VerboIl verbo (dal latino verbum, "parola") è una parte del discorso variabile, che indica un'azione che il soggetto compie o subisce, l'esistenza o uno stato del soggetto, il rapporto tra il soggetto e il nome del predicato.[1] Alcuni esempi in lingua italiana:
L'importanza del verboLa frase, senza verbo, è priva di senso compiuto. Da ogni verbo partono delle domande che richiedono una risposta. Ogni verbo richiama, regge uno o più elementi, detti argomenti. Fra questi argomenti del verbo abbiamo: il soggetto (esplicito, nascosto o sottinteso, inesistente), il complemento oggetto (che è un complemento diretto, non introdotto da alcuna preposizione), e i complementi indiretti. Il verbo è il centro della frase, e questa ruota intorno al verbo. Il verbo è l'elemento che sostiene o regge tutti gli argomenti, che sono perciò dipendenti dal verbo[3]. Categorie grammaticali legate al verboModoIl modo di un verbo indica[4]:
Modi e modalitàIl modo è una forma specializzata, evidenziata da materiale morfologico o organizzata in paradigmi di flessioni, per esprimere alcune fondamentali modalità della locuzione (comando, speranza, certezza, possibilità).[5] Non sempre una modalità è espressa da un modo. Così, ad esempio, in inglese la modalità condizionale non ha un modo dedicato, ma viene espressa perifrasticamente:
I modi, oltre che esprimere modalità, possono avere un ruolo sintattico: così, ad esempio, il congiuntivo, in italiano, opera spesso come marca di subordinazione: Sono sicurissimo che non sia lui: in questa frase, il modo congiuntivo si accompagna a una modalità che esprime massima certezza. TempoIl tempo verbale colloca l'azione in un asse cronologico, tanto assolutamente quanto relativamente a un certo termine. Nel secondo caso il tempo evidenzia tra due frasi del periodo un rapporto di contemporaneità o di non contemporaneità[6]. Bisogna distinguere tra tempo fisico (time in inglese, Zeit in tedesco) e tempo linguistico (tense in inglese, Tempus in tedesco). Il riferimento cronologico espresso grammaticalmente non per forza coincide con quello reale.[6] È ad esempio possibile trovare una frase in italiano in cui il passato prossimo rinvia a un evento futuro:
Sono invece informazioni di ordine pragmatico e non grammaticali a indicarci il rapporto di contemporaneità o di non contemporaneità:
I tempi verbali vengono indicati come "semplici" o "composti" a seconda che siano costituiti da una forma singola o dall'insieme di verbo ausiliare e participio passato.[8] Già Aristotele aveva evidenziato, nel De Interpretatione, l'intrinseco legame fra verbo e tempo: il verbo (rhema) viene definito come la forma che "aggiunge al suo significato il tempo"[9]. Aristotele individua dunque, tra le categorie grammaticali, alcune proprie dei verbi. Per quanto antico, questo apparentamento non è mai stato messo significativamente in discussione. È stato semmai precisato che:
Diatesi"La diatesi esprime il rapporto del verbo con il soggetto o l'oggetto"[11]. Essa può essere:
Aspetto verbaleL'aspetto verbale connota l'atto verbale secondo le marche "della durata, della momentaneità, della ripetitività, dell'inizio o della conclusione di un processo, della compiutezza o dell'incompiutezza dell'azione"[12]. Come accennato, sono entrambe al presente le forme Scrivo e Sto scrivendo, ma la prima ha aspetto durativo, la seconda progressivo. AzionalitàL'azionalità permette di distinguere tra diverse categorie di verbi, a seconda del tipo di evento che essi denotano. È quindi un concetto strettamente legato al significato lessicale del verbo e non dipende dal punto di vista selezionato dal parlante (come invece l'aspetto, con cui spesso l'azionalità viene confusa). Verbi lessicali e verbi ausiliariIl verbo ha la proprietà di imporre all'enunciato una serie di argomenti. Gli argomenti identificano nella clausola i partecipanti all'azione e sono detti elementi "nucleari" perché non possono essere eliminati senza pregiudizio della grammaticalità della frase.[13]
Altri elementi, detti "circostanziali", collocano l'evento descritto da una frase in termini di luogo, tempo, causa, ecc. e possono essere eliminati: esempio per il verbo "cibarsi", sinonimo che non può essere utilizzato per indicare l'azione di nutrirsi, ovvero "io (prima persona) mi cibo", erroneo in italiano e molto comune per via dialettale. La forma corretta è "io mi nutro" con la quale la frase trova il termine e indica l'azione di mangiare fine a se stessa. "Io mi cibo" deve essere seguito obbligatoriamente dal soggetto che è il cibo, esempio: "io mi cibo di broccoli". Dunque la frase " io mi cibo" (fine a se stessa) è scorretta se non affiancata dal nome di cosa si ciba.
I verbi impongono restrizioni agli elementi nucleari, ma non a quelli circostanziali[13]:
Non tutti i verbi possono però imporre argomenti all'enunciato: tale proprietà è tipica dei verbi "lessicali", mentre i cosiddetti "ausiliari" non determinano argomenti nella clausola. La loro funzione è infatti piuttosto quella di determinare grammaticalmente un verbo lessicale.[14] Così, ad esempio, in francese, alcuni usi del verbo venir sono ausiliari:
Ma tanto il francese venir che l'italiano avere hanno valore lessicale o ausiliare a seconda dei casi. Al contrario, in spagnolo haber ha esclusivamente funzione ausiliare:
Sarebbe invece errata una frase come:
Note
Bibliografia
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