I Vallelunga, detti i Viperari, sono una 'ndrina di Serra San Bruno. Storicamente alleati dei Turrà di Guardavalle, hanno stretto legami con la cosca Sia-Procopio-Lentini attiva nel soveratese[1].
Presenti sin dagli anni '60 sono considerati il clan egemone nel vasto territorio montano a cavallo delle province di Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria[2]. Nel corso della loro storia decennale sono stati coinvolti in una serie di faide per il controllo del territorio al punto da farne uno dei clan più potenti e sanguinari dell'intera Calabria[3].
Alla fine degli anni '80 sono stati coinvolti nella cosiddetta Faida dei boschi, che li vide, alleati dei Turrà, contrapporsi allo schieramento formato dagli Emanuele di Mongiana (intesi strazzi), agli Emanuele di Santa Caterina, ai Ciconte di Serra San Bruno e ai Nardo di Soriano riuniti sotto la benedizione del boss di Gioiosa Ionica Giuseppe Ierinò (detto manigghia). Lo scoppio della faida avvenne il 17 agosto 1988 con l'omicidio di Cosimo Vallelunga. In poco più di un anno si contarono oltre venti omicidi e almeno altrettanti tentati omicidi. La faida si concluse con la vittoria dello schieramento facente capo ai Vallelunga, che così divennero il clan dominante nella zona delle Serre[6].
Nuova Faida dei boschi
Usciti pressoché indenni dai vari procedimenti che li avevano visti imputati per la faida, all'inizio del nuovo millennio, sotto la guida del mammasantissima don Damiano, un boss di caratura nazionale, i Vallelunga accrebbero il loro prestigio criminale divenendo i garanti degli equilibri criminali nell'area che va dal soveratese all'alto ionioreggino. L'omicidio del capo dei viperari, avvenuto a Riace il 27 settembre 2009, ha fatto saltare tutti questi equilibri dando vita a quella che erroneamente è conosciuta come “Nuova Faida dei Boschi”[7]. In realtà non si tratta di una faida ma di una vera e propria guerra di mafia, la prima del nuovo millennio.
I Vallelunga furono protagonisti di questa guerra che li vide contrapposti ai clan Ruga-Leuzzi-Vallelonga. E nonostante le gravi perdite subite (il 14 giugno 2010 cadrà vittima di un'imboscata Salvatore Vallelunga, fratello di Damiano), i viperari non esiteranno a scatenare il terrore fra i boschi tanto che, come risulta dall'operazione Confine persino le donne dei clan loro avversari spinsero per una reazione nel timore di un annientamento[8].
La faida ha raggiunto una tregua grazie all'intervento di Cosimo Vallelonga, il boss sceso dal Nord Italia per mediare tra i cugini in guerra[9]. L'operazione Confine, che nell'agosto 2012 ha disarticolato il cartello Ruga-Leuzzi-Vallelonga, ha fatto cessare questa seconda faida[10].
Fine anni '90: operazione Mangusta contro i capi e gregari del clan Vallelunga accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione; l'inchiesta si basa principalmente sulle testimonianze rese da Pino Masciari, imprenditore oggi testimone di giustizia che dovette subire pesanti intimidazioni, minacce, vessazioni, estorsioni da parte del clan[16] che volevano infiltrarsi nei grossi appalti pubblici e privati portati avanti dalle sue imprese.
Il 27 settembre 2009 viene ucciso a Riace, davanti alla chiesa di San Cosimo e San Damiano, da due persone Damiano Vallelunga, presunto boss[21][22][23].
Il 3 novembre 2009 vengono arrestati i cugini di Damiano Vallelunga, Salvatore e Cosimo Vallelunga, quest'ultimo giudicato colpevole di estorsione ed omicidio[24].
Il 15 giugno 2010 il boscaiolo venticinquenne, originario di Isca sullo Ionio, Santo Procopio subisce un attentato nei boschi di Brognaturo, che ne aveva già subito uno nel mese di gennaio. Sempre lo stesso giorno in una zona boschiva tra Brognaturo e Guardavalle viene ucciso Salvatore Vallelunga, fratello del boss Damiano[25].