Salento
Il Salento (Salentu e Salientu in romanzo salentino, Σαλέντο in greco salentino e Salènde in tarantino[2]) noto anche come penisola salentina, è una regione storica, geografica e culturale della Puglia. Figurativamente costituisce il tacco dello stivale italiano ed è la zona più orientale d'Italia. Gli abitanti dell'area, che comprende l'intera provincia di Lecce, gran parte di quella di Brindisi e la parte orientale di quella di Taranto, si distinguono per caratteristiche storiche, glottologiche e culturali diverse rispetto al resto della Puglia. Tali differenze culturali trovano origine nel sostrato greco che prevalse in alternativa di quello osco[3][4]. Al sostrato greco antico si aggiungerà poi quello bizantino in epoca medievale, accentuando così la differenza con il resto della Puglia. Sotto il profilo giuridico, il Salento fin dal tempo del Regno di Napoli (poi Regno delle due Sicilie) è quasi perfettamente coinciso con la circoscrizione territoriale denominata Terra d'Otranto, esistita fino all'unità d'Italia e successivamente ridenominata provincia di Lecce fino allo smembramento avvenuto nel 1923 e nel 1927 con la costituzione delle province di Taranto e Brindisi. ToponimoIl toponimo Salento ha origini incerte; è ignoto agli antichi, i quali usano soltanto l'etnico Sallentini o Salentinoi per indicare una parte degli abitanti della regione (l'altra parte era costituita dai Calabri). Il loro territorio coincide con la penisola salentina, abitata in origine dagli Iapigi che i Greci chiamavano Messapi[5]. Uno studio di Mario Cusmai lo farebbe derivare da "salum", inteso come "terra circondata dal mare". «Salento in messapico significherebbe "mare": ce lo confermerebbe Verrio Flacco che dice "Salentinos a salo dictos" (cfr. il greco hals, halòs e il latino salum, mare)» L'ipotesi di Marco Terenzio Varrone, invece, è quella di un'alleanza stipulata "in salo", ovvero in mare, fra i tre gruppi etnici che popolarono il territorio: Cretesi, Illiri e Locresi.[6] Strabone, nella sua opera Geografia cita i Salentini in quanto coloni dei cretesi: (GRC)
«Τοὺς δὲ Σαλεντίνους Κρητῶν ἀποίκους φασίν» (IT)
«Dicono che i Salentini siano coloni dei Cretesi.» Inoltre, al principio dell'epoca imperiale (verso la fine del I sec. a.C.), lo stesso Strabone affermava che al suo tempo la maggior parte dei geografi e degli scrittori per indicare il Salento utilizzava intercambiabilmente i nomi di Messapia (dal nome dell'antica tribù dei Messapi, stanziata tutt'attorno al golfo di Taranto fin dall'epoca della Magna Grecia), Iapygia (dal nome del popolo degli Japigi, comprendente tre tribù fra cui quella dei Messapi), Salentina (dal popolo dei Sallentini, stanziati in epoca romana sul versante ionico del Salento) e Calabria (dal popolo dei Calabri, pure stanziati in epoca romana lungo il versante adriatico del Salento)[7]. Con l'istituzione delle regioni augustee, intorno al 7 d.C., fu però prescelto il nome Calabria: nacque così la regio II Apulia et Calabria che comprendeva, oltre all'Apulia e alla già citata Calabria, anche i territori dei Sallentini e degli Hirpini[8]. Nel IV secolo in luogo della Regio II fu istituita la provincia di Apulia et Calabria. Intorno al VII secolo fu eretto il ducato di Calabria che si estese anche al Bruzio (l'attuale Calabria), finché nel secolo successivo i Longobardi riuscirono a conquistare quasi tutto il Salento. Da allora in poi il toponimo Calabria trasmigrò alla terra che attualmente ne porta il nome, mentre il Salento fu considerato parte integrante della Puglia. Successivamente dall'antico toponimo "Salentina" è stato tratto l'attuale nome della penisola. GeografiaEstensione della penisola salentina«Terra tra i due mari Adriatico e Ionio partendo da una linea condotta dal punto più interno del golfo di Taranto fino alla contrada del Pilone a nord di Ostuni. L'asse longitudinale di questa penisola è da prima diretto da WNW ad ESE dai colli di Martina Franca fino all'istmo salentino, dove è una strozzatura nel continente larga 36 chilometri, compresa tra la Torre Rinalda sull'Adriatico e quella di Porto Cesareo sullo Jonio. Di qui si ripiega bruscamente nella direzione NNW a SSE e va a terminare quasi in punta al Promontorio japigio o Capo di Santa Maria di Leuca.» La penisola salentina, da un punto di vista meramente geografico, è separata dal resto della Puglia da una linea ideale che dal punto più interno del Golfo di Taranto (nel territorio di Massafra) arriva fino all'Adriatico, in corrispondenza dei resti della città messapica di Egnazia (nel territorio di Fasano), ai confini con l'antica Peucezia e dai colli di Martina Franca si protende nel Mediterraneo verso la Grecia e l'Albania[9] Tuttavia, intendendo il Salento come un'entità culturale, più che geografica, si è soliti spostare i confini leggermente più a sud, lungo la linea che da Taranto, attraverso Grottaglie e Ceglie Messapica, giunge fino a Ostuni, la cosiddetta Soglia messapica. Così definito, il Salento ha quali suoi vertici ideali:
La penisola salentina è il territorio più a Est d'Italia e Punta Palascìa o Capo d'Otranto[10] ne costituisce l'estremità orientale, distante dall'Albania 72 km attraverso il Canale d'Otranto. Geografia fisicaIl territorio è affacciato su due mari: la costa occidentale è lambita dallo Ionio ed è caratterizzata solitamente da lunghe spiagge sabbiose mentre la costa orientale bagnata dall'Adriatico risulta essere solitamente rocciosa e a falesia. I due mari si incontrano tradizionalmente a Santa Maria di Leuca (Punta Meliso). Da un punto di vista geografico, la penisola ha una configurazione pianeggiante in cui si distinguono pochi rilievi collinari nella parte settentrionale (Murge tarantine e brindisine) e in quella meridionale (Serre salentine). Il Salento può essere suddiviso in:
Suddivisione per zone pedologichePer quanto riguarda una suddivisione per zone pedologiche, a nord, l'Alto Salento o Altosalento è caratterizzato dalla catena delle Murge che superano i 200 m e si estende attorno a Ostuni e ad altri centri della parte centro-settentrionale della provincia di Brindisi fino a lambire l'Adriatico; l'area è adibita a uliveti e alberi da frutto. Le Murge digradano lentamente fino a raggiungere la pianura salentina. Affacciata a nord-ovest sullo Ionio, l'area delle Murge tarantine presenta una morfologia nel complesso ondulata, con quote variabili a partire dal livello del mare fino ai 140 m e si estende a est dal capoluogo Taranto fino al confine tra l'omonima provincia e quella leccese; in quest'area vigneti e uliveti fanno da padrone, frazionati spesso in innumerevoli proprietà recintate da muri a secco e con la presenza costante del trullo (truddu), chiamata "pagghiara" nel leccese, quale costruzione rurale monumento della civiltà contadina. Innumerevoli anche le masserie e gli ovili (jazzi, in dialetto) oggigiorno in gran parte trasformati in strutture ricettive. In questa zona del Salento vi è la presenza di piccoli corsi d'acqua come i fiumi Ostone, Chidro e Borraco. Al centro del Salento, la Piana messapica o Tavoliere di Lecce costituisce un'area pianeggiante estesa tra le province di Lecce e Brindisi, adibita a vigneti, uliveti e campi di grano. A sud, nel cosiddetto basso Salento (considerato secondo la tradizione il territorio da Maglie in giù) detto anche Capo di Leuca (lu Capu, la zona ancora più meridionale vicina al promontorio di Santa Maria di Leuca), l'area delle Serre salentine ha invece una morfologia variabile da leggermente ondulata a marcatamente ondulata, con poche aree pianeggianti e con quote variabili a partire dal livello del mare fino ai 196 m della Serra dei Cianci[11]. Le pendenze qui presenti possono essere ripide o addirittura trasformarsi in scarpate e il territorio risulta essere caratterizzato dalla presenza di uliveti, fichi d'india, muretti a secco e pagghiare. ClimaLa penisola salentina, essendo protesa nel mare, è caratterizzata da un clima più umido rispetto al resto della Puglia, dove invece la presenza dell'Appennino riduce l'apporto di umidità dei venti. L'umidità non si traduce in precipitazioni, comunque più cospicue rispetto alla Puglia settentrionale, soprattutto nell'area orientale e adriatica, rispetto a quella occidentale ionica più secca; tuttavia determina una più netta alterazione della temperatura percepita. Le stagioni estive sono particolarmente afose ma spesso ventilate, mentre le stagioni invernali sono prevalentemente miti, ma non di rado si può assistere a giornate molto fredde o persino gelide, specie in presenza di vento da nord-est proveniente dai vicini Balcani. AmbienteIl paesaggio presenta molti elementi caratteristici. L'agro salentino è quasi ovunque coltivato e la vegetazione arborea è per lo più costituita da distese di ulivi secolari, dai tronchi contorti e di grandi dimensioni. La proprietà terriera è generalmente suddivisa in piccoli appezzamenti, separati dai tipici muretti a secco. La pietra è da sempre usata anche per realizzare diverse costruzioni a secco, impiegate dai contadini per riposare o per riporvi gli attrezzi da lavoro. Tali costruzioni (definite a seconda delle zone furnieddhi, pajare, ecc.) sono più simili ai nuraghi sardi che ai trulli pugliesi. Numerose sono le masserie fortificate e non, risalenti per lo più al XVI, XVII e XVIII secolo; altra peculiarità del territorio sono le cosiddette cuneddhre, edicole votive situate anche nelle campagne con l'immagine del santo all'interno, e le chiesette rurali. I paesi, in genere poco popolosi, hanno un aspetto tipicamente mediterraneo e sono caratterizzati dal bianco intenso delle costruzioni che li rende abbacinanti nelle giornate di sole. In un paesaggio orograficamente poco caratterizzato, essi spiccano quindi rispetto alla campagna, dominata dal colore rossiccio di un terreno dove è alta la presenza di ferro, a differenza della Puglia centro-settentrionale, dove invece questa colorazione sanguigna è molto più rara. Da un punto di vista cromatico il mare assume una colorazione blu scuro se osservato dalle alte scogliere a strapiombo sul mar Adriatico, e più tenue ma vario nelle sue sfumature (verde smeraldo, verdino, celeste, ecc.) se osservato dalle spiagge sabbiose o dalle basse scogliere del mar Ionio. Lungo le coste di entrambi i mari, i centri abitati non sono numerosi; è però possibile ammirare le numerose e antiche torri costiere di avvistamento, di forma quadrangolare o circolare, costruite nel corso dei secoli per difendersi dall'arrivo delle orde piratesche. FloraSi stima che la flora nel Salento annoveri circa 1.500 specie.[12] Una delle peculiarità della flora salentina è quella di comprendere numerose specie con areale mediterraneo-orientale, assenti nel resto della penisola, e diffuse invece nella penisola Balcanica, condizione questa favorita dalla vicinanza delle opposte sponde adriatiche (tra Capo d'Otranto e le coste albanesi ci sono solo 70 km) e dalla presenza di condizioni ambientali analoghe. Sono presenti comunque anche numerose specie ad areale mediterraneo-occidentale, condivise con il resto della penisola.[13] Oltre che dai già citati oliveti secolari e vigneti che caratterizzano il territorio, la vegetazione è anche costituita soprattutto dal fico d'India, che cresce spontaneamente sia all'interno sia lungo la costa, dal fico, che regala i suoi dolci frutti sul finire dell'estate e dal mandorlo, che inizia a fiorire solitamente a febbraio. In primavera, la terra sotto gli ulivi, il ciglio dei sentieri e delle strade, nonché gli interstizi dei muretti a secco, si ricoprono di fiori in un'esplosione cromatica che va dal rosso dei papaveri al giallo e al bianco delle margherite. Durante l'estate, il colore sanguigno della terra diventa protagonista con il verde della macchia mediterranea. Le bacche policrome annunciano poi l'autunno e il successivo mite inverno. Tra le specie condivise con i paesi balcanici, la più maestosa è senz'altro la quercia vallonea (Quercus ithaburensis subsp. macrolepis), presente in Italia solo nel Salento meridionale, nei dintorni di Tricase. Altra specie di quercia ad areale mediterraneo tipica del Salento è la quercia spinosa (Quercus coccifera) che qui forma boschi puri o misti con il leccio. Altre specie a diffusione balcanica sono il kummel di Grecia (Carum multiflorum), la poco diffusa erica pugliese (Erica manipuliflora) e altre specie che popolano le garighe salentine quali lo spinaporci (Sarcopoterium spinosum) e lo spinapollici (Anthyllis hermanniae). Sulla costa rocciosa tra Otranto e Leuca si possono trovare specie endemiche della flora rupestre come il fiordaliso del Capo di Leuca (Centaurea leucadea), l'alisso di Leuca (Aurina leucadea), il garofano salentino (Dianthus japigycus), la campanula pugliese (Campanula versicolor), il cardo-pallottola spinoso (Echinops spinosissimus) e il limonio salentino (Limonium japigycum), mentre sulle dune crescono macchie di ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus). Notevole è anche la presenza di molte specie di orchidee spontanee, quali l'Anacamptis laxiflora, l'Anacamptis palustris l'Ophrys apifera, l'Ophrys candica e la Serapias politisii che crescono nelle aree paludose, nei pascoli o tra la macchia mediterranea. FaunaPer quanto concerne la fauna del Salento, vi si possono annoverare numerose specie di uccelli quali la gru, l'airone grigio (Ardea cinerea), il germano reale (Anas platyrhynchos), il tarabuso (Botaurus stellaris), la ghiandaia marina (Coracias garrulus), il fistione turco (Netta rufina), il gheppio (Falco tinnunculus), nonché numerose specie di rettili, come lucertole e gechi, di mammiferi, quali ricci, volpi e faine, e di artropodi, quali scorpioni, tarante e lepidotteri come per esempio Amata phegea[14]. Da segnalare inoltre la presenza di mammiferi quali il tasso, il cinghiale, e più recentemente il ritorno del lupo appenninico.[senza fonte] Demografia
Centri più popolosiSono sette i comuni del Salento che registrano una popolazione superiore ai 30.000 (nel 2024):
Elenco dei comuni
Storia«E qui ne' Salentini / i suoi Cretesi Idomeneo condusse.» «I Greci chiamarono la Calabria Messapia dal nome del loro comandante, e prima ancora Peucezia, da Peucezio, fratello di Enotro, che risiedeva nel territorio del Salento.» In epoca preromana nel Salento vivevano i Messapi, una tribù di Iapigi a cui si ricollegavano anche i Calabri e i Sallentini (dai quali ultimi prese nome il Salento). Il centro di maggiore importanza era Brindisi grazie alla lavorazione del bronzo e dei metalli[15]. Successivamente con la fondazione della colonia spartana di Taras, i Messapi furono poi gradualmente assorbiti dai Tarantini, portando a conflitti descritti da Erodoto. Anche Strabone, in un passo de Geografia, afferma esplicitamente che quando Brindisi era governata dai re, si vide togliere gran parte dei suoi territori da parte dei Tarantini[16]. Sotto il governo di Archita, la colonia spartana divenne il più importante centro culturale della Magna Grecia, ed estese la sua protezione su di un'altra colonia magnogreca; l'odierna città di Gallipoli in chiave antiromana. Dopo i conflitti tra Roma e Taranto, il Salento si latinizzò e contribuì alla nascita della letteratura latina con Ennio e Pacuvio. Brindisi divenne una colonia di diritto latino, e Taranto ospitò una colonia romana. La guerra sociale portò alla concessione della cittadinanza romana. Brindisi divenne un importante porto di transito per i romani diretti in Grecia. Il periodo bizantino e le incursioni saracene segnarono la storia del Salento, con la costruzione del limes bizantino. Nel X secolo, i Saraceni attaccarono il Salento, ma furono contrastati dai Bizantini. Nel 927, Taranto fu occupata dai Musulmani ma successivamente ricostruita. Nel 1088, fu fondato il Principato di Taranto. Nel 1480, Otranto fu invasa dai Turchi. Le dominazioni spagnole e borboniche caratterizzarono la regione unita sotto la divisione amministrativa denominata Terra d'Otranto. Vi fu un periodo di fioritura artistica nel XVI-XVIII secolo, con il Barocco a Lecce e il movimento dei "Eguali" guidato da Ciro Annicchiarico. Dopo l'Unità d'Italia nel 1865, fu creata una circoscrizione statale con Lecce come capitale. Durante il fascismo, furono istituite le province di Taranto e Brindisi e avviata una bonifica contro la malaria con l'uso del DDT. CulturaSia dal punto di vista linguistico sia da quello architettonico, folkloristico ed enogastronomico, la Penisola salentina si caratterizza per tratti comuni che la distinguono dal resto della regione. Una questione da tempo dibattuta è quella relativa ai confini culturali del Salento, che non corrisponderebbero ai limiti geografici della Penisola salentina ma delimiterebbero un territorio più piccolo, variabile a seconda dell'elemento caratterizzante che viene preso in considerazione. Nell'opera "il Salento di Cosimo De Giorgi: viaggio nelle tre province di Brindisi, Lecce e Taranto"[17], attuale riedizione dell'originale "la Provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio"[9] si evidenzia il legame storico culturale ed economico tra le tre province oltre l'aspetto geografico. De Giorgi nella prefazione all'opera parla del rinnovato interesse culturale che si realizzò nella seconda metà dell'Ottocento circa la Terra di Otranto, a cui segue un elenco di opere di storia ed archeologia sugli usi e costumi della Terra di Otranto, intrecciando una fitta rete di legami storico culturali tra le più importanti città della regione storica: Lecce, Taranto, Brindisi e Gallipoli[18]. La convenzione qui seguita, precedentemente definita, pone fuori del Salento i territori (che da un punto di vista amministrativo afferiscono oggi a Province almeno in parte salentine) di Massafra, Statte, Crispiano, Martina Franca, Cisternino e Fasano, questi ultimi due comuni storicamente e, tutt’oggi, culturalmente nell’orbita del Barese. Ma nel caso in cui faccia da discriminante il dialetto, rimarrebbero fuori anche centri importanti come Taranto, Ceglie Messapica o Ostuni, mentre si arriverebbe a includere Egnazia, nei pressi di Fasano, se si facesse riferimento alla cultura messapica, o Martina Franca, posta in piena Valle d'Itria, se si guarda all'architettura barocca,[19] o ancora le tre province per intero se si prendesse in considerazione l'antica Terra d'Otranto ricalcante il nuovo concetto di Grande Salento. In Salento sopravvivono due minoranze culturali: la Grecìa Salentina suddivisa in nove comuni della provincia di Lecce in cui spicca l'uso del griko, lingua ellenofona e l'antica Arberìa tarantina a San Marzano di San Giuseppe in Provincia di Taranto, in cui sono ancora vivi la lingua e i costumi Arbereshe. Profilo linguisticoI dialettiNel Salento, tra Ostuni, Ceglie, Taranto a nord, e Grottaglie, Francavilla Fontana, San Vito dei Normanni a sud cade la linea di confine fra le due grandi famiglie dei dialetti dell'Italia meridionale. I dialetti salentini sono molto diversi da quelli della Puglia centro-settentrionale: a differenza di questi ultimi, appartenenti alla tipologia dei dialetti italiani meridionali, essi sono classificati come meridionali estremi e costituiscono una variante della lingua siciliana, molto simili in particolare al siciliano orientale. Esemplare, a tal proposito, la confusione su cui giocò il cantante e attore Domenico Modugno, cresciuto a San Pietro Vernotico, che per lungo tempo fu considerato siciliano e per tutta la carriera interpretò personaggi siciliani al cinema e in teatro. Perché a Taranto non si parla il salentino
Il dialetto tarantino[20] si è differenziato da quelli salentini durante il periodo bizantino e longobardo. Le differenze tra il dialetto salentino e il pugliese riguardano tanto la fonetica quanto l'aspetto lessicale e della costruzione periodale. Tale costruzione influenza anche il cosiddetto "italiano regionale", per esempio, con la tendenza a porre il verbo alla fine della frase ("Chi è?" "Io sono") e, nell'area di Martano, a utilizzare (come in Sicilia e Calabria Centro-Meridionale) un unico tempo perfetto per le azioni finite, indifferentemente da quanto tempo è passato dallo svolgimento dell'azione, cioè senza distinguere tra passato prossimo e passato remoto (esattamente come il perfetto del latino). Tale tempo perfetto possiede terminazioni simili al passato remoto italiano, per cui è quasi sempre erroneamente confuso con questo (se fosse "remoto" dovrebbe riguardare solo azioni compiute da un tempo, appunto, remoto). Per esempio: "Che dicesti?" per "Che hai detto?". Per quanto riguarda la fonetica, nel dialetto pugliese tutte le vocali, a eccezione della a protonica, hanno perduto ogni vivacità di colore accostandosi alla e muta francese, mentre le vocali accentate sono diventati dei dittonghi dalle tinte svariate. Nel salentino, invece, non ci sono vocali indistinte, ma ci sono cinque vocali (sistema pentavocalico siciliano); la o chiusa si cambia quasi sempre in u, mentre la e chiusa accentata si cambia in i. È inoltre possibile operare una distinzione tra dialetto leccese e dialetto brindisino: in quest'ultimo anche la "e" non accentata (in particolare quando è in finale di parola) viene resa sempre con "i" (lu mari invece di lu mare), il gruppo "ll" viene reso con "dd" (cavaddu) anziché con il corrispondente suono invertito "ḍḍhr" (leccese cavaḍḍhru), il gruppo latino "str" rimane pressoché inalterato, mentre nel leccese viene reso con "sc" ("nostro" in brindisino è nueštru, in leccese nesciu). Si nota la tendenza a troncare i verbi all'infinito, mentre il leccese si contraddistingue per non troncare mai le parole (anzi nel completare con una vocale anche gli apporti stranieri terminanti in consonante, come càminu per camion, pendentìffi per pendentif). Nel leccese, infine, non viene quasi mai pronunciata la lettera "v" (uluntà in luogo di vuluntà); in caso di incontro tra due vocali (specialmente se identiche) viene sostituita da una b (betacismo): addù sta' bbài?, "dove stai andando?" (Lecce). Un dialetto dai tratti misti è quello parlato ad Avetrana, che è di cadenza prevalentemente brindisina però presenta somiglianze al leccese: addò sta' bbai? (Avetrana), uluntà (Avetrana). Il dialetto tarantino, solitamente classificato come appartenente ai dialetti apulo-salentini di transizione, è parlato a Taranto e in alcuni comuni della provincia a nord-ovest del capoluogo, esterni al Salento. Allo stesso modo, in provincia di Brindisi, i dialetti parlati a Ostuni, Ceglie Messapica, Villa Castelli e San Michele Salentino (oltre a quelli di Fasano e Cisternino) sono da ritenersi apulo-baresi, con influenze salentine più o meno marcate. La Grecìa salentina e le enclavi ArbëreshëNel territorio del Salento esistono inoltre alcune peculiari minoranze etnico-linguistiche. In buona parte della regione storica della Grecìa Salentina, nel Salento centrale, si parla un dialetto neo-greco noto come grecanico o grico. Il Parlamento italiano ha riconosciuto la comunità greca del Salento come gruppo etnico distinto e come minoranza linguistica con il nome di "minoranza linguistica grica dell'etnia grico-salentina". Il territorio della Grecìa salentina, caratterizzato da un'identità culturale a sé stante, comprende però un'area un po' più vasta della sola isola linguistica e racchiude undici comuni, nove dei quali di lingua ellenofona, per un totale di 54.278 abitanti (dati Istat al 31 dicembre 2005): a Calimera, Castrignano de' Greci, Corigliano d'Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino della provincia di Lecce, si aggiungono Carpignano Salentino e Cutrofiano, di recente ingresso e non ellenofoni. Un'altra isola linguistica salentina è costituita dall'Arberia, ossia una zona della provincia di Taranto che mantiene vive le tradizioni della cultura arbëreshë. A partire dal XV secolo, infatti, con la diaspora albanese guidata da Giorgio Castriota Skanderbeg, si è stabilita nel Salento una piccola minoranza linguistica arbëreshë attorno al comune di San Marzano di San Giuseppe (il centro arbëreshë più popoloso in Italia), così come avvenuto anche in altre regioni del Mezzogiorno. Estratti dai dialettiSegue un confronto basato sul Padre Nostro fra dialetto tarantino e dialetto salentino, nelle versioni settentrionale (brindisino), centrale (leccese) e meridionale:
Architettura e urbanisticaIl paesaggio architettonico richiama le città della Grecia per la predominanza assoluta delle case bianche "a calce", senza tetto (con solaio), soprattutto in campagna e sulla costa, ma i centri storici sono caratterizzati dal barocco leccese, un lascito spagnolo del Plateresco, che rispetto al barocco del resto d'Italia si spoglia della sovrabbondanza pittorica degli interni e trasforma le facciate esterne di chiese e palazzi in veri arazzi scolpiti. In ciò, molta importanza ha avuto la locale "pietra leccese", tenera e malleabile e dal caldo colore giallo rosaceo. Il cappellone della Cattedrale di San Cataldo di Taranto con la sua cupola affrescata, le dieci nicchie e i marmi policromi è una delle testimonianze più ricche del barocco salentino. Fra gli artisti che hanno prestato la propria opera per la realizzazione del cappellone, vi è lo scultore napoletano Giuseppe Sammartino. La struttura tipica dei centri storici salentini, quindi, è caratterizzata da un tessuto molto compatto (non c'è separazione fra le case) di vicoli bianchi dalle pareti dipinte a calce sempre ravvivata (a eccezione della città di Lecce e dell'area di Maglie, dove anche le case di civile abitazione sono costruite nella pietra bianco-rosacea proveniente dalle cave di Cursi) sui cui muri campeggiano gli accesi colori degli infissi, inframmezzati da palazzi nobiliari e chiese d'epoca barocca in pietra viva. Tipica l'entità architettonico-urbanistica della casa a corte di origine araba e diffusa anche in Sicilia. Molti vicoli, infatti, dispongono di quelli che apparentemente sono altri vicoli perpendicolari, ma si rivelano ciechi, terminando pochi metri più in là. Su tale spazio urbano, definito corte (dal latino cohorte, "spazio che comprende l'orto", "recinto"), si affacciano le porte e le finestre di molte abitazioni, con il voluto risultato di farne uno spazio di vita comune, una sorta di popolare salotto dove, nei tempi andati, molte famiglie vivevano gran parte della giornata chiacchierando, ricamando e aiutandosi nelle faccende domestiche. In genere, oltre all'arredamento povero di piantine in vaso, in una corte non manca mai la caratteristica pila comune, una sorta di lavatoio in pietra corredato di una parte scanalata (stricaturu) su cui strizzare i panni. In alcune aree, addirittura, tali corti sono occultate da un portone (mignano) che finge l'ingresso di un'abitazione, rivelandosi, una volta invece aperto, l'ingresso di questo spazio multi-familiare. Tradizioni musicaliDi particolare interesse antropologico sono l'ormai estinto fenomeno del tarantismo, una forma isterica di straordinario impatto scenico, e l'invece rimontante culto per la pizzica pizzica, la musica tradizionale e battente che un tempo accompagnava anche i riti di guarigione delle tarantate, cioè delle donne che si credeva fossero state morse dalla tarantola. In realtà, si trattava di un originale modo di manifestarsi dell'isteria. L'antropologo Ernesto de Martino condusse degli storici studi sul fenomeno, poi confluiti nel classico testo "La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud". Nella pizzica pizzica tradizionale si balla in coppia. La coppia non necessariamente deve essere formata da individui di sesso opposto: abbastanza comunemente danzano insieme due donne, mentre al giorno d'oggi è sempre più raro osservare due uomini ballare insieme, nonostante in passato la danza fra due uomini fosse molto più frequente di quella fra un uomo ed una donna. Un esempio di danza tra due uomini è riscontrabile, però, ancora oggi nella tradizione ostunese, dove è comune vedere due uomini ballare, dove uno dei due impersona, o meglio, imita ironicamente, il ruolo della donna. Una menzione particolare merita la tradizionale pizzica-scherma (impropriamente detta anche "danza delle spade", ballata alla festa di San Rocco il 16 agosto a Torrepaduli)[21], in cui la pizzica assume ancor più chiaramente la forma di colonna sonora di uno psicodramma, di tipo maschile e "guerriero" piuttosto che femminile e "sensuale". Negli ultimi anni quello della pizzica pizzica e della revisione formale del tarantismo, ormai svuotato dei suoi connotati antropologici tradizionali, in forme musicali contaminate e moderne ha assunto dimensioni di fenomeno culturale, al punto da farne il più caratteristico e famoso dei segni di riconoscimento del Salento, che esporta ormai ovunque, quasi come marchio di fabbrica, questa forma musicale. EnogastronomiaLa cucina salentina è caratterizzata da numerosi piatti tipici, soprattutto a base di verdure e pesce, ed è accompagnata da famosi e pregiati vini DOC come il Primitivo di Manduria (Primatiu) o il Negroamaro. Fra gli alimenti più tipici si distinguono i pezzetti, uno spezzatino di carne di cavallo al sugo piccante, e la pitta di patate, una pizza bassa di patate contenente una gran quantità di ingredienti vegetali, quali cipolle, rape, pomodoro. Tipico anche il pane con le olive chiamato puccia e, per quel che riguarda la gastronomia "da passeggio", il rustico, una sfoglia sottile cotta in forno contenente un impasto di besciamella, mozzarella, pomodoro, pepe ed occasionalmente noce moscata. Altro alimento tipico di tutta la regione Puglia, sono le friseddhe o frise, ciambelle di pane biscottato fino a una consistenza di grande durezza, realizzato spesso con grano d'orzo e tagliato a metà cottura in senso orizzontale, che va ammorbidito mediante breve immersione in acqua e quindi condita con pomodoro, olio d'oliva, sale e origano. Diffuse anche sono le pittule (dette anche pettule o pettuli), frittelle di forma grossolana ripiene di rape, fiori di zucca, baccalà o senza ripieno che si gustano inzuppate nel vino cotto. Sono preparate soprattutto d'inverno. Molto rinomata è la pasticceria, più simile a quella siciliana che alla pugliese, in cui si distinguono il pasticciotto leccese, il fruttone, le bocche di dama, la pasta di mandorla, lo spumone salentino. Degno di nota è anche il "biscotto cegliese", candidato per il riconoscimento di prodotto tipico DOP, a base di mandorle tostate, uova e scorza di limone, con varietà ripiena di marmellata di amarene o melecotogne e ricoperto da una glassa a base di zucchero e di cacao, con mandorle provenienti rigorosamente da Ceglie Messapica. PoliticaIl Salento, nonostante la sua uniformità, resta una regione soprattutto culturale senza dei veri riferimenti politici, nonostante più volte si sia cercato di identificare sotto un unico profilo politico l'intero territorio. Nel 2006 i presidenti delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto, nonché i sindaci delle rispettive città capoluogo, misero a punto il progetto "Grande Salento", un tavolo di consultazione permanente finalizzato a creare politiche comuni su cultura, infrastrutture, università, turismo con l'obiettivo di sostenere la crescita socio-economica del territorio mediante interventi e strumenti finanziari coordinati.[22] Al progetto aderirono successivamente le Camere di Commercio delle tre province che firmarono un protocollo d'intesa per la collaborazione finalizzata allo sviluppo commerciale. Proprio in riferimento a questi accordi, sono da intendersi anche i cambiamenti di denominazione dell'Università di Lecce, ora "Università del Salento", e dell'aeroporto di Brindisi, ora "Aeroporto del Salento". EconomiaL'economia del Salento, un tempo prettamente agricola, ha subito, a partire soprattutto dagli anni settanta, un notevole incremento dei settori secondario e terziario che rendono tale zona una delle più ricche del Mezzogiorno d'Italia. Secondo il Sole 24 Ore la provincia di Lecce si colloca, nella classifica stilata per quantificare il benessere economico del 2009, al 44º posto, ben al di sopra di tante altre provincie settentrionali e al di sopra di tutte le altre provincie meridionali.[23] La condizione economica generale è caratterizzata da un'evoluzione dinamica seppure ancora destinata a variare con le congiunture economiche, a causa della ancora scarsa variabilità del sistema produttivo salentino. La lontananza dai mercati, il costo del denaro e la delocalizzazione imposta dalle condizioni di concorrenza del mercato globalizzato sono alla base di una condizione industriale difficile, seppure florida se confrontata con le altre zone del Sud Italia. Uno dei capitoli d'entrata economica più importante risulta essere il turismo: le bellezze del territorio, ed i numerosi eventi e intrattenimenti proposti, rendono il Salento una meta turistica sempre più ambita, non solo a livello nazionale.[24] Proprio in quest'area stanno prendendo piede inoltre alcuni fra i più innovativi progetti industriali nel campo delle energie alternative. AgricolturaL'agricoltura rimane una delle voci principali dell'economia salentina grazie alla produzione di olio d'oliva e di vino. Nel dopoguerra la coltivazione e manifattura del tabacco diedero un po' di sostentamento ai contadini e quasi il 50% dell'occupazione femminile con le tabacchine. Nel 1961 su 747 000 quintali della complessiva produzione italiana, più di un quinto era costituito dal tabacco levantino leccese. Si contavano all'epoca 36 000 coltivatori, 80 000 tabacchine e 600 tecnici. La coltivazione dell'olivo e quindi la produzione dell'olio, nel Salento, ha una tradizione antichissima e nonostante siano scarse le notizie circa l'epoca esatta in cui iniziò, ebbe sicuramente come centro di origine il Mediterraneo. Infatti, con ogni probabilità, l'olivo fece la sua comparsa per la prima volta nella Siria per poi diffondersi nelle isole greche (Cipro, Rodi e Creta), in Asia Minore, in Grecia ed infine, tra il VII e il VIII sec. a.C. anche nel Salento. A portare l'olivo nella penisola salentina furono, probabilmente, i navigatori Fenici. In ogni caso spetta ai Greci il merito della trasformazione dell'olivo selvatico in olivo coltivato. Infatti, proprio in Grecia si raggiunse grande esperienza nelle tecniche di coltivazione di questa importante coltura. In Grecia, inoltre, l'olivo era considerato una pianta sacra e pertanto si faceva largo uso dell'olio non solo come alimento, ma anche nei riti funerari o nelle premiazioni. Nell'ambito dell'economia salentina l'olivicoltura ha sempre rivestito un ruolo di primo piano. Nel corso della dominazione romana la superficie olivetata fu interessata da una notevole espansione ed il Salento, sotto Augusto occupava il primo posto tra le aree olivetate. Anche i Saraceni, tra l'VIII e il IX sec., nonostante le loro sistematiche devastazioni, favorirono l'espansione dell'olivicoltura diffondendo una varietà di oliva: la 'cellina' o 'saracena'. Forte impulso diede anche la presenza dei monaci basiliani, che dall'area orientale si trasferirono nel Salento perché perseguitati. Alla colonizzazione dei bizantini va riconosciuto il merito d'avere istituito fiere e mercati per commercializzare più facilmente i prodotti agricoli. Un'ulteriore espansione delle aree olivetate viene rilevata anche durante il periodo della dominazione normanna. La diffusione dell'olivicoltura comportò la nascita di intensi traffici commerciali che svolgendosi prevalentemente per via marittima consentì lo sviluppo di numerose città portuali. Inizialmente un fiorente commercio si concentrò nelle località di San Cataldo, Castro e Otranto intorno al XVI secolo, ma già a partire dalla fine del '500 e gli inizi del '600 Gallipoli crebbe tanto da essere riconosciuta quale la maggiore piazza commerciale europea in materia di olio. La sua importanza fu tale che le venne riconosciuto il privilegio di stabilire di anno in anno il costo dell'olio ed in cambio di questo pregiato prodotto qui si riversava ogni genere di merce dal cuoio, al lino, allo zucchero, ai legnami, fino al ferro. Qui venivano commercializzati anche gli scarti della lavorazione dell'olio e le qualità meno pregiate che venivano impiegate nella produzione di sapone e frequenti erano gli scambi con Marsiglia, la capitale europea del sapone. L'oliveto nel Settecento occupava ormai estensioni notevoli nel territorio del Basso Salento. Ciò è riconducibile alla politica economica di Giovanni di Borbone, che in futuro sarebbe divenuto il celebre Carlo III Re di Spagna, il quale incentivò la coltura dell'olivo promettendo in cambio ai latifondisti una riduzione delle tasse. La considerevole esportazione di olio riusciva ad assicurare oltre alla ricchezza dei produttori, anche notevoli guadagni alle casse dello Stato. In epoca moderna la coltivazione dell'olivo e dell'olio, in particolare a partire dagli anni '90 del secolo scorso, ha perso impulso a causa della mancanza di manodopera e di ricambio generazionale, in particolare per i piccoli appezzamenti familiari, un tempo molto numerosi. Un altro duro colpo si è manifestato con la comparsa, nel 2009/2010 nell'entroterra di Gallipoli, della xylella fastidiosa, un batterio che colpisce facendo rinsecchire le piante di olivo e che ha messo in ginocchio l'olivo-coltura del Salento. La produzione viti-vinicola ha subito negli ultimi vent'anni una grande esplosione commerciale da quando il vino salentino, una volta utilizzato esclusivamente come vino da taglio per aumentare la gradazione dei vini settentrionali, ha iniziato a godere di una notorietà crescente come corposo ma raffinato vino da tavola. I più noti vini dell'area sono il Primitivo, il Negroamaro, il Rosato del Salento. Tra le altre produzioni agricole è diffuso anche il mandorlo, il fico, il pomodoro nel tarantino e, nel brindisino, il carciofo. Per motivi climatici non attecchiscono, invece, alcune colture tipiche della Puglia centrale, come il ciliegio. Negli ultimi anni la popolazione occupata nel settore primario è andata calando su tutto il territorio. ArtigianatoLe tradizioni più importanti dell'artigianato salentino sono l'antica e celebrata lavorazione della cartapesta leccese (famosi i "pupi" per presepe); la terracotta ,con la produzione di campanelli e fischietti, e con i quataràri (costruttori di recipienti in terracotta); la ceramica (i cui maggiori centri di produzione sono a Grottaglie, da cui ha origine il rinomato "galletto" presente sulle stoviglie in ceramica delle tavole salentine e pugliesi e in cui si producono i famosi "pumi" quali ornamenti rituali per balconi, ringhiere e abitazioni, e a Cutrofiano); la lavorazione del ferro battuto con cui si producevano anche i noti balconcini bombati dei palazzi; il ricamo; la lavorazione artistica del vetro; la lavorazione del legno; la lavorazione artistica del rame; la lavorazione delle calcarenite, del carparo e della pietra leccese con tecniche più moderne e nuove forme. In via di estinzione invece gli zùcari o zucàri (intrecciatori di corde), e i panaràri (intrecciatori di giunchi, canne, e virgulti d'olivo), per farne cesti e altri tipi di contenitori di fogge tradizionali. IndustriaIn merito al settore secondario, gioca un ruolo di primo piano l'area industriale di Taranto, la cui attrattività occupazionale presenta un forte fenomeno di pendolarismo. Nella città ionica sorgono gli stabilimenti siderurgici dell'ArcelorMittal (ex Ilva) e dell'indotto, l'arsenale militare e una grande raffineria dell'Eni. In anni recenti tuttavia, la crisi della metallurgia ha ridotto l'occupazione in tale settore. Sempre nella zona industriale opera l'unico insediamento italiano della Vestas, società che produce impianti eolici. Brindisi ospita l'industria aeronautica, quella di materie plastiche e alcuni mobilifici. La città è, inoltre, leader per la produzione di energia elettrica in Italia. Sul territorio comunale insistono tre grandi centrali pertinenti ai gruppi Enel, Edipower ed Eni Power ed è inoltre prevista la realizzazione di un'importante centrale fotovoltaica. L'area leccese è caratterizzata per lo più dalla piccola e media industria, soprattutto nel comparto del tessile-calzaturiero (Casarano) ed agroalimentare. Il problema dell'inquinamentoSia a Brindisi che a Taranto sono in progetto due rigassificatori, fortemente osteggiati dalla popolazione e dalle autorità locali per motivi di sicurezza, in quanto ritenuti troppo vicini alle città, ai rispettivi porti e alle aree industriali. Le preoccupazioni dei residenti sono anche motivate dai dati allarmanti relativi sia all'inquinamento ambientale che all'aumento delle neoplasie nell'area salentina. Sotto accusa, per quanto riguarda le emissioni annue di anidride carbonica, sono in particolare la centrale termoelettrica Enel di Brindisi sud, con 15.340.000 tonnellate, l'Ilva di Taranto con 11.070.000 e le centrali termoelettriche Edison di Taranto con 10.000.000 di tonnellate. Nell'assenza di dati ufficiali, sono stati reportage giornalistici o analisi condotte sul territorio dalle associazioni ambientaliste e dagli enti locali a evidenziare «la presenza di pesticidi e metalli pesanti oltre i limiti consentiti nelle coltivazioni di ortaggi destinati alla vendita, nel sottosuolo e nella falda profonda del territorio compreso tra Brindisi e Cerano».[25] Per quanto riguarda la diossina, si diffonderebbe su una vasta area geografica, a seconda dei venti, in particolare tramite un camino dell'impianto di agglomerazione alto 220 metri dell'Ilva. Nel dicembre 2008, la Regione Puglia ha approvato a maggioranza una legge regionale contro le diossine. La norma impone limiti alle emissioni industriali a partire da aprile 2009: l'Ilva, come le altre aziende, dovrà scendere a 0,4 nanogrammi per metro cubo entro il 2010.[27] Nel febbraio 2009, una modifica alla legge regionale ha però allungato i tempi per il primo taglio dei limiti di diossina a 2,5 nanogrammi per metro cubo, spostando dal primo aprile al 30 giugno l'entrata in vigore del limite stesso.[28] Il 22 ottobre 2012, l'allora Ministro della Salute Balduzzi presenta nel capoluogo tarantino il rapporto "Ambiente e Salute a Taranto: evidenze disponibili e indicazioni di sanità pubblica". Lo studio evidenzia un eccesso di incidenza per tutti i tumori del 20% circa.[29] Nel dicembre 2012, in un consiglio comunale monotematico del Comune di Lecce, viene presentato il Rapporto Registro Tumori 2012 che conferma la gravissima situazione di rischio tumori nel territorio delle province di Brindisi, Taranto e Lecce. È interessante rilevare in proposito come nel piccolo centro di Torchiarolo nel 2006 e nel 2007 si sia ripetutamente superato il livello limite delle polveri sottili, anche se l'Enel ha ufficialmente negato che la causa principale possa essere imputata alla vicina centrale.[30] In ogni caso, l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima che ha sede presso l'Università del Salento, ha realizzato uno studio sull'inquinamento atmosferico con il quale si dimostra come a condizionare negativamente l'ambiente del Salento siano la centrale di Cerano e l'Ilva di Taranto.[31] Anche in provincia di Lecce vi sono delle imprese ritenute inquinanti; in particolare l'inceneritore di sansa esausta e di rifiuti speciali (CDR) della Copersalento (S.p.A) di Maglie, che secondo le rilevazioni dell'ARPA avrebbe superato di 420 volte[32][33] il limite di legge sull'emissione di diossine. Altri impianti ritenuti a vario titolo inquinanti sono: il cementificio Colacem di Galatina, l'inceneritore della Biosud a Lecce e numerosi frantoi di pietra calcarea con impianti di bitume situati anche a ridosso di aeree abitate come a Soleto, Galatina, Sternatia e Corigliano. Il circuito di NardòUna menzione merita il circuito automobilistico di Nardò. Situato nella Terra d'Arneo, è utilizzato dalle case automobilistiche di tutto il mondo per le prove sperimentali sui nuovi veicoli. La caratteristica del circuito è la sua forma perfettamente circolare, la quale, unita a un'opportuna inclinazione del manto stradale, tale da bilanciare la forza centrifuga, ne fa un infinito rettilineo virtuale per i veicoli che lo percorrono a una velocità compresa tra i 90 ed i 249 km/h. Il circuito ha un raggio di circa 2 km, una circonferenza di 12,6 km e presenta una variazione altimetrica molto modesta (il dislivello massimo è di circa 40 metri con una pendenza che non supera mai il 2%). Il circuito è in una zona sottoposta ad agricoltura intensiva, pertanto è dotato di una serie di sottopassi per permettere il raggiungimento delle coltivazioni situate al suo interno. Nel complesso, l'impianto è costituito da una pista circolare e una pista dinamica per vetture, una pista circolare e una pista dinamica per veicoli industriali, una pista rumore, una pista pavimentazioni speciali, varie piste sterrate, officine e laboratori. In tale circuito veniva a effettuare delle prove il futuro campione del mondo di formula uno Fernando Alonso. Nell'aprile del 2012 l'impianto è stato acquistato dalla Porsche. Turismo«Il Salento è una terra di miraggi, ventosa; è fantastico, pieno di dolcezza; resta nel mio ricordo più come un viaggio immaginario che come un viaggio vero.» Una delle principali voci di entrata economica è quella turistica, con spiagge e masserie del Salento affollate di turisti durante il periodo estivo ma è diffuso anche durante quello natalizio. Nel corso dell'anno 2011 il turismo nella penisola salentina mostrò una netta ascesa, fermandosi a circa due milioni di arrivi e facendo registrare così una delle presenze più alte degli ultimi anni, attestandosi su nove milioni circa di presenze. Un fenomeno di nicchia è legato all'attenzione da parte di facoltosi turisti esteri, per lo più britannici, nei confronti dell'ospitalità rurale salentina, tanto che, secondo alcuni, è in atto nell'area un processo di valorizzazione analogo a quello riscontrato pochi anni fa nella campagna toscana, che è scherzosamente definito Salentoshire in analogia all'altrettanto scherzoso Chiantishire toscano.[senza fonte] Infrastrutture e trasportiCollegamenti stradaliI principali assi viari sono:[34] la direttrice adriatica Bari-Brindisi-Lecce-Maglie-Otranto
le direttrici ovest-est Taranto-Brindisi e Taranto-Lecce le direttrici nord-sud Lecce-Gallipoli e Maglie-Leuca la Litoranea Salentina; Collegamenti ferroviariEssi sono assicurati da:
Porti
Aeroporti
Luoghi di interesseLuoghi di interesse naturalisticoLa CEE ha definito molte località dell'area mediterranea "siti di interesse comunitario" (SIC),[35] per importanza ambientale. La Repubblica Italiana ha proposto sulla base del Decreto 25 marzo 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 157 dell'8 luglio 2005 e predisposto dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, l'elenco di tali SIC nell'ambito della Regione Puglia, individuando 77 candidature. Fra queste, la parte maggiore riguarda la provincia di Lecce con ben 32 SIC. Nelle province di Brindisi e Taranto si sono individuati 8 SIC per ciascuna.
Il Parco naturale regionale Bosco e paludi di Rauccio
Luoghi di interesse artisticoLuoghi d'interesse architettonico
Luoghi d'interesse archeologico
Principali musei
Altri musei
Università e ricercaUniversità del SalentoIl sistema della formazione universitaria del Salento è imperniato sull'Università del Salento, già Università di Lecce. A Lecce, sede principale dell'ateneo, hanno sede 8 facoltà. I primi movimenti atti alla formazione dell'Università come la conosciamo oggi risalgono al XVIII secolo. Già in età medievale erano presenti diversi luoghi di istruzione, indicati nei documenti contemporanei come università, anche se differenti dall'accezione che ne diamo oggi. L'università del Salento ha alcune succursali anche nella provincia di Brindisi. Di particolare interesse risulta il Parco Scientifico e Tecnologico Ionico-Salentino (PASTIS) presso Mesagne, compartecipato dall'Università del Salento, ove è presente un acceleratore Tandetron per la datazione di reperti archeologici con il metodo del Carbonio 14. Nel 1998 è stato attivato presso l'università del Salento l'Istituto Superiore Universitario di Formazione Interdisciplinare (ISUFI), una delle Scuole Superiori d'Italia, costruita sul modello della Scuola Normale di Pisa. La Scuola realizza programmi di alta formazione nell'ambito dei seguenti settori: Nanoscienze, e-Business Management, Giurisprudenza e Politica dell'area Euromediterranea, Beni Culturali. Anche grazie al traino dovuto all'ISUFI, dal 2000 l'ateneo salentino ha conosciuto una crescita senza precedenti, soprattutto nel ramo scientifico, che è uno tra i più avanzati ed efficienti d'Italia. Altro importante ramo è quello archeologico: l'università del Salento, infatti, svolge numerose attività di scavo in tutta Italia, e in diversi ambiti: preistorico, classico e medievale. All'estero l'università effettua ancora oggi scavi in Ucraina, Turchia, Medio Oriente, Malta, Egitto. Il continuo incremento dell'offerta formativa registra una risposta direttamente proporzionale da parte dell'utenza: la popolazione studentesca è passata dalle 77 unità del 1955 alle oltre 27.000 del 2006. Facoltà di TarantoTaranto, invece, è sede della seconda facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari e di numerosi corsi di laurea erogati dall'Università degli Studi di Bari, nonché sede decentrata della LUMSA - Libera università Maria SS. Assunta di Roma e dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il 17 maggio 2006 il rettore dell'Università di Bari, Giovanni Girone, ha firmato il decreto che sancisce l'autonomia delle seconde facoltà di Economia, di Giurisprudenza e di Scienze matematiche, fisiche e naturali a decorrere dal 1º ottobre 2006: questo costituisce un passo importante verso l'istituzione dell'Università degli Studi di Taranto, che per altro è stata oggetto di numerosi disegni di legge fino a oggi non concludenti. Sede LUM di PoggiardoDal marzo 2007 sono attivi presso la sede di Poggiardo i corsi in Economia dell'Azienda Moderna (classe 17) e in Giurisprudenza istituiti dalla Libera Università Mediterranea Jean Monnet, un ateneo privato con sede a Casamassima. Laboratorio nazionale di nanotecnologieNell'ambito dell'ISUFI, opera a Lecce il National Nanotechnologies Laboratory (NNL), centro di eccellenza a livello internazionale sulle nanotecnologie, che ha ricevuto riconoscimenti di varia natura, tra cui la visita ufficiale del Presidente della repubblica italiana Giorgio Napolitano il 15 settembre 2006. Il laboratorio segue linee di ricerca sia di tipo fondamentale, che di tipo fortemente applicato, grazie alle partnership con le multinazionali tecnologiche residenti presso di esso (STMicroelectronics, Agilent Technologies, TechInt, Alenia Marconi System) che appoggiano i loro programmi di formazione e reclutamento post laurea sull'ISUFI. DhitechIl Distretto tecnologico regionale High Tech, con sede a Lecce, è una società consortile finalizzata alla competitività e all'innovazione nella ricerca scientifica. Comprende il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie e svolge ricerca su nanotecnologie, materiali avanzati, innovazione digitale e tecnologie di informazione e comunicazione (ICT), affiancando ricercatori universitari a quelli di aziende tecnologiche italiane e non. Tra i soci figurano l'Università del Salento, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, AVIO S.p.A., Engineering Ingegneria Informatica S.p.A., Fiamm S.p.A., Leuci S.p.A., STMicroelectronics. Centro ricerche ENEAIl centro ricerca di Brindisi è presente fin dai primi anni novanta con uno sportello tecnologico. Nel 2001 l'ENEA ha consolidato la propria presenza nella città adriatica, rilevando le strutture del Centro Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppo dei Materiali, e creando un proprio centro all'interno della "Cittadella della Ricerca". Attualmente operano nel Centro l'Unità Tecnico Scientifica Materiali e Nuove Tecnologie (MAT), l'Unità Tecnico Scientifica Fusione (FUS), l'Unità Tecnico Scientifica Tecnologie Fisiche Avanzate (FIS) e il Progetto Speciale Clima Globale (CLIM). Istituti territoriali del CNR e istituti autonomiNel territorio salentino sono presenti vari istituti del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) o afferenti a esso. In particolare a Lecce sono presenti l'Istituto per i beni archeologici e monumentali e le sezioni dell'Istituto di scienze delle produzioni alimentari, dell'Istituto per la microelettronica e microsistemi, dell'Istituto di fisiologia clinica e dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima. Taranto è, invece, sede dell'Istituto sperimentale talassografico "Attilio Cerruti" e della Fondazione marittima "Ammiraglio Michelagnoli" che opera d'intesa con lo stesso CNR e con organismi universitari. Osservatorio ambientale di Campi SalentinaL'Osservatorio dell'inquinamento dell'atmosfera e dello spazio circumterrestre[41] è un consorzio tra Provincia di Lecce e città di Campi Salentina per il monitoraggio ambientale nella provincia di Lecce. Esso gestisce la "Rete Provinciale di Monitoraggio Atmosferico" dal 2001, avvalendosi anche del supporto scientifico dell'Università e del CNR di Lecce e della collaborazione con il CNR di Bologna, su un programma di monitoraggio extratmosferico, riguardante il controllo continuo dei detriti spaziali, sia naturali che artificiali: tramite una rete radar che ha stazioni a Bologna, Lecce, Campi Salentina e Modra (Slovacchia), il programma valuta la posizione degli oggetti extratmosferici tramite triangolazioni tra questi centri. L'osservatorio svolge inoltre attività di monitoraggio dei campi elettromagnetici ad alta e bassa frequenza (elettrodotti). In particolare, ha svolto un esteso monitoraggio dei campi elettromagnetici sul territorio dei comuni a nord di Lecce e svolge il monitoraggio costiero. EventiFestival
Premi
TradizioneLe Panare sono un evento tradizionale salentino che si tiene ogni anno a Spongano il 22 dicembre. Singolare e antica festa del fuoco, legata a una pratica rituale dei frantoiani impegnati nei tanti frantoi che in un tempo erano molto numerosi a Spongano. In occasione della festa del 22 dicembre, panare di grandi dimensioni vengono riempite di sansa e addobbate con palme, edera e altri abbellimenti combustibili per essere esibite in pubblico, accese e portate in corteo, e poi lasciate bruciare in un'area comune per tutta la notte.[43] La Nzegna di Carovigno (lunedì, martedì e sabato dopo Pasqua): l'evento,legato a un'antica leggenda, è il fulcro principale delle tre fasi delle feste patronali in onore di Maria Santissima di Belvedere (le altre due fasi sono quelle della Madonna dell'Uragano il 17 agosto e la festa di fine estate la seconda domenica di settembre). La festività si tiene il lunedì a Largo Machiavelli, il martedì in piazza Nzegna e il sabato sul sagrato del santuario di Belvedere (a 4 km a nord-est da Carovigno). La Focara di Novoli (16-18 gennaio)[44]: È il caratteristico falò della festa patronale di Sant'Antonio abate, un monumento di ingegneria agraria formato da decine di migliaia di fascine di tralci di vite, che supera l'altezza e il diametro di venti metri, il quale viene acceso la sera del 16 gennaio. L'evento è stato oggetto di un documentario della National Geographic e di servizi della Nippon Press. Il falò di San Giuseppe (Zjarr i Madhe, ossia fuoco grande, in lingua arbëreshe) San Marzano di San Giuseppe, 18-19 marzo. Nato nel 1600 ma le notizie certe sono della prima edizione nel 1866. Prevede una processione di fedeli che trasportano tronchi a spalla e fascine di ulivo, con l'ausilio di 50 cavalli. Il falò è acceso la stessa sera della processione. La Tavole di San Giuseppe (18-19 marzo) a San Cassiano, Sava, Lizzano, Cocumola, San Marzano di San Giuseppe, Erchie, Uggiano la Chiesa, Giurdignano, Poggiardo, Avetrana, Monteparano e Faggiano e: è un'antica tradizione in cui, in onore di san Giuseppe si imbandiscono grandi tavolate con piatti tipici. Durante la visita alla taula si possono assaggiare lu cranu stumpatu e la massa culli ciciri o i "vermiceddhri" cioè il grano e la pasta con i ceci. La Settimana Santa a Taranto (marzo o aprile): È una suggestiva e mistica serie di riti che, inoltre, vede i componenti le due principali Confraternite della Chiesa di Taranto gareggiare per aggiudicarsi le statue e le poste nelle processioni dell'Addolorata e dei Misteri. Il Palio di Taranto (maggio e luglio): È una manifestazione in costume che consiste in due regate con dieci barche a remi abbinate ai rispettivi rioni della città. Il trofeo viene assegnato solo dopo le due gare che si disputano l'8 maggio e la terza domenica di luglio. Il fuoco di San Ciro a Grottaglie (ultima domenica di gennaio): Viene allestita in piazza una grande catasta di legno, alla quale poi si dà fuoco. Si svolge anche una processione e si sparano fuochi artificiali. La Settimana Santa a Francavilla Fontana (marzo o aprile): I riti di questa Settimana Santa sono tra i più famosi della Puglia, caratterizzati dal pellegrinaggio di penitenti scalzi e incappucciati detti "Pappamusci" dal pomeriggio del giovedì al venerdì Santo, alla cui sera vi è la suggestiva Processione dei Misteri, con almeno una statua di cartapesta per ogni Confraternita. Peculiare è l'atto di numerosi penitenti detti "Pappamusci cu lli trai" di trascinare pesanti croci in legno sulle spalle. La festa patronale di San Biagio ad Avetrana (dal 28 aprile al primo maggio) Ogni anno si ripete, come un rituale dei tempi antichi, lo svolgimento della festa con le manifestazioni civili nei giorni 28 29 e 30 aprile e 1 maggio, in cui si svolge la lunga processione (28 aprile) che accompagna la statua del Santo Patrono San Biagio e quella del compatrono San Antonio di Padova attraversando le vie di Avetrana. Il Torneo dei Rioni di Oria (seconda settimana di agosto): È una manifestazione in costume, di ambientazione medievale, che si svolge in due giorni: sabato si tiene il corteo storico per le vie cittadine e domenica si giocano le gare tra i quattro rioni della città, per l'assegnazione del Palio. Maggio della Madonna Odigitria a Villa Castelli (tutto il mese di maggio): La statua della Vergine viene portata in trionfo lungo le vie della città e viene ospitata di casa in casa per tutto il mese Mariano. La Danza delle spade a Torrepaduli (15 e 16 agosto): È un ballo della "Notte di San Rocco" in cui, al ritmo incalzante dei tamburelli, coppie di uomini mimano un duello danzando e "sfidandosi" con le braccia e le mani. La Cavalcata dei Devoti a Ostuni (26 agosto): È un antico rito dei festeggiamenti per il patrono Sant'Oronzo. La Cavalcata di sant'Oronzo è una sfilata di cavalli e cavalieri, bardati con gualdrappe e divise rosse ricche di ricami e lustrini. Di particolare interesse è anche lo svolgimento di due fiere in contemporanea, nei tre giorni di festa. La festa patronale di Santa Domenica a Scorrano (dal 5 al 7 luglio): si celebra la Santa patrona della Città, Santa Domenica. In questi giorni di festa, le ditte di luminarie si sfidano nella creazione di elaborate "parazioni" (in dialetto locale) ovvero nel costruire grandiose costruzioni in legno ricoperte da migliaia di lampadine. Fiere
Sport
Folclore
Elenco completo dei comuni salentiniComuni salentini appartenenti alla provincia di BrindisiBrindisi, Carovigno, Cellino San Marco, Ceglie Messapica, Erchie, Francavilla Fontana, Latiano, Mesagne, Oria, Ostuni, San Donaci, San Michele Salentino, San Pancrazio Salentino, San Pietro Vernotico, San Vito dei Normanni, Torchiarolo, Torre Santa Susanna, Villa Castelli. Comuni salentini appartenenti alla provincia di Lecce(intera provincia) Comuni salentini appartenenti alla provincia di TarantoAvetrana, Carosino, Faggiano, Fragagnano, Grottaglie, Manduria, Maruggio, Monteiasi, Monteparano, Pulsano, Leporano, Lizzano, Roccaforzata, San Marzano di San Giuseppe, San Giorgio Ionico, Sava, Taranto, Torricella. Comuni geograficamente parte del Salento e culturalmente compresi in altre areeGeograficamente, rientrano nel territorio della penisola salentina alcuni comuni della Valle d'Itria: Martina Franca (TA), Cisternino e Fasano (BR) e Locorotondo (BA) e alcuni comuni a nord di Taranto: Statte, Crispiano, Massafra. Tuttavia questi comuni presentano caratteristiche culturali e folcloristiche più ascrivibili all'area centrale del territorio pugliese con influenze salentine più o meno marcate; pertanto si è soliti non inserirli tra i comuni del Salento. FilmografiaNumerosi film e fiction hanno per sfondo ed ambientazione varie località del Salento[45]. Tra di essi si segnalano:
Letteratura
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
|