nel 1711 e poi ricostruita entro il 1783[42].
Cappella votiva cimiteriale contenente una reliquia di sant'Ambrogio, eretta per volontà di Vittoria Pangrazzi in memoria del marito Giacomo Ambrosi (defunto nel 1960)[43].
Cappella cimiteriale, costruita nel 1860. Il nome di "cappella del Bepone" è dovuto ad una tradizione secondo cui venne realizzata con le offerte raccolte da un cieco di nome Giuseppe ("Beppone") Casagrande, ma probabilmente quella storia è riferita da una differente edicola votiva[44].
Costruita nel 1862, come ex-voto a seguito dell'epidemia di colera del 1855, al posto di una preesistente edicola votiva; è stata poi riedificata nel 1928[46][47].
Citata per la prima volta nel 1346, ma forse antecedente anche di vari secoli. Da allora ha subito solo un rimaneggiamento degno di nota, nel 1512[49].
Antica chiesa pievana, fondata probabilmente nell'XI secolo. Venne riedificata nel 1208, e poi ancora nel 1537; da allora ha subito diversi restauri, anche importanti, e la ricostruzione del campanile nel 1660[50].
Parrocchiale. L'esistenza di una chiesa o cappella dedicata a san Sisto è attestata nel Trecento; nel Seicento esisteva una chiesa che venne sottoposta a diversi restauri e ampliamenti, e in gran parte ricostruita tra il 1711 e il 1722; un nuovo ampliamento si ebbe nel 1835-38[52].
Parrocchiale. Una prima chiesa venne eretta nel 1673 al posto di una preesistente edicola dedicata a Santa Maria ad Nives, da cui ereditò l'intitolazione; venne poi riedificata nel 1864, con dedicazione a sant'Apollonia[61].
Parrocchiale. Antica chiesa pievana; la data di fondazione è ignota, ma un primo luogo di culto era già esistente nel V secolo, e venne ampliato in epoca carolingia e ulteriormente rimaneggiato in epoca romanica. La struttura venne ricostruita nel tra il 1522 e il 1537, perché cadente e incapace di gestire un importante flusso di pellegrini dovuto ad una presunta immagine miracolosa della Madonna[64].
La cappella sorse nel 1855, come ex voto a seguito dell'epidemia di colera di quell'anno, non distante da una preesistente edicola votiva eretta nel 1701. L'edificio venne ampliato nel 1887 con l'allungamento dell'aula e l'aggiunta del campaniletto, e ulteriormente nel 1910-11 con la sagrestia[68].
Citata per la prima volta nel 1696, detta allora "di recente costruzione". È stata parrocchiale dal 1959 fino alla costruzione della nuova chiesa di Fierozzo-San Francesco[71].
Chiesa della Madonna Ausiliatrice e di San Giovanni Bosco
Edificata nel 1929, a scioglimento di un voto fatto dalla famiglia Oberosler per il ritorno di un figlio dalla prima guerra mondiale; nell'altare vennero murate le reliquie prima contenute nella chiesa di San Lorenzo[73].
Cappella lignea situata a 1.844 metri di altitudine. L'originale fu costruita nel 1915, durante la prima guerra mondiale, dal battaglione austriaco Reutte II, sotto la supervisione del cappellano militare padre Raimund Zolbl; quella odierna è una replica eretta dal gruppo ANA di Fierozzo nel 2000[74][75].
Edificata agli inizi del Trecento e probabilmente ampliata già nei primi tempi. Conobbe il suo massimo splendore tra il Seicento e il Settecento, dopodiché la sua importanza calò e venne infine abbandonata. Già negli anni sessanta l'edificio era ridotto a un rudere, ed è ora seminascosto nel bosco; ne sopravvive in alzato solo parte del campanile, mentre del resto è visibile la base delle mura perimetrali[76][77].
Una prima chiesa, intitolata a San Martino, è documentata nel 1160; venne riedificata nel 1522, e il secondo edificio venne ampliato nel 1822. Nel 1853, complice la costruzione della nuova parrocchiale di San Martino, questa chiesa venne reintitolata a sant'Antonio di Padova, e ridotta a sussidiaria[78].
È citata nel 1232 con dedicazione a san Cipriano; venne ricostruita alla fine del XV secolo, e nel 1502 venne consacrata e ridedicata a santo Stefano[81].
Un luogo di culto esisteva sul posto già tra il VII e il X secolo; questo venne ampliato tra il 1056 e il 1125, poi di nuovo tra il 1178 e il 1329, e ancora nel 1506. La chiesa fu abitata da eremiti dal XVII secolo fino al 1767[86].
Una cappella dedicata a san Giovanni Battista esisteva presso la chiesa di Santa Zita, documentata sin dal 1660, e venne demolita nel 1915 per ragioni di ordine militare durante la prima guerra mondiale. La chiesa odierna, che sorge ad oltre un chilometro di distanza, è stata costruita nel 1942[88].
Parrocchiale. Una chiesa dedicata a santa Giuliana è documentata, lungo il corso del Brenta più a valle, dal 1467; dopo varie vicissitudini, venne soppressa nel 1786; la chiesa attuale è stata costruita nel 1929[89].
Costruita tra il 1612 e il 1625, inglobando una preesistente edicola votiva con un'immagine della Madonna ritenuta miracolosa; questa prima chiesa venne demolita nel 1784-86 per far posto al nuovo cimitero, e ricostruita a poca distanza. In tale occasione prese il nome di "Madonna del Pezzo", per via di alcuni abeti ("pezzi") poco distanti[90].
Una prima chiesa, intitolata alla Madonna della Neve e a san Domenico, sorse a Vetriolo nel 1810; essa venne ricostruita nel 1889-90, e poi di nuovo nel 1935-40[91].
Parrocchiale. Costruita nel 1858-59, e intitolata a san Taddeo in onore del principale benefattore, Taddeo de Tonelli. Nel 1909-11 venne aggiunto il campanile[95].
Edificata nel 1545[96] come parte dell'ospitale nel quale è incorporata; nel periodo della peste del 1575 era nota anche come chiesa dei Santi Lazzaro e Marta (ai quali era dedicato l'ospitale stesso)[97].
Un'edicola dedicata a santa Zita è attestata sul passo, a poca distanza dalla chiesa odierna, nel 1660, che venne demolita per esigenze militari nel 1915. L'area fu poi adibita a cimitero militare, e nel 1917 venne quindi edificata una cappella dedicata a santa Zita (in onore di Zita di Borbone-Parma). La struttura cadde in disuso subito dopo la fine del conflitto mondiale, e anche il cimitero venne spostato nel 1922, quindi la cappella venne demolita nel 1946-48. Venne ricostruita, con aspetto simile, nel 2007-08, grazie alla collaborazione dell'ANA di Trento e della Croce Nera d'Austria[98].
Cappelle
Cappella di San Pietro in Vincoli, o "cesotta dei baiti"
Eretta nel 1883, a servizio delle persone che, d'estate, occupavano i "baiti" della zona per la fienagione; è rimasta in stato d'abbandono per tutta la prima metà del Novecento, e successivamente restaurata[99].
Attestata nel 1737[100], incorporata in un grande maso (detto "casa rossa"), inizialmente di proprietà di una famiglia benestante di Levico e poi passato a dei contadini della val dei Mocheni[93]; l'intero complesso è in stato di abbandono.
Una cappella sul luogo è attestata già nel 1027, ed è sicuramente antecedente, ma la documentazione a suo riguardo è scarsa. Citata ancora (come chiesa) nel 1585, venne intedetta e sconsacrata verso la fine dell'Ottocento poiché i proprietari non intendevano sistemarla, e quindi adibita ad uso agricolo; di essa non rimane alcuna parte visibile[101][102][103]. Il maso era luogo di frontiera tra i principati vescovili di Trento e Feltre[102], e a tutt'oggi si trova diviso sul confine tra i comuni di Levico Terme e Novaledo (la chiesa ricade interamente nel primo dei due).
Citata per la prima volta nel 1276, sorgeva circa in corrispondenza del sagrato dell'odierna chiesa del Santissimo Redentore; fu ampliata e ristrutturata diverse volte, prima di essere demolita intorno al 1870[94].
Parrocchiale. Citata per la prima volta nel 1481 (ma indirettamente anche prima), venne ricostruita nel primo quarto del XVI secolo, e nel 1812 venne aggiunto il campanile. L'intero edificio è stato restaurato tra il 2017 e il 2021[104].
Parrocchiale. Citata nel 1506, all'epoca appena costruita o ricostruita; nel 1532 venne aggiunto il campanile. Nel 1899-1901 venne allungata la navata e inserite due cappelle laterali[105].
Parrocchiale. Costruita tra il 1913 e il 1930 (i lavori si fermarono durante la prima guerra mondiale, e la struttura, a cui era stato affiancato un ospedale militare, venne adibita a cappella militare)[106].
Una cappella dedicata forse a sant'Antonio abate, o forse alle Anime, è attestata popolarmente dal 1089; questo primo edificio venne sotterrato da detriti da un'alluvione nel 1490, e pur rimanendo in uso, sopra ad esso venne edificata una nuova chiesa, completata entro il 1497. Nel 1744 venne ceduta ad una confraternita del Santissimo Sacramento, che la fece ricostruire entro il 1746. Nel 1797 la chiesa sotterranea venne murata definitivamente. Durante la seconda guerra mondiale, l'edificio venne adibito a magazzino, e venne ripristinato dopo il conflitto[107].
Costruita nel 1712-14 per volere di tal Antonio Valcanover; subì alcuni restauri e rimaneggiamenti, tra cui l'aggiunta del campaniletto a vela, nel corso del Novecento[109].
La chiesa è citata per la prima volta nel 1329; all'epoca era situata nel cimitero, e dedicata a san Nicola di Bari. Venne ampliata nel 1519, e ricostruita nel 1700-06, occasione in cui cambiò, probabilmente, anche l'intitoltazione. Nel XIX secolo venne convertita in magazzino e poi rimase abbandonata, fino alla ristrutturazione e riapertura al culto nel 1926[110].
Citata per la prima volta nel 1414; l'aspetto attuale è dovuto ad una ristrutturazione avvenuta nel Seicento, a cui seguì un accorciamento della navata tra il 1750 e il 1775[111].
Parrocchiale. Citata nel 1330; tra il 1900 e il 1903 la chiesa originale venne sconsacrata e adibita ad abitazione civile, e venne eretta quella nuova[112].
Documentata dal 1236, secondo la tradizione sorse sul sito di un antico tempio pagano. Venne ricostruita tra il 1696 e il 1703; fu sconsacrata e convertita in abitazione civile dal 1809 fino al 1905-06, data in cui venne restaurata e riaperta al culto[113].
Costruita nel 1648. Venne chiusa al culto nel 1808, riaperta nel 1852 nonostante fosse in cattivo stato, quindi richiusa nel 1897 e usata per scopi civili. Venne riaperta al culto nel 1926, ma nel 1936 risultava già abbandonata; nel 1970 crollò la cupola, che venne riparata l'anno stesso (ma la chiesa rimase chiusa). Ulteriori lavori di restauro sono seguiti nel 1995-96[116].
Parrocchiale. Citata come cappella nel 1569, e nel 1590 attestata con dedicazione a santa Barbara (che rimase compatrona fino al XIX secolo). Tra il 1861 e il 1870 venne completamente ricostruita, ad eccezione del campanile; nel 1888 crollò parte della volta, subito riparata[118].
Citata nel 1826, allora chiesetta privata della famiglia Valdagni, poi passata ai Piva. Nel 1910-12 l'edificio venne ricostruito, e poi ampliato con l'allungamento della navata e l'erezione del campanile nel 1924-25. È stata parrocchiale dal 1956 al 1971 (data di costruzione della chiesa della Natività di Maria), dopodiché venne adibita a teatro fino alla riapertura al culto nel 1987[120].
Parrocchiale. Una prima chiesa, dedicata ai santi Vittore e Corona, sorse tra il 1628 e il 1643; l'intitolazione cambiò in data imprecisata, tra il 1745 e il 1782; nel 1754 venne aggiunto il campanile. La struttura venne ricostruita interamente nel 1932-34[126].
Parrocchiale. Antica chiesa pievana, attestata sin dal 1183. La struttura venne riedificata nella prima metà del XVI secolo (entro il 1565). Ampliamenti e rimaneggiamenti si susseguirono nei secoli successivi: allargamento della sagrestia (1612), rialzamento del presbiterio (1758), rifacimento della facciata in forme neogotiche (1862-65).[128].
Chiesa del convento francescano, costruita tra il 1606 e il 1614 insieme col resto del complesso; una cappella laterale venne aggiunta nel 1651, nel 1658-59 venne rialzato il campanile, e nel 1729 venne inserita un'altra cappella laterale. La chiesa venne ricostruita nel 1906-07[130].
Parrocchiale. È citata per la prima volta nel 1522; nel 1619, a questa struttura venne aggiunto il campanile. L'edificio venne ricostruito tra il 1832 e il 1864, con l'eccezione del campanile che venne solo rimaneggiato, per poi essere in parte rifatto nel 1890-93[131].
Una piccola chiesetta dedicata a san Rocco sorse a Casalino tra il 1570 e il 1580. Questa venne ricostruita tra il 1654 e il 1672; il secondo edificio subì solo modifiche minori e restauri, oltre all'aggiunta della sagrestia nel 1906[132].
Probabilmente eretta nel 1631, come ex voto a san Rocco per aver risparmiato la città dall'epidemia di peste dell'anno precedente. Fu ampliata nel 1685, dopodiché rimase a lungo abbandonata fino ad una serie di restauri nel Novecento[133][134].
Parrocchiale. Citata per la prima volta nel 1330, questo edificio venne ricostruito nel 1630; l'aspetto attuale è dovuto ad un radicale ampliamento del 1898[137].
Chiesa di Villa Moretta (ora ospitante un convento e casa di spiritualità delle Sorelle della misericordia), edificata nell'ultimo terzo del Novecento.
Cappella di Villa Moretta (ora ospitante un convento e casa di spiritualità delle Sorelle della misericordia), eretta nel 1971 recuperando uno stabile prima adibito a scuderia[115][140].
Eretta e benedetta nel 1957, durante i lavori di trasformazione dell'allora Villa Giulia nell'ospedale Villa Rosa[146][148][147]; nel 2013 l'ospedale è stato trasferito altrove e da allora la Villa (e la cappella con essa) è caduta in degrado ed è stata oggetto di atti vandalici[149].
Attestata dal 1374, venne restaurata nel 1758; verso la fine del secolo stava andando in rovina, e venne venduta nel 1788; sconsacrata, venne adattata a filatoio, quindi sopraelevata e trasformata in abitazione, e infine in bar-trattoria[150][151].
Chiesa (o cappella) di San Pietro, o dei Santi Pietro e Bartolomeo
Citata XIII secolo
Maso San Pietro, nell'area dell'attuale Parco Tre Castagni
Chiesa del monastero di San Pietro in Waldo (o Valdo). Citata già nel 1245, passò di mano diverse volte e fu per un periodo anche chiesa eremitica, finché nell'Ottocento non venne sconsacrata e convertita in abitazione privata[150][152].
Parrocchiale. Citata nel 1532 (una chiesetta dedicata alle Undicimila vergini, costruita sul monte di Viarago, è documentata già nel 1408). La struttura venne capovolta nel 1600-04, ampliata nel 1782-89, e infine ricostruita nel 1874[154].
Cappelle
Cappella (o capitello) della Madonna del Rosario e di Sant'Antonio
Costruita nel 1831 per volere di don Antonio Jobstraibizer di Fierozzo, anche per chiedere la protezione da carestie e pestilenze; è stata restaurata nel 2015[155][156][157].
Cappella (o capitello) della Beata Vergine del Carmine
Parrocchiale. Costruita tra il 1764 e il 1775 in sostituzione dell'antica chiesa di San Clemente. Il campanile venne aggiunto nel 1835-37, e nel 1901 vi fu un ampliamento dell'intera struttura, con l'aggiunta delle navate laterali[159].
Cappelle
Cappella della Madonna delle Grazie e di San Rocco
Antica curaziale, attestata nel 1616. A metà Settecento versava in stato di degrado, e più tardi nel secolo venne sostituita dalla chiesa dell'Annunciazione, sconsacrata e venduta a privati[159].
Progettata dall'architetto perginese Eduino Maoro nel 1934 per essere edificata accanto alla sua casa di montagna, venne però realizzata solo nel 1952-53, dopo la sua morte[165]; nel 1983 venne benedetta[166].
Cappella della Beata Maria Vergine del Rosario, o cappella del Doss
^Giro del Salesà, su Città di Pergine. URL consultato il 27 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 31 ottobre 2020).
Bibliografia
Giovanni Avi, Cappelle e capitelli votivi nella parrocchia di Baselga di Piné, Biblioteca comunale di Baselga di Piné, 2003.
Giuliana Campestrin (a cura di), A fulgure et tempestate: campane e campanili del decanato di Pergine, Associazione Amici della storia - Comune di Pergine, 2014.
Giuliana Campestrin (a cura di), Eduino Maoro, Comune di Pergine Valsugana, 2005.
Armando Costa (a cura di), La Chiesa di Dio che vive in Trento, Edizioni diocesane, 1986.