Scultura e psicheLa scultura e la psiche umana furono per la prima volta messe in stretta relazione fra di loro da Sigmund Freud, che mise in evidenza come entrambe utilizzassero tecniche "estrattive", la prima facendo scaturire forme artistiche dalla nuda pietra mentre la seconda, attraverso la tecnica psicoanalitica, scavando nella mente umana ed estraendo turbe e problemi con il fine di chiarire e rasserenare l'animo[1]. La posizione freudianaDurante la conferenza del 12 dicembre del 1904 presso il Collegio Medico di Vienna Freud fu attaccato, dopo la sua relazione sulla tecnica psicoanalitica, da alcuni colleghi con l'accusa che la psicoanalisi fosse una tecnica di tipo suggestivo. Freud, quindi, aveva risposto paragonando la psiconalisi alla scultura che sta dentro la pietra, ovvero una tecnica che estragga una realtà preesistente che deve essere scoperta, mentre paragona l'ipnosi alla pittura, ovvero ad una tecnica che ricopre la realtà esistente e che può modificarla a piacimento ricoprendo lo "strato" di realtà precedente. Simona Argentieri nella presentazione del libro Psicoanalisi e psicoterapia, Il medico che scrive conferma e commenta la passione di Freud per l'archeologia in genere, e la scultura in particolare[2][3] che per lui era divenuta oggetto non solo di studio ma anche di raccolta amatoriale. Dopo la morte di Freud la sua collezione di sculture sarà trasportata e conservata nel Freud Museum di Londra[4]. Il Sacro e la sculturaIl senso del sacro di cui è pervasa nei suoi diversi aspetti la scultura, analizzata a fondo in relazione alla psiche ed alla sua evoluzione, porta alla riscoperta di ricordi e sensazioni molto antiche nella mente che si riferiscono spesso all'oggetto d'amore primario (figura materna) idealizzato, o a situazioni in cui in qualche maniera il concetto del "dio" è collegato a persone esistenti nella realtà, idealizzate nel ricordo e sublimate nella scultura. Sotto tale aspetto, le innumerevoli rappresentazioni della Madonna sono una sublimazione dell'amore filiale. «Al di fuori del processo psicoanalitico, la creatività, nelle sue diverse espressioni, è un modo di superare la perdita dell'oggetto primario o "pre-oggetto" trasformandolo in un oggetto vero e proprio.[5]» L'oggetto primario è l'"oggetto d'amore primario", tecnicamente detto, ovvero la figura materna che accudisce il figlio nelle primissime fasi della vita ed in certe situazioni psichiche che possano riportare a parti antiche del vissuto in un adulto. A titolo esemplificativo ricordiamo il tipo di rapporto che unì Michelangelo e Vittoria Colonna[6]. Nel paragrafo successivo sono riportate alcune raffigurazioni scultoree inerenti al "sacro", il mito e la "figura guida". AntichitàAlcune considerazioni sulla scultura arcaica introducono al senso del "sacro" e dell'evoluzione umana che si lega alle arti plastiche. «Infatti vediamo che i popoli di ipotetica tradizione musteriana e i popoli con scultura hanno avuto uno sviluppo ben diverso, praticando agricoltura e allevamento, edificando, inventando scrittura e leggi[7]»
Le Veneri del paleolitico potevano essere considerate una forma di arte sacra. «La religione era la causa, non il risultato delle raffigurazioni femminili...[8]» Come nello stesso filone si può inscrivere la Dea dei serpenti, dea riferibile a rituali della fecondità, così come la precedente micenea Dea Madre (ovverosia della fertilità) databile al V-IV millennio a.C.[9], l'ancor precedente Grande Madre,la successiva latina Cerere, la Mater Matuta e la fenicia Astarte. Cerere spesso veniva messa a protezione dei campi, simboleggiata in una semplice pietra grezza. In una serie di culti religiosi la donna è collegata all'accudimento della prole, alla buona fortuna, alla fertilità, al piacere e all'accompagnamento, il tutto sublimato in una rappresentazione scultorea e/o petrigna di carattere sacro. Anche la scultura nell'Antico Egitto si legava alla rappresentazione del "sacro" e della sacralità nelle sue varie forme (dei e faraoni) utilizzando materiali durissimi come granito e basalto per dare il senso dell'eternità, al punto che vi era una intera città di alcune migliaia di abitanti, scalpellini e scultori, dedicata a simile lavoro. Nelle tombe dei faraoni venivano poste piccole sculture di donna per accompagnare ed allietare il defunto nell'aldilà. Sono chiamate le "concubine del morto"[10] «...e statue di concubine, la cui funzione era quella di rallegrare il morto nell'aldilà: spesso erano mancanti dei piedi, proprio per costringere la concubina a rimanere presso il defunto.....[11]» A questo proposito, in tempi più vicini, vedasi la parte monumentale del cimitero di Staglieno. In essa viene evidenziato il rapporto eros-tanatos con espressioni di tipo liberty e con figure di angeli che ricordano il ruolo delle succitate concubine del morto. Figure di angeli e la stessa morte, talvolta, sono rappresentati come affascinanti figure femminili che "rapiscono" il defunto. Talvolta le forme femminili dell'"angelo" o se si preferisce dell'accompagnatrice nell'aldilà sono sfumate, quasi evanescenti. Per quanto riguarda la cultura greca antica basti dire che Efesto è il fabbro scultore.[12][13] D'altro canto Graziela Magherini in Psicoanalisi ed esperienza estetica, un modello interpretativo prende ad esempio Pigmalione sottolineando il rapporto dello scultore col "dio"(specificatamente con il dio Donna) di cui assume le caratteristiche creando la vita. Anche Émile-Antoine Bourdelle, parlerà del rapporto fra scultore e "dio" nella realtà pratica del lavoro scultoreo come sensazione mentale intrinseca dello scultore al lavoro)[14]. «Uno dei miti più antichi, quello di Pigmalione collega direttamente lo scultore agli dei: vorrei iniziare con un riferimento mitico, il mito di Pigmalione. Pigmalione è il re di Cipro che si innamora di una statua di avorio raffigurante una donna. Il re era anche scultore e aveva creato ad arte la statua più bella di qualsiasi donna vivente. Catturato dalla passione per questa statua, chiese ad Afrodite, durante una festa della Dea, di accordare vita e realtà alla statua. Tornato a casa si avvicinò alla sua opera, la sentì vibrare, la sentì vivere; la sposò e ne ebbe una figlia.» Nel mondo dell'antica Roma, a titolo esemplificativo, Adriano fece scolpire invece un torso del suo concubino preferito, Antinoo, in basalto verde, fra le molte altre rappresentazioni scultoree di Antinoo, morto suicida[15], in positura da semidio. Il materiale utilizzato, pietra durissima, oltre a simboleggiare il tentativo di richiamare all'eternità il suo amore per l'amante fa assurgere Antinoo stesso al rango del dio, Osiride, coerentemente col senso di eternità che la pietra basaltica, praticamente inattaccabile da tempo ed intemperie, ispira. Considerazioni ed ipotesi di alcuni "addetti ai lavori"Oriol Bohigas parla dell'interesse a sé stante suscitato dalla scultura: «Negli ultimi anni si è andato sempre più insistentemente ripetendo che la scultura, la pittura, le belle arti,debbono intervenire nella configurazione dell'ambiente. Io penso, invece, che la scultura abbia valore molto più in se stessa di quanto ne possa avere con una sua partecipazione alla configurazione dell'ambiente[16]» Oriol Bohigas focalizza il rapporto personalizzato e singolo fra opera e fruitore. Queste impressioni e le altre sotto riportate introducono al concetto del "sacro", al concetto di scultore in rapporto con il "dio" o gli "dei" ed al concetto di rapporto privilegiato fra fruitore ed opera. A tali concetti si riallacciano anche le considerazioni legate a situazioni mentali coerenti col modello e la figura "guida" di Henry Moore[17], come asserisce egli stesso e come conferma Herbert Read[18][19] parlando di arte contemporanea e in particolare di Moore. «Per Herbert Read, in Henry Moore il corpo femminile diventa espressione del significato stesso della vita[20]» Prosegue Oriol Bohigas: «Perciò le sculture che mi piacciono di più, nella città, sono le sculture dedicate a un generale, un poeta, un rivoluzionario... la scultura ha ancora una missione di simbolizzazione, di significazione rimemorativa; può, dunque, rivendicare una presenza autonoma...» Oriol Bohigas ritorna sul concetto di ricordo, sublimazione e guida ed ancora sottolinea questo aspetto indipendentemente dall'ambiente circostante, cioè, nuovamente, il rapporto diretto ed "unico" fra fruitore ed opera. La figura guida di Henry Moore è la Donna, che come ha confessato anche Arturo Martini, pur con sensazioni infantili nella sua mente, diverse da Moore, risulta essere indicatore del retroterra psichico presente nella sua stessa opera. Confessa Martini nei Colloqui, che nei suoi nudi riecheggia una perturbante suggestione infantile incisa a fondo nella sua memoria «A due anni, a casa mia una stanza era stata affittata ad una prostituta… una mattina, scesa sul canale, si alzò le sottane… Visione del grande deretano sui tronchi delle cosce, bianco, che esplode. Questo tempio. Tutte le mie donne sono quella rivelazione[21]» Martini associa al "sacro", il corpo della donna e "scolpisce mirabilmente" con parole il concetto.[22] In tempi assai più recenti invece, lo scultore genovese che ha lavorato presso ospedale psichiatrico di Genova riscopre ed integra un pensiero-sensazione di Émile-Antoine Bourdelle[23], focale per il rapporto Scultura-Psiche-sacralità. «...concetto del "dio", come può congegnarsi il meccanismo della frustrazione. "Grande nudo femminile" di Viani... figura di donna a gambe esasperatamente allargate, formanti un ponte in cui il busto è talmente compresso da perdere quasi completamente ogni connotazione femminile, ricorda il "dolmen"... rappresentazione del concetto del "dio": grande, che sovrasta, ma con la possibilità di accogliere...[24]» ed ancora in relazione più stretta con l'"appunto" di Émile-Antoine Bourdelle «L'effetto "magico" si ottiene" staccando" senza sfumare l'opera nella realtà circostante, cosa che succede quasi inevitabilmente con la scultura: tale effetto conduce a "cristallizzare" il tempo: da ciò il dio[25]» Il caso MichelangeloIl "caso" Michelangelo per quanto riguarda il retroterra psichico di un artista è stato affrontato in diversi periodi e da diversi autori anche a causa dell'importanza dell'opera dello scultore. Alcuni lavori sono ritenuti importanti sia per l'accuratezza del contenuto sia per l'alto grado di specializzazione nel campo psichiatrico degli autori stessi. In tal modo sono considerati i lavori delle psicoanaliste Simona Argentieri[2] e Graziella Magherini, nel particolare esperta di studi Michelangioleschi[26]. I problemi relativi all'omosessualità e al vandalismo vengono correlati al vissuto personale di Michelangelo ed alle situazioni mentali derivanti nonché al loro processo di sublimazione artistica attraverso la scultura. Di particolare interesse per il lavoro di analisi e conclusioni, risultanti correlate a quelle delle succitate autrici, seppur su soggetto diverso, è il lavoro dello psichiatra-psicoanalista Luca Trabucco su Edvard Munch[27]. Note
Bibliografia generale
on Wilfred Bion, Torino 16-19 luglio 1997.
Torino 16-19 luglio 1997.
Collegamenti esterni
|
Portal di Ensiklopedia Dunia