Helianthus tuberosus
Helianthus tuberosus L., 1753, noto con i nomi volgari di topinambur, tupinambo,[2] carciofo di Gerusalemme, girasole del Canada, rapa tedesca o elianto tuberoso[3][4], è una pianta del genere Helianthus con infiorescenza a capolino. Pianta erbacea perenne con tubero sotterraneo originaria del continente americano. Il tubero è usato in gastronomia ed è noto con il nome di topinambùr, presumibilmente derivato dalla francesizzazione del nome della tribù sudamericana dei Tupinamba, alcuni membri della quale furono presentati a Parigi nel 1613. I venditori della pianta sfruttarono il grande scalpore suscitato da questo evento rinominando il prodotto, proveniente in realtà dal Canada, per aggiungere del fascino esotico.[5] EtimologiaIl nome generico (Helianthus) deriva da due parole greche: "helios" (sole) e "anthos" (fiore) in riferimento alla tendenza di alcune piante di questo genere a girare sempre il capolino verso il sole[6][7], nota come eliotropismo. L'epiteto specifico (tuberosus) indica una pianta perenne il cui organo di sopravvivenza è un tubero. Il binomio scientifico attualmente accettato (Helianthus tuberosus) fu proposto da Carl von Linné (1707 – 1778), biologo e scrittore svedese, padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753[8]. DescrizioneÈ un'erbacea perenne con il fusto che può superare 3 m di altezza. La forma biologica della specie è geofita bulbosa (G bulb)[9]. Si tratta di piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati tuberi, organi di riserva che annualmente producono nuovi fusti, foglie e fiori. Altri autori definiscono la forma biologica come geofita rizomatosa (G rhiz)[10]. RadiciLe radici sono fascicolate, di tipo secondario a partire dal rizoma[10]. TuberoIl tubero è commestibile, perciò è anche chiamato patata topinambur. Fusto
FoglieLe foglie sono a disposizione opposta nella parte bassa del fusto e a disposizione alterna nel resto della pianta oppure anche verticillate per tre (carattere non costante). Sono intere e ristrette alla base, picciolate con piccioli cigliati alla base (a volte i piccioli sono quasi alati). In quelle inferiori la forma è largamente ovata o cordiforme, mentre quelle superiori sono oblunghe o lanceolate, sempre con apice acuminato. I margini sono dentellati. La superficie è ruvida, percorsa da tre nervi; il colore è verde scuro. Dimensione delle foglie: larghezza 5 – 8 cm; lunghezza 8 – 15 cm. Lunghezza del picciolo: ¼ della lamina fogliare. InfiorescenzaLe infiorescenze sono capolini terminali eretti e sub-corimbosi su peduncoli non ingrossati, da 3 a 15 per pianta. Non tutti raggiungono la fioritura. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo sorregge un involucro emisferico composto da più brattee (o squame) a disposizione embricata, poste in diverse serie che fanno da protezione al ricettacolo lievemente convesso e munito di pagliette avvolgenti i semi[7], sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: quelli esterni ligulati (da 10 a 20) di colore giallo, disposti in un unico rango; quelli interni tubulosi (oltre 60) di colore arancione o giallo scuro. Le brattee dell'involucro (da 22 a 35) sono verde scuro (si scuriscono ulteriormente durante la fase di essiccazione), lanceolate e setolose (cigliate) ai margini. Diametro del capolino 3 – 9 cm, lunghezza del peduncolo 1 – 15 cm. Dimensione dell'involucro: larghezza 8 – 12 mm, lunghezza 10 – 25 mm. Dimensione delle brattee: larghezza 2 – 4 mm, lunghezza 8,5 – 15 mm. FioreI fiori sono simpetali, zigomorfi (quelli ligulati) e attinomorfi (quelli tubulosi), tetra-ciclici (formati cioè da quattro verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (calice e corolla formati da cinque elementi). Sono inoltre ermafroditi: i fiori del raggio (quelli ligulati) sono sterili; quelli del disco centrale (tubulosi) sono bisessuali.
FruttiI frutti sono acheni sormontati da un pappo formato da due squame (o denti) lineari-acute e precocemente caduche[12]. Biologia
Distribuzione e habitat«Entro i manipoli qua e là sparsi / dei topinambùr lungo gli argini /
FitosociologiaDal punto di vista fitosociologico la specie appartiene alla seguente comunità vegetale:
TassonomiaLa famiglia di appartenenza di H. tuberosus (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) è la più numerosa del mondo vegetale: comprende oltre 23 000 specie distribuite su 1 535 generi[16] (22 750 specie e 1 530 generi secondo altre fonti[17]). Il genere di appartenenza (Helianthus) è composto da circa 50 – 70 specie secondo i vari autori. VariabilitàHelianthus tuberosus è variabile (dato anche l'alto numero cromosomico) e probabilmente è in parte derivato da ibridazioni poliploidi di altre specie come Helianthus pauciflorus e Helianthus resinosus[15]. IbridiCon la specie Helianthus pauciflorus la pianta di questa voce forma il seguente ibrido interspecifico[18]:
SinonimiQuesta entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:
Specie similiIl topinambur ha un fiore molto caratteristico, difficilmente confondibile con altre specie. Di seguito brevemente le altre specie dello stesso genere presenti spontaneamente sul territorio italiano[13], tutte comunque considerate sub-spontanee o esotiche naturalizzate.
ColtivazioneÈ possibile coltivare i topinambur anche nell'orto familiare, visto che si adattano bene anche a terreni marginali, purché soleggiati. La pianta, infatti, è molto rustica e può diventare addirittura invasiva. La coltivazione si riduce, praticamente, alla piantagione. In inverno, una volta seccata la parte aerea della pianta, sarà possibile raccogliere i tuberi scavando a mano, lasciando quelli più piccoli a continuare la coltivazione (che può avvenire per molti anni sullo stesso terreno senza problemi). Un altro metodo è quello di raccogliere tutti i tuberi e rimetterne una quota nel suolo, coltivandoli ordinati a file per facilitare la raccolta dell'anno successivo. UsiFitoalimurgiaPuò essere utile nella dieta di alcune forme di diabete.[19] Secondo la medicina popolare il topinambur (specialmente i tuberi) presenterebbe le seguenti proprietà medicamentose[20]:
CucinaI tuberi di topinambur si prendono in inverno, sono molto nutrienti e la loro cottura è simile a quella delle patate. Possono essere consumati anche crudi con sale e pepe[7]. Nella cucina piemontese sono tipici con la bagna càuda, con la fonduta o anche trifolati[21], mentre in quella siciliana trovano un uso sporadico nella farcitura di focacce[22]. Bevande alcolicheNella regione tedesca del Baden-Württemberg più del 90% della produzione di topinambur viene utilizzata per ottenere un liquore chiamato "Topi" o "Rossler".[23] I tuberi vengono lavati ed essiccati in forno e poi fatti fermentare. Infine si distilla il liquido alcolico. Il "Topi" è considerato un digestivo, utilizzato anche contro la diarrea o i dolori addominali. Ha un aroma piacevolmente fruttato tra il gusto di carciofo e la nocciola, con piacevole nota terrosa. Proprietà nutrizionaliGrazie al contenuto di inulina è una pianta molto indicata nella dieta di persone diabetiche in quanto l'inulina funziona come riserva di carboidrati (in sostituzione all'amido) indipendentemente dall'insulina[20]. L'inulina è costituita da una catena di molecole di fruttosio terminanti con glucosio. A seconda della stagione della raccolta, varia la lunghezza delle molecole di inulina e quindi la loro solubilità. Il topinambur passa per lo stomaco e il primo tratto dell'intestino senza venire digerito; solamente nell'ultimo tratto dell'intestino sono presenti bifidobatteri e lattobacilli in grado di rompere le lunghe molecole del topinambur il cui carattere fibroso ha un effetto molto positivo sulla flora batterica. Il tubero è ricco di sali minerali, in particolare potassio, magnesio, fosforo, ferro, selenio e zinco. Altre notizieUna delle prime descrizioni della pianta sul territorio italiano fu data dal naturalista e botanico Fabio Colonna (1567–1640) nella pubblicazione "Ekphrasis altera" (Roma, 1616), con un nome diverso da quello attuale: Flos solis farnesianus. Specificava soprattutto la parte ipogea della pianta: "dotata di tuberi a buccia rossa"[7]. In Piemonte, nella cui lingua si chiama ciapinabò, è utilizzato per la tipica bagna càuda ed è oggetto di sagre dedicate nel periodo autunnale. È una pianta visitata dalle api. Note
Bibliografia
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