Nacque nella città di Zamora, figlio di Teresa Roldán ed Ángel Nieto. All'età di un anno si trasferì con la famiglia nel quartiere madrileno di Vallecas, dove avrebbe vissuto gran parte della sua vita. Si avvicinò al mondo delle moto all'età di tredici anni: per lo stesso motivo decise poco dopo di andare a lavorare a Barcellona presso la casa motociclistica Derbi.
Il 26 luglio 2017 rimase vittima di un incidente stradale ad Ibiza mentre si trovava alla guida di un quad[1]. Trasportato d'urgenza, con un edema cerebrale, al Policlinico Nuestra Señora del Rosario della città, si spense il 3 agosto seguente per l'improvviso aggravamento delle sue condizioni di salute[2]. Fu ricordato, durante la premiazione del GP di Brno, da parte dei tre piloti spagnoli del podio di MotoGP[3].
Dopo i funerali, la salma di Nieto è stata cremata e le ceneri sono state sparse in parte ad Ibiza, in parte a Vallecas ed in ultima parte sul circuito di Jarama.
Si ritirò nel 1986, dopo aver vinto nel corso della sua carriera novanta Gran Premi suddivisi in: 27 vittorie nella classe 50, una nella classe 80 e 62 nella 125. Alle vittorie in ambito iridato vanno aggiunti 23 campionati spagnoli vinti tra il 1967 ed il 1981 (5 in 50, 11 in 125 e 7 in 250). Il circuito di Jerez de la Frontera porta il suo nome.
Molto scaramantico, Nieto, che vinse 13 titoli mondiali, a chi gliene chiedeva il numero rispondeva di averne vinti "12+1".
Cinema
Nel 2005 uscì il film Ángel Nieto: 12+1, nel quale viene ripercorsa la carriera del pilota spagnolo, per la regia di Álvaro Fernández Armero. Nel 2014, inoltre, si parlò dell'annata 1973 nel documentario Morbidelli - storie di uomini e di moto veloci, diretto da Jeffrey Zani e Matthew Gonzales, nel quale vengono offerti diversi aneddoti sulla stagione. Il meccanico Franco Dionigi, per esempio, racconta che a fronte dei continui grippaggi del motore, sollecitato al massimo dei giri da Nieto, il team decise di piegare la lancetta del contagiri per indurlo a cambiare marcia prima del solito.