Proposizione consecutiva latinaLa proposizione consecutiva latina è una frase subordinata che esprime la conseguenza di ciò che è indicato nella reggente, esattamente come quella italiana. In latino sono introdotte dalla congiunzione ut, se sono positive, altrimenti da ut non (ut nemo, ut nullus, ut nihil, ut numquam) se negative. Il verbo è al congiuntivo presente per indicare una conseguenza che avviene nel presente, mentre vengono usati il congiuntivo imperfetto e perfetto per esprimere una conseguenza che ricade nel passato, con valore duraturo nel primo caso; con valore momentaneo nel secondo caso.[1] Si tratta in generale, di un congiuntivo che non segue le norme della consecutio temporum dato che le consecutive non esprimono un rapporto temporale rispetto alla reggente. La proposizione consecutiva può essere confusa con la proposizione finale poiché sono entrambe introdotte da ut, ma nella maggior parte dei casi, la consecutiva è anticipata da elementi come pronomi, aggettivi e avverbi con una funzione correlativa, detti appunto spie linguistiche. Struttura grammaticaleNella reggente della consecutiva, si possono dunque trovare:
In assenza di questi antecedenti l'ut andrà tradotto in italiano con «così che», «cosicché» oppure «tanto che». Esempi d'autoreCon il congiuntivo presente
Con il congiuntivo imperfetto
Con il congiuntivo perfetto
Relative consecutiveLa proposizione consecutiva, anziché essere introdotta da ut, può essere introdotta dal pronome relativo qui, quae, quod («troppo grande per/perché...»), in questo caso esiste l'espressione maior quam; con i costrutti nemo, nullus est qui, nihil est quod («non c'è nessuno, non si trova nessuno». Questa è la relativa impropria di natura consecutiva; quella negativa può essere introdotta da quin.
Consecutive introdotte da quinLa congiunzione quin (da qui e ne) introduce varie espressioni completive consecutive che seguono le norme della consecutio temporum .[2] Si ricordano le seguenti: non dubito quin (= non dubito che); nullum dubium est quin (= non vi è dubbio che); quis dubitat quin? (= chi dubita che?); quis dubitet quin? (= chi potrebbe dubitare che?); quis ignorat quin? (= chi ignora che?); nullum tempus dimitto quin (= non lascio passare nessun momento senza...); nullum patior esse diem quin (= non lascio passare giorno che); facĕre non possum quin (= non posso fare a meno di); non multum (oppure: paulum) abest quin (= poco manca che); non longe abest quin (= non è lontano da); nihil intermitto (oppure: praetermitto; omitto) quin (= non tralascio di); nullam moram interpono quin (= non frappongo alcun indugio a); temperare (oppure: retinēri) non possum quin (= non posso trattenermi da); praeterire non possum quin (= non posso passare sotto silenzio che). Esempi. Facĕre non possum quin cotidie ad te mittam litteras [Non posso fare a meno di mandarti ogni giorno una lettera] (Cicerone). Germani retinēri non potuĕrant, quin tela in nostros conicĕrent [I Germani non avevano potuto trattenersi dallo scagliare le lance contro i nostri] (Cesare). Espressioni consecutive introdotte da utSono completive di fatto e si costruiscono con ut (negativo: ut non) e il congiuntivo secondo le norme della consecutio temporum le seguenti proposizioni introdotte da:
Esempio. Fit ut, ignavus miles abiecto scuto fugiat [Accade che il soldato imbelle scappi dopo aver gettato via lo scudo] (Cicerone);
Esempio. Accedebat, ut naves tempestatem ferrent facilius [Si aggiungeva che e navi potevano sopportare più facilmente la tempesta] (Cesare);
Esempio. Mos est hominum, ut nolint eundem plurimis rebus excellĕre [È costume degli uomini di non volere che uno si distingua in più cose] (Cicerone);
Esempio. Atticus efficiebat, ut nulla intercederet obtrectatio [Attico faceva sì che non esistesse alcuna animosità] (Nepote).[3] Verba impediendi e recusandiSono verbi che reggono delle completive di valore consecutivo. I verbi di impedimento sono: impedio, prohibeo, intercludo (= proibisco), deterreo (= distolgo), retineor (= sono trattenuto da); sono verbi di "ricusare": obsto, osisto, officio (= mi oppongo), recuso (= rifiuto, ricuso), interdico (= vieto). Tali verbi se hanno:
Esempio. Impedior dolore, ne plura dicam [Dal dolore sono impedito di dirti di più] (Cicerone)
Esempio. Quid obstat, quominus sit beatus deus? [Che cosa impedisce che la divinità sia felice?] (Cicerone) Note
Bibliografia"Proposizione consecutiva" in Sintassi del verbo per la quinta ginnasio di Italo Bartoli, pagg. 231-242, SEI, Torino, 1975. Voci correlate |