Progettato dall'ingegner Ermanno Bazzocchi (M=Macchi, B=Bazzocchi) per equipaggiare i reparti da addestramento dell'Aeronautica Militare, dal modello originale ne venne anche sviluppata una variante da attacco al suolo (la K - combat) che riscosse un discreto successo commerciale per il mercato dell'aviazione militare da esportazione.
Quello che sarebbe diventato l'MB-326 ebbe le sue origini in un'iniziativa privata promossa dall'Aermacchi. Il progetto venne sviluppato da un gruppo di lavoro guidato dall'ingegnere aeronauticoErmanno Bazzocchi, direttore tecnico e ingegnere capo della società.[3] Secondo quanto riferito, Bazzocchi aveva considerato molte diverse configurazioni per il disegno provvisorio prima che l'ufficio tecnico decidesse di procedere con un progetto a motore monogetto. In conformità con l'uso primario previsto, la cellula era costituita da una struttura interamente metallica, robusta e leggera, relativamente semplice ed economica da costruire e da gestire nella sua manutenzione. Per la propulsione si optò per il motoreturbogettoArmstrong Siddeley Viper, di costruzione britannica, per l'epoca ritenuta un'efficiente soluzione.[3] Il Viper era stato originariamente progettato come motore destinato all'uso su aerei bersagli teleguidati usa e getta, dalla vita operativa quindi limitata, tuttavia il motore si era dimostrato molto più affidabile e utile in altri ruoli. Nel 1954, le rappresentazioni iniziali di Bazzochi furono mostrate al Ministero dell'aeronautica.[3] Durante il 1953, la progettazione combinata di cellula e motore portò l'Aermacchi a lanciare formalmente il programma MB-326.
Al momento del lancio del programma, l'Aeronautica Militare si interessò al velivolo proposto. L'arma stava prendendo in considerazione le opzioni per la potenziale sostituzione della sua attuale flotta di addestratori, quindi, al momento di commissionare una competizione per selezionare un successore adatto, l'MB-326 era un evidente concorrente iniziale.[4] Per il concorso venne rilasciata una dettagliata specifica tecnica; tra i requisiti richiesti erano inclusi un carico massimo di 7 g quando volavano al peso massimo, una durata di 5 000 ore di volo, un intervallo di almeno 50-60 ore tra la manutenzione, ampio avviso in anticipo di stallo aerodinamico (di almeno 15 km/h (8 kn) al di sopra della velocità di stallo dell'aeromobile), la capacità di decollare al massimo peso in 800 m sopra un ostacolo alto 15 m (o 500 m in condizioni di peso minimo), essendo in grado di atterrare entro 450 m con un peso minimo, una velocità minima di 110/130 km/h e una velocità massima di 700 km/h (378 kn), una velocità variometrica di almeno 15 m/s (2 953 ft/min) e un'autonomia di volo di almeno tre ore a 3 000 m (9 843 ft).[4]
Il prototipo, spinto da un turbogetto Viper 8 da 7,78 kN (793 kgf; 1 749 lbf) compì il primo volo dalla pista di Lonate Pozzolo il 10 dicembre 1957, ai comandi del capo collaudatore della ditta Guido Carestiato. Le prove di volo che seguirono rivelarono però che il modello era sottopotenziato, così che l'azienda, nel completare il secondo prototipo, lo equipaggiò con la più potente versione Viper 11 da 11,12 kN (1 134 kgf; 2 500 lbf) di spinta.[5]
Tecnica
La struttura alare è in due parti con pianetto centrale (incorpora le prese d'aria) di continuità delle strutture del longherone, e quindi solidale alla fusoliera e alle semiali. Le ali sono a pianta trapezoidale con 8° 30' di freccia al quarto della corda alare e angolo di diedro di 2° 55'. Il profilo alare è un NACA 64A114 e 64A112 (all'estremità) del tipo laminare.
La fusoliera è a semiguscio in 4 tronchi: prua, tronco centrale (pressurizzato), tronco posteriore, poppino.
I flap (del tipo a fessura) hanno tre posizioni: DOWN (64°), T/O (28°) e UP. L'aerofreno ha un'apertura massima di 56°, e si ritrae automaticamente a 28°con l'abbassamento dei carrelli.
due cannoni DEFA 553 da 30 mm, ognuno con 135 colpi
sei piloni subalari in grado di portare 1 800 kg di materiale tra cui serbatoi subalari, lanciarazzi aria-superficie, due missili Matra R550 Magic, e solo sui piloni interni un pod da ricognizione dotato di quattro macchine fotografiche.[2]
Impiego operativo
Il MB-326 fu destinato al programma addestrativo avanzato su jet a reazione per i piloti dell'Aeronautica Militare. Venne in seguito utilizzato per lungo tempo presso la Scuola di Volo Basico Iniziale nella base di Lecce-Galatina e poi sostituito dal successore MB-339.
MB-326: versione base da addestramento, 2 prototipi più 125 esemplari di produzione in serie destinati all'Aeronautica Militare.
MB-326A: versione armata per l'addestramento al tiro, proposta ma mai costruita.
MB-326B: versione biposto da addestramento a getto e da attacco leggero destinata alla Tunisia, realizzata in 8 esemplari.
MB 326C: versione con muso allungato per addestramento al radar NASARR dell’F104G (solo simulacro).
MB-326D: versione biposto da addestramento civile non armata con avionica e strumentazione commerciale destinata alla compagnia aereaAlitalia, realizzata in 4 esemplari. passati (tre superstiti) poi all’Aeronautica Militare.
MB-326E: versione biposto da addestramento armata destinata all'Aeronautica Militare, realizzata in 6 esemplari.
MB-326F: versione biposto da addestramento a getto e da attacco leggero destinata all Ghana, realizzata in 9 esemplari.
MB-326G: versione biposto da addestramento a getto e da attacco al suolo, realizzata in 2 esemplari.
MB-326GB: versione biposto da addestramento a getto ed attacco al suolo. 8 acquistati dall'Armada de la República Argentina. 17 esemplari vennero esportati in Zaire, ed altri 23 nello Zambia.
MB-326GC: versione biposto da addestramento a getto ed attacco al suolo destinata alla Força Aérea Brasileira. Costruita in Brasile su licenza come Embraer EMB-326. Dei 182 esemplari complessivamente costruiti, 167 vennero destinati alla Força Aérea Brasileira, dei quali in seguito 11 vennero trasferiti all'Armada de la República Argentina dopo la Guerra delle Falkland, 6 vennero esportati nel Togo ed altri 10 nel Paraguay.
AT-26 Xavante: designazione brasiliana del MB-326GC.
RT-26 Xavante: designazione di alcuni AT-26 Xavante convertiti ad aereo da ricognizione.
Impala Mk II: designazione adottata dalla Suid-Afrikaanse Lugmag per i MB-326K.
MB-326KB: versione monoposto da attacco al suolo destinata allo Zaire, realizzata in 6 esemplari.
MB-326KD: versione monoposto da attacco al suolo destinata al Dubai, realizzata in 3 esemplari.
MB-326KG: versione monoposto da attacco al suolo destinata al Ghana, realizzata in 4 esemplari.
MB-326KT: versione monoposto da attacco al suolo destinata alla Tunisia, realizzata in 7 esemplari.
MB-326L: versione biposto da addestramento avanzato a getto.
MB-326LD: versione biposto da addestramento avanzato a getto destinata al Dubai, realizzata in 2 esemplari.
MB-326LT: versione biposto da addestramento avanzato a getto destinata alla Tunisia, realizzata in 4 esemplari.
MB-326M: versione biposto da addestramento a getto ed attacco al suolo destinata alla South African Air Force e costruita su licenza in Sudafrica dalla Atlas Aircraft Corporation.
Impala Mk I: designazione adottata dalla South African Air Force per i MB-326M.
MB-326RM: designazione di 5 conversioni di MB-326 dell'Aeronautica Militare come aereo ECM.
151 MB-326M consegnati a partire dal 1966 (localmente designati Impala Mk I), 16 dei quali furono prodotti in Italia o assemblati in Sudafrica con kit italiani, a partire dal 1966, ed i restanti costruiti in loco dall'Atlas.[14] Gli ultimi esemplari sono stati ritirati nel 2005.[14] 7 MB-326K monoposto ricevuti a partire dal 1974 sotto forma di componenti, seguiti da altri 15 set nell'anno successivo ed assemblati da Atlas Aircraft Corporation. 78 Impala Mk. II costruiti su licenza da Atlas successivamente.[12][15] Gli ultimi esemplari sono stati ritirati nel 2005.[15] 12 MB-326M (Impala Mk.I) venduti all'inizio degli anni novanta alla statunitense National Test Pilot School (NTPS).[7] 6 tra Impala Mk. I e Impala Mk. II ceduti all'Aeronautica militare del Cameron nel 1997.[9]
4 Squadron SAAF (AFB Swartkop, poi Waterkloof, poi Lanseria)
5 Squadron SAAF (AFB Durban)
6 Squadron SAAF (AFB Port Elizabeth)
7 Squadron SAAF (AFB Ysterplaat, poi Cape Town, poi Langebaanweg, poi Pietersburg)
8 Squadron SAAF (AFB Bloemspruit)
40 Squadron SAAF (AFB Waterkloof)
Air Operations School, poi 85 Advanced Flying School (AFB Pietersburg)
19 MB-326GB e 6 MB-326K9 (altre fonti affermano 23 esemplari e tutti della versione MB-326GB) consegnati, 10 dei quali in servizio al gennaio 2018.[17][18]
Velivoli in esposizione
Numerosi sono gli esemplari che sono stati destinati, a fine servizio operativo, a essere esposti in musei aeronautici, oppure destinati a reparti di addestramento tecnico, a istituti tecnici o monumentati come gate guardian a caserme di forze armate o come monumento alla memoria, sia in Italia che all'estero. Tra questi si ricordano:
L'MB-326E codice di identificazione 37-31, M.M. 54245, con lo stemma del 41º stormo sulla deriva. Esposto sulla rotatoria posta tra le vie Santa Maria Goretti, San Giuseppe la Rena e stradale Tiro a Segno di Catania, Sicilia, nei pressi dell'Aeroporto di Catania-Fontanarossa.
MB-326 monumentato come memoria ai caduti del 4º stormo regia aeronautica militare - sito in via Gilching incrocio con viale della Repubblica a Marina di Cecina (LI)
^ab"CRASH NTPS IMPALA", su scramble.nl, 5 marzo 2021. URL consultato il 6 marzo 2021.
^"QUALE TRAINER PER L'AUSTRALIA?" (archiviato dall'url originale il 29 giugno 2020)., su portaledifesa.it, 16 giugno 2020, URL consultato il 28 giugno 2020.
Manuale di manutenzione. Generalità sul velivolo, operazioni di servizio e manutenzione cellula. Velivolo Aermacchi MB-326 e MB-326E, Roma, Ministero della difesa, 1975.