L'arcidiocesi ha una superficie di 501 km², suddivisa in 72 parrocchie, raggruppate in 5 zone pastorali: Ancona centro, Ancona periferia, Osimo, Falconara Marittima e Castelfidardo.
L'attuale arcidiocesi è frutto dell'unione di due antiche sedi, ognuna con una propria millenaria storia.
Ancona
Le prime notizie sulla vita cristiana di Ancona si riferiscono alla memoria antiqua di santo Stefano protomartire di cui parla sant'Agostino in un suo sermone, risalente forse al 425, mentre da papa Gregorio Magno si ha la notizia che anche la prima cattedrale di Ancona era dedicata a questo santo.
La tradizione liturgica anconitana ricorda diversi santi martiri, tra cui san Liberio, le sante Palazia e Laurenzia, i santi Pellegrino, Ercolano e Flaviano. In particolare antiche tradizioni tramandano come primi vescovi anconitani due santi di origine greca, Primiano (III secolo) e Ciriaco (IV secolo), che testimoniano lo stretto legame della città di Ancona con l'Oriente cristiano; se l'esistenza storica di questi due santi non è messa in dubbio, meno sicuro tuttavia appare il loro episcopato anconitano.[1]
La prima testimonianza storica dell'esistenza di una sede vescovile anconitana è una lettera di papa Gelasio I (492-496), scritta ai vescovi Massimo ed Eusebio, perché si occupassero dell'illecito che avrebbe commesso il vescovo anconitano, di cui non è fatto il nome, accusato dal vescovo della ecclesia Camiscana (probabilmente Camerino), di aver occupato alcune parrocchie sotto la sua giurisdizione.[2] Il primo vescovo di cui si conosce con certezza il nome è san Marcellino, vissuto verosimilmente nel VI secolo, di cui parla Gregorio Magno nei suoi Dialoghi (circa 593-594). L'epistolario di questo pontefice ci fa conoscere il nome di un altro vescovo di Ancona, Sereno, incaricato dal papa nel 599 di visitare la Chiesa di Osimo, da tempo senza vescovo. Sereno morì prima di dicembre del 603, poiché una lettera di papa Gregorio di questo mese ci informa che, per la vacanza della sede anconitana, erano stati eletti tre candidati, sui quali il pontefice ordinò un'inchiesta, prima di procedere alla nomina definitiva del nuovo vescovo.[3]
A questi vescovi, la tradizione anconitana ha aggiunto altri vescovi la cui esistenza storica non è però comprovata da documenti coevi: Marco nel 462 (o 465), Trasone I nel 500, Tommaso in una data incerta nel VI secolo e Giovanni I nel 629. I successivi vescovi anconitani del primo millennio sono per lo più noti per la loro partecipazione ai concili celebrati a Roma dai pontefici: ricordiamo Mauroso e Giovanni II, che presero parte ai concili che condannarono l'eresiamonotelita nel 649 e nel 680; e Paolo, che nell'878 fu inviato come legato pontificio a Costantinopoli, ma avendo aderito al partito del patriarca Fozio venne deposto dalla sede anconitana.
Tra i vescovi del XIII secolo si distinsero in particolare Gerardo II e Giovanni Bono. Durante l'episcopato di Gerardo, camaldolese, furono rinvenute le reliquie dei martiri Pellegrino, Ercolano e Flaviano; a questo vescovo si deve inoltre la stesura di una nuova normativa per la vita dei canonici della cattedrale. Giovanni Bono invece è noto per «la sua partecipazione al concilio di Lione nel 1245 e la sua nomina a vicario papale per il Regno di Sicilia».[1]
Nel 1419papa Martino V decise di unire alla diocesi di Ancona quella di Numana (detta anche Umana). L'unione fu sancita dalla bollaEx supernae majestatis del 19 ottobre 1422 e la diocesi prese il nome di diocesi di Ancona e Umana (Anconitana et Numanensis). Tuttavia, diversamente dal solito, l'unione delle due diocesi non fu aeque principaliter e Numana non conservò nessuna prerogativa vescovile, anzi la sua cattedrale fu ridotta a semplice parrocchia. Nei secoli successivi i vescovi di Ancona tralasciarono il titolo di vescovi di Umana, fino a quando il 22 aprile 1747papa Benedetto XIV impose loro con una bolla di adottare il doppio titolo.[4]
La seconda metà del XVI secolo vide sulla cattedra anconitana la presenza di validi vescovi riformatori, che si impegnarono in prima persona nell'attuazione dei decreti del concilio di Trento. Il primo è Vincenzo Lucchi (1556-1585), che istituì il seminario vescovile e impose l'obbligo della residenza a tutti i titolari di benefici ecclesiastici. Segue il cardinaleCarlo Conti (1585-1615), che celebrò un sinodo diocesano, compì ben cinque visite pastorali nella sua diocesi ed accolse i gesuiti.[1]
Nel 1796 un'immagine della Vergine esposta nella cattedrale fu vista aprire e chiudere gli occhi per quattro mesi da una grande folla, stimata in circa sessantamila persone. Nel febbraio dell'anno successivoNapoleone Bonaparte venne in città e volle personalmente istituire un processo intorno a questo fatto, con l'intento di por fine ad una presunta superstizione. Esaminò scrupolosamente l'immagine, interrogò i canonici, volle destinare a opere di carità la collana di perle che ornava l'immagine e traslarla in un monastero, ma per rispetto del popolo che l'aveva venerata cambiò decisione sulla collana e acconsentì che l'immagine tornasse in cattedrale. Il prodigio della Madonna del Duomo è ancora oggi uno dei principali centri di attrazione della comunità cristiana anconetana.
Secondo la tradizione fu il martire san Feliciano a diffondere la fede cristiana nel territorio di Osimo alla metà del III secolo. Nel 303, nel corso delle persecuzioni ordinate da Diocleziano, ad Osimo subirono il martirio i santi Fiorenzo, Diocleziano e Sisinnio;[5] sul luogo del martirio fu eretta una chiesa a loro dedicata ancora oggi esistente.
Il primo vescovo di Osimo di cui si hanno notizie fu san Leopardo vissuto in epoca incerta, probabilmente nel IV o V secolo. Nel 599, papa Gregorio Magno affidò la chiesa osimana, «diu pastorali sollecitudine destitutam», ossia da lungo tempo vacante, alle cure pastorali del vescovo Sereno di Ancona.
A partire dal VII secolo riprende la serie episcopale osimana con il vescovo Fortunato, che prese parte al concilio lateranense indetto da papa Martino I nel 649 per condannare l'eresiamonotelita. Segue il vescovo Giovanni, che nel 680 figura tra i prelati che parteciparono al concilio romano voluto da papa Agatone per rinnovare la condanna del monotelismo. Attribuito all'VIII secolo è san Vitaliano, che fece ricostruire la cattedrale dedicata a san Leopardo; un vescovo osimano di nome Vitaliano prese parte al sinodo romano del 743.[6]
Nell'XI secolo il vescovo Ghislerio fu duramente ripreso da san Pier Damiani per la sua condotta immorale. Nel 1053papa Leone IX consacrò la cattedrale di Osimo, che fu ulteriormente ampliata ad opera del vescovo Gentile sul finire del XII secolo.
Nel XIII secolo, nel contesto della lotta tra guelfi e ghibellini, la città di Osimo aderì al partito dell'imperatore Federico II. Per questo motivo, il 22 maggio 1240papa Gregorio IX con la bollaRecte considerationis examine soppresse la diocesi di Osimo e ne incorporò il territorio nell'erigenda diocesi di Recanati. Il 15 novembre dello stesso anno Osimo passò sotto la giurisdizione del vescovo di Numana, come compensazione per la perdita della potestà vescovile su Recanati. Questa situazione perdurò fino al 13 marzo 1264, quando papa Urbano IV con la bolla Recti statera judicii ripristinò la sede vescovile di Osimo.
Nel 1320 Osimo si ribellò nuovamente e incarcerò il vescovo Berardo II. Allora papa Giovanni XXII privò nuovamente Osimo della dignità episcopale, ma poiché gli altri centri della diocesi avevano osteggiato la ribellione, concesse per questi un proprio vescovo con il titolo di episcopus dioecesis ecclesiae Auximanae, olim cathedralis. Come cattedrale fu in uso la chiesa di Santa Maria di Cingoli. Il 12 luglio 1368papa Urbano VI concesse la restituzione della cattedra vescovile a Osimo con la bolla Sancta Mater Ecclesia.[7]
Il vescovo Bernardino de Cupis (1551-1574) prese parte al concilio di Trento e fu il primo ad attuare in diocesi i decreti di riforma tridentini, seguito da altri vescovi ricchi di fervore riformatore, tra cui si devono menzionare Agostino Galamini (1620-1639) e Antonio Bichi (1656-1691).
Dopo la morte del vescovo di Osimo e Cingoli Domenico Brizi, avvenuta nel 1964, le due sedi furono di fatto separate: mentre la diocesi di Cingoli fu amministrata dai vescovi (o amministratori apostolici) di Macerata e Tolentino, quella di Osimo venne affidata in amministrazione agli arcivescovi di Ancona e Numana.[10][11]
Il 5 luglio 1975, in forza del decreto Ex historicis documentis della Congregazione per i vescovi, su richiesta dell'arcivescovo Carlo Maccari fu soppresso il vetusto titolo di Numana;[13] l'arcidiocesi assunse così la denominazione di arcidiocesi di Ancona, mentre Numana contestualmente divenne una sede titolarevescovile. Da questo momento rimasero le sole sedi di Ancona ed Osimo.
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i vescovi, è stata stabilita la plena unione delle due diocesi e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale, mantenendo la dignità metropolitica.
^Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 272, 22 novembre 1986, pp. 25-26. In questo numero della Gazzetta Ufficiale è contenuto l'elenco delle 22 parrocchie della diocesi che ottennero la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto" dal Ministero dell'Interno, in forza della Legge 20 maggio 1985 n. 222, art. 29. Tale qualifica fu concessa con decreto ministeriale dell'11 novembre 1986 su richiesta del vescovo di Osimo del 18 giugno precedente.
^Così scrive il decreto: Archiepiscopus Anconitanus et Numanensis expostulavit, ut, dimisso titulo Episcopi Numanae, in posterum archiepiscopus tantum Anconitanus appellaretur.
^Ughelli e storici locali inserirono questo vescovo nella cronotassi anconitana per la sua partecipazione al concilio celebrato da papa Ilario, nel 462 o nel 465. In questi due anni si celebrarono effettivamente due sinodi romani (Hefele, Histoire des Conciles d'après les documents originaux, seconda edizione francese, Tomo II, seconda parte, Parigi 1908, pp. 900-904), ma del primo non si ha alcuna lista dei vescovi che vi parteciparono, mentre tra le presenze del secondo concilio non appare nessun vescovo Marco di Ancona (Epistolae Romanorum Pontificum genuinae et quae ad eos scriptae sunt, a cura di Andreas Thiel, vol. I, Brunsbergae, 1868, pp. 141-146 e 159-161; Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, VII, coll. 934 e seguenti). Per questi motivi, Nicola Coletti, che pubblicò la seconda edizione dell'Italia sacra di Ughelli, mise in dubbio la storicità del vescovo Marco (Italia sacra, vol. I, col. 329, nota 2), decisamente esclusa da Lanzoni (Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII, p. 385) e da Pietri.
^Un "pontifex anconitanus" è menzionato nell'epistolario di papa Gelasio I (492-496) per aver occupato alcune parrocchie rivendicate da Costanzo, episcopus ecclesiae Camiscanae, probabilmente vescovo di Camerino. Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, pp. 478, 705 e 1474. Lanzoni, Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII, p. 385.
^Per Lanzoni (p. 385), Trasone I è da identificare con Trasone II del X secolo, a cui si deve il ritrovamento delle reliquie di San Liberio.
^Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, p. 1373.
^Questo vescovo è menzionato nella vita di san Marcellino di Ancona; durante il suo episcopato avvennero diversi miracoli legati al santo. Autori locali lo fecero immediato successore di Marcellino. Lanzoni tuttavia fa notare che la vita del santo è tardiva, e dunque storicamente dubbia, e che comunque i miracoli descritti potrebbero essere avvenuti anche secoli dopo la morte di Marcellino.
^Dalle lettere di Gregorio Magno si evince che nel dicembre 603 la sede di Ancona era vacante e che erano stati eletti tre candidati: Fiorentino di Ancona, Fiorentino di Ravenna e Rustico di Ancona. Il papa ordinò una inchiesta per stabilire la moralità dei tre candidati, ma non esistono ulteriori fonti per stabilire come andò a finire l'inchiesta e chi dei tre eletti fu scelto dal papa quale nuovo vescovo anconitano. Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, pp. 191, 836-837 e 1962. Storici locali hanno optato ora per Rustico ora per Fiorentino, ma in assenza di fonti le loro conclusioni sono solo ipotetiche.
^Un Giovanni era stato inserito da Ughelli nella cronotassi anconitana al 603, ma in realtà questi era vescovo di Rimini, non di Ancona, a cui Gregorio Magno aveva affidato il compito di indagare sui tre eletti alla sede anconitana. Coletti e Lanzoni infatti esclusero Giovanni dalla lista episcopale di Ancona. Storici locali tuttavia inserirono un altro vescovo di nome Giovanni, assegnandogli l'anno 629, ma senza prove storiche della sua esistenza.
^Il nome di «Natalis peccator ep[episcopu]s Anc[onae]» appare su un sarcofago conservato nella cattedrale di Rimini, databile prima del X secolo. Lanzoni, Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII, pp. 453-454.
^abcdSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen kaisern…, pp. 240-241.
^Il nome del vescovo Stefano è menzionato nella lettera che papa Benedetto XIV scrisse al vescovo anconitano Niccolò Mancinforte (1746-1762) circa l'utilizzo del doppio titolo di "Ancona e Numana" (Cappelletti, VII, p. 151). Il suo nome comparirebbe, secondo quanto racconta Benedetto XIV, in una bolla di papa Giovanni XIX per la diocesi di Maguelone databile al 1030 circa; tuttavia, secondo Schwartz, il nome di questo Stefano non si trova nella bolla di Giovanni XIX.
^abcI vescovi Transberto, Marcellino II e Bernardo sono citati in un diploma di papa Alessandro III del 1179 (Kehr, Italia pontificia, IV, p. 197, nº 2). Bernardo è storicamente documentato nel 1128; degli altri due vescovi, presumibilmente anteriori al 1128, non si hanno altre notizie. Un anonimo vescovo anconitano è menzionato dalle fonti nel 1118; alcuni autori lo identificano con Bernardo.
^Il nome di Tommaso appare in un diploma di Parenzo. Il documento è ritenuto un falso, per cui alcuni autori escludono Tommaso dalla cronotassi anconitana; altri autori invece, pur ammettendo la falsità del diploma, non escludono che i nomi ivi menzionati, tra cui quello di Tommaso, siano appartenuti a personaggi realmente esistiti. Cappelletti, Le Chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, vol. VII, p. 44.
^Dal 5 luglio 1975 Carlo Maccari fu arcivescovo di Ancona, essendo stato soppresso il vetusto titolo di Numana.
^Il Vitaliano presente al concilio romano del 743 (Monumenta Germaniae Historica, Concilia aevi Karolini 742-842, prima parte 742-817, a cura di Albert Werminghoff, Hannover e Lipsia, 1906, pp. 22, 24, 27) viene identificato da Cappelletti e Gams con il santo venerato a Osimo e vissuto probabilmente nell'VIII secolo. Ughelli invece tiene distinti i due vescovi.
^abcdeSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen kaisern…, pp. 248-250.
^Ughelli aveva distinto due vescovi omonimi, Ghislerio I e Ghislerio II, quest'ultimo menzionato nelle lettere di Pier Damiani. Dello stesso parere di Ughelli sono Schwartz (pp. 248-249) e l'editore del concilio del 1051 (Die Konzilien Deutschlands und Reichsitaliens 1023-1059, a cura di Detlev Jasper, Hannover, 2010, p. 306). Cappelletti e Gams invece sono del parere che si tratti di un unico vescovo.
^Citato in un'enfiteusi del novembre 1118 conservata tra le Carte Fiastrensi (I,26 nr.XVI). Le carte dell'Abbazia di Chiaravalle di Fiastra - I. Documenti degli anni 1006-1180, a cura di Attilio De Luca, Spoleto, 1997.
(FR) Charles Pietri, Luce Pietri (ed.), Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), École française de Rome, 2 volumi, Roma, 1999-2000