Riconfermato alla Camera nelle elezioni del 2006, in virtù di una candidatura nella lista dell'UDC per la circoscrizione Sicilia 2, nella legislatura successiva è stato componente delle Commissioni Affari costituzionali e Personale e del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato.
Secondo il sito OpenParlamento, che supervisiona le attività di deputati e senatori, nella XVI legislatura, globalmente, Gianpiero D'Alia ha mostrato un indice di produttività molto alto (il terzo tra i senatori), ma un tasso di assenze del 43,54%, molto al di sopra della media (12,53%).[3]
Il 22 marzo 2014 viene eletto per acclamazione presidente dell'Unione di Centro, succedendo a Rocco Buttiglione, al termine del IV Congresso dell'UDC, nel quale era stato in lizza come candidato segretario in alternativa all'uscente Lorenzo Cesa, riconfermato per soli 4 voti.[5]
Il 2 novembre 2016 Cesa, segretario dell'UdC, sospende D'Alia dal partito e lo deferisce ai probiviri per affermazioni altamente offensive nei confronti del partito stesso; D'Alia si dimette da presidente[7][8]. L'accusa riguarda una dichiarazione di D'Alia fatta alcuni giorni prima "L'UdC è morta, stiamo parlando del nulla", ma la scelta è stata fatta anche per la divergenza sulla posizione da tenere sul referendum costituzionale del 2016 (D'Alia per il Sì e Cesa per il No).[7][8]
Centristi per l'Europa e dopo la politica
L'indomani D'Alia rassegna le dimissioni dal partito[9], e il 9 novembre promuove la nascita di "Centristi per la Sicilia"[10]. Il 16 dicembre 2016, insieme a Pier Ferdinando Casini, fonda "Centristi per l'Italia" (che l'11 gennaio 2017 cambia nome in Centristi per l'Europa), che a differenza dell'UdC resta in Area Popolare a sostegno del governo Gentiloni. Nel febbraio 2017 diviene coordinatore di Centristi per l'Europa, mandato da cui cessa il 31 gennaio 2018.
Proposta di legge su l'apologia di reato a mezzo internet
Il 5 febbraio 2009, durante la seduta n. 143 del Senato della Repubblica, Gianpiero D'Alia ha promosso e ottenuto l'inserimento di un emendamento (Art. 50-bis, poi art. 60) nel disegno di legge 733 (cosiddetto "Decreto Sicurezza") da presentare alla Camera, nel quale si sancisce la "Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet".[13]
Secondo D'Alia, in caso di apologia o istigazione a delinquere a mezzo internet,
«in presenza di questi contenuti il ministero diffiderà il gestore, e questi avrà due possibilità: o ottemperare e quindi cancellare questi contenuti oppure non ottemperare. Se non ottempera diventa complice di chi inneggia a Provenzano e Riina e quindi è giusto che venga oscurato[14].»
L'iniziativa ha suscitato aspre critiche dal mondo dei blogger italiani, tra cui Beppe Grillo[15], oltre che delle aziende legate alla rete, tra cui quelle di Marco Pancini, responsabile per le relazioni istituzionali di Google in Italia.[16]