In questa edizione è stata assegnata per la prima volta la Berlinale Kamera, premio onorario riservato a personalità e istituzioni cinematografiche legate alla storia del festival. I primi vincitori sono stati le attrici Gina Lollobrigida e Giulietta Masina e i registi Sydney Pollack e Fred Zinnemann, al quale è stata anche dedicata la sezione "Homage".[2] Altri riconoscimenti introdotti per la prima volta sono stati il Premio Caligari, destinato a film del Forum caratterizzati da particolari innovazioni tematiche o stilistiche, e il Peace Film Prize, assegnato a film di varie sezioni sulla base di qualità estetiche e impegno sociale. Un'altra novità è stata la presenza di una giuria composta da membri tra gli 11 e i 14 anni che ha conferito il premio al miglior film della sezione "Kinderfilmfest".
La retrospettiva di questa edizione è stata dedicata all'attrice tedesca Henny Porten.[2]
Storia
«Tutto sommato la 36ª Berlinale è stata una delle migliori degli ultimi anni. Eppure, quale di questi film troverà spazio nei nostri cinema o in televisione? Il desiderio di partecipare al festival del cinema riuscirà a trovare nelle province, viste non solo come un luogo ma anche come... la vita quotidiana del cinema fuori dalle grandi città, il modo e i mezzi per godere del lusso degli eventi di Berlino?»
Il festival del 1986 fu preceduto da un intenso dibattito relativo a due film presentati dalla Germania Ovest: Stammheim - Il caso Baader-Meinhof di Reinhard Hauff, incentrato sul processo alla Rote Armee Fraktion del 1975-77, e la commedia drammatica proiettata fuori concorso Heilt Hitler! di Herbert Achternbusch.[1]Moritz de Hadeln rispose alle preoccupazioni del Ministero dell'Interno di Bonn sull'opportunità di invitare le due pellicole il 24 gennaio, con una lettera nella quale sottolineò le difficoltà legate alla selezione dei film tedeschi poiché «il contenuto e la forma di alcuni film potrebbero destare preoccupazione, soprattutto considerando il fatto che nessuno dovrebbe essere urtato in alcun modo... Tuttavia, poiché arte e talento richiedono sempre libertà e innovazione, ritengo che nell'ambito del mandato conferitomi dalla Berlin Festivals-Ltd ci sarebbe una contraddizione se dovessi limitare il mio giudizio artistico introducendo considerazioni di adeguatezza e necessità».[5]
Moretti, Cavani e Wertmüller: i film italiani in concorso
Mentre La messa è finita di Nanni Moretti fu molto apprezzato da pubblico e critica, ricevendo anche il gran premio della giuria e quello della Confédération Internationale des Cinémas d’Art et d’Essai, gli altri due film italiani in concorso furono accolti negativamente, in particolare Interno berlinese di Liliana Cavani. «Penso che ridere sia molto sciocco», commentò la regista dopo una proiezione accompagnata da fischi, risate di scherno e applausi beffardi, «una forma d'imbarazzo o di difesa, oppure una reazione da idioti che ridono perché non capiscono».[6] Reazioni miste suscitò invece Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti di Lina Wertmüller, con il pubblico nettamente diviso tra applausi e fischi. Durante la conferenza stampa la regista commentò l'accoglienza: «Non so perché abbiano fischiato, mi interesserebbe saperlo. A Napoli abbiamo scoperto che alcuni "fischiatori" si occupavano di droga, non so se a Berlino...» A proposito del film, che alla fine si aggiudicò il Premio INTERFILM e quello dei lettori della Berliner Morgenpost, aggiunse: «Il mio discorso stavolta non poteva essere più allegro di così... E se una città è bella, com'è bella Napoli, si dovrebbe renderla brutta soltanto perché vi si svolgono delle infamità? Aver disimparato a guardare l'Italia è un difetto dei giovani registi che non aiuta il cinema».[7]
Il giornalista e critico Siegfried Schober rincarò la dose con un articolo su Die Zeit, in cui scrisse polemicamente che la Berlinale non era «adatta ai film tedeschi» e che «i cineasti tedeschi, con il loro ostinato spirito di resistenza e la loro eterna tendenza a recitare la parte offesa... non erano esenti da colpe per questa spiacevole situazione».[8] Schober basò le sue argomentazioni sulla stroncatura avvenuta nel 1983 di Lucida follia di Margarethe von Trotta, che quest'anno aveva portato la regista a presentare Rosa L. al Festival di Cannes.[8] Moritz de Hadeln trovò normale che dopo aver partecipato a Berlino e Venezia la regista volesse portare il suo film a Cannes e affermò che i film di Hauff e di Achternbusch erano in ogni caso «film tedeschi contemporanei di grande significato, capaci di far riflettere in profondità».[3]
Mostrato in anteprima ad Amburgo, dove la proiezione era stata interrotta a causa dei disordini e dell'aggressione dell'ex portavoce del governo Klaus Bölling, il film di Hauff era già stato distribuito in altre città della Germania Ovest e la presenza a Berlino fu resa possibile da una modifica delle linee guida secondo quelle adottate a Cannes per i film francesi: adesso i film tedeschi in concorso potevano essere già stati proiettati nella Repubblica Federale, tranne che in altri festival.[10] La proiezione avvenne il 18 febbraio e fu accompagnata da imponenti misure di sicurezza dopo che minacce anonime avevano messo a rischio i membri della giuria, incluse sei camionette della polizia schierate davanti allo Zoo Palast, agenti presenti ovunque, perquisizioni e biglietti speciali per l'ingresso.[10][11] Tutto si svolse senza alcun problema e il film fu accolto positivamente, anche se la Frankfurter Allgemeine Zeitung riportò che «l'applauso alla fine del film è stato breve e, nella migliore delle ipotesi, educato e più simile a un silenzio imbarazzante».[12]
L'ultima riunione della giuria, durante la quale Gina Lollobrigida arrivò a minacciare le dimissioni giudicando il film «un resoconto banale, vacuo e privo di fantasia»,[13] si concluse con cinque voti a favore del film (Rudi Fehr, Werner Grassmann, Norbert Kückelmann, Françoise Maupin e Jerzy Toeplitz) e cinque contrari (August Coppola, Otar Ioseliani, Naoki Togawa e Rosaura Revueltas, che si andarono ad aggiungere a Gina Lollobrigida). L'astensione di Lindsay Anderson produsse quindi una situazione di stallo, tanto più che i contrari non riuscirono ad accordarsi su un altro film: tre voti (inclusi quelli di Lollobrigida e Ioseliani) andarono al film di Nanni Moretti, mentre A Hora da Estrela di Suzana Amaral e Yari no Gonza di Masahiro Shinoda ricevettero un voto ciascuno.[14][15] La situazione fu risolta quando Lindsay Anderson decise di schierarsi a favore del film tedesco.[14] Gina Lollobrigida annunciò il vincitore affermando che «la maggioranza della giuria internazionale aveva preso questa decisione dopo una discussione controversa... assolutamente contro il mio parere personale».[16]
Dopo la fine del festival l'attrice rilasciò un'intervista per Der Spiegel in cui attaccò gli altri giurati, affermando che la decisione a favore di Stammheim era stata "prestabilita". Con un atto senza precedenti, il presidente di giuria aveva infranto l'impegno alla segretezza a cui erano tenuti tutti i membri, tanto che de Hadeln dovette liberare dall'impegno anche gli altri membri in modo che potessero difendersi dalle accuse.[17]
La recente storia tedesca venne affrontata anche nel Forum internazionale del giovane cinema, in cui furono proiettati i documentari Partisans of Vilna di Joshua Waletzky sui giovani ebrei che organizzarono la resistenza nel Ghetto di Vilnius, We Were So Beloved di Manfred Kirchheimer sulla comunità ebraica del quartiere newyorkese di Washington Heights, e soprattutto il monumentale Shoah di Claude Lanzmann, uno dei più apprezzati e premiati di questa edizione.[1][18] Un altro punto focale fu il nuovo cinema argentino e le difficoltà nel ristabilire l'identità nazionale e le tradizioni democratiche dopo anni di regime militare, con film quali La storia ufficiale di Luis Puenzo (vincitore del Premio INTERFILM) e interviste alle Madri di Plaza de Mayo, politici e rappresentanti della chiesa.[1][19]
Novità nel Kinderfilmfest
Il 1986 vide un cambio nella direzione della sezione dedicata ai più giovani. Gaby Sikorski, passato a lavorare per l'UNICEF, aveva lasciato in eredità ai suoi successori Renate Zylla e Manfred Hobsch una sezione in costante crescita di presenze che quest'anno poté anche contare sulla Kinderjury, unico caso di giuria di un festival composta esclusivamente da bambini, il cui riconoscimento andò ad aggiungersi a quelli assegnati da UNICEF e CIFEJ (Centre International du Film pour l'Enfance et la Jeunesse).[1][4]
L'Info-Schau, la sezione informativa nata nel 1980 e guidata da Manfred Salzgeber, venne rinominata Panorama a partire da quest'anno e continuò a mantenere la struttura e l'orientamento degli anni precedenti con un programma composto per lo più da film indipendenti e innovativi. Dopo il successo dei programmi sul Mediterraneo e sul Mar Baltico degli anni precedenti, quest'anno fu dedicato spazio al Mar Nero e a film provenienti da Romania, Unione Sovietica, Turchia e Bulgaria.[1] All'interno del programma messo insieme dallo storico del cinema Hans-Joachim Schlegel, il film che attirò maggiori attenzioni fu il georgiano Le montagne blu di Eldar Shengelaia.[4] Anche in questa sezione trovò spazio il cinema latinoamericano, con esempi quali Los motivos de Luz del messicano Felipe Cazals, racconto di una tragedia nei bassifondi di Città del Messico, e la coproduzione cubano-colombiana Tiempo de morir di Jorge Alí Triana, un film sullo stile di un film di cowboy con machismo latinoamericano.[19]
Terminato il festival rimase la questione del rinnovo del contratto di Moritz de Hadeln e Ulrich Gregor: come già avvenuto nel 1983, la conferma di quest'ultimo alla guida del Forum non fu messa in discussione mentre quella di de Hadeln non fu altrettanto scontata.[20][21] Ancora una volta si trattò di una questione politica, legata soprattutto alle forti obiezioni da parte della SPIO, l'organizzazione dell'industria cinematografica tedesca, al suo sostegno ai film di Reinhard Hauff e Herbert Achternbusch, oltre che a Günter Wallraff - Ganz unten di Jörg Gfrörer. La SPIO propose la candidatura di Eberhard Hauff, direttore del Festival del cinema di Monaco,[21] ma stavolta de Hadeln poté contare sul sostegno della Berliner Arbeitskreis Film, del dipartimento per film e media dell'Akademie der Künste e del gruppo di lavoro dei nuovi produttori cinematografici tedeschi.[21] Alla fine i contratti di Gregor e de Hadeln furono entrambi rinnovati per altri cinque anni.[22]
Il premio riservato alla sezione "Kinderfilmfest" è stato assegnato da una giuria composta da membri di età compresa tra 11 e 14 anni, selezionati dalla direzione del festival attraverso questionari inviati l'anno precedente.[23]
Premio OCIC: A hora da estrela di Suzana Amaral Premio OCIC (Forum): Um Adeus Português di João Botelho Menzione d'onore (Forum): Shoah di Claude Lanzmann