Considerato uno dei più forti difensori tedeschi della storia,[1] occupa la 94ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista specializzata World Soccer.[1] Fu insignito del Pallone d'oro 1996, premio raramente riservato a un giocatore del suo ruolo, dopo essersi laureato campione europeo con la propria nazionale. Durante la sua carriera da giocatore ha vinto inoltre una UEFA Champions League nell'edizione 1996-1997 con il Borussia Dortmund.
È figlio di Klaus, anche lui calciatore. Sposato, ha tre figli.[2]
Durante la militanza nella Dinamo Dresda, club all'epoca controllato dalla Stasi, fu forzatamente costretto ad affiliarsi alla polizia segreta dell'allora Repubblica Democratica Tedesca – chiarendo «di non aver mai dovuto spiare nessuno, di non aver mai visto un'arma e di non aver mai partecipato a un'esercitazione» –, ciò per non vedersi precluso il prosieguo della carriera; anche alla luce del precedente che aveva coinvolto il padre Klaus, il quale, rifiutatosi a suo tempo di entrare nel SED, il partito unico della Germania Est, si era visto estromesso dalla nazionale e di fatto costretto a chiudere la carriera agonistica.[3]
Caratteristiche tecniche
Giocatore
Fu un calciatore che rese al meglio in compiti prettamente difensivi, inizialmente come centrocampista e in seguito reinventandosi «con eccellenti risultati» come libero; ciò nonostante si rivelò anche discretamente prolifico sottorete, grazie a frequenti sortite nell'area avversaria. Molto dotato tecnicamente, mostrò inoltre visione di gioco e carisma da leader.[4]
Carriera
Giocatore
Club
Dopo aver giocato dal 1985 al 1990 con la squadra della sua città, la Dinamo Dresda, con cui colse due coppe e due campionati della Germania Est oltre a raggiungere le semifinali della Coppa UEFA 1988-1989,[4] con l'avvenuta riunificazione tedesca passò allo Stoccarda, diventando così il secondo giocatore dell'ormai disciolta DDR (dopo Ulf Kirsten) a firmare per un club dell'ex Germania Ovest. Rimase in biancorosso per un biennio, vincendo nella stagione 1991-1992 il suo primo titolo tedesco.
Nel frattempo, già nel 1991[4] fu acquistato dall'Inter per 9 miliardi di lire,[5] ma stante il limite di 3 stranieri per squadra all'epoca vigente in Serie A, il calciatore poté approdare in nerazzurro solo nell'estate 1992.[4] La sua esperienza a Milano si rivelò breve e non certo memorabile: nonostante emerse presto tra i migliori stranieri del campionato, Sammer pagò dissidi tattici con il tecnico Osvaldo Bagnoli (il quale mal sopportava i suoi sganciamenti offensivi), e soprattutto il mancato ambientamento extrasportivo alla realtà italiana.[4]
Già nel gennaio 1993 spinse quindi per tornare in Germania,[4] venendo prelevato dal Borussia Dortmund per 9,5 miliardi di lire.[5] Militò nelle file giallonere fino al 1998, contribuendo a uno dei maggiori periodi di gloria della squadra: a Dortmund vinse infatti due campionati tedeschi nel biennio 1995-1996, mentre in campo internazionale sollevò nel 1997 la Champions League e la Coppa Intercontinentale. Si ritirò dall'attività agonistica a causa di una grave infezione contratta in seguito a un'operazione di routine al ginocchio, e per la quale rischiò addirittura la vita.[6]
Nazionale
Dopo la trafila compiuta nelle nazionali giovanili orientali, cogliendo anche un terzo posto con la Germania Est Under-20 al mondiale di categoria del 1987, già l'anno precedente aveva debuttato nella nazionale maggiore orientale con cui metterà a referto 23 presenze, e di cui sarà l'ultimo capitano nonché l'autore delle ultime reti della sua storia, nell'amichevole di Bruxelles del 12 settembre 1990 contro il Belgio e vinta 2-0 grazie alla sua doppietta.[7]
In totale collezionò 74 presenze con le divise delle due nazionali tedesche.
Allenatore e dirigente
Dal 14 aprile al 30 giugno 2000 è vice di Udo Lattek al Borussia Dortmund. Il successivo 1º luglio diventa allenatore dei gialloneri, con cui vince una Bundesliga e raggiunge la finale della Coppa UEFA 2001-2002. Il 31 maggio 2004 rescinde il contratto con il club di Dortmund[9] per passare sulla panchina dello Stoccarda,[10] da cui viene esonerato (pur se la società parla di addio consensuale) il 3 giugno 2005 a fronte della mancata qualificazione alla UEFA Champions League.
Il 1º aprile 2006 diventa direttore sportivo della nazionale tedesca.[11][12] Il 31 maggio 2008 rinnova l'accordo con la federazione calcistica tedesca (DFB), divenendo anche supervisore della sezione giovanile,[13] prima di lasciare l'incarico il 1º luglio 2012.
Il giorno dopo diventa direttore sportivo del Bayern Monaco.[14] Lascia il club il 10 luglio 2016, adducendo motivi di salute: sotto la sua gestione i bavaresi hanno vinto undici titoli in quattro anni, tra cui la UEFA Champions League 2012-2013.[15] Il 1º aprile 2018 torna a collaborare con il Borussia Dortmund in veste di consulente esterno.[16][17]