Il territorio di Mombasiglio era abitato in età preromana dalla tribù degli Epanteri Montani, noti per il carattere aspro e "selvaggio". Nel 180 a.C. i Montani subirono un attacco dalla tribù costiera dei Liguri Ingauni che nel 210 a.C. si alleò con i Romani.[4]
Costretti alla resa da questi ultimi, l'area dell'alta Val Tanaro entrò nell’orbita della romanizzazione sotto la dipendenza dalla città costiera di Albingaunum, la moderna Albenga, che sembrava tuttavia priva di organizzazione politica.[4] Questo venne poi confutato dalla presenza di un magistrato a Mombasiglio, attestato da un'ara in marmo grigio di età romana imperiale con raffigurazione di Ercole e da un seviro sito a Sale delle Langhe su una stele conservata presso la chiesa parrocchiale, che documentano il raggiungimento, nel II secolo, di un pieno statuto municipale.[4]
Prima del marchesato di Ceva
Attorno all'anno 1000 con la costruzione del castello di Mombasiglio, la località fu feudo dei signori di Carassone.[5]
È molto probabile che poi Mombasiglio passò in mano a Olderico Manfredi II. In una carta del 1024 infatti, nella quale Olderico Manfredi vendette il castello di Lesegno ad un certo prete Ayfredo, lo stesso Olderico dichiara Lesegno confinante da tre parti con i suoi poderi e la quarta parte con il Tanaro, comprendendo quindi Mombasiglio fra i suoi possedimenti.[6]
Non si sa più nulla di Mombasiglio sino al 1095 quando nel documento relativo alla donazione fatta da Bonifacio di Savoia ai monaci dell'abbazia di Fruttuaria viene citato certo Ottone di Mombasiglio suo vassallo.[6]
Nel 1134, secondo una carta, vi fu la donazione del castello di Mombasiglio al vescovo di Asti da parte di cinque fratelli, Bonifacio, Oberto, Oddone, Enrico e Guglielmo, assieme con la madre Aloisia.[7]
Gli statuti e le carte di franchigia
Nel 1222 venne effettuata la permuta di Mombasiglio con Boves dai fratelli marchesi di CevaGuglielmo, Manuele, Leone, Bonifacio e Giorgio (figli di Guglielmo I) con i fratelli Jacopo e Domino Ardizone di Mombasiglio, con la città che entrò nell'orbita del marchesato di Ceva,[7] diventando uno dei donzeni in cui il marchesato era diviso.[8] Da qui bisogna risalire sino al 1331 per ritrovare un documento che permetta di continuare a descriverne la storia.[9] Questo documento è il codice pergamenato contenente gli "statuti di Mombasiglio" voluti da Almerico e Giovanni marchesi di Ceva.[6]
Sino al 1492 Mombasiglio fu dipendente politicamente dal marchesato di Ceva, in quell'anno viene confiscato come attesta la carta di franchigia, concessa a Parigi il 27 aprile 1492.[6]
La prima metà del XVI secolo vide un rapido alternarsi di signori: Sebastiano de Sauli dei marchesi di Ceva (24 dicembre 1516); Giorgio Spinola dei marchesi di Ceva (25 febbraio e 2 giugno 1530); Alfonso Del Carretto (31 maggio 1533).[7]
In seguito, passato a Casa Savoia, il feudo di Mombasiglio venne eretto a contado (12 luglio 1602) e ceduto alla nobile famiglia Sandri Trotti di Fossano dietro il corrispettivo di 16 mila scudi d'oro. Il 14 maggio 1759, morì senza lasciare eredi Francesco Luigi Sandri Trotti, l'ultimo capostipite della famiglia.[7]
Il feudo passa dunque a Carlo Emanuele di Savoia che, il 25 aprile 1760, concede il feudo di Mombasiglio al marchese Marco Adalberto Pallavicino delle Frabose.[6][7]
Periodo napoleonico
Il 18 aprile 1796 Napoleone Bonaparte fissò il suo quartier generale a Lesegno e impartì immediatamente l'ordine di forzare la posizione di San Michele. Il generale Jean Mathieu Philibert Sérurier che aveva passato il Mongia lo stesso 18 aprile, entrò in azione, con la sua divisione, il giorno successivo e sceso da Battifollo e da Scagnello occupò Mombasiglio,[6] requisendo fieno, cibarie, vino e legname per il sostentamento delle truppe. Il 16 febbraio 1799 venne redatta la richiesta di annessione di Mombasiglio all'Impero francese, ma le forti imposizioni fiscali provocano la rivolta popolare e così, fino al giugno 1800, ritornò sotto l’amministrazione del re di Sardegna.[7]
Con la caduta di Napoleone nel 1814, Mombasiglio, ritornò di proprietà di casa Savoia e passò sotto la signoria dei Vianson Ponte a cui seguì la famiglia Belladen, che si estinse senza eredi diretti.[7]
Ponte Naturale di Mombasiglio, una suggestiva galleria naturale scavata dall'acqua del torrente Mongia. La sua genesi e le sue caratteristiche litologiche e strutturali ne fanno un fenomeno geologico assai raro anche a livello europeo.
Società
Evoluzione demografica
Lentamente alla fine del 1800 Mombasiglio viene tagliata fuori dalle principali vie di comunicazioni, che prediligono il passaggio da Ceva per i traffici fra Piemonte e Liguria: dopo la seconda guerra mondiale l'emigrazione nelle grandi città (in primis Torino) ha rafforzato il trend. Rimane comunque discretamente abitato in qualità di paese di fondovalle.