Mappa di Soleto
La mappa di Soleto è una presunta mappa geografica rappresentante il Salento antico, incisa su un frammento ceramico proveniente da un vaso di origine messapica. Probabilmente la più antica mappa proveniente dall'antichità classica. Datata al VI-V secolo a.C. è attualmente conservata nel museo archeologico nazionale di Taranto. Esistono delle controversie sulla datazione di detta mappa. Il frammento ceramico è sicuramente databile al VI sec. a.C., le iscrizioni invece potrebbero essere non coeve.[1][2] In effetti, secondo studi indipendenti, la mappa di Soleto è da ritenersi sicuramente falsa («the "Soleto map" [...] is surely a hoax»)[3]. Il ritrovamentoL'oggetto è stato scoperto all'interno di un grande edificio messapico il 21 agosto 2003 a Soleto (LE) dall'archeologo belga Thierry van Compernolle nel corso di scavi archeologici, e testimonia le relazioni esistenti tra gli iapigi, i messapi ed i Greci nel V secolo a.C., non sempre approfondite dalla predominante tradizione letteraria greco-romana. Soleto è stata sempre ricca di ritrovamenti documentati fin dal 1704, quando scavando le fondamenta di un ampliamento della chiesa matrice (dove oggi si trova l'altare di San Paolo), furono rinvenuti numerosi sepolcri messapici nelle vicinanze delle antiche mura della città. Ma i maggiori successi si sono avuti negli ultimi vent'anni da quando nel 1988 un giovane archeologo di passaggio a Soleto vide affiorare dal terreno in località Quattrare pezzi di ceramica a impasto e piramidette (pesi da telaio) messapiche. Sotto gli occhi incuriositi dei paesani che vedevano uno straniero curvarsi a raccogliere "craste" dal terreno consultando una mappa del 1948 con una ripresa aereo-fotografica dell'Istituto Geografico Militare, l'archeologo capì di trovarsi molto vicino alle vecchie mura di Soleto. Negli anni successivi furono avviate diverse campagne di scavo in collaborazione tra l'Università prima di Bruxelles e poi di Montpellier, il Comune di Soleto e la Sovrintendenza ottenendo ottimi risultati: è stato infatti individuato e documentato il tracciato nord delle vecchie mura ed anche un preesistente insediamento risalente alla fine dell'età del ferro. La mappaSi tratta del frammento di un vaso attico smaltato di nero, un ostrakon le cui dimensioni sono di 5,9 cm per 2,9 cm, e sul quale è incisa la linea costiera della penisola salentina insieme a due toponimi greci ed undici toponimi indigeni, le cui posizioni sono indicate da punti[4]. Si riconoscono i nomi di Taranto scritto in greco (Τάρας, Taras) e di Otranto, Nardò, Ugento, Soleto e Leuca scritti in messapico, mentre ai lati sono indicati in modo schematico il mar Ionio ed il mare Adriatico simboleggiati da sigma a quattro tratti. Dalla scritta tagliata in due in alto a destra che corrispondente all'attuale sito di Roca Vecchia si evince che la mappa originale era più grande del frammento giunto fino a noi. Dall'analisi epigrafica e dall'aspetto alfabetico dei toponimi trascritti sull'ostrakon, si è stabilito come l'abbreviazione del toponimo "Graxa" non sia in alfabeto greco, ma in un alfabeto greco arcaico di tipo rosso[5] in uso a Taranto. Gli studiosi Carlo De Simone e Mario Lombardo, affermano infatti che soltanto il toponimo "Taras" è in alfabeto greco. Dietro questa scoperta quindi, si nasconde la data di quella che fu certamente la prima lingua tarantina con tutte le sue peculiarità linguistiche, cioè quelle di tipo lessicale, morfologico, fonetico e di intonazione. La mappa dimostra anche come gli antichi Greci fossero interessati alla rappresentazione di aree geografiche prima ancora dei Romani, e quindi la scoperta ripropone agli storici il problema di riconsiderare gli inizi dell'antica cartografia. Infatti la maggior parte delle mappe classiche esistenti sono romane e sono state datate a dopo la nascita di Cristo. Una possibile interpretazione della mappaLa seguente tabella interpretativa si basa sulla posizione dei nomi sulla mappa e delle corrispondenti località attuali, delle testimonianze degli storici e dei geografi antichi, delle monete rinvenute con il nome delle antiche città, delle tracce di mura messapiche (solo in questo caso si può parlare di città).
Fonti storicheLe uniche fonti di cui disponiamo sono Strabone (che viaggiò per questa regione e scrisse in età augustea) e Plinio. Il primo ci conferma che esistesse una strada "sallentina" che da Taranto portava a Vereto e da qui a Otranto, e che definisce più comoda del periplo via mare. Plinio aggiunge che da Vereto si raggiunge Otranto in 19 miglia toccando Vaste. Nei secoli successivi la Vereto-Otranto passa da Castro (Castrum Minervae) come indicato sulla Tabula Peutingeriana (copia medioevale di originale romano del IV secolo). Strabone ci dice anche che: Di Cavallino e Muro gli scrittori romani non fanno cenno, il che significa che i due centri furono completamente distrutti prima dell'età augustea. Essendo però state portate alla luce le mura messapiche, essi sarebbero stati centri importanti nel V secolo a.C., periodo a cui risalirebbe la mappa ritrovata. Fonti numismatichePer il nome messapico di Nardò è confermato quel che si ricava dalle monete con la scritta ΝΑΡΗΤΙΝΩΝ (genitivo plurale "dei Naretini")[6]. Per le monete di Ugento la scritta è esattamente OZAN, mentre per Alezio si legge ΒΑΛΕΘΑΣ. Su altre monete si trova la scritta ΓΡΑ, ma dette monete sono probabilmente tarantine e non messapiche ed infatti la gran parte dei ritrovamenti si sono avuti nelle adiacenze di Taranto. GRAXA è difficile che possa identificarsi con Gallipoli, la collocazione sulla mappa sarebbe spostata a nord nella posizione dell'attuale Porto Cesareo (Scalo di Furno). Essendo la mappa risalente al V secolo a.C., è assai probabile che la città di Gallipoli non esistesse o fosse semplicemente il porto di Alezio. Oppure, come nel caso di MIOΣ (Muro Leccese), la posizione sulla mappa sarebbe spostata verso nord per problemi di spazio. Esistono altre monete con la scritta ΣΤΥ, ma è difficile risalire al nome messapico della città. L'unica città messapica a nord di Soleto, e di cui sono state trovate le mura, è l'attuale sito di Cavallino. AutenticitàArgomenti a favore
Argomenti contro
Cronologia degli scavi a SoletoOltre 100 i reperti archeologici risultato di scoperte occasionali effettuate soprattutto nel Novecento nel corso di lavori agricoli, di edilizia privata o in seguito ad interventi urbanistici ed opere pubbliche
Note
Bibliografia
Voci correlateAltri progetti
Collegamenti esterni
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