La Serie A 1934-1935 è stata la 35ª edizione della massima serie del campionato italiano di calcio (la 6ª a girone unico), disputata tra il 30 settembre 1934 e il 2 giugno 1935 e conclusa con la vittoria della Juventus, al suo settimo titolo, il quinto consecutivo.
La Juventus vincitrice dei precedenti 4 titoli, si trovava alle prese con un ricambio generazionale, specialmente in difesa, dove lasciò Combi e rallentò Caligaris; venne dunque promosso il portiere di riserva Valinasso e acquistato dal Padova il giovane terzino Foni[1].
Più frenetiche le operazioni delle rivali. Tra le protagoniste del mercato ci fu la Lazio[2], alla cui presidenza era salito l'ambizioso Eugenio Gualdi. I biancocelesti rafforzarono la mediana con Viani e Ferraris IV, questo ultimo prelevato dai concittadini della Roma (con la clausola di versare ai giallorossi 25 000 lire per ogni derby giocato)[3], mentre in attacco strapparono alle mire dell'Ambrosiana-Inter il richiesto Piola della Pro Vercelli: inizialmente l'attaccante rifiutò l'offerta laziale, sicché fu il regime fascista a intervenire, chiamando il giocatore a svolgere il servizio di leva alla Farnesina e costringendolo, di fatto, al trasferimento nella capitale[4].
I nerazzurri ripiegarono dunque sugli oriundi Porta e De Vincenzi, affidando la guida tecnica al magiaro Gyula Feldmann. Infine il Bologna riabbracciò Sansone, nuovamente in Emilia dopo un breve ritorno in Uruguay.
Il campionato
Il campionato che vedeva in campo i freschi campioni del mondo della nazionale italiana partì il 30 settembre 1934, per la prima volta a 16 squadre. Già una settimana dopo, la Juventus era sola in testa; ma gli uomini di Carlo Carcano nelle settimane successive furono affiancati e superati da un'inattesa rivale, la Fiorentina di Guido Ara. La squadra viola, costruita con pazienza nel corso degli anni dal marchese Luigi Ridolfi[1], approfittò dei tentennamenti bianconeri e viaggiò spedita verso il platonico titolo di campione d'inverno, il 3 febbraio 1935, giorno in cui uscì indenne dallo scontro diretto di Torino e mantenne 2 punti di vantaggio sulla più titolata inseguitrice[2].
La Juventus pativa non solamente per il logorio dei suoi giocatori[1], ma anche per gli allontanamenti forzati di alcuni protagonisti nei successi degli anni precedenti: pagò lo scandalo che travolse il suo allenatore Carcano, licenziato ufficialmente per «motivi personali indipendenti dalla conduzione tecnica della squadra» e da ricondurre insomma alla sua vita privata, oggetto di pettegolezzo[5]; più avanti perse anche Orsi, il quale a ridosso della chiamata alle armi per la guerra d'Etiopia chiese di poter tornare in Argentina[1]. Dalle tragedie dei singoli fu colpita anche la Lazio: il mediano Fantoni II morì l'8 febbraio, per un'infezione da setticemia contratta in seguito a un infortunio[6].
Il 3 marzo la Fiorentina cadde inaspettatamente sul campo di una disperata Pro Vercelli, e vide avvicinarsi pericolosamente la poco prolifica ma concreta Juventus, nel frattempo passata nelle mani della bandiera bianconera Carlo Bigatto, e l'Ambrosiana-Inter[1]; le tre squadre iniziarono una lotta serrata, in cui si susseguivano sorpassi e occasioni di fuga mancate fino alla penultima giornata, quando i viola persero ad Alessandria e lasciarono campo libero alle altre due contendenti[2].
Il 2 giugno, in un ultimo turno vibrante, la Juventus espugnò proprio Firenze a pochi minuti dalla fine, grazie a una rete di Ferrari, mentre l'Ambrosiana-Inter soccombette a Roma dinanzi alla Lazio — con un risultato (4-2) e un esito identici a quelli che si sarebbero verificati 67 anni dopo[2]. Fu il quinto scudetto di fila per i bianconeri: una striscia di successi all'epoca mai raggiunta prima nel calcio italiano, e che sarà battuta dagli stessi torinesi solamente 82 anni più tardi. Dietro a torinesi e meneghini, la Fiorentina chiuse quindi terza, davanti alla Roma del capocannoniere Guaita.
Perso in estate il suo centravanti Piola, la gloriosa Pro Vercelli non riuscì a compensarne l'assenza, e si ritrovò fin dalle prime battute del torneo tagliata fuori dalla corsa per non retrocedere[7]: i bianchi, all'epoca seconda squadra più titolata d'Italia insieme coi torinesi, non avrebbero mai più visto la massima serie. Si salvò invece la debuttante Sampierdarenese, che rimediò a un girone di andata negativo con un ritorno condotto a passo spedito. Rischiò il declassamento il Torino, che s'impose nello scontro diretto dell'ultima giornata contro il Livorno, sorpassandolo[2]; i labronici tornarono così in Serie B dopo due stagioni.
Peggior difesa: Livorno e Pro Vercelli (54 reti subite)
Peggior differenza reti: Pro Vercelli (-33)
Partita con più reti: Bologna-Milan 6-3 (11ª giornata)
Miglior sequenza di partite utili: Ambrosiana (22, dall'8ª alla 29ª giornata)
Individuali
Classifica marcatori
Nel corso del campionato furono segnati complessivamente 629 gol (di cui 10 su autorete) da 147 diversi giocatori, per una media di 2,62 gol a partita. Un match, Livorno-Napoli, fu dato vinto agli ospiti (0-2) in seguito a giudizio sportivo. Di seguito, la classifica dei marcatori[19].