Il territorio si estende su 1.648 km² ed è suddiviso in 84 parrocchie, raggruppate in 6 vicariati foranei.
Vicariato foraneo di Patti, che comprende le parrocchie di Patti, Montagnareale, Oliveri, Gioiosa Marea, San Piero Patti e Librizzi.
Vicariato foraneo di Brolo, che comprende le parrocchie di Brolo, Ficarra, Gioiosa Marea, Piraino, Raccuja, Sant'Angelo di Brolo, Sinagra e Ucria.
Vicariato foraneo di Capo d'Orlando, che comprende le parrocchie di Capo d'Orlando, Castell'Umberto, Naso, San Salvatore di Fitalia e Tortorici.
Vicariato foraneo di Rocca di Capri Leone, che comprende le parrocchie di Capri Leone, Frazzanò, Galati Mamertino, Longi, San Marco d'Alunzio e Torrenova.
Vicariato foraneo di Sant'Agata di Militello, che comprende le parrocchie di Sant'Agata di Militello, Acquedolci, Alcara Li Fusi, Cesarò, Militello Rosmarino, San Fratello e San Teodoro.
Vicariato foraneo di Santo Stefano di Camastra, che comprende le parrocchie di Santo Stefano di Camastra, Capizzi, Caronia, Castel di Lucio, Mistretta, Motta d'Affermo, Reitano e Tusa.
Storia
Le origini della diocesi di Patti, erede dell'antica diocesi di Tindari, eretta all'inizio del VI secolo, risalgono alla fine dell'XI secolo, quando il conte Ruggero intraprese la riconquista della Sicilia sottraendola agli arabi. Ruggero fondò a Patti l'abbazia benedettina intitolata al Santissimo Salvatore (prima di marzo 1094)[3], che fu unita a quella che il medesimo aveva fondato sull'isola di Lipari, di modo che le due abbazie furono governate da un solo abate, Ambrogio, benché avessero distinti priori.
Nel XIV secolo Lipari e Patti entrarono a far parte di due entità politiche diverse, il regno di Napoli e il regno di Sicilia, cosa che portò inevitabilmente alla separazione delle due diocesi.[5] Infatti, l'unione rimase fino al 18 aprile 1399, quando papa Bonifacio IX, con il breveDudum ex certis[6], separò le due diocesi e trasferì il vescovo Francesco Gattolo alla sede di Lipari, e nominò Francesco Hermemir per la sede di Patti. Con un'altra bolla, lo stesso papa dovette determinare i possedimenti di ciascuno, sui quali i due prelati avevano trovato modo di litigare. Con queste decisioni la diocesi di Patti comprendeva i centri di Patti, Gioiosa, Librizzi, Montagnareale e Sorrentini e parte del territorio di San Salvatore di Fitalia.
Nel 1588 il vescovo Gilberto Isfar y Corillas, assegnando una rendita stabile per l'educazione dei chierici, istituì il seminario diocesano, anche se l'atto di fondazione fu promulgato il 16 dicembre 1656 dal vescovo Ludovico Alfonso de Los Cameros. Nel 1865 due terzi dell'edificio del seminario furono incamerati dallo stato, che si appropriò anche di quattro conventi di Patti, per adibirli a scuole, caserme e cimitero. Solo nel 1924 il vescovo Ferdinando Fiandaca vinse una causa civile e riottenne parte degli edifici sequestrati.
[7] Fino all'abolizione del feudalesimo in Sicilia i vescovi di Patti esercitavano, su larga parte del territorio della diocesi, i diritti e i doveri di signore feudale, potendosi fregiare anche dei titoli di gran castellano di Patti, barone di Gioiosa Guardia, principe o dinasta del Santissimo Salvatore e conte di Librizzi. In età normanna, sveva ed angioina, come si evince dalla ricca documentazione dell'archivio storico diocesano, la diocesi di Patti possedeva un cospicuo patrimonio immobiliare e terriero non solo nella città episcopale e nella diocesi, ma nell'intera isola.[8]
Tra i vescovi di Patti si possono ricordare: san Pietro Tommaso (1354-1359), che ebbe importanti incarichi di pacificazione tra i principi cristiani; Arnaldo Albertin (1534-1544), che indisse il primo sinodo diocesano nel 1537; Bartolomé Sebastián de Aroitia (1549-1567) e Gilberto Isfar y Corillas (157-1600), che furono tra i principali vescovi attuatori delle riforme introdotte dal concilio di Trento; Michelangelo Celesia (1860-1871), che a causa dei dissidi con il governo italiano non poté mai prendere possesso della diocesi; Antonio Mantiero, che per un breve periodo (1935-1936) assommò anche la carica di prelato di Santa Lucia del Mela.
Con bolla di papa Pio VII del 22 marzo 1822,[9] divenuta esecutiva nel 1824, la diocesi ingrandì notevolmente il proprio territorio con l'annessione di ventiquattro centri abitati sottratti all'arcidiocesi di Messina. Ulteriori annessioni furono effettuate nel 1844 con dieci abitati provenienti dalle diocesi di Cefalù (Castelluccio, Mistretta, Motta d'Affermo, Pettineo, Reitano, Santo Stefano di Camastra, Tusa) e di Nicosia (Capizzi, Cesarò, San Teodoro). Da allora il territorio diocesano è rimasto immutato.
Giovanni Previtera, vescovo di Patti dal 1888 al 1903, commissionò e sovvenzionò la ristrutturazione dell'antico santuario mariano di Tindari, i cui lavori furono completati dopo la sua morte. Fondò l'istituto della Sacra Famiglia per l'educazione di giovani fanciulle e la Banca Cattolica di Patti per la promozione del microcredito e l'assistenza sociale. Fondò la rivista "Il tindari".
^Diploma di fondazione in: Pirri, Sicilia sacra, vol. II, p. 770.
^Testo della bolla pontificia in: Luciano Catalioto, Il Vescovato di Lipari-Patti in età normanna (1088-1194). Politica, economia, società in una sede monastico-episcopale della Sicilia, Intilla, Messina, 2007, pp. 86-88, e doc. 30 e 31.
^Sulle complesse vicende del Seminario diocesano, B. Rinaudo Il Seminario Vescovile di Patti e la Biblioteca Divus Thomas. Profilo storico documentato (1588-2008), Patti, L'Ascesa, 2009.
^La sede risulta essere vacante nel 1206; Kamp, op. cit., p. 1081.
^In un diploma del 1219 è menzionato un "vescovo eletto", indicato semplicemente con la lettera iniziale del suo nome. In un altro documento del medesimo anno, del 19 settembre, la sede di Patti risulta essere vacante e gestita da un R. administrator temporalium. Kamp, op. cit., p. 1083.
^Il trasferimento a Capua ebbe breve durata o forse non si realizzò, perché il 27 marzo 1227 Giacomo è ancora documentato come vescovo di Patti e Lipari; Kamp, op. cit., p. 1083.
^Secondo Ughelli (Italia sacra, vol. I, col. 778), Pagano sarebbe morto il 22 marzo 1246; tuttavia il suo episcopato non durò fino a quella data, essendo documentati altri vescovi, ignoti a Ughelli e a Pirri.
^Pirri e gli autori che ne dipendono inseriscono dopo Pagano un vescovo di nome Rinaldo (dal 1248), frutto però di un'errata lettura dei manoscritti; si tratta in realtà di Rainaldo di Agrigento; Kamp, op. cit., p. 1095, nota 137.
^Restano a tutt'oggi inspiegabili i motivi che spinsero il papa a confermare la nomina di Bartolomeo mentre era ancora in vita Filippo. Bartolomeo tuttavia riuscì a prendere possesso della propria Chiesa solo nel 1266.
^Secondo Eubel (vol. I, p. 384, note 7 e 8) Pietro I e Francesco di Pietro, documentati da Gams, sarebbero lo stesso vescovo, la cui elezione, fatta dal capitolo, fu respinta dalla Santa Sede.
^Di fatto, dal 1392, Ubertino poté esercitare la sua giurisdizione episcopale solo su Lipari, essendogli impedito di mettere piede a Patti, dove il duca Martino nominò successivamente due amministratori apostolici: Giovanni di Aragona (1392-1393) e Giovanni di Thaust (1393-1397).
^Morì prima di essere consacrato vescovo. C. Nicotra, Il Carmelo catanese nella storia e nell'arte, 1977, Tipografia Samperi, p. 140.