Abelisauridae
Abelisauridae (il cui nome significa "lucertole di Abel") è una famiglia (o clado) di grandi dinosauri teropodi ceratosauri, che prosperarono durante tutto il periodo Cretaceo, in quello che allora era il super-continente di Gondwana, mentre oggi i loro fossili sono stati ritrovati in Africa, Sud America, India e anche sull'isola di Madagascar. Alcuni resti frammentari sono stati ritrovati anche nel Portogallo del Giurassico;[2] inoltre vi è la conferma di almeno due generi di abelisauridi in Europa.[1] I primi abelisauridi apparvero all'inizio del Giurassico medio, e sappiamo che almeno una specie (Majungasaurus) sopravvisse fino all'estinzione di massa dei dinosauri, 66 milioni di anni fa. Come la maggior parte dei teropodi, gli abelisauridi erano carnivori bipedi. Le loro caratteristiche principali erano le zampe posteriori lunghe adatte alla corsa, corporatura massiccia, braccia atrofiche e un muso corto e schiacciato spesso ornato di corna o spunzoni ossei. La maggior parte degli abelisauridi noti aveva dimensioni comprese tra i 5 e i 9 metri (tra i 17 e i 30 piedi) di lunghezza, dal muso alla punta della coda, fatta eccezione per un nuovo esemplare non ancora descritto ritrovato nel nord-ovest del Turkana, in Kenya, Africa, che pare abbia raggiunto una lunghezza tra gli 11 e i 12 metri (dai 36 ai 39 piedi).[3] Prima della creazione della famiglia degli abelisauridi, si pensava che i loro resti appartenessero ad una nuova categoria di tirannosauridi sudamericani.[4] DescrizioneGli arti posteriori degli abelisauridi erano molto più tipici di quelle dei ceratosauri, con l'astragalo e il calcagno (ossa della caviglia superiori) fuse tra loro e alla tibia, formando il tibiotarsus. La tibia era più corta del femore, donando agli arti posteriori un'apparenza tozza. Solo tre dita del piede erano funzionali e toccavano il terreno: il secondo, il terzo e il quarto dito del piede, mentre il primo dito o sperone o alluce, non toccava mai il terreno in quanto troppo corto.[5] CranioAnche se le proporzioni del cranio variavano da specie a specie, il teschio degli abelisauridi era generalmente molto alto e corto in lunghezza. In Carnotaurus, per esempio, il cranio era alto quasi quanto era lungo. La premascella degli abelisauridi era molto alta, per cui la parte anteriore del muso era smussata e non rastremata, come visto in molti altri teropodi.[3] Le due ossa del cranio, le ossa lacrimali e le ossa postorbitali, proiettate nella cavità oculare dalla parte anteriore e posteriore, quasi lo dividevano in due sezioni. L'occhio era collocato nella sezione superiore, che era inclinata leggermente verso l'esterno in Carnotaurus, forse per fornire un certo grado di visione binoculare. Il lacrimale e il postorbitale si proiettavano anche al di sopra della cavità oculare, formando creste di varie forme e dimensioni sopra l'occhio in base alla specie.[3] Sulla maggior parte dei crani degli abelisauridi, erano presenti varie strutture ossee che variavano da corni ossei ricoperti di cheratina, lunghe scanalature, depressioni e spunzoni. Come negli altri ceratosauri, le ossa frontali del tetto cranio, erano fuse insieme. In particolare, i carnotaurini possedevano numerosi adornamenti ossei sul cranio. Il Carnotaurus per esempio aveva due vistose corna proiettate verso l'esterno, sopra gli occhi, mentre il suo parente più stretto Aucasaurus aveva proiezioni più piccole nella stessa area. Anche i majungasaurini, come il Majungasaurus e il Rajasaurus possedevano abbellimenti ossei sul cranio che però si limitavano ad un singolo corno nel mezzo della fronte. Secondo i paleontologi queste strutture erano utilizzate per il riconoscimento intraspecifico e nel corteggiamento.[5][6][7] In Arcovenator, il margine dorsale dell'osso postorbitale (e probabilmente anche il lacrimale) è addensato dorsolateralmente, formando una sorta di "sopracciglia" ossea molto pronunciata che si elevava al di sopra del tetto cranio.[1] Forse questa escrescenza ossea forniva una base per una struttura più vistosa di cheratina o di squame, come display sessuale. Arti anterioriLe ossa degli arti anteriori degli abelisauridi sono piuttosto distintivi ma tendono a non preservarsi infatti solo i carnotaurini Aucasaurus e Carnotaurus e il Majungasaurus mostravano ancora gli arti anteriori intatti. Tutti gli abelisauridi avevano arti e rudimentali, praticamente atrofizzati e inutilizzabili.[8] Le ossa dell'avambraccio (radio e ulna) erano estremamente brevi, rappresentando solo il 25% della lunghezza del braccio superiore, ossia l'omero, in Carnotaurus e il 33% in Aucasaurus. L'intero braccio era tenuto dritto e l'articolazione del gomito era immobile.[8] Come è tipico per i ceratosauri, le mani degli abelisauridi possedevano quattro dita per mano, ma questa è l'unica somiglianza tra le due famiglie in quanto negli abelisauridi il carpo non esisteva e le ossa delle quattro dita (metacarpi) si attaccavano direttamente all'avambraccio. Le dita erano composte da: una sola falange-artiglio su primo e quinto dito, tre falangi sul terzo dito e due falangi sul secondo dito. Le due dita esterne fornite di una sola falange erano pressoché inesistenti e immobile. Gli artigli delle mani erano molto piccoli in Eoabelisaurus e totalmente assenti nei carnotaurini.[8] Tuttavia i parenti più prossimi degli abelisauridi, come il Noasaurus e il Ceratosaurus avevano braccia funzionali e dotate di dita e artigli funzionali e mobili.[9] Secondo una teoria del paleobiologo Alexander O. Vargas gli abelisauridi hanno subito una drastica riduzione degli arti anteriori a seguito di un difetto genetico, che ha causato la perdita dei geni HOXA11 e HOXD11, due geni che regolano lo sviluppo degli arti anteriori.[10] È stato anche ipotizzato che in abelisauridi come il Carnotaurus e il Majungasaurus zampe anteriori così corte avrebbero potuto avere una funzione sociale. L'omero di questi dinosauri era capace di movimenti all'articolazione della spalla completamente differenti rispetto a quelli di altri grandi teropodi. Sembra infatti che potessero distendere le braccia all'infuori, capacitá che forse veniva esibita in rituali d'accoppiamento o per scoraggiare i rivali. Questo spiegherebbe anche perché zampe così corte si siano mantenute in tutti gli abelisauridi invece di scomparire.[11] DistribuzioneGli Abelisauroidi sono in genere considerati come un gruppo sviluppatosi unicamente nel Cretaceo, anche se i primi resti abelisauridi risalgono al Giurassico medio dell'Argentina (classificati come la specie Eoabelisaurus mefi) e, eventualmente, anche dal Madagascar (anche se si tratta di resti frammentari di una specie ancora senza nome);[12][13] oltre che ad ulteriori nuovi resti molto frammentari attribuiti ad un abelisauride (una tibia sinistra, un femore destro e una tibia destra) ritrovati nei Letti Tendaguru, in Tanzania e risalenti al Giurassico.[14] Durante il Cretaceo superiore, mentre l'emisfero boreale era colonizzato dai tirannosauridi, gli abelisauridi colonizzarono l'intero emisfero australe in particolar modo il Sud America e l'Africa, che all'epoca formavano il supercontinente di Gondwana. Tuttavia sono stati ritrovati vari abelisauridi anche in India come l'Indosuchus e il Rajasaurus ), mentre nella remota isola di Madagascar (già all'epoca un'isola separata dall'Africa) il predatore dominante era il Majungasaurus.[15] Tuttavia, la scoperta del Rugops in Africa e alcuni scarsi materiali frammentari dal Cretacico medio del Nord Africa hanno smentito l'ipotesi che il gruppo si fosse evoluto separatamente dal continente.[16][17] La presenza di abelisauridi nel Cretacico medio in Sud America mostrano che il gruppo esisteva già prima della rottura del Gondwana.[18][19][20] Nel 2014, la descrizione di Arcovenator dal sud della Francia ha fornito la prima prova indiscutibile della presenza di abelisauridi in Europa. L'Arcovenator presenta una forte somiglianze con il Majungasaurus del Madagascar e con gli abelisauridi indiani, ma non con le forme del Sud America. Difatti, l'Arcovenator, il Majungasaurus e le forme indiane sono tutte uniti nel nuovo clado dei Majungasaurinae.[1] ClassificazioneI paleontologi José Bonaparte e Fernando Novas coniarono il nome abelisauridae nel 1985, quando hanno descrissero l'omonimo Abelisaurus. Il nome è formato dal nome della famiglia di Roberto Abel, che scoprì i resti di Abelisaurus, unendola alla parola del greco antico σαυρος/sauros che significa "lucertola". Il suffisso, molto comune, -idae è applicata dagli zoologici per i nomi delle famiglie di animali e anch'essa deriva dal suffisso greco -ιδαι/-idai, che indica un sostantivo plurale.[21] La famiglia degli abelisauridae è una famiglia di rango a base di tassonomia di Linneo, all'interno dell'infraordine di Ceratosauria e all'interno della superfamiglia degli Abelisauroidea, che contiene anche la famiglia dei Noasauridae. Ha avuto diverse definizioni di tassonomia filogenetica. Era stata originariamente definito come un nodo alla base del taxon che comprendeva l'Abelisaurus, il Carnotaurus, il loro antenato comune e tutti i loro discendenti.[22][23] Successivamente è stato ridefinito come taxon di cui fanno parte tutti gli animali più strettamente legati ad Abelisaurus (o al più completo Carnotaurus) rispetto che a Noasaurus.[7] La definizione del gruppo che comprenderebbe animali come il Rugops o l'Ilokelesia, entrambi più primitivi di Abelisaurus e dovrebbero essere inclusi per definizione in gruppo a loro stante,[24] all'interno però di abelisauridae. All'interno della famiglia vi è il sottogruppo dei Carnotaurinae, che comprende anche Aucasaurus e Carnotaurus entrambi riuniti come Carnotaurini.[16] Caratteristiche comuniScheletri completi di abelisauridi sono difficili da trovare e i pochi completi appartengono ad abelisauri più evoluti come Carnotaurus, Aucasaurus e Skorpiovenator, rendendo difficile stabilire caratteristiche distintive dello scheletro per la famiglia nel suo complesso. Tuttavia, la maggior parte degli abelisauri sono noti da alcune ossa del cranio, in modo da poter essere classificati in base alla morfologia del cranio.[5] Molte caratteristiche del cranio degli abelisauridi erano condivise con la famiglia dei carcharodontosauridae. Queste caratteristiche comuni, insieme al fatto che gli abelisauridi sembrano aver sostituito i carcharodontosauridi in Sud America, hanno portato i paleontologi a credere che i due gruppi avessero lo stesso stile di vita o che fossero in qualche modo correlati.[22] Tuttavia, non vi è alcuna analisi cladistica a favore di questa ipotesi ne prove di tale relazione, a parte il cranio, tra abelisauridi e carcharodontosauridi. Oltre al fatto che quest'ultimi sono più strettamente imparentati agli allosaurodi che ai ceratosauri.[5] FilogenesiDi seguito è riportato un cladogramma creato da Tortosa et al. (2013), dopo la scoperta di Arcovenator e la creazione della sottofamiglia dei Majungasaurinae.[25]
L'Ilokelesia era stato originariamente descritto come un sister taxon di Abelisauroidea.[18] Tuttavia, Sereno lo collocò provvisoriamente più vicino ad Abelisaurus che ai noasauridi, atto che è tuttora accettato da analisi recenti.[5][19][26] Se venisse applicata la definizione della famiglia i generi Ilokelesia e Rugops sono quindi abelisauridi primitivi. Tuttavia, per quanto possano essere più basale di Abelisaurus, sono comunque al di fuori della famiglia degli abelisauridi. La scoperta dell'Ekrixinatosaurus fu pubblicata nel 2004, quindi non fu inclusa nell'analisi di Sereno. Tuttavia, un'analisi indipendente, eseguita da Jorge Calvo e colleghi, mostra che si tratta anch'esso di un abelisauride.[19] Alcuni scienziati includono lo Xenotarsosaurus argentino e il Compsosuchus indiano come abelisauridi primitivi,[27][28] mentre altri li considerano al di fuori di Abelisauroidea.[29] I francesi Genusaurus e Tarascosaurus sono pure stati inclusi tra gli abelisauridi, ma sono noti solo da frammenti e potrebbe trattarsi di ceratosauri basali.[5] Con la descrizione di Skorpiovenator, nel 2008, Canale et al. pubblicarono una seconda analisi filogenetica concentrandosi sulle abelisauridi del Sud America. Nei loro risultati, scoprirono che tutte le forme del Sud America, tra cui Ilokelesia (tranne Abelisaurus), andavano raggruppati come un sub-clado dei Carnotaurinae, chiamato Brachyrostra.[30] Nello stesso anno Matthew T. Carrano e Scott Sampson pubblicarono una nuova grande analisi filogenetica sui ceratosauri.[31] Con la descrizione dell'Eoabelisaurus, Diego Pol e Oliver WM Rauhut (2012) combinarono queste analisi e aggiunsero dieci nuovi generi. Il seguente cladogramma espone la loro analisi.[32]
Note
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