Dopo quasi due anni di restauro conservativo, il 24 febbraio 2009 la chiesa rinnovata è stata inaugurata con una Santa Messa solenne presieduta dall'arcivescovo di Palermo mons. Paolo Romeo e partecipata da numerosi gesuiti e autorità civili e militari.
1131 maggio, Decreto di Ruggero II di Sicilia, con il quale sancisce l'elevazione del monastero del Santissimo Salvatore ubicato sulla "lingua phari" di Messina a «mandra» o «Mater Monasteriorum» ossia guida di tutti i monasteri basiliani di Sicilia e di Calabria. Pertanto entrambe le abbazie di Santa Maria della Grotta di Palermo e Marsala dipendevano dall'Archimandritato del Santissimo Salvatore di Messina.
1553, Grazie al successo riscontrato nell'insegnamento, con l'intermediazione dell'imperatore Carlo V d'Asburgo,[6] i religiosi ottengono la chiesa di Santa Maria alla Grotta.[9] Ai Gesuiti è riconosciuto il diritto di sedere al ventunesimo posto nel Parlamento siciliano come rappresentanza ecclesiastica, funzione svolta da un procuratore nominato allo scopo.
1564 - 1577, Avvio e costruzione del primo impianto conventuale della Compagnia di Gesù sotto il patrocinio del Senato di Palermo e direzione dei lavori a cura del fratello architetto Giovanni Tristano, «consiliarius aedificiorum» in trasferta da Roma. È mutato il titolo in chiesa dei Santi Filippo e Giacomo[6] per essere in seguito cambiato in chiesa di Gesù di Casa Professa.[6][10] La costruzione della chiesa annessa iniziò contemporaneamente alla casa madre (Casa Professa). La grande costruzione venne ideata da Giovanni Tristano, sul modello della Chiesa del Gesù a Roma con unica navata con ampio transetto e ampie cappelle laterali. Agli inizi del XVII secolo per adeguarla alle esigenze di grandiosità tipiche dell'architettura gesuita, su progetto di Natale Masuccio e Tommaso Blandino furono abbattuti i muri divisori delle cappelle, ottenendo così tre navate.
1604, Demolizione delle chiese e dei manufatti preesistenti compresa la chiesa della confraternita di San Cosma e Damiano. Il luogo di culto sorgeva sull'area corrispondente all'attuale Cappellone, Cappella di San Giuseppe, Cappella di San Francesco Saverio.[10] È altresì aggregata la Grotta di San Calogero. Il luogo era tradizionalmente rifugio di eremiti, in particolare San Calogero dimorò nella grotta: tuttora vi si trovano catacombe paleocristiane.
1606, Il venerabile Antonino Natoli da Patti, autore di diverse grazie e miracoli, visitò a lungo la Chiesa.
1615, Riedificazione del monumento. Rientra nelle possibilità economiche dei Gesuiti il rifacimento e l'abbellimento della chiesa. Completamento della chiesa di Santa Maria della Grotta al Cassaro.
1658, Realizzazione e completamento della cupola. Nel processo d'ingrandimento del cantiere e nella realizzazione di nuovi ambienti si alternano alla direzione dei lavori l'architetto Alfio Vinci, per la cupola Agazio Stoia da Napoli.
1767, Soppressione della Compagnia di Gesù. A Palermo ai gesuiti è riconosciuto il solo compito dell'insegnamento scolastico. In tale contesto la gestione del tempio è affidata al parroco dell'Albergaria.
1781 20 febbraio - 1801 3 giugno, Durante i restauri della cattedrale di Palermo il Capitolo metropolitano e gli uffici parrocchiali sono trasferiti presso Casa Professa che in tale frangente assume il titolo e ricopre le funzioni di Concattedrale.
1866, Leggi eversive. Trasferimento al demanio di tutti i beni. Gran parte dei quadri e degli arredi sono asportati e collocati nel museo nazionale.
1892, Il cavaliere Salvatore Di Pietro, rettore di Casa Professa, ottiene tramite il ministro della pubblica istruzione Paolo Boselli che il tempio sia dichiarato monumento nazionale.
1937, Causa infiltrazioni è decretata la distruzione della volta pericolante e del ricchissimo ciclo di affreschi.
1943 9 maggio, I bombardamenti della seconda guerra mondiale pongono fine all'uso scriteriato dell'insigne monumento. Durante un'incursione una bomba s'abbatté proprio sulla cupola della chiesa causandone il crollo che danneggiò i manufatti interni adiacenti. Andò perduta gran parte delle pitture del presbiterio e del transetto. La cupola fu interamente ricostruita con tecniche moderne che prevedevano l'utilizzo del calcestruzzo armato realizzando una struttura a doppia calotta nervata, dissimulata dai rivestimenti esterni. Il progetto ed i calcoli strutturali vennero redatti dall'ing. Giovanni Crinò (n. 1903).
La facciata rivolta a settentrione,[2][12] nella parte centrale è caratterizzata da un doppio ordine di lesene binate sovrapposte di colore scuro che esaltano il senso di profondità creato dal rilievo prospettico. Semplici lesene delimitano nel primo ordine gli ingressi minori sormontati da nicchie. I due ordini sono raccordati da volute con riccioli verso il basso. Chiude il frontone costituito da timpano ad archi spezzati sovrapposti e fregio centrale con cristogramma retto da volute in rilievo.
Il portale principale è costituito da colonne con capitelli corinzi sormontati da timpano spezzato ad archi sovrapposti, nella nicchia intermedia è collocata l'espressiva Madonna della Grotta,[12] sul cartiglio la dicitura "JESUS VOCATVM EST NOMEN EIUS".
L'inusuale timpano spezzato (sezione tronco sferica intersecata da archi ortogonali) del portale d'ingresso che immette alla navata principale è arricchito con pregevoli opere di Ignazio Marabitti: il Cristo fanciullo e Putti su nimbi posti sotto la piccola volta, le sime arricchite da angeli con ali spiegate, l'intero manufatto sormontato da monumentale cartiglio e stemma con cristogrammaIHS, in alto la finestra con vetrata dedicata a Maria diametralmente opposta a quella di Gesù posta nell'abside.
Prima campata: Cappella delle Sante Vergini. Sull'altare delimitato da colonne in marmo nero con capitelli corinzi è presente il dipinto raffigurante le Vergini. Nelle nicchie laterali e nelle pareti adiacenti sono disposte statue marmoree.
Seconda campata: Cappella dei Santi Confessori. Sull'altare è collocato il quadro dei Santi martiri Giapponesi che ritrae il sacrificio di missionari gesuiti e francescani in Giappone. Dal 1629 compatroni della città di Palermo. Sono presenti due quadroni di Pietro Novelli: San Filippo siriaco esorcizza l'indemoniato e San Paolo eremita e compagni.[2][14]
Terza campata: Cappella dei Santi Martiri. Sull'altare delimitato da colonne in marmo nero con capitelli corinzi sormontato da timpano ad arco spezzati con stemma coronato intermedio realizzato da Francesco Scuto nel 1663, è collocato un dipinto raffigurante San Clemente Papa ritratto tra Santo Stefano Protomartire e San Lorenzo. Sulla parete destra campeggia il dipinto raffigurante la Strage degli Innocenti, sulla sinistra il Martirio dei tre Santi Martiri Giapponesi, opera di Giuseppe Spatafora realizzata nel 1655. Gli affreschi delle volte sono opere di Antonio Grano del 1704.
Addossato al pilastro della navata il pulpito.[15]
Quarta campata: Cappella della Madonna di Trapani.[14] La cappella decorata con marmi mischi, delimitata da colonne in marmo nero, capitelli corinzi, timpano ad arco spezzato e simmetrico con stemma intermedio, ospita nella nicchia la statua marmorea della Madonna di Trapani, opera attribuita a Antonello Gagini. Ai lati sull'esterno, gli intarsi in marmi policromi creano l'illusione prospettica di colonne tortili tridimensionali riccamente decorate, opere di Camillo Camilliani. Alle pareti affreschi attribuiti a Rosalia Novelli: Annunciazione e Purificazione di Maria.
Volta prima campata.
Volta seconda campata.
Volta terza campata.
Cupola Cappella San Luigi Gonzaga.
Navata sinistra
Prima campata: Cappella di Santa Rosalia. Sull'altare delimitato da colonne tortili in marmo nero arricchite da fregio fitoforme, con capitelli corinzi sormontate da timpano ad arco spezzato, è presente il dipinto raffigurante Santa Rosalia con l'abito di monaca basiliana, opera di Vito D'Anna. Peculiarità della cappella sono i pilastri - paraste e le lesene intermedie recanti fregi e decorazioni perfettamente simmetrici e speculari.
Seconda campata: Cappella dell'Immacolata Concezione. Ambiente parimenti conosciuto come Cappella di San Francesco Borgia, realizzato da Mariano Quaranta e Giovanni Travaglia nel 1670 anno di canonizzazione di San Francesco Borgia. Sull'altare il dipinto raffigurante l'Immacolata e San Francesco Borgia, tela di Rosalia Novelli realizzata nel 1663.
Terza campata: Cappella del Sacro Cuore di Gesù. Un tempo primitiva Cappella dei Santi martiri giapponesi. Sull'altare delimitato da colonne tortili ornate da delicate ghirlande in rilievo, con capitelli corinzi e stemma intermedio è presente il dipinto raffigurante il Sacro Cuore di Gesù, opera di Maria Salmeri Lojacono del 1965. L'ovale contenente la sacra immagine è incastonato su lastre di marmo libeccio che formano motivi simmetrici.
Quarta campata: Cappella del Crocifisso.[14] Sull'altare delimitato da colonne in marmo nero con capitelli corinzi sormontato da doppio timpano ad archi sovrapposti e spezzati, è collocato un Crocifisso ligneo su reliquiario barocco. Urna funeraria realizzata da Ignazio Marabitti contenente il cuore di Eustachio di Viefeuilleviceré di Sicilia nel 1747.[14] Sulle pareti adiacenti sono presenti i dipinti della Crocifissione, Invenzione della Santa Croce, Deposizione, Esaltazione della Santa Croce, opere di Orazio Ferraro. L'affresco delle volte raffigura il Trionfo della Croce.
Stucchi prima campata.
Stucchi seconda campata.
Stucchi terza campata.
Cupola.
Transetto
La cupola sorretta da quattro pilastri ornati da Giuseppe Musca e Antonio Candia. La realizzazione originale completata nel 1683 era affrescata da Gaspare Serenari.[16] Collocate su mensole le statue degli apostoli coi rispettivi simboli: San Pietro, San Paolo, San Filippo, San Giacomo,[16] esternamente le raffigurazioni dei quattro elementi: Terra, Acqua, Fuoco, Aria.
Parete destra: Cappella di San Francesco Saverio. Sull'altare delimitato da colonne in marmo nero con capitelli corinzi sormontato da doppio timpano ad archi sovrapposti e spezzati con statua vescovile intermedia, il quadro raffigurante San Francesco Saverio di Federico Spoltore del 1953, in sostituzione del dipinto distrutto dal bombardamento. Sulla mensa un piccolo tempietto in marmo bianco con parti in agata custodisce le reliquie del santo. Realizzata nel 1622[16] e decorata nel 1677 da Paolo Amato, Antonio Grano e Giovanni Battista Ferreri. Nelle nicchie laterali sono presenti le statue di Santa Ninfa e Santa Oliva.
Parete sinistra: Cappella di Sant'Ignazio di Loyola.[16] Proclamato patrono di Palermo nel 1624. Sull'altare delimitato da colonne in marmo nero con capitelli corinzi sormontato da doppio timpano ad archi sovrapposti e spezzati con statua vescovile intermedia opera di Salvatore Valenti, è custodita la statua di Sant'Ignazio di Loyola raffigurato nell'atto di scacciare l'Eresia, opera di Giovanni Maria Benzoni realizzata nel 1856. Nelle nicchie laterali sono presenti le statue di Sant'Agata e Santa Rosalia, insieme alle altre due disposte simmetricamente nella cappella opposta, completano il ciclo delle Sante Vergini Patrone di Palermo. L'ambiente custodisce i sepolcri di Giovanna Aragona Ventimiglia, marchesa di Giarratana e di Anna Balsamo Aragona.
Absidiola destra
Cappella della Sacra Famiglia.[17] Nella lunetta il Padreterno Benedicente fra putti e angeli seduti sul timpano, stucchi di Procopio Serpotta. Le colonne delimitano il dipinto di Antonio Grano raffigurante la Sacra Famiglia.
Esterna: Cappella di San Luigi Gonzaga.[17] Al centro dell'altare costituito da coppie di colonne con disposizione prospettica convessa, il pregevole altorilievo San Luigi Gonzaga[18] opera di Ignazio Marabitti del 1762. Le colonne, architrave, fregio, cornice e frontespizio superiore, parimenti in marmo bianco, lavorati ad arabesco, richiamano alla memoria la famosa opera di Antonello Gagini.[19][20][21]
Nel 1782, assenti i gesuiti da Palermo cacciati cinque anni prima in seguito alla soppressione della Compagnia di Gesù, l'altare di Antonello Gagini è disassemblato per essere destinato alla chiesa di Santa Maria della Grotta al Cassaro del Collegio Massimo dei Padri Gesuiti, ed essere ricomposto nella Cappella di San Luigi Gonzaga. L'altare è privato dei sei tondi laterali con i rilievi dei Profeti, lo scultore Giosuè Durante lo arricchisce con una cornice attorno a rilievo, una fascia scolpita a riquadri, un fregio tra le basi delle colonne e due elementi a completare l'altare in basso. La parte sotto la mensa dell'altare fu modificata da Angelo Italia.[22]
L'altare marmoreo era stato commissionato nel 1516 dal giureconsulto Giacomo Basilicò per chiesa di Santa Maria di Monteoliveto detta «dello Spasimo». L'opera ultimata prima del 1519, incorniciava nella sopraelevazione la tela di Raffaello Sanzio intitolata Andata al Calvario e universalmente conosciuta come Spasimo di Sicilia, nome derivato dal titolo della chiesa. L'opera destinata ad abbellire l'altare maggiore per la Settimana Santa della Pasqua del 1517, dopo un rocambolesco arrivo, finì per adornare la cappella gentilizia patrocinata dalla famiglia Basilicò dopo la scomparsa del committente.
Le nuove fortificazioni della cinta difensiva di Palermo imposero il trasferimento della comunità olivetana presso la chiesa del Santo Spirito detta «del Vespro» nel 1573, identica sorte seguiranno il dipinto e il monumentale aggregato marmoreo. Entrambi i capolavori saranno alloggiati nella Cappella del Santissimo Sacramento dopo l'iniziale ostensione del dipinto sull'altare maggiore. Dopo la collocazione al Cassero nel 1928, con l'intento di trasformare la sede dei Gesuiti in Biblioteca Nazionale, molte delle opere d'arte e altari presenti nel Collegio furono smembrati. Nel 1951 il manufatto gaginiano fu sparpagliato fra il Museo archeologico regionale Antonio Salinas e Bagheria, nella sede della Compagnia di Gesù di villa San Cataldo dei principi Galletti, sede adibita a noviziato e liceo per i giovani studenti gesuiti della provincia religiosa di Sicilia e successivamente in Seminario per le Missioni Estere.
Nel 1986 si completò il censimento dei frammenti, nel 1997 molte parti tornarono allo Spasimo, con l'intento d'essere rimontato nella collocazione originaria, nel 2004 fu definito il progetto per la struttura di supporto, nel marzo 2007 il comune annunziò il via libera ai lavori di restauro. Il capolavoro giace scomposto in circa cinquanta pezzi e conservato nei magazzini del complesso monumentale. Ai giorni nostri il riassemblaggio non è stato ancora posto in essere.
L'attuale altare della Cappella di San Luigi Gonzaga, ripristinato coi restauri post bellici, ricalca verosimilmente le strutture del manufatto gaginesco. Nella temporanea rimodulazione museale anche l'altorilievo seguì le sorti dell'altare per essere incastonato definitivamente nell'attuale edicola.
Absidiola sinistra
Cappella di Sant'Anna.[2] Al centro dell'altare costituito da coppie di colonne con disposizione prospettica convessa, il dipinto raffigurante la Sacra Famiglia con l'Apoteosi della Sacra Famiglia. Cupola affrescata da Pietro Novelli[2][17] e restaurata con duplice intervento da Antonio Grano rispettivamente nel 1697 e 1700. Completa l'ambiente il gruppo scultoreo su marmi mischi raffigurante la Supplica di Gioacchino e Anna e la volta prospettica con Padre Eterno e angeli. Similmente sulla parete opposta il gruppo scultoreo Ringraziamento di Gioacchino e Anna con Maria, volta prospettica con raggiera dello Spirito Santo e putti.
Abside
Abside circolare. Titolare del patrocinio del cappellone la famiglia Moncada dei duchi di Bivona e Montalto erede della famiglia Luna. In seguito titolare del patrocinio la famiglia del Bosco. Le opere sono di Ottavio Melante.[15] Manufatto consacrato da Pietro Galletti vescovo di Patti il 30 settembre 1725.
Altare maggiore.[2] Dietro l'artistico tabernacolo, su un alto piedistallo è collocata la statua del Cristo Risorto.
Sull'architrave dell'ingresso che conduce in sagrestia è inserito un tondo raffigurante Annunciazione. Sulle mensole le figure allegoriche della Fede e della Carità. Nella calotta una bellissima Trinità marmorea con globo crucigero sormontata da ricco stemma inserito sul cornicione. Al secondo ordine, delimitati da lesene con busti, due angeli decorano una vetrata raffigurante Cristo benedicente. Una raggiera con l'Agnus Dei e l'affresco delle Vergine chiudono la maestosa calotta absidale.
Quadroni documentati dell'abside Trasfigurazione e Gesù Cristo (parabola del fanciullo).[2]
a destra Achimelech offre i pani sacri a Re Davide di Gioacchino Vitagliano[27]. Sull'arco il busto Santa Vergine con gli evangelisti Luca e Giovanni.
Ornati e arabeschi di Nicastro di Giovanni e Matteo Ferreri.[17]
Deposizione e Discesa di Cristo al limbo nel presbiterio.
La parte più spettacolare dell'edificio è forse la tribuna dell'abside, ornata dall'Adorazione dei Pastori (1710-1714) e dall'Adorazione dei Magi (1719-1721), bassorilievi marmorei posti sulla tribuna, di Gioacchino Vitagliano su modelli di Giacomo Serpotta.
Gruppo emiciclo sx
Catino absidale
Gruppo emiciclo dx
Abigail placa lo sdegno di Davide
Santissima Trinità
Achimelech e Re Davide
Architettura
L'addobbo interno – “le cui pareti sono coperte da marmi, da tarsie, da statue e da arabeschi senza fine, che debbono aver costata immensa copia di danaro agli ambiziosi Lojolei (da Ignazio di Lojola) i quali ogn'altro tempio vollero mai sempre offuscare nella città colle loro magnifiche chiese” (C. Castone, Viaggio della Sicilia, 1793) – costituisce un importante esempio di fusione tra architettura, pittura e decorazione plastica. Particolarmente vivace è la decorazione a mischio, cioè a tarsie marmoree pregiate, composte a motivi floreali o figurati. Nel romanzo Il Gattopardo viene ricordata una visita a Casa Professa di don Pirrone, il prete di casa Lampedusa, durante una passeggiata palermitana in carrozza del Principe.
Riguardo alla decorazione a marmo mischio dell'abside di Casa Professa, “rappresenta indubbiamente l’apporto più significativo e originale della cultura artistica siciliana alla civiltà del barocco europeo; integrazione dinamica tra architettura, scultura e pittura, secondo la prassi e l'estetica secentesche, animazione ipertrofica di colori e immagini (“in guisa che senza pennello sembra opera di pennello” scrive il Mongitore). Addobbo teatrale articolato attraverso ricchi e complessi sistemi concettuali, la decorazione a mischio e a tramischio (con parti a rilievo) è anche il genere dove con maggiore chiarezza si coglie il carattere distintivo del barocco siciliano: una collaborazione tra architetti e scultori, marmorari e pittori che spesso stabilisce confini assai labili tra le diverse categorie d'artigiani, e che anzi su questa ininterrotta continuità di mestieri fonda la dimensione trionfante del grande cantiere della Palermo barocca, dalla seconda metà del Seicento ai primi decenni del Settecento.
Un'attività così intensa e prolungata esigeva la specializzazione d'intere botteghe spesso a conduzione familiare, e un'organizzazione del lavoro dove il programma concettuale fosse affidato, con una distinzione menzionata nei documenti, a marmorari, a scultori e architetti. Ma al di là dell’animazione brulicante e della ripetizione a moduli verticali derivata dalle grottesche rinascimentali e manieriste, la decorazione a mischio trovava, proprio nella composizione simbolica e dottrinale, la propria unità e il controllo di una vasta iconografia che recepiva ed elaborava un repertorio a cui l’ordine dei Gesuiti aveva dato, lungo tutto il Seicento, un contributo fondamentale recuperando il valore didascalico di molte figure ed episodi dell’arte medievale ed elaborando i modelli proposti da Ripa nella sua Iconologia.La chiesa dei Gesuiti di Casa Professa rappresenta in questo senso l'esempio più complesso e grandioso, il più unitario nella volontà di sottoporre l'intera decorazione a mischio, gli scultori e gli architetti che negli stessi anni prestavano la loro opera ad altre chiese e cappelle, sono chiamati ad approntare il ripetitivo ma variegato repertorio d’immagini ed ornamenti all’esaltazione dottrinale e a ribadire la potenza dell’ordine”.[senza fonte]
Chiostro minore. All'esterno sul fianco destro a ridosso del braccio del transetto è ubicato il chiostro quadrato. I porticati sono costituiti da 5 campate, il cortile presenta una pavimentazione con motivi geometrici.
1587, Fondazione della Congregazione degli Artefici sotto il titolo della «Purificazione della Vergine» presso un oratorio già esistente a sinistra della Casa Professa.
1587, Congregazione degli Artefici sotto il titolo della «Purificazione della Vergine»: sodalizio cattolico fondato presso il primitivo oratorio ubicato a sinistra della Casa Professa.
Compagnia dell'Immacolata e di San Francesco Borgia
1646, Compagnia dell'Immacolata e di San Francesco Borgia: sodalizio cattolico fondato dai Gesuiti.
Una Congregazione dei Ciechi sotto il titolo di «Maria Santissima Immacolata» è documentata nel 1863 dentro la Casa Professa dei Padri Gesuiti.[28]
Oratorio della Santissima Annunziata dei Nobili
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XVII secolo, Ciclo, affreschi raffiguranti San Michele Arcangelo che spiega lo stendardo del trionfo sopra Lucifero e la Beata Vergine Maria coronata dalla Triade, ornati in chiaroscuro, opere documentate nella volta del vestibolo della Congregazione della Santissima Nunziata detta della Sagra Lega, opere di Pietro Novelli.[29][30]
Con la demolizione della chiesa, l'altare, il portale sono assemblati nella Chiesa di Santa Teresa alla Kalsa, altre suppellettili ivi trasferite.
Ospedale di Santa Maria la Raccomandata
Altrimenti noto come Ospedale dei Convalescenti. Nel 1431 l'ospedale è accorpato all'Ospedale Grande e Nuovo.[33]
Le quattro chiese
1149, Gli storici commentatori Agostino Inveges, Tommaso Cannizzaro documentano quasi uniti gli edifici delle quattro chiese sorte verosimilmente sull'area ove in epoca araba erano ubicate le terme pubbliche.[34]
Chiesa di San Michele Arcangelo
La chiesa di San Michele Arcangelo o chiesa di San Michele de' Indulciis,[35][36] è luogo di culto documentato in epoca normanna edificato sulla primitiva chiesa di Santa Maria la Grotta. Struttura oggi adibita a sede della Biblioteca comunale di Casa Professa.
Chiesa antica dei Santi Cosma e Damiano.[6][37] Fino al 1604, anno del trasferimento della Compagnia presso la chiesa di San Rocco, il tempio ospitava la tavola di Pietro Ruzzolone del 1497 raffigurante i Santi Cosma e Damiano.[6]
Confraternita dei Santi Cosma e Damiano
La chiesa e l'oratorio della Confraternita costituivano una parte delle primitive dipendenze della Compagnia di Gesù.[6]
Badia di Santa Maria alla Grotta
Chiesa di Santa Maria de Crypta o Badia di Santa Maria alla Grotta.[38]
Noviziato del Santissimo Sacramento e chiesa di San Stanislao Kostka, fondata nel 1591 presso il Bastione d'Aragona e Porta Guccia.
Quarta Casa
La quarta Casa o Casa di Terza Probazione o Domus propagationis e chiesa di San Francesco Saverio edificate tra il 1633 ed il 1710 al margine sud-occidentale.
Quinta Casa
La quinta Casa di Sant'Ignazio al Molo destinata agli esercizi spirituali o Domus Exercitiorum Spiritualium, costruita nel 1715 lungo la via del nuovo Molo. Dopo l'espulsione e la soppressione del 1767, l'edificio transitò al demanio statale che lo affidò alla Confederazione dell'oratorio di San Filippo Neri affinché vi svolgessero i loro esercizi spirituali.[41] Nel 1774 le strutture sono destinate ad ospitare il quartiere di cavalleria, indi a casa di correzione, nel 1786 destinato nuovamente a quartiere militare. Oggi la struttura è adibita a scuola media.
Villa San Cataldo dei principi Galletti, noviziato, liceo e seminario per le Missioni Estere.
Biblioteca di Casa Professa
La Biblioteca di Casa Professa fu inaugurata il 25 aprile 1775 come appendice della Biblioteca comunale, con sede nelle strutture dei gesuiti, espulsi per decreto regio nel 1767. Custodisce oltre al prezioso corpus di codici membranacei e cartacei, tutti manoscritti da eruditi palermitani compresi tra il Cinquecento e il Settecento, particolare interesse rivestono la preziosa scaffalatura lignea e i circa trecento ritratti di personaggi illustri per l'arte e la letteratura siciliana, realizzati in gran parte da Giuseppe Patania.
Un primo intervento è stato avviato nel settembre 1997 ed ultimato nel giugno 2005.
Un secondo intervento è stato avviato nel 2009 ed ultimato nel dicembre 2016.
Sala Amari,
Sale lignee "Schedari" e "Consultazione",
Sala Cataloghi,
Sale lettura storiche,
Sala Preziosi e Rari,
Emeroteca,
Famedio con collezione di ritratti di Siciliani Illustri,
Chiesa di San Michele Arcangelo, dal 1870 sottratta al culto e usata per custodire i depositi librari,
Chiesa dei Santi Crispino e Crispiniano con i pertinenti spazi esterni e locali adiacenti.
Feste religiose
8 settembre, Festa di Maria sotto il titolo di «Madonna della Grotta».
^ Luca Mansueto, Un contributo per Gioacchino Vitagliano e Giacomo Serpotta. Precisazioni sull’abside del Gesù di Casa Professa a Palermo, in Critica d'Arte, n. 5/6 (gennaio-giugno 2020), 2020, p. 37-49.
^ Maria Carla Ruggieri Tricoli, Costruire Gerusalemme. Il complesso gesuitico della Casa Professa di Palermo dalla storia al museo, Milano, Ed. Lybra, 2001, pp. 133-137.
^Pagina 246, Gioacchino di Marzo, "Diari della città di Palermo dal secolo 16 al secolo 19" [2], Volume VIII, Palermo, Luigi Pedone Laurel Editore, 1871.
Bibliografia
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D. Garstang, Giacomo Serpotta and the Stuccatori of Palermo, 1560-1790, A.Zwemmer Ltd. London 1984.
S. Barcellona, Gli scultori del Cassaro, Ingrana, Palermo 1971, riedito in Scritti d'arte: studi e interventi sulla cultura artistica in Sicilia, a cura di Gaetano Bongiovanni, Brotto, Palermo 1992.
S. Piazza, I marmi mischi delle chiese di Palermo, Sellerio, Palermo 1992, (in part. pp. 37–44).
Maria Carla Ruggieri Tricoli, Costruire Gerusalemme. Il complesso gesuitico della Casa Professa di Palermo dalla storia al museo, Ed. Lybra, Milano 2001.
Luca Mansueto, I pilastri absidali della Chiesa del Gesù di Casa Professa in Palermo, in Karta, anno I (2006), num.4, pp. 10–11.
Luca Mansueto, Un contributo per Gioacchino Vitagliano e Giacomo Serpotta. Precisazioni sull’abside del Gesù di Casa Professa a Palermo, in Critica d'Arte, 9ª serie, anno 78, n. 5/6 (gennaio-giugno 2020), pp.37-49.