Figlio di Pietro Tancredi e di una sorella del pittore savoceseFilippo Giannetto, fu instradato dal padre alla pittura che fu un buon mentore per il figlio fino al 1671 anno della sua morte.[1] All'età di sedici anni il giovane Filippo trova ispirazione nella figura del Domenico Marolì autore di molte opere a Messina, Roma e Venezia. Tramite le opere d'arte maroliane apprense nuove tecniche pittoriche che affinò studiando a Napoli e a Roma, ove fu scolaro di Carlo Maratta.[1]
Nei suoi quadri ad olio, indubbiamente caricati un po' troppo di rosso, ma eseguiti con molta raffinatezza, rialzò le sorti della pittura siciliana della seconda metà del XVII secolo. Come molti altri pittori siciliani dell'epoca andò a lavorare a Roma, ritornato da Roma, dove aveva acquisito uno stile dolce e un disegno perfetto, raggiunse un altissimo livello, specialmente negli affreschi; si stabilì a Messina e in poco tempo la sua pittura conquistò tutta l'isola.
Appunto per la sua perfezione di esecuzione degli affreschi e dei dipinti, nei primi decenni dell'XVIII secolo, fu chiamato anche ad Alcara Li Fusi per eseguire due dipinti ad olio su tela, rappresentanti la morte di San Nicolò Politi e Sant'Antonio abate.
Oltre al Tancredi operarono ad AlcaraPietro Castelnuovo, Salvatore Rivel, Guasto da Regalbuto, Damiano De Basirei, Giuseppe Tomasi e frate Umile (frate Cappuccino). Morì a Palermo, dove lavorò negli ultimi anni della sua vita.
1682, Ciclo, L'arcivescovo di Messina, Giuseppe Cicala, commissionò dieci Quadroni per abbellire le pareti della navata centrale della cattedrale. Tale incarico fu espletato da Mercurio Romeo per Altare del Sacramento con l'opera Maria che benedice Messina, Filippo Tancredi per l'arco della tribuna con la Vergine Assunta e Antonio Bova per l'Altare di San Placido con l'opera San Luca. Dipinti perduti col terremoto del 1783.
XVII secolo, San Pio V, dipinto ad olio raffigurante il santo su un carro trainato dai leoni nell'atto di benedire la flotta cristiana vincitrice nella Battaglia di Lepanto, opera documentata nella Cappella della Vergine del Rosario della chiesa di San Domenico.[4]
XVIII secolo, Vita di Maria, episodi raffigurati nel ciclo di affreschi, opere realizzate con la collaborazione di Filippo Randazzo presenti nella chiesa degli Agonizzanti di Carini.
1690, Episodi dei Santi Elena e Costantino, affreschi realizzati con la collaborazione di Guglielmo Borremans e Gaspare Serenari raffiguranti la Visione della Croce, il Ritrovamento della croce, la Battaglia di Ponte Milvio, il Battesimo di Costantino e il Sogno di Costantino, con San Pietro e San Paolo e l'indicazione dei committenti nel cartiglio1690, raffigurante la visione e la voce che attribuisce all'imperatore il motto «in hoc signo vinces». Nel medesimo ambiente sono dipinti la Storia della vera Croce, Sogno della Santa Imperatrice, Viaggio a Gerusalemme, La distruzione degli idoli, Scavi alla ricerca della Croce, Incontro con il Saladino. Opere presenti nell'Oratorio dei Santi Elena e Costantino.
XVII secolo, Ciclo, affreschi raffiguranti episodi della vita della Beata Vergine Maria culminanti nella scena dell'Incoronazione della Vergine, opere realizzate nella volta della sacrestia o Cappella delle sorelle Spatafora della chiesa della Madonna di Monte Oliveto.
Modelli e disegni
XVIII secolo prima metà, San Gaetano beve dal costato di Cristo risorto, penna, inchiostro nero, acquerello bruno, rialzi di biacca su carta blue, Collezione privata.
Gaetano Bongiovanni, Da Tancredi a Crestadoro: pittura del Settecento a Messina, in La pittura del Settecento a Reggio Calabria tra accademie e scuole, a cura di R.M. Cagliostro, M. Panarello, M.T. Sorrenti, Soveria Mannelli 2021, pp. 59-70.