L'arcidiocesi è stata eretta nell'XI secolo in concomitanza con la nascita del giudicato di Arborea e trae origine dall'antica diocesi di Tharros di cui esistono notizie a partire dal V secolo. A causa delle incursioni arabe i vescovi e gli abitanti si trasferirono a Aristanis. La tesi tradizionale, stabilita per la prima volta da Giovanni Francesco Fara (morto nel 1591) nel suo In Sardiniae Chorographiam, sostiene che questo trasferimento di sede sia avvenuto nel 1070 all'epoca di papa Alessandro II; gli studi condotti da Corrado Zedda e Raimondo Pinna posticipano la nascita dell'arcidiocesi arborense all'epoca di papa Urbano II, all'incirca verso il 1093.[2]
L'arcidiocesi è documentata per la prima volta in un privilegium protectionis[3] concesso da Urbano II al suo arcivescovo, di cui non è fatto il nome. Un secondo vescovo anonimo è citato in una lettera di Guglielmo, arcivescovo di Cagliari, del 1118. Il primo nome noto della cronotassi arborense è quello di Omodeo, vissuto nella prima metà del XII secolo, che prese parte alla fondazione del monastero camaldolese di Santa Maria di Bonarcado, il primo monastero religioso fondato nell'arcidiocesi.
Il 24 aprile 1296 alla chiesa di Oristano fu unita la sede di Tiro in Libano, dopo che quest'ultima era stata conquistata dai Mamelucchi. Per circa un secolo gli arcivescovi di Oristano aggiunsero al proprio titolo quello di Tiro.
Stretta fu la collaborazione fra gli arcivescovi e i giudici arborensi, e spesso, soprattutto nel XIV secolo, i prelati svolgevano le funzioni di principali consiglieri dell'autorità civile; tra questi si possono citare Guido Cattaneo (1312-1339), Leonardo de Zori (1387-1389) e Elia de Palma (1414-1437).
L'8 dicembre 1503, nell'ambito della riforma delle diocesi sarde voluta dai re spagnoli, nuovi padroni dell'isola, in forza della bollaAequum reputamus di papa Giulio II, alla sede oristanese venne unita la soppressa diocesi di Santa Giusta.
Nel periodo post-tridentino, in attuazione delle decisioni del concilio, si distinsero i vescovi: Gerolamo Barbarà (1565-1571), che convocò nel 1566 il primo sinodo diocesano; Antonio Canopolo (1588-1621), che fondò a Sassari il seminario per la formazione teologica dei preti, dove dodici posti erano destinati ai seminaristi poveri di Oristano; Francesco Masones Nin (1704-1717), che celebrò un altro sinodo diocesano, si impegnò per la fondazione nella città di una seconda sede del seminario arcivescovile e diede avvio ai lavori di restauro della cattedrale.
A causa della diffusione della malaria, che imperversava in Sardegna nei periodi più caldi dell'anno, tra i preti di campagna era diffusa l'usanza, comune a tutta l'isola, di abbandonare le parrocchie per rifugiarsi in luoghi salubri, a scapito della cura animarum e della normale attività pastorale; nel 1720 su 87 parrocchie dell'arcidiocesi, 52 erano amministrate dai cosiddetti «vicarii ad nutum, ecclesiastici di scarsa cultura che, abituati al clima della zona, gestivano le parrocchie per conto dei titolari accontentandosi di una piccola parte del reddito del beneficio».[4] La malaria era certamente un pericolo reale e devastante; ne fecero le spese anche i vescovi Vincenzo Giovanni Vico-Torrellas (1741-1744) e Nicola Maurizio Fontana (1744-1746), morti in giovane età, rispettivamente a 40 e a 38 anni.
Tra gli arcivescovi del Settecento si distinse in modo particolare Ludovico Emanuele del Carretto (1746-1772): fece costruire un nuovo seminario (per via della troppa distanza dal Seminario già fondato a Sassari dal Canopolo e saldamente in mano ai gesuiti); per tre volte compì la visita pastorale dell'arcidiocesi; si diede da fare per la formazione del clero attraverso l'istituzione di conferenze obbligatorie per i preti, e fondò in molti villaggi di campagna i monti frumentari per l'aiuto economico dei contadini privi di risorse.
Durante l'Ottocento, a causa delle difficoltà nelle relazioni fra autorità civili e autorità ecclesiastiche, l'arcidiocesi visse lunghi momenti di sede vacante, per un totale di circa 25 anni.
Nel 1924 ad Oristano si celebrò il primo concilio plenario sardo, e nel 1931 un congresso eucaristico regionale, entrambi durante l'episcopato di Giorgio Maria Delrio (1920-1938).
^Nella bolla di nomina di Gavino Mallano, si dice che la sede è rimasta vacante per la morte di Nieto. La nomina di Nieto a Cagliari, su cui Eubel non possiede dati certi, probabilmente non ebbe effetto.
^Istituti religiosi maschili, su diocesioristano.it. URL consultato il 5 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 7 ottobre 2013).
^Istituti religiosi femminili, su diocesioristano.it. URL consultato il 5 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 7 ottobre 2013).
Enciclopedia della Sardegna (PDF), vol. 6, Sassari, 2007, pp. 605-609. URL consultato il 28 agosto 2023 (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2013).
Anna Maria Oliva, La Chiesa arborenseArchiviato il 17 novembre 2015 in Internet Archive., in La provincia di Oristano. L'orma della storia, Amministrazione provinciale di Oristano, pp. 123–134