24 Ore di Le Mans 1964
La 24 Ore di Le Mans 1964 è stato la 32ª edizione della gara francese e si è disputata il 20 e 21 giugno 1964[1] sul Circuit de la Sarthe, ridotto nel 1956 a una lunghezza di 13,461 km dopo i lavori per aumentare la sicurezza dell'area dei box in seguito alla tragedia del 1955[2]. È stata anche la nona gara del Campionato del mondo sportprototipi di quell'anno. ContestoDopo aver cercato l'anno precedente e senza successo di acquisire la Ferrari, la Ford decise di sfidare il Commendatore sui campi di gara in quella che viene ricordata dagli appassionati come la Guerra Ferrari-Ford. Presentato al pubblico pochi mesi prima e alla sua prima apparizione a Le Mans, il prototipo Ford GT40 Mk.I (spinto da un motore V8 di 4,2 litri) aveva però dato una pessima impressione nelle prove pre-gara e non c'erano indizi che suggerissero che la Ford sarebbe stata in grado di fare miracoli nel limitato tempo a disposizione per risollevare le sorti delle 3 vetture schierate in gara[3]. Il Drake prese comunque sul serio la minaccia americana e preparò meticolosamente la gara per difendere la vittoria conseguita l'anno precedente, affidandosi per le sue auto a componenti ben collaudati e, a scanso di equivoci, aveva schierato i suoi più recenti prototipi: tre Ferrari 275 P ufficiali e tre Ferrari 330 P, di cui una ufficiale, una affidata alla squadra inglese Maranello Concessionaires e una al North American Racing Team (NART) dell'importatore statunitense Luigi Chinetti. Oltre ad esse erano presenti anche le Ferrari 250 LM iscritte dai team Equipe Nationale Belge e NART, vetture costruite secondo i dettami delle Granturismo stradali, ma a cui i regolamenti imponevano di iscriversi tra i prototipi in quanto non era stato ancora soddisfatto il requisito di produzione minima in serie. Gli uomini di Maranello erano inoltre favoriti per la vittoria anche nella categoria Gran Turismo, in cui avevano iscritto un agguerrito quartetto di Ferrari 250 GTO in versione aggiornata. I loro principali avversari erano di nuovo quelli della Ford, anche se in questo caso i loro motori equipaggiavano le Shelby Daytona Cobra Coupé dotate di nuove e filanti carrozzerie chiuse nate dalla negativa esperienza dell'anno precedente con le Cobra Le Mans, quando l'uso di "hard-top" su vetture dalla carrozzeria barchetta aveva mortificato le prestazioni velocistiche e le possibilità di vittoria della squadra statunitense guidata da Carroll Shelby[4]. Poi c'erano la coppia di Jaguar E-Type Lightweight, da cui non ci si aspettava molto. I motori Ford erano utilizzati anche nelle Sunbeam Tiger, ma questo abbinamento non aveva dimostrato di essere efficace. Le Tiger non erano particolarmente veloci nei rettilinei e sembravano essere più che nervose in curva. L'unico timore che incutevano negli avversari era l'attenzione necessaria nel momento in cui si doveva doppiarle. Nella categoria due litri, la vittoria non sarebbe dovuta sfuggire alla Porsche, reduce dal successo di classe ottenuto alla 1000 km del Nürburgring, che si presentò in forze con due prototipi Porsche 904 con motore a 8 cilindri per la squadra ufficiale e cinque 904 GTS a quattro cilindri per le squadre clienti nella categaria GT. Vi erano inoltre le vetture francesi: l'Alpine-Renault con 4 vetture, la René Bonnet-Renault con 5 vetture e due vetture denominate CD 3 (dalle iniziali di Charles Deutsch, ex socio di René Bonnet) che si basavano su componenti Panhard, ma le loro ridotte prestazioni le mettevano in grado di vincere unicamente il premio per l'Indice di Efficienza, che viene assegnato sulla base della distanza percorsa, il peso, la superficie frontale e il consumo di carburante. Delle tre vetture, l'ultima era dotata di un propulsore Panhard, con compressore, e della trazione anteriore, ma era degna di nota più per la carrozzeria: coupé, con l'aspetto di una lacrima un po' appiattita e dotata di un paio di pinne molto importanti per la stabilità alle alte velocità che si presupponeva dovesse raggiungere[5][6]. QualificheDurante le prove, la Ford GT40 mostra le proprie ambizioni con una velocità di punta superiore a 300 km/h sull'Hunaudières. Non sarà sufficiente a scalzare John Surtees e la sua Ferrari 330P dalla pole position, siglata in 3:42,0: alle sue spalle si posizionò la GT40 di Richie Ginther con 3:45,3 e dietro di essa la Ferrari 330 P della NART, la GT40 di Phil Hill e la Ferrari 275 P di Guichet e Vaccarella[1][7]. GaraLa partenza stile Le Mans si svolse senza intoppi, con Pedro Rodríguez che prese il comando, mentre l'americano Phil Hill con la sua GT40 e una Sprite ebbero problemi e partirono attardati rispetto al gruppo. Notevole lo scatto al via di David Piper con la Ferrari 250 LM nr.58 del NART: il britannico si era allenato tutta la settimana per ridurre i suoi tempi nella particolare procedura di partenza ed era riuscito a guadagnare cinque posizioni, passando sotto il ponte Dunlop al terzo posto, ma una sovrappressione nel circuito di lubrificazione del motore fece saltare il filtro dell'olio, costringendolo al ritiro durante il primo giro[8]. Al primo passaggio tre Ferrari conducevano la gara, seguite da Ginther sulla Ford GT40, che subito li raggiunse sul rettilineo dell'Hunaudières e sfruttando la scia del trenino formato dalle tre auto segnò la notevole velocità di 339 km/h (211 mph) conquistando la testa della corsa[9], mentre i suoi compagni di marca erano costretti a ripetute soste ai box per rimediare a irregolarità di funzionamento dei loro propulsori. Una volta risolti tali problemi fu subito chiaro che, se fossero arrivate in fondo alla gara, le Ford avrebbero bastonato le Ferrari, in quanto erano più veloci in rettilineo ed erano almeno alla pari con le vetture italiane in tutti gli altri settori[3]. Sembrava che le Ferrari stessero solo prendendo tempo in attesa che le Ford si ritirassero coi motori esplosi. John Surtees, che divenne ben presto il pilota di punta della Ferrari, non corse sulla difensiva: stava spingendo forte sfruttando al massimo la vettura, ma tutto ciò non era abbastanza per mantenere la vettura di Ginther e Masten Gregory in vista. Ginther aveva continuato ad allontanarsi e le altre Ford, che a questo punto era stato riparate, recuperavano terreno a gran velocità. Si andò avanti così per le prime ore di gara finché Ginther non ruppe la trasmissione al calar delle tenebre, mentre nelle retrovie le Cobra coupé stavano strapazzando le Ferrari GT. La notte, come di consueto, trascorse costellata di ritiri: la Ford GT40 di Richard Attwood e Jo Schlesser fu eliminata da un incendio nel vano motore mentre era in seconda posizione[1], la Cobra coupé di Peter Bolton ebbe un incidente mentre era in lotta con una Ferrari (ritiro per entrambi e tre giovani spettatori, che attraversavano la pista, travolti e uccisi dalle vetture[3]), la Cobra di Jochen Neerspasch e Chris Amon fu squalificata per aver riavviato la vettura con una batteria ausiliaria (procedura vietata dal regolamento[9]) e all'alba Jean-Louis Marnat, alla guida dell'ultima Triumph superstite, ebbe un inspiegabile incidente sul rettilineo dei box impattando sul terrapieno a sinistra della pista, rimbalzando contro i box (che a quel tempo non erano protetti da nessun muretto) in un punto sgombro da persone e finendo la sua corsa all'altezza della prima curva: si ipotizzò una perdita di conoscenza per avvelenamento da monossido di carbonio[3]. A questo punto anche la Ferrari risentiva degli effetti dei primi giri corsi a ritmo da Gran Premio. La macchina di Surtees e le altre correvano disordinatamente mentre la GT40 di Phil Hill e Bruce McLaren correva ancora forte e, anche se una certa distanza, guadagnava velocemente terreno. In questa fase Hill registrò un nuovo record assoluto sul giro in 3 minuti e 49 secondi, ma poco dopo la trasmissione della sua Ford diede forfait e Hill si ritirò[9]. Se i piloti dei prototipi Ferrari si sentivano sollevati, lo stesso non poteva dirsi di quelli delle Gran Turismo, messi in riga dalla Cobra: Dan Gurney e Bob Bondurant la guidarono come sul velluto fino alla vittoria di classe GT e al quarto posto assoluto. Ma il dominio di Gurney e Bondurant era stato messo a repentaglio al mattino, quando una perdita di pressione dell'olio motore li aveva spinti a ridurre fortemente il ritmo, dando una speranza alle Ferrari GTO, che si erano lanciate all'inseguimento abbassando di 10 secondi il tempo sul giro. Dopo una riparazione di fortuna al circuito di lubrificazione che non avrebbe retto ad uno sforzo prolungato, Gurney aveva "bluffato" forzando il ritmo sugli stessi tempi delle Ferrari per quei pochi giri che erano serviti a ingannare gli avversari e ridurli a più miti consigli[3]. Alla fine sotto la bandiera a scacchi passarono per primi i ferraristi Jean Guichet e Nino Vaccarella, poi Graham Hill e Jo Bonnier con la Ferrari del team Maranello Concesionaires e, un po' distanziati, Surtees e Lorenzo Bandini. Quarta, come detto, la Cobra di Gurney e Bondurant precedette le due Ferrari 250 GTO di Lucien Bianchi in coppia con "Jean Beurlys" e Innes Ireland in coppia con Tony Maggs. Questo fu l'ottavo successo della Ferrari a Le Mans. Classifica finale
Non ClassificatiNon hanno coperto il 70% della distanza del vincitore, ovvero 244 giri
Ritirati
Statistiche
Vincitori dei Trofei
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
|