Sculture nella città«Nel ’62 tutto era felice nella vita dell’arte. Carandente era riuscito a organizzare a Spoleto la più grande manifestazione di scultura internazionale nella Città. Il massimo godimento mai avuto con tanti scultori nel traffico quotidiano. Il miracolo Carandente si era potuto verificare avendo suscitato l’interesse della cittadinanza, degli industriali e degli artisti [...]. A Giovanni Carandente gli scultori del mondo saranno sempre grati e Spoleto resterà unica. Come mai un accordo così possibile e meraviglioso può restare irripetibile?» Sculture nella città è stata una mostra/allestimento a cielo aperto che ha visto la città di Spoleto trasformata in "Città Museo" nell'estate del 1962, nell'ambito della V edizione del Festival dei Due Mondi. Costituisce uno degli episodi più salienti della scultura internazionale del XX secolo.[senza fonte] Ideazione e progettoIl direttore artistico delle Arti Visive del Festival dei Due Mondi, Giovanni Carandente, chiede ad alcuni artisti contemporanei di creare delle opere da esporre in città, en plein air, e di donarle poi a Spoleto[1]. L'iniziativa, avallata con entusiasmo da Gian Carlo Menotti, ma con non poca preoccupazione in merito alla copertura finanziaria, viene intitolata Sculture nella città. Maestri del dopoguerra espongono negli spazi esterni, in modo da coniugare la bellezza antica e quella moderna. Nel pieno rispetto per il patrimonio storico e artistico della città, le opere di 53 tra i più noti scultori del XX secolo vengono collocate nelle strade, tra le case, nei giardini, nelle piazze, nei vicoli, lungo le pendici della Rocca Albornoziana; in totale 104 sculture di artisti di tutto il mondo appaiono ovunque. Ogni scultura è posta in un luogo adatto, che deve saperla comprendere e valorizzare. È il primo evento globale che relaziona una città ad alto valore storico con opere contemporanee[2]. Spoleto con i suoi spazi e scorci, diventa museo e l'arte, non più sistemata e racchiusa in quattro mura, vive laddove si svolge la vita di ogni giorno, è alla portata di tutti, esperti e no, e può essere toccata oltre che vista. Importante, per la riuscita dell'impresa, è la collaborazione dell'architetto Alberto Zanmatti che disegna tutte le basi per le sculture. Giovanni Carandente così parla dell'evento: «Spoleto è una città particolare nella quale il tracciato urbanistico antico si svolge senza soluzioni di continuità dal tempo preromano al Seicento. (...) Il fatto che si ergessero sia pure temporaneamente nelle strade e nelle piazze della città antica sculture moderne più che significare il proseguimento della prassi delle mostre di sculture all'aria aperta, per lo più situate in spazi verdi, voleva rinnovare la consuetudine rinascimentale della commissione urbana (Firenze docet!). Ma nel 1962 a Spoleto si volle anche sperimentare qualcosa d'altro, in che misura, cioè, potessero convivere un contesto architettonico esemplare e le forme a quel momento più attuali della scultura mondiale.» Per l'occasione Carandente invita il fotografo Ugo Mulas a ritrarre gli artisti, durante il lavoro nelle officine, e le opere nelle diverse collocazioni. Mulas coglie il singolare aspetto che le vie di Spoleto assumono: la gente intenta alle occupazioni di sempre e sullo sfondo le immobili presenze delle sculture. Grazie a lui l'avvenimento gode di un'ingente documentazione fotografica,[3] in parte pubblicata trent'anni dopo dallo stesso Carandente nel volume Una città piena di Sculture (1992) e quarantacinque anni dopo in Sculture nella città. Spoleto 1962 (2007). Nasce così uno dei complessi fotografici più importanti della storia dell’arte moderna.[senza fonte] L'Italsider, la maggiore industria siderurgica italiana di allora, mette a disposizione le proprie officine, da Bagnoli a Piombino, da Lovere a Cornigliano, da Savona a Voltri, perché, seguendo i più normali metodi operativi in atto al loro interno, dieci fra gli scultori invitati vi costruiscano, con i materiali delle officine e con l'aiuto degli operai, le sculture monumentali per la città. La rivista aziendale dell'Italsider contribuisce all'iniziativa con propri servizi fotografici. L'esperimento viene definito "leggendario" dalla stampa internazionale[4]. Le fotografie vengono pubblicate sulla stampa di tutte le lingue, perfino araba[5]. Il successo è tale che, nelle settimane successive al termine del Festival, le sculture presenti riescono ancora a destare l'interesse del pubblico e della stampa, e sono numerose le troupe cinematografiche provenienti da tutto il mondo pronte a immortalare l'evento. Solo alcune sculture rimangono patrimonio della città di Spoleto, le altre vengono smontate e riconsegnate agli autori. Nel periodo settembre-dicembre 2015, dopo 53 anni, la Fondazione Pomodoro ricorda Sculture nella città e celebra Giovanni Carandente con una mostra intitolata "Tutto è felice nella vita dell'arte". Negli spazi milanesi della fondazione vengono esposte fotografie di Ugo Mulas, bozzetti e modelli delle opere che vennero effettivamente collocate a Spoleto[6]. Gli artisti presenti e le opere
Opere donate a SpoletoLa Colonna del viaggiatore di Arnaldo PomodoroLa Colonna del viaggiatore segna il passaggio di Pomodoro alla scultura volumetrica. Alta 6 metri con 60 cm di diametro, realizzata in acciaio, è la prima opera di grande mole realizzata dallo scultore. Conclusa la mostra del 1962, l'opera viene generosamente donata alla città dall'artista, il quale riceverà poi un numero crescente di commesse, tanto che oggi le sue sculture di grande mole si ergono in diverse città del mondo, quali Roma, New York, Tokio, Mosca e Los Angeles. Posta originariamente all'incrocio tra via Flaminia e viale Trento e Trieste, è stata rimossa per un lungo periodo. È stata di nuovo collocata nello stesso luogo nel luglio del 2014. Colloquio spoletino di Pietro ConsagraPietro Consagra realizza due opere per Spoleto:
Spoleto 1962 di Nino FranchinaL'artista siciliano Nino Franchina per l'occasione realizza tre opere:
Stranger III di Lynn ChadwickLo scultore inglese invia Stranger III, un bronzo del 1959 che regala a Carandente. Accetta poi che questi ne faccia dono alla città e, ritenendo la collocazione particolarmente felice e suggestiva, concorda di lasciarla per sempre dove ancora si trova, al termine della scalinata, (via dell'Arringo) che conduce in piazza del Duomo. L'opera, appartenente ad una nutrita serie dallo stesso titolo, si ispira a forme antropomorfe. L'artista invia anche un disegno per la base. Dopo un lungo restauro, nel 2007 torna ad elevarsi sul muro prospiciente la piazza del Duomo. Chadwick espone anche Two winged figures, composta da due forme in ferro dipinto, una nera e una gialla, realizzate nelle officine di Cornigliano. Il dono di Icaro di Beverly PepperL'opera, in ferro e acciaio, viene progettata nel 1962 dall'artista americana Beverly Pepper, la quale per la prima volta si cimenta nell'arte della scultura presso le officine Italsider di Piombino. Realizza altre due opere quali Sculture (Nature in iron) e Mobile (Leda). Il dono di Icaro è collocata ancora oggi nel luogo per il quale è stata creata, presso l'ingresso sud della città, sul prato antistante la Chiesa di San Rocco. Evoca un volo nel cielo quale anelito di libertà e di elevazione delle proprie possibilità. In una lettera del 1963 al sindaco di Spoleto Gianni Toscano, l'artista offre in dono la scultura in cambio di un appartamento dove allestire uno studio e poter quindi lavorare a Spoleto. Questo sarebbe stato un passo verso la realizzazione del progetto Carandente volto a creare un centro per artisti a Spoleto. Beverly Pepper ha poi scelto Todi come sua residenza italiana[10]. Le Affinità Patetiche di LeoncilloSono due elementi in terracotta smaltata ingobbiata, montati su basi in legno:
Vengono posizionate a ridosso delle absidi della Chiesa di Sant'Eufemia. La scultura, il cui titolo si riferisce a Le affinità elettive di Goethe, viene ritenuta dagli storici dell'arte una delle opere fondamentali di Leoncillo. Datata 1962, nel pieno della carriera artistica e caratterizzata dallo stile informale, l'opera si pone come sintesi tra l'ispirazione intellettuale dell'artista e la forma plastica astratta: due figure come metafora dell'umana esistenza e del rapporto patetico, cioè appassionato, tra i due sessi. È stata acquistata nel 2000 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto e concessa in comodato d'uso al Museo Carandente, Palazzo Collicola - Arti visive, che la ospita in una sala interamente dedicata a Leoncillo. Teodelapio di Alexander CalderIl Teodelapio di Alexander Calder, prodotta per l'occasione diventa opera simbolo di questa mostra; l'artista crea una delle più grandi sculture moderne in ferro fino ad allora realizzate (alta 18 metri, larga 14 per un peso di circa 30 tonnellate). Il monumentale stabile[11] viene eseguito negli stabilimenti Italsider a Savona e viene chiamato Teodelapio dal nome di un antico duca longobardo. Fino ad allora nessuno aveva mai pensato a uno stabile tanto grande da riempire un'intera piazza, capace di inquadrare nell'arcata delle sue lamiere di ferro l'intero prospetto di una città. Nel 1962 Teodelapio è la più alta scultura in ferro del mondo. (Verrà superata da El Sol Rojo, alta 20.5 metri, costruita per i Giochi olimpici di Città del Messico nel 1968). Giovanni Carandente viene nominato conservatore a vita dello stabile[12]. Dopo il Teodelapio altri stabiles di Calder e altre sculture monumentali di molti altri autori si sono moltiplicati nelle città di ogni continente. Altre sculture in cittàIsamu NoguchiNel 1968 sulla scia del successo di Sculture nella città, anche Isamu Noguchi scultore, architetto, designer, scenografo statunitense di origine nipponica, volle offrire una sua proposta:
Il progetto, affidato agli architetti Buckminster Fuller e Shoji Sadao, è un gioco per bambini e allo stesso tempo un'opera d'arte. Fu difficile trovare un'azienda che la realizzasse. Per interessamento dell'architetto Alberto Zanmatti si ottenne la disponibilità di una ditta di Roma, che realizzò in cemento la scultura modulare dipinta di rosso. In occasione dell'XI Festival dei Due Mondi fu installata in piazza del Duomo, poi ai Giardini della Passeggiata, quindi in piazza Collicola, in una apposita piattaforma di fronte alla entrata del Museo Carandente. È ora collocata nel giardino di Palazzo Collicola. Anna MahlerFiglia del famoso musicista Gustav Mahler, Anna Mahler ha vissuto e lavorato a Spoleto negli ultimi vent'anni della sua vita. Le opere donate alla città:
Agapito MiniucchiNato a Rocca Sinibalda il 26 settembre 1923, Agapito Miniucchi vive e lavora a Narni e Todi. Muore a Terni l'8 marzo 2023[13]. Nel 1989 dona a Spoleto:
Cristina BonucciNasce nel 1965 a Spoleto dove vive e lavora. Nel 2000 progetta la sua prima grande scultura destinata a spazi aperti:
+50. Sculture in città tra memoria (1962) e presente (2012)Nel 2012, a cinquant'anni dalla grande mostra del 1962, il Comune di Spoleto celebra la scultura contemporanea attraverso le opere di una cinquantina di artisti italiani dislocate tra il Museo Carandente e vari luoghi della città. Fra loro: Giovanni Albanese, Robert Gligorov, Michelangelo Galliani, Gehard Demetz, Affiliati Peducci/Savini, Cristiano Chiarotti, Andrea Pinchi, Adrian Tranquilli, Franco Troiani, Jeffrey Isaac, Gaetano Bodanza, Michele Manzini, Michele Ciribifera, Mario Consiglio, Lucio Perone, Mario Cuppone, Raul Gabriel, Carlo Moggia, Umberto Cavenago, Silvano Tessarollo, Dario Ghibaudo, Peppe Perone, Karpuseeler, Maurizio Savini, Marcello Maugeri, Oliviero Rainaldi, Alessandra Pierelli, Angelo Bucarelli, Franco Menicagli, Matteo Peretti, Alex Pinna, Antonella Zazzera. Note
Bibliografia
Rassegna stampa del 1962La stampa di tutto il mondo accorre a Spoleto incuriosita e ne scrive entusiasta, mentre quella italiana rimane fredda, quando non addirittura ostile e polemica nei confronti dei "mostri", come vengono definite le sculture. Elenco dei principali articoli usciti nel 1962:
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