La 55ª edizione dell'Esposizione Internazionale d'Arte è stata inaugurata a Venezia il 1º giugno 2013 (con pre-apertura il 29, 30 e 31 maggio), è stata chiusa il 24 novembre.[1][2]
L'Esposizione del 2013 e si è svolta sotto la direzione artistica di Massimiliano Gioni[3] che ha scelto come titolo Il Palazzo Enciclopedico.[1][2]
Il 13 marzo si è tenuta la conferenza stampa di presentazione nella sede di Ca' Giustinian.[4]
Nella conferenza stampa di chiusura, il presidente della BiennalePaolo Baratta e il curatore Gioni hanno riassunto i dati della 55ª Biennale Arte: oltre 475 000 visitatori, di cui il 31,75% giovani e studenti, con un incremento dell'8% sull'esposizione precedente, a cui vanno aggiunte le 20 424 presenze in pre-apertura.[5]
Biennale Arte 2013
Il titolo dell'esposizione riprende l'idea utopistica di Marino Auriti che nel 1955 depositò all'ufficio brevetti statunitense (n. 179.277) il progetto di un Palazzo Enciclopedico, un museo immaginario che avrebbe dovuto ospitare tutto il sapere dell'umanità. Auriti progettò un edificio di 136 piani che avrebbe dovuto raggiungere i 700 metri di altezza e occupare più di 16 isolati nel centro di Washington.[6]
Nelle intenzioni del curatore, «sfumando le distinzioni tra artisti professionisti e dilettanti, tra outsider e insider, l'esposizione adotta un approccio antropologico allo studio delle immagini, concentrandosi in particolare sulle funzioni dell'immaginazione e sul dominio dell'immaginario».[1]
L'esposizione si apriva nel Padiglione centrale ai Giardini della Biennale, nelle cui prima sala era presentato il Libro Rosso di Carl Gustav Jung, esposto per la prima volta in Italia, per introdurre una riflessione sulle immagini interiori e sui sogni che attraversavano l'intera mostra.[7]
L'esposizione raccoglieva «numerosi esempi di opere ed espressioni figurative che illustrano diverse modalità di visualizzare la conoscenza attraverso rappresentazioni di concetti astratti e manifestazioni di fenomeni sopranaturali». Nelle sale del Padiglione centrale i quadri astratti di Hilma af Klint, le interpretazioni simboliche dell'universo di Augustin Lesage, le divinazioni di Aleister Crowley si intrecciavano alle opere di artisti contemporanei.
Erano presentati i disegni delle comunità Shaker che trascrivono messaggi divini, mentre quelli degli sciamani delle Isole Salomone sono popolati da demoni e divinità in lotta con pescecani e creature marine.
La rappresentazione dell'invisibile era uno dei temi centrali della mostra e ritornava nelle cosmografie di Guo Fengyi e in quelle di Emma Kunz, nelle icone religiose e nelle danze macabre di Jean-Frédéric Schnyder e nel video di Artur Zmijewski che filma un gruppo di non vedenti che dipingono il mondo a occhi chiusi.[8]
Un senso di stupore cosmico pervadeva molte altre opere in mostra, dai film di Melvin Moti alle riflessioni sulla natura di Laurent Montaron, sino alle vedute di Thierry De Cordier. Le piccole ceramiche di Ron Nagle, le intricate geometrie floreali di Anna Zemánková, le mappe immaginarie di Geta Bratescu e i palinsesti dipinti di Varda Caivano descrivono un mondo interiore dove forme naturali e presenze immaginarie si sovrappongono. Queste corrispondenze segrete tra micro e macrocosmo ritornano nelle figure di Marisa Merz e in quelle, più carnali, di Maria Lassnig.[8]
Accanto alle opere di artisti contemporanei, l'esposizione raccoglieva le sperimentazioni visive di alcuni celebri autori del Novecento, dagli esseri immaginari inventati da Jorge Luis Borges illustrati da Christiana Soulou,[9] ai diari di Franz Kafka illustrati da José Antonio Suárez Londoño.[10] Mentre la collezione di pietre dello scrittore francese Roger Caillois combina geologia e misticismo,[11] le lavagne disegnate dal teosofo austriaco Rudolf Steiner[12] tracciano diagrammi dello Spirito che inseguono il desiderio impossibile di descrivere e comprendere l'intero universo.[8]
«Il Palazzo Enciclopedico è [stata] una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dell'immaginazione», nella quale erano presenti le opere di artisti assai diversi (Morton Bartlett, James Castle, Peter Fritz e Achilles Rizzoli) che hanno passato la vita a progettare mondi alternativi.
La tensione tra interno ed esterno, tra inclusione ed esclusione, era il soggetto di una serie di opere che indagano il ruolo dell'immaginazione nelle carceri (Rossella Biscotti)[13] e negli ospedali psichiatrici (Eva Kotátková);[14] altri spazi di reclusione sono quelli disegnati da Walter Pichler, che per tutta la vita ha progettato case per le sue sculture.
Nei vasti spazi dell'Arsenale – ridisegnati in collaborazione con l'architetto Annabelle Selldorf[15] – l'esposizione era organizzata secondo una progressione dalle forme naturali a quelle artificiali, seguendo lo schema tipico delle wunderkammer cinquecentesche e seicentesche.
Cataloghi, collezioni e tassonomie erano alla base di molte opere in mostra, tra cui le fotografie di J.D. Okhai Ojeikere, le installazioni di Uri Aran, i video di Kan Xuan, i bestiari di Shinichi Sawada e i labirinti di Matt Mullican; il polacco Pawel Althamer componeva un ritratto corale con le novanta sculture di Venetians.[16]
La mostra celebrava il libro (dal Libro Rosso di Jung agli scrapbook di Shinro Ohtake ai volumi di Xul Solar) come spazio-rifugio, luogo della conoscenza, strumento di auto-esplorazione e via di fuga nel dominio del fantastico. Yüksel Arslan disegna le tavole enciclopediche di una civiltà immaginaria che assomiglia a una versione non troppo distorta dell'umanità. L'ambizione di creare un opus magnum – un'opera che, come il Palazzo di Auriti, contenga e racconti tutto – attraversa i disegni di Yüksel Arslan e le illustrazioni della Genesi di Robert Crumb,[17] le cosmogonie di Frédéric Bruly Bouabrée e le leggende descritte da Papa Ibra Tall. Nel suo nuovo video Camille Henrot[18] studia i miti di creazione di diverse società, mentre le centinaia di sculture di argilla cruda di Fischli e Weiss[19] forniscono un antidoto ironico agli eccessi romantici delle visioni più totalizzanti.
I disegni di Stefan Bertalan, Lin Xue e Patrick van Caeckenbergh, sono il tentativo di decrittare il codice della natura, mentre i film di Gusmão e Paiva, le fotografie di Christopher Williams[20] e dei pionieri Eliot Porter ed Eduard Spelterini scrutano ecosistemi e paesaggi con lo sguardo meravigliato di chi vuole catturare lo spettacolo del mondo. I video di Neïl Beloufa e Steve McQueen e i quadri di Eugene Von Breunchenhein immaginano diversi modi di visualizzare il futuro mentre il ricordo del passato e la memoria sono il punto di partenza per le opere di Aurélien Froment, Andra Ursuta e altri artisti in mostra.[8]
Al centro dell'Arsenale l'artista statunitense Cindy Sherman ha curato un progetto – una mostra nella mostra, composta da più di duecento opere di oltre trenta artisti – in cui ha messo in scena un suo personale museo immaginario: bambole, pupazzi, manichini e idoli si mescolavano a collezioni di fotografie, dipinti, sculture, decorazioni religiose e tele disegnate da carcerati che insieme compongono un teatro anatomico nel quale sperimentare e riflettere sul ruolo che le immagini hanno nella rappresentazione e percezione del sé.[21] (In latino il termine «imago», da cui deriva la parola «immagine», indicava la maschera di cera ricavata sul volto del defunto e conservata nelle dimore dei patrizi romani).[22]
Di corpi e desideri parlano anche il nuovo video di Hito Steyerl[23] sulla cultura dell'iper-visibilità e il nuovo reportage di Sharon Hayes che presenta un remake girato in America di Comizi d'amore,[24] il film-inchiesta sulla sessualità di Pier Paolo Pasolini. Il desiderio di verità inseguito da Pasolini in tutta la sua carriera è ricordato nel monumento dedicatogli da Richard Serra.[25]
I corpi agitati da fantasie di un adolescente inquieto sono quelli sognati da Evgenij Kozlov,[26] che non stonano accanto alle matrone procaci di Friedrich Schröder-Sonnenstern o vicino ai guardoni di Kohei Yoshiyuki.[27] Questa tensione scopofiliaca contraddistingue anche i quadri di Ellen Altfest[28] che scruta i corpi dei suoi soggetti con uno sguardo lenticolare, come se volesse catturare e conoscere il mondo poco a poco, centimetro di epidermide dopo centimetro di epidermide.
I corpi post-umani e smaterializzati di Ryan Trecartin[29] introducono alla sezione finale dell'Arsenale in cui opere di Yuri Ancarani, Alice Channer, Simon Denny, Wade Guyton, Channa Horwitz, Mark Leckey, Helen Marten, Albert Oehlen, Otto Piene, James Richards, Pamela Rosenkranz, Stan VanDerBeek e altri esaminano la combinazione di informazione, spettacolo e sapere tipica dell'era digitale.[8]
L'installazione Apollo's Ecstasy di Walter De Maria esaltava la purezza silenziosa e algida della geometria.[30] Come tutte le opere di questo artista – figura fondamentale dell'arte concettuale, minimalista e della land art – questa scultura astratta è il risultato di complessi calcoli numerologici, sintesi estrema delle infinite possibilità dell'immaginazione.[31]
Alla fine dell'Arsenale, completavano il percorso del Palazzo Enciclopedico l'installazione video Healing di Erik van Lieshout,[32] alle Gaggiadre la performance S. s. Hangover di Ragnar Kjartansson,[33] nel Giardino delle Vergini, l'installazione Aura, Aroma, Arena di John Bock.[34]
Alcune opere si ispiravano alla tradizione cinquecentesca dei "teatri del mondo", rappresentazioni allegoriche del cosmo in cui attori e architetture effimere erano usate per costruire immagini simboliche dell'universo.[8]
All'esposizione Il Palazzo Enciclopedico hanno partecipato 161 artisti provenienti da 38 paesi.[5]
Partecipazioni nazionali
L'esposizione Il Palazzo Enciclopedico è stata affiancata da 88 Partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all'Arsenale e nel centro storico di Venezia. I paesi presenti per la prima volta erano dieci: Angola, Bahamas, Bahrain, Costa d'Avorio, Kosovo, Kuwait, Maldive, Paraguay, Tuvalu e Santa Sede.[5]
I Padiglioni di Cipro e Lituania formavano un unico progetto, curati dal lituano Raimundas Malašauskas, presentati nello stesso spazio, il Palazzetto dello sport Giobatta Gianquinto in zona Arsenale,[35][36] e premiati con la Menzione speciale dalla Giuria della Biennale.[37]
Il Padiglione Italia, che occupava le Tese delle Vergini in Arsenale, era a cura di Bartolomeo Pietromarchi, aveva per titolo vice versa,[38][39] e riprendeva un concetto teorizzato da Giorgio Agamben nel volume Categorie italiane. Studi di Poetica (Marsilio, 1996), in cui il filosofo sostiene che per interpretare la cultura italiana sia necessario individuare una «serie di concetti polarmente coniugati» capaci di descriverne le caratteristiche di fondo.
Vice Versa proponeva un percorso espositivo composto da sette ambienti, ognuno dei quali ospitava due artisti in dialogo tra loro, dove il senso profondo di una vocazione dialettica si manifestava nelle opere esposte. La mostra era un viaggio ideale nell'arte italiana di ieri e di oggi, un itinerario che raccontava identità e paesaggi.
I 14 artisti coinvolti nel progetto erano: Francesco Arena, Massimo Bartolini, Gianfranco Baruchello, Elisabetta Benassi, Flavio Favelli, Luigi Ghirri, Piero Golia, Francesca Grilli, Marcello Maloberti, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Marco Tirelli, Luca Vitone e Sislej Xhafa.
Lia Haraki, Maria Hassabi, Phanos Kyriacou, Constantinos Taliotis, Natalie Yiaxi, Morten Norbye Halvorsen, Jason Dodge, Gabriel Lester, Dexter Sinister
La Perversión de lo clásico: Anarquía de los relatos (La Perversione della classicità: Anarchia delle narrazioni)
Liudmila and Nelson, Magdalena Campos Pons e Neil Leonard, Sandra Ramos, Glenda Leon, Lazaro Saavedra, Tonel, Hermann Nitsch, Gilberto Zorio, Wang Du, H.H.Lim, Pedro Costa, Rui Chafes, Francesca Leone
Reflective Nature # a new primary enchanting sensitivity
Kivuthi Mbuno, Armando Tanzini, Chrispus Wangombe Wachira, Fan Bo, Luo Ling & Liu Ke, Lu Peng, Li Wei, He Weiming, Chen Wenling, Feng Zhengjie, César Meneghetti
Gintaras Didžiapetris, Elena Narbutaite, Liudvikas Buklys, Kazys Varnelis, Vytaute Žilinskaite, Morten Norbye Halvorsen, Jason Dodge, Gabriel Lester, Dexter Sinister
Giorgio De Chirico, Miro George, Makhowl Moffak, Al Samman Nabil, Echtai Shaffik, Giulio Durini, Dario Arcidiacono, Massimiliano Alioto, Felipe Cardena, Roberto Paolini, Concetto Pozzati, Sergio Lombardo, Camilla Ancilotto, Lucio Micheletti, Lidia Bachis, Cracking Art Group, Hannu Palosuo
Imaginary Fact: Contemporary South African Art and the Archive
Joanne Bloch, Wim Botha, David Koloane, Donna Kukama, Gerhard Marx, Maja Marx, Philip (IV) Miller, Zanele Muholi, Sam Nhlengethwa, Johannes Phokela, Cameron Platter, Andrew Putter, Athi-Patra Ruga, Penny Siopis, Kemang Wa Lehulere, James Webb, Sue Williamson, Soweto Nelisiwe Xaba
Portia Zvavahera, Michele Mathison, Rashid Jogee, Voti Thebe, Virginia Chihota
Raphael Chikukwa
Istituto Italo-Latino Americano
Venerdì 31 maggio è stato inaugurato il Padiglione dell'Istituto Italo-Latino Americano (IILA), con il sostegno del Goethe Institut e la partecipazione di artisti dell'America Latina. Il tema dell'esposizione, El Atlas del Imperio, indicava «un'esplorazione dei nuovi aspetti geopolitici dell'arte contemporanea, col fine di trarre proficue esperienze di conoscenza reciproca tra artisti latinoamericani ed europei».[41][42]
Palazzo Malipiero ha ospitato il Padiglione dell'Asia centrale che presentava le opere di artisti di quattro repubbliche dell'Asia centrale ex sovietica. Il titolo Winter si riferiva a una lirica del poeta kazako Abaj Kunanbaev. Nell'intento dei curatori il progetto artistico mirava ad affrontare e a portare una riflessione sulla complessità del contesto socio-politico nella regione asiatica, utilizzando gli strumenti del linguaggio poetico e metaforico.[43]
Il Padiglione Venezia è stato allestito ai Giardini della Biennale e gestito dal Comune di Venezia. Il tema del Padiglione, con il titolo Silk Map, riprendeva la tradizione veneziana delle «vie della seta» e della produzione di tessuti peziosi. Gli artisti seleziionati (AES+F, Anahita Razmi, Marya Kazoun, Mimmo Roselli, Marialuisa Tadei, Yiqing Yin), coordinati dal direttore artistico Ewald Stastny, si sono cimentati con questa tradizione reinventando materiali tradizionali e/o immaginando invenzioni libere, andando così a creare sei opere esclusive per il Padiglione e la città.[44]
Meetings on Art
Nel periodo dell'esposizione si sono tenuti i Meetings on Art: incontri, seminari, conversazioni e approfondimenti sull'arte contemporanea.[45]
Fén (fieno) di Marco Paolini. 13 performance-incontri nello Spazio Álvaro Siza al Giardino delle Vergini,[N 1][46] nelle quali l'attore e drammaturgo bellunese «ha realizzato una serie di racconti, storie e pensieri dedicati a uomini di scienza e uomini di fatica, a utensili, al lavoro manuale al tempo del digitale, storie messe in fila per formare un sillabario».[47]
Intervista con Maria Lassnig, film diretto da Jacqueline Kaess-Farquet, presentato l'11 ottobre.[48]
Intorno a Marisa. Le opere, gli amici e le parole di Marisa Merz, film a cura di Azalea Seratoni, regia di Simona Confalonieri, presentato il 12 ottobre.[48]
L'esistenza è altrove (Existence is elsewhere): Il mito dell’artista autodidatta. Conferenza tenuta il 2 novembre al Teatro Piccolo Arsenale, con Lynn Cooke, Ralph Rugoff e Massimiliano Gioni.[50]
2º Convegno Internazionale Archivi e Mostre, svoltosi il 15 e 16 novembre al Teatro Piccolo Arsenale, con 19 interventi di critici, studiosi e professionisti sul tema del rapporto tra archivi e mostre.[51]
Inconro sul tema Musei e Biennali, che si è tenuto il 24 novembre al Teatro Piccolo Arsenale, con il presidente della Biennale Paolo Baratta, il curatore dell'edizione 2013 Massimiliano Gioni, Bice Curiger, curatrice della 54ª Esposizione Internazionale d'Arte nel 2011, Cristiana Collu, direttore del Mart di Trento e Rovereto, Alfredo Cramerotti, direttore del MOSTYN e cocuratore di Manifesta 8, Achille Bonito Oliva, curatore della 45ª Esposizione Internazionale d'Arte nel 1993, Vicente Todolí, Artistic Advisor all'Hangar Bicocca di Milano, Abdellah Karroum, direttore del Mathaf (Arab Museum of Modern Art di Doha).[52]
Eventi collaterali
47 eventi collaterali, approvati dal curatore Massimiliano Gioni e promossi da enti e istituzioni pubbliche e private senza scopo di lucro, sono stati organizzati in numerose sedi della città di Venezia, proponendo un'ampia offerta di contributi e partecipazioni.[5][53]
Giuria
Il 13 maggio 2013 il Consiglio di amministrazione della Biennale di Venezia ha nominato la Giuria che ha assegnerato i Premi:[54]