I Kem Kem Beds (indicato anche come, Continental Red Beds e Continental intercalaire[1]) sono una formazione geologica situata lungo il confine tra il Marocco e l'Algeria, i cui strati risalgono al Cretaceo superiore. Nella formazione sono stati raccolti molti resti fossili di vertebrati, tra cui: dinosauri, coccodrilli, pterosauri e una grande varietà di pesci e creature acquatiche.[2] Recenti prove fossili sotto forma di grandi esemplari fossili di abelisauridi isolati, e confronti con altre formazioni di età simile, sempre in Africa indicano che la fauna del Kem Kem Beds (in particolare per quanto riguarda i numerosi dinosauri teropodi predatori) potrebbero essere stata mescolata insieme a causa della geologia mutevole della regione, quando in realtà una così vasta concentrazione di teropodi predatori avrebbero probabilmente preferito habitat distinti, e comunque separati tra loro da milioni di anni.[3]
Territorio
Il Kem Kem è una zona molto estesa, lunga 250 chilometri e situata nel sud-est del Marocco e ad est dell'Algeria. È chiaramente delimitato solo da un punto di vista geologico. In effetti, il Kem Kem è un enorme lastra di calcare massiccio risalente al Cretaceo superiore (Cenomaniano-Turoniano), bloccata a nord-ovest dall'Anti Atlantepaleozoico e da tre altipiani rocciosi neogenici che formano un arco da sud-ovest a nord-est. Questi sono l'Hamada di Guir nel nord-est, l'Hamada della Drâa nel sud-ovest e infine l'Hamada de la Daoura nel sud-est. L'altopiano del Kem Kem è in gran parte eroso, lasciando in diversi luoghi solo collinette chiamate gore, conferendogli una fisionomia molto particolare.
Il Tafilalet è una pianura alluvionale situata a nord del Kem Kem, dove discendono i fiumi Rheris e Ziz, che prendono le loro sorgenti nell'Alto Atlante più a nord. Questi fiumi, che hanno dato i natali ai più grandi palmeti del Marocco, si incontrano a sud-ovest della città di Taouz per formare l'Oued Daoura, arteria principale che affonda nella lastra del Kem Kem a sud-est di Taouz. Gli uadi attraversano una fitta rete di superficie del Kem Kem ma solo il Daoura ha scavato una potente e ampia valle profonda che attraversa l'altopiano da nord a sud.
Ad est del Daoura, il Kem Kem Irijdalen si estende verso est fino a Moungar Nebech, un promontorio a forma di scogliera che forma l'estremità orientale della lastra del Kem Kem. Il grande Kem Kem forma il bordo nord-occidentale dell'altopiano, a ovest del Daoura e fino all'Hamada del Drâa. Intorno alla città di Zegdou si estendono gli strati di gesso di Tizi n'Daguine che ricoprono i calcarimarini della lastra Kem Kem.
Più esemplari di abelisauridi, che probabilmente rappresentano lo stesso genere ma hanno dimensioni diverse. Questi esemplari sono noti solo da frammenti di mascella; resti frammentari; l'esemplare NS153 / 01 sembra riconducibile ad un animale simile a Skorpiovenator, mentre NS153 e UCPC 01 sembrano riconducibili ad un animale simile ad Ekrixinatosaurus.
Originariamente descritto da una tibia da Lavocat, egli notò una sorprendente somiglianza tra essa e una tibia egiziana descritta da Stromer e indicata come cf. Elaphrosaurus, così come Elaphrosaurus stesso. Tuttavia, Rauhut & Carrano (2016) hanno affermato che il primo non era così imparentato con Elaphrosaurus, mostrando invece caratteri più simili a quelle dei tetanuri.
Più esemplari di noasauride, che probabilmente rappresentano lo stesso genere ma hanno diverse dimensioni. Questi esemplari sono noti solo da resti frammentari; l'esemplare ROM 65799 è un femore parziale, l'esemplare CMN 50810 è un centro cervicale posteriore, e l'esemplare CMN 50810 è un epistrofeo.
I fossili assegnati a Brachiosaurus appartengono in realtà ad un Titanosauriforme indeterminato, ma vengono comunque catalogati come "B. nougaredi".[11]
Un somphospondylo indeterminato, conosciuto solamente per un arco neurale dorsale. Mannion & Barrett (2013) hanno scelto di interpretarlo come un somphospondylo basale. Codice esemplare (NHMUK R36635)
Un titanosauro indeterminato conosciuto solamente da un omero parziale. Sembra essere strettamente imparentato con Paralititan di Bahariya, oltre ad essere approssimativamente della stessa dimensione. Codice esemplare FSACK-KK 01.
Un grande titanosauro indeterminato, forse imparentato con Paralititan, conosciuto da un ischio che reca dei segni di morsi. Codice esemplare GMNH-PV 2314.
Un titanosauro relativamente grande, la cui unica vertebra dorsale conosciuta sembra mostrare affinità con Epachthosaurus e Paralititan, e potrebbe essere congenerico con GMNH-PV 2314. Codice esemplare GMNH-PV 2399.
Un ornitopode indeterminato conosciuto da una serie di impronte. Queste impronte fanno intendere che si trattava di un animale abbastanza grande, con un piede lungo 52,5 cm, probabilmente appartenente ad un ornitopode di circa 9,4 metri di lunghezza per un peso di circa 3 tonnellate, dimensioni quasi pari a quelle di Iguanodon. Codice esemplare (UCRC I FS4)
Un frammento d'osso interpretato come un frammento anteriore della sinfisi della mandibola,[14] sebbene possa invece rappresentare un rostro.[15]
Uno pterosauro tapejaride. Originariamente si credeva potesse appartenere alla famiglia Thalassodromidae[15] o che fosse un esemplare di Alanqa saharica.[16]
Averianov (2014) considera queste vertebre come appartenenti ad Alanqa saharica,[16] tuttavia, sembrerebbe che queste vertebre potrebbero appartenere a due taxa distinti.[20]
Un azhdarchide piuttosto particolare, analogo nella sua nicchia ecologica ai moderni jabiru, dal becco ricurvo. Come Alanqa possedeva una creste vicino alla parte posteriore delle loro fauci, il che potrebbe aver aiutato a nutrirsi di molluschi. La diversa forma della mascella rispetto ad Alanqa implica il partizionamento della nicchia all'interno dello stesso ecosistema; sembra che entrambi i generi siano imparentati, e potrebbero creare un clade con Argentinadraco.
"Un cranio parziale, completo dell'osso temporale e occipitale."[24]
Un aegyptosuchide, le cui dimensioni sono state notevolmente sovrastimata nella descrizione originale, ottenendo un minimo di 15 metri. Stime più recenti gli riferiscono una lunghezza di circa 3,9 metri.
Un piccolo notosucho, molto diffuso nell'emisfero meridionale, essendo stato ritrovato in Brasile, Argentina, Niger, Madagascar e Marocco. Basandosi sulla correlata specie A. wegeneri, è probabile che avesse una dieta prevalentemente erbivora.
Un grande pholidosauride. Sembra aver avuto un morso relativamente forte rispetto ad altri crocodermiformi longirostrini, basato su modifiche del cranio.
Uno stomatosuchide, presente anche in Niger, con la specie L. thaumastos. Questo genere è strettamente imparentato con Stomatosuchus dell'Egitto, ed entrambi sembrano essere stati predatori d'agguato, catturando qualsiasi piccolo pesce che si trovasse a distanza ravvicinata.
Uno ziphosucho basale, strettamente imparentato con Candidodon, Malawisuchus e Pakasuchus. La morfologia e l'usura dei denti suggeriscono che si nutriva frantumando materiale resistente.
Un notosucho indeterminato conosciuto solamente da un osso quadrato isolato. Fu inizialmente riferito a Libycosuchus da Buffetaut (1976), poi ad Hamadasuchus da Larsson & Sues (2007). Più recentemente[quando?] nel 2018, una revisione di "Trematochampsa", sembra che l'esemplare sia molto simile ad Araripesuchus wegeneri, anche se sembra sia stato circa tre volte più grande.
Un grande crocodyliformenotosucho indeterminato, apparentemente imparentato con Stolokrosuchus. Il suo cranio è lungo circa 1,55 metri e probabilmente aveva una dieta prevalentemente piscivora. Attualmente[quando?], è in possesso di Paul Sereno, presso il suo laboratorio di Chicago.
Una lucertola, conosciuta da un frammento di mandibola. Imparentata con il moderno Uromastyx, altrimenti noto come lucertola dalla coda spinosa, e con Gueragama dal Brasile. Dalla sua mandibola si evince fosse onnivoro, sebbene il materiale vegetale costituisse la maggior parte della sua dieta.
Un grande semionotide oltre ad essere il più giovane conosciuto; la specie non appartiene a Lepidotes, secondo López-Arbarello (2012). Sembra che abbia avuto una dieta simile a quella dei dipnoi.
Un ichthyodectiforme. Questo genere è presente anche in Uzbekistan durante la stessa epoca. Sembra essere strettamente imparentato con Cladocyclus, del Brasile e dell'Italia, ed inizialmente è stato descritto come una specie di quest'ultimo durante la sua descrizione originale. Come altri ichthyodectiformi, molto probabilmente era un vorace predatore, che cacciava prede proporzionalmente di grandi dimensioni.
Un polypteridae massiccio e di grandi dimensioni; una mascella dal Kem Kem sembra provenire da un individuo grande quanto l'olotipo egiziano, e mostra che aveva una dieta simile a quella dei moderni biscir, nutrendosi di pesci, anfibi e invertebrati acquatici. Tuttavia viste le notevoli dimensioni è probabile si nutrisse di prede proporzionatamente più grandi, come tartarughe, serpenti e addirittura piccoli spinosauridi.
Un calamopleurino; il suo sister taxonC. cylindricus è noto da esemplari molto ben conservati della Formazione Santana, mentre C. africanus è noto solamente da un cranio distorto e disarticolato, e una scatola cranica separata. Basandosi su esemplari provenienti dal Brasile, molto probabilmente era un vorace predatore, che si nutriva di prede proporzionalmente grandi.
Un possibile chanide basale, il cui unico corrispettivo vivente è il cefalone, con cui potrebbe anche aver avuto una dieta in comune, nutrendosi di cianobatteri, alghe e invertebrati.
Un piccolo dipno, originariamente classificato come Ceratodus humei fino alla sua ridescrizione, nel 2014, venendo riferito a Lavocatodus, strettamente imparentato con i dipnoi dell'America Meridionale e dell'Africa. Come tutti i dipnoi, probabilmente era un onnivoro opportunista, che si nutriva di materiale vegetale, invertebrati e piccoli vertebrati.
Un ceratodontiforme; sebbene la maggior parte degli esemplari raggiunge solamente i 70-100 centimetri di lunghezza, basandosi su piastre dentarie di circa 3-5 centimetri, Stromer descrisse piastre dentarie, da Bahariya, di circa 10 centimetri, indicando individui potevano raggiungere anche i 2 metri di lunghezza.
Due pesci alligatore, classificati all'interno di Lepisosteidae (pesci alligatore moderni), i generi sono noti da esemplari abbastanza ben conservati della Formaziona Santana. L'anatomia della mascella specializzata indica che questi pesci non si cibavano di prede proporzionalmente grandi, e forse si nutrivano di invertebrati.
Un coelacanthiformemawsoniide; conosciuto come Mawsonia lavocati per lungo tempo, nel 2018 è stato spostato all'interno del genere precedentemente endemico del Brasile.[28] Sebbene ci siano numerosi esemplari a cui si fa riferimento, non è possibile determinare se la maggior parte, se non tutto questo materiale sia effettivamente riferibile alla stessa specie dell'olotipo.
Un coelacanthiformemawsoniide, noto da esemplari relativamente ben conservati della Formazione Santana. Paragonandoli ai celacanti viventi (Latimeria), i mawsonidi nel loro insieme, sembrano essere edentuli, quindi è possibile che si nutrissero per aspirazione.
Un mawsoniide; uno dei pesci più grandi del Kem Kem, sebbene ciò sia ancora da accertare, in quanto non esiste materiale figurato, ed è stato menzionato solo in uno studio paleobiogeografico sui Mawsoniidi, di Miguel et al. (2014). Questo materiale potrebbe non appartenere nemmeno a M. gigas, ma ciò deve ancora essere stabilito con certezza.
Un piccolo lamniforme basale, classificato per lungo tempo all'interno del genere Odontaspis, poi in Serratolamna, fino a quando fu classificato in un proprio genere, da Vullo et al. (2016), seguendo la descrizione di un nuovo esemplare, completo di tessuti molli, rinvenuto in depositi successivi (Formazione Akrabou). Il suo stile di vita e la sua dieta dovevano essere simile a quello degli squali pinna bianca, anche se molto probabilmente non era adatto a predare prede dal guscio duro. Non sembra essere molto comune in Kem Kem, anche se molto abbondante in altri posti; sulla base di accumuli di denti in determinati luoghi, sembrerebbe essere stato gregario, radunandosi in acque poco profonde come baie e estuari poco profondi.
Un Pristidae di grandi dimensioni; i denti rostrali sono tra i denti più comuni nei letti Kem Kem. Dell'animale sono stati rinvenuti anche due rostri parziali; uno dei due rostri rappresenta l'olotipo del genere, descritto da Stromer, mentre l'altro è una scoperta più recente nel Kem Kem, sebbene sia meno completa rispetto all'olotipo. Apparentemente c'è anche un esemplare con un rostro lungo due metri, anche se deve ancora essere descritto.
Un hybodontiforme durofago. Il genere è noto da esemplari molto ben conservati nella Formazione Santana, e da spine e denti dalla Formazione Bahariya, anche se è noto solo da denti isolati nel Kem Kem.
Note
^Michard, A. (2008). Continental evolution: the geology of Morocco : structure, stratigraphy, and tectonics of the Africa-Atlantic-Mediterranean Triple junction. Published by Springer, 2008. 424 pages. ISBN 3-540-77075-5, ISBN 978-3-540-77075-6
^abcdefghijklmWeishampel, David B; et al. (2004). "Dinosaur distribution (Late Cretaceous, Africa)." In: Weishampel, David B.; Dodson, Peter; and Osmólska, Halszka (eds.): The Dinosauria, 2nd, Berkeley: University of California Press. Pp. 604-605. ISBN 0-520-24209-2.
^"Table 4.1," in Weishampel, et al. (2004). Page 76.
^"Table 4.1," in Weishampel, et al. (2004). Page 78.
^ab B. McFeeters, Bone "taxon" B: Reevaluation of a supposed small theropod dinosaur from the mid-Cretaceous of Morocco, in Kirtlandia, vol. 58, 2013, pp. 38–41.
^Upchurch, P., Barrett, P.M. & Dodson, P. (2004). "Sauropoda", pp. 259–322 in Weishampel, D.B., Dodson, P. & Osmólska, H. (Eds.) The Dinosauria, 2nd edition. University of California Press, Berkeley and Los Angeles. ISBN 0520254082.
^abcCau, Andrea; Maganuco, Simone (2009). "A new theropod dinosaur, represented by a single unusual caudal vertebra from the Kem Kem Beds (Cretaceous) of Morocco". Atti Soc. it. Sci. nat. Museo civ. Stor. nat. Milano 150 (II): 239–257.
^Lio, G., Agnolin, F., Cau, A. and Maganuco, S. (2012). "Crocodyliform affinities for Kemkemia auditorei Cau and Maganuco, 2009, from the Late Cretaceous of Morocco." Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo di Storia Naturale di Milano, 153 (I), s. 119–126.