Opetia

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Opetia
Opetia nigra
Classificazione filogenetica
DominioEukaryota
OrdineDiptera
SottordineBrachycera
InfraordineMuscomorpha
SezioneCyclorrhapha
SuperfamigliaPlatypezoidea
FamigliaOpetiidae
Rondani, 1856
GenereOpetia
Meigen, 1830
Classificazione classica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
SuperphylumProtostomia
PhylumArthropoda
SubphylumTracheata
SuperclasseHexapoda
ClasseInsecta
SottoclassePterygota
CoorteEndopterygota
SuperordineOligoneoptera
SezionePanorpoidea
OrdineDiptera
SottordineBrachycera
CoorteCyclorrhapha
SezioneAschiza
FamigliaPlatypezidae
GenereOpetia
Meigen, 1830
Sinonimi

Opetiina
Rondani, 1856
Opetiinae
Kessel & Maggioncalda, 1968
Opetiidae
Chvála, 1981
Opetiidae
Chandler, 1981

Specie

Opetia Meigen, 1830, è un genere di insetti dell'ordine dei Ditteri (Brachycera: Cyclorrhapha). Storicamente incluso nella famiglia dei Platypezidae, attualmente è trattato separatamente in una famiglia propria (Opetiidae Rondani, 1856).

Descrizione

Gli adulti sono insetti di piccole dimensioni, con corpo lungo 2-5 mm, con livrea di colore scuro ad eccezione degli occhi, di colore rosso. La morfologia è decisamente primitiva.

Il capo è globoso e leggermente più largo del torace, provvisto di due ocelli, oloptico nel maschio e dicoptico nella femmina. Setole fronto-orbitali e verticali robuste. Le antenne sono lunghe ed erette, completamente rivestite da setole; strutturalmente sono di tipo aristato ma con morfologia tipicamente primitiva per l'inserzione dello stilo all'apice del primo flagellomero. scapo e pedicello brevi, primo flagellomero oblugo e affusolato all'estremità, stilo lungo e sottile, bisegmentato, con segmento basale molto breve. L'apparato boccale è di tipo succhiante, con labbro superiore sottile e diritto, mascelle con lacinie brevi e sottili e palpi relativamente lunghi ed arcuati, labbro inferiore terminante con labelli provvisti di numerose pseudotrachee.

Il torace è leggermente convesso sul dorso e di profilo squadrato, con chetotassi primitiva e costituita da brevi setole: le acrosticali sono poco differenziate, quelle dorsocentrali anteriori sono brevi e allineate su due serie, quelle posteriori sono lunghe e uniseriali; presenti inoltre robuste setole omerali, notopleurali, sopralari, intralari e postalari. Lo scutello è provvisto di numerosi peli indifferenziati sul margine e una o due lunghe setole. Le zampe, sottili e prive di specializzazioni funzionali, hanno tarsi di cinque segmenti, con tarsomero prossimale marcatamente più lungo degli altri. Le ali sono larghe, con lobo anale pronunciato nei maschi e appena accennato nelle femmine, alula leggermente pronunciata e convessa, pterostigma in corrispondenza della terminazione di R1.

Schema della nervatura alare (maschio)
Nervature longitudinali: C: costa; Sc: subcosta; R: radio; M: media; Cu: cubito; A: anale.
Nervature trasversali: h: omerale; r-m: radio-mediale; m-cu: medio-cubitale.
Cellule: br: 1ª basale; bm: 2ª basale; cup: cellula cup.

La nervatura alare è caratterizzata da una marcata evidenza delle vene longitudinali e dalla posizione prossimale delle vene trasversali. La costa si estende lungo l'intero margine e la subcosta e breve e confluente sulla costa. La radio si divide in tre rami: R1 relativamente breve; settore radiale breve e disposta in posizione prossimale, originata dalla base della radio presso la vena omerale; R2+3 e R4+5 lunghe e parallele; R4+5 confluente sul margine in corrispondenza dell'apice dell'ala. La media si divide in tre rami confluenti sul margine posteriore, con base di M4 in posizione prossimale e biforcazione M1+2 in posizione centrale. La vena trasversa mediale è assente, perciò manca la cellula discale. cubito breve e confluente sull'anale alla base del lobo anale con un angolo acuto e ramo terminale A1+CuA lungo e confluente sul margine. Le vene trasverse radio-mediale e medio-cubitale sono posizionate presso la base dell'ala, perciò le cellule basali e cup hanno uno sviluppo ridotto.

L'addome è oblungo, compresso lateralmente nel maschio e largo e leggermente compresso in senso dorso ventrale nelle femmine. L'addome delle femmine ha gli uriti 6-10 fusi a formare un ovopositore di sostituzione e retratti, insieme all'urite 5 all'interno del quarto. Quello dei maschi ha l'ipopigio ruotato di 180° e riflesso in posizione ventrale sotto gli uriti pregenitali.

Lo stadio larvale è sconosciuto.

Biologia

L'habitat di questi insetti è costituito da ambienti boschivi di pianura o di collina. Nel complesso si tratta di ditteri poco conosciuti, i cui adulti hanno probabilmente un regime dietetico glicifago e si nutrono di nettare[1][2].

Malgrado non si conoscano gli stadi preimmaginali, si ritiene probabile l'associazione delle larve al legno marcescente o altri detriti vegetali in decomposizione[3]

Sistematica

Il genere Opetia è stato storicamente incluso all'interno della famiglia Platypezidae fino a quando Chandler (1981, 1991) lo ha elevato al rango di famiglia[4][5]. Il carattere primitivo di questo genere, nell'ambito dei Cyclorrhapha, è stato in passato motivo di controversia: secondo Disney (1987) Opetia dovrebbe essere spostato dai Cyclorrhapha e inserito fra i Brachiceri inferiori nella superfamiglia degli Empidoidea[6]. La tesi di Disney, tuttavia, non trovò consenso e attualmente la generalità degli Autori concorda con l'impostazione di Chandler trattando il genere Opetia come famiglia a sé strettamente affine ai Platypezidae.

Dal punto di vista filogenetico, Opetia è considerato il ciclorrafo più primitivo e formerebbe un clade monofiletico con l'affine famiglia dei Platypezidae. Alcuni Autori interpretano peraltro tale affinità trattando la superfamiglia Platypezoidea in senso stretto, ovvero comprendente solamente gli Opetiidae e i Platypezidae, e separando le famiglie Ironomyiidae, Lonchopteridae e Phoridae in un'altra superfamiglia, denominata Phoroidea.

Il genere comprende solo quattro specie[7]:

Distribuzione

Il genere Opetia ha distribuzione esclusivamente paleartica. Le specie O alticola e O. anomalipennis sono presenti in Giappone, O. ussuriensis nella Siberia orientale.

In Europa è presente solo O. nigra con un'ampia diffusione; il catalogo Fauna Europaea cita anche la presenza di questa specie in Asia, dato però non riscontrato nel Byosistematic Database of World Diptera[8]. In Italia, la presenza di O. nigra è limitata alle sole regioni settentrionali[9].

Fossili della famiglia Opetiidae

Il genere Opetia è l'unico relitto di una famiglia, comprendente altri generi estinti, che si è irradiata dal Cretaceo al Paleogene. Gli Opetiidae, insieme agli affini Platypezidae sono le famiglie più primitive dei Cyclorrhapha ed è accertata la loro presenza sulla Terra già dal Giurassico superiore, con il ritrovamento, in Cina, di fossili attribuiti a generi estinti[10][11][12][13].

I generi estinti appartenenti alla famiglia degli Opetiidae sono Lithopetia, Opetiala, Oppenheimiella e Pseudopetia. In questi sono classificate cinque specie fossili, di cui tre datate al Giurassico superiore (Lithopetia hirsuta, Pseudopetia exilis e Pseudopetia grandis), una a cavallo tra il Giurassico superiore e il Cretaceo inferiore (Opetiala shatalkini) e, infine, una risalente all'Eocene (Oppenheimiella baltica). Un sesto fossile è classificato, infine, nel genere Opetia (Opetia atra) e risale all'Oligocene.

Note

  1. ^ Chandler, pp. 8, 14.
  2. ^ Vaňhara.
  3. ^ Chandler, p. 14.
  4. ^ Peter J. Chandler, Nemedina alamirabilis sp.n., a new genus and species of Diptera Eremoneura of uncertain affinities, from Hungary, in Acta Zoologica Academiae Scientiarum Hungaricae, vol. 27, n. 1/2, 1981, pp. 103–113.
  5. ^ Peter J. Chandler, Family Opetiidae, in Catalog of palaearctic diptera, vol. 7, 1991, pp. 204-205.
  6. ^ Ronald Henry Lambert Disney, Evidence that Opetia nigra Meigen (Dipt., Opetiidae) is not a cyclorrhaphan, in Entomologist's Monthly Magazine, vol. 123, 1987, p. 123.
  7. ^ BioSystematic Database of World Diptera, chiave di ricerca nel campo Name: Opetia.
  8. ^ (EN) Taxon details: Opetia nigra Meigen 1830, in Fauna Europaea version 2.6.2, Fauna Europaea Web Service, 2013. URL consultato il 20-09-2009.
  9. ^ Fabio Stoch, Family Platypezidae, in Checklist of the Italian fauna online version 2.0, 2003. URL consultato il 20-09-2009.
  10. ^ Jun-Feng Zhang, Four new genera of Platypezidae, in Acta Palaeontologica Sinica, vol. 26, 1987, pp. 595-603.
  11. ^ (EN) N.L. Evenhuis; T. Pape; A.C. Pont; F.C. Thompson, BDWD Nomenclator Detail Record - Lithopetia hirsuta Zhang, 1987, in N.L. Evenhuis, T. Pape, A.C. Pont, F.C. Thompson (eds.) BDWD, BioSystematic Database of World Diptera, Systema Dipterorum, Natural History Museum of Denmark, University of Copenaghen, 2009. URL consultato il 19 settembre 2009.
  12. ^ (EN) N.L. Evenhuis; T. Pape; A.C. Pont; F.C. Thompson, BDWD Nomenclator Detail Record - Pseudopetia exilis Zhang, 1987, in N.L. Evenhuis, T. Pape, A.C. Pont, F.C. Thompson (eds.) BDWD, BioSystematic Database of World Diptera, Systema Dipterorum, Natural History Museum of Denmark, University of Copenaghen, 2009. URL consultato il 19 settembre 2009.
  13. ^ (EN) N.L. Evenhuis; T. Pape; A.C. Pont; F.C. Thompson, BDWD Nomenclator Detail Record - Pseudopetia grandis Zhang, 1987, in N.L. Evenhuis, T. Pape, A.C. Pont, F.C. Thompson (eds.) BDWD, BioSystematic Database of World Diptera, Systema Dipterorum, Natural History Museum of Denmark, University of Copenaghen, 2009. URL consultato il 19 settembre 2009.

Bibliografia

Altri progetti

Collegamenti esterni

  • (EN) N.L. Evenhuis; T. Pape; A.C. Pont; F.C. Thompson, BDWD, BioSystematic Database of World Diptera, in Systema Dipterorum, Natural History Museum of Denmark, University of Copenaghen, 2009. URL consultato il 20 settembre 2009.
  • (EN) Opetiidae, su The Tree of Life Web Project, 2008. URL consultato il 19 settembre 2009.
  • (EN) L. Watson, M. J. Dallwitz, Opetiidae, su British Insects: the Families of Diptera, 2003. URL consultato il 20 settembre 2009.
  • (EN) Taxon profile: Opetiidae, su BioLib.cz, Biological Library. URL consultato il 20-09-2009.
  • (EN) Taxon details: Opetiidae, in Fauna Europaea version 2.6.2, Fauna Europaea Web Service, 2013. URL consultato il 20-09-2009.
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