Cornus (Sardegna)
Cornus è un'antica città-stato della Sardegna, fondata nell'ultimo quarto del VI secolo a.C.[1] I suoi resti si trovano nei pressi del comune di Cuglieri, in provincia di Oristano a pochi passi dalla frazione di S'Archittu. La città era costituita da una acropoli (sono visibili i resti delle mura) sul colle di Corchinas e da quartieri artigianali e di abitazioni nelle zone pianeggianti. La città è citata (Kornos) dal geografo Claudio Tolomeo[2] (II secolo) nell'interno dell'isola e viene riportata nell'Itinerario Antonino (Cornos) a metà strada tra Bosa e Tharros. Tito Livio[3] ne parla come della capitale dei nuragici ai tempi della rivolta antiromana di Ampsicora nel 215 a.C., nell'ambito della quale fu conquistata da Tito Manlio Torquato. Divenne municipio in epoca flavia o traianea e fu colonia nel III secolo.[4] Nella città doveva esistere, sul colle di Corchinas, un'area pubblica, forse il foro, dalla quale provengono alcune iscrizioni onorarie.[5] Sono visibili inoltre resti di un impianto termale in opera listata, probabilmente restaurato sotto Graziano, Valentiniano e Teodosio (379-383). Bonifacio, vescovo di Sanaphar o Sanafer (identificata da alcuni studiosi con la diocesi di Cornus),[6] con altri 466 vescovi, tra i quali i sardi Lucifero di Kalaris, Martiniano di Forum Traiani, Vitale di Sulci e Felix di Turris, partecipò nel 484 al concilio di Cartagine che fu indetto da Unerico, Re dei Vandali, con l'intento di convertire i cattolici all'arianesimo. In epoca tardo-antica, poco distante dalla città (frazione di Santa Caterina di Pittinuri) sorse il complesso cristiano di Columbaris, con un vasto cimitero che ha restituito diversi sarcofagi e un primo edificio a pianta basilicale a carattere funerario, preceduto da un battistero (III-IV secolo). Due altre basiliche sorsero nel V-VI secolo, con altre strutture. Il primo nucleo fu abbandonato dopo l'VIII secolo. È raggiungibile dalla Strada Statale 292 Nord Occidentale Sarda, il cui ingresso è situato tra le borgate di Santa Caterina di Pittinuri e S'Archittu. Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
|
Portal di Ensiklopedia Dunia