Governo Tittoni

Governo Tittoni
StatoItalia (bandiera) Italia
Presidente del ConsiglioTommaso Tittoni
(Destra storica)
CoalizioneDestra storica, Sinistra storica
LegislaturaXXII
Giuramento16 marzo 1905
Dimissioni25 marzo 1905
Governo successivoFortis I
28 marzo 1905

Il Governo Tittoni è stato il quarantunesimo esecutivo del Regno d'Italia, guidato da Tommaso Tittoni.

Esso, nato in seguito alle dimissioni del governo precedente, è stato in carica dal 16 marzo[1] al 28 marzo 1905[2] (sebbene già dimissionario dal precedente 25 marzo), per un totale di soli 12 giorni.

Fu il governo più breve della storia del Regno d'Italia e della storia d'Italia in quanto non gli venne accordata, in uno dei primi atti del parlamentarismo, la fiducia parlamentare alla Camera il 24 marzo 1905.

Compagine di governo

Appartenenza politica

Partito Presidente Ministri Sottosegretari Totale
Destra storica 1 5 4 10
Sinistra storica - 6 6 12

Situazione parlamentare

NOTA: Questo governo fu il primo ad essere stato effettivamente affetto dalle dinamiche parlamentari sulla fiducia (che venivano spesso attuate indirettamente e tramite vari ordini del giorno), portando così, dopo decenni di progressiva costruzione della prassi, ad una forte rilevanza stratificata, e da qui definitivamente consolidata, dell’organo legislativo, che diede avvio alla Monarchia parlamentare e ad un’evidente evoluzione in senso democratico della responsabilità politica, nonostante fosse solo una convenzione costituzionale. Ufficialmente infatti, ai tempi del Regno d'Italia, poiché secondo lo Statuto Albertino il governo rispondeva concretamente al solo Re (il quale, dando egli stesso una prima fiducia al governo, aveva il potere di far resistere l’esecutivo ad un voto della Camera dei deputati, come alcune volte fece), il rapporto con il Parlamento in senso moderno non era pienamente obbligatorio (ed in tal senso vari sono stati i casi di formazione o sopravvivenza di un governo palesemente privo di tale supporto), pur diventato fondamentale. La prassi di determinare la sopravvivenza dell’esecutivo in base al supporto parlamentare, dunque, si è qui affermata, ma sarà definitivamente più affine alla forma moderna solo successivamente, specie con l’ascesa dei partiti di massa e con l’introduzione del sistema proporzionale. Per questo motivo, il grafico sottostante espone, secondo ricostruzioni e dichiarazioni, nonché secondo la composizione del governo ed anche secondo il voto effettivamente subìto, il supporto che questo ha ottenuto.

Camera Collocazione Partiti Seggi
Camera dei deputati[3] Governo PLC (76), DEM (12)
88 / 508
Astensione DEM (3)
3 / 508
Opposizione DEM-D. (180), PR (37), PSI (29), PRI (24), UECI (3)
273 / 508
Non votanti DEM-D. (144)
144 / 508

Composizione

Carica Titolare Sottosegretario
Presidenza del Consiglio dei ministri Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Presidente
del Consiglio dei ministri
Tommaso Tittoni
(Destra storica)
Carica non assegnata[4]
Ministero Ministri Sottosegretario
Affari Esteri Tommaso Tittoni
(Destra storica)
Guido Fusinato
Agricoltura, Industria e Commercio Luigi Rava (Indipendente)[5] Girolamo Del Balzo
Lavori Pubblici Francesco Tedesco
(Destra storica)
Domenico Pozzi
Interno Tommaso Tittoni
(Destra storica)
Ugo di Sant'Onofrio del Castillo
Pubblica Istruzione Vittorio Emanuele Orlando
(Sinistra storica)
Emilio Pinchia
Guerra Ettore Pedotti (Indipendente)[5] Paolo Spingardi
Marina Carlo Mirabello (Indipendente)[5] Augusto Aubry
Finanze Angelo Majorana Calatabiano (Sinistra storica) Giovanni Camera
Grazia e Giustizia e Culti Scipione Ronchetti (Sinistra storica) Luigi Facta
Poste e Telegrafi Francesco Tedesco (Destra storica)
Ad interim
Gismondo Morelli Gualtierotti
Tesoro Luigi Luzzatti
(Destra storica)
Alfredo Codacci Pisanelli

Cronologia

  • 12 marzo - Il Governo giura dinanzi al Re.
  • 16 marzo - Tittoni si reca alla Camera dei Deputati, dove ha un colloquio con alcuni onorevoli e con il presidente della Camera Giuseppe Marcora, poi riceve alla Consulta l'on. Ugo di Sant'Onofrio del Castillo, poi si reca a Palazzo Braschi ed infine al Senato per un colloquio con il presidente Tancredi Canonico[6].
  • 23 marzo - Il Presidente del Consiglio Tittoni commemora alla Camera l'on. Lodovico Ceriana Mayneri, scomparso qualche giorno prima, e, resosi conto di non avere il supporto parlamentare con l’approvazione di un ordine del giorno ostile con 273 favorevoli (88 contrari, 3 astenuti e 64 non votanti), comunica la crisi ministeriale, in seguito fa le stesse dichiarazioni al Senato.[7]
  • 25 marzo - Il Presidente del Consiglio rassegna ufficialmente le dimissioni dinnanzi al Re, il quale, dopo averle accettate, incarica Alessandro Fortis.
  • 28 marzo - Con il giuramento del nuovo governo, termina ufficialmente l’esperienza di governo.

Bibliografia

  • Parlamenti e Governi d’Italia (dal 1848 al 1970) - Vol. II - Francesco Bartolotta - Vito Bianco Editore - 1971

Note

  1. ^ Il decreto ufficiale che toglie l'incarico a Fortis e affida l'interim a Tittoni, su archiviolastampa.it, 17 marzo 1905, p. 1.
  2. ^ Il nuovo Ministero, 29 marzo 1905, p. 1.
  3. ^ Viene qui riportata la situazione parlamentare solo di questa camera (e non anche del Senato del Regno) poiché, sebbene entrambe partecipassero al processo di controllo del rapporto con l'esecutivo, per convenzione costituzionale in caso di disaccordo era la decisione della camera bassa a prevalere, risultando essere la posizione ufficiale del Parlamento nella sua totalità.
  4. ^ Poiché all'epoca del Regno d'Italia la figura del Presidente del Consiglio era vista come una figura mediatrice e coordinatrice piuttosto che dirigenziale rispetto all’esecutivo, e dunque senza una costituzione autonoma, il detentore era più identificato con il ministero da egli detenuto piuttosto che dalle sue funzioni, e per questo non vi era mai stata la necessità di nominare un sottosegretario specifico, ma il Capo di governo si serviva del proprio sottosegretario ministeriale.
  5. ^ a b c Affiliato alla Sinistra storica.
  6. ^ La Stampa, 17 marzo 1905 pag. 1
  7. ^ La Stampa, 23 marzo 1905, pag. 1

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