Il territorio si estende su 781 km² ed è suddiviso in 54 parrocchie, raggruppate in 7 unità pastorali: Urbino, Massa Trabaria, Urbania, Candigliano, Metauro, Apsa, Foglia.
Istituti religiosi
Nell'arcidiocesi vi sono le seguenti comunità di vita consacrata[1].
La diocesi di Urbino è attestata a partire dalla fine del VI secolo, sebbene la tradizione indichi come primo vescovo Evandro, vissuto nel IV secolo. Il primo riscontro storico certo dell'esistenza della diocesi risale al 593, anno in cui è menzionato il vescovo Leonzio, a cui Gregorio Magno affida l'amministrazione della chiesa di Rimini in assenza del vescovo Castorio. Leonzio è documentato in altre occasioni nell'epistolario gregoriano (595, 596) e morì probabilmente prima di maggio 599, poiché a questa data risultava amministratore della diocesi di Rimini il vescovo Sebastiano, che si ritiene sia stato il successore di Leonzio, benché nella lettera di Gregorio Magno che lo menziona non è indicata la sede di appartenenza.[2] La successiva cronotassi dei vescovi urbinati, fino al XII secolo, è molto lacunosa e incompleta, e incerta è l'attribuzione a Urbino dei vescovi documentati dalla tradizione.
La primitiva cattedrale della diocesi era la chiesa di San Sergio, che sorgeva fuori dalle mura cittadine. Nel 1021 il vescovo Teodorico trasferì la cattedrale episcopale in una chiesa all'interno della città, che dedicò a Santa Maria Assunta. All'epoca del successivo vescovo, il beato Mainardo, furono trasferite da Città di Castello e collocate nella cattedrale le reliquie di san Crescentino, patrono della città e della diocesi di Urbino.
Scrive Franco Negroni[3]: «Il sorgere del Comune tra i secoli XI-XII, con l'espansione rapida e notevole della città, non fu senza un certo travaglio tra vescovo e cittadini e vive furono le fazioni guelfa e ghibellina, capeggiata quest'ultima dalla famiglia Montefeltro. La città dal secolo XII contò cinque parrocchie oltre la cattedrale e accolse i nuovi ordini mendicanti: Francescani (dal loro sorgere), Domenicani (ca. 1245), Agostiniani (c.1258), Celestini (fine secolo XIII) con i rami femminili delle Clarisse, Agostiniane (tre monasteri), Santucciane (Benedettine). Il secolo XIV segnò il nascere delle gloriose confraternite di Santa Croce (1318), del Corpus Domini (ca. 1350), dell'Umiltà (1362), di San Giovanni (1393), dello Spirito Santo (ca. 1395) e la nascita o l'incremento di vari ospedali nella città e nel territorio diocesano».
Su istanza di Federico da Montefeltro, nella seconda metà del XV secolo venne ricostruita la cattedrale, che fu consacrata nel 1534 e ultimata con l'aggiunta della cupola agli inizi del Seicento.
Durante l'episcopato di Antonio Giannotti, il 21 novembre 1592 fu istituito il seminario diocesano nei pressi dell'antica cattedrale di San Sergio. Rimase in questa sede fino al 1874, quando l'arcivescovo Alessandro Angeloni fece costruire un nuovo grande edificio nel luogo dove sorgeva l'ex monastero di San Domenico.
Nell'epoca post-tridentina, gli arcivescovi si impegnarono per l'attuazione delle riforme introdotte dal concilio di Trento e l'arcidiocesi vide il fiorire di opere di carità, di istituzioni laicali e di assistenza, e la fondazione di numerose case di religiosi. Da segnalare: la visita pastorale attuata dall'arcivescovo Benedetto Ala (1610-1620); i sinodi arcivescovili indetti da Paolo Emilio Santorio nel 1627, da Antonio Santacroce nel 1639, da Francesco Vitelli nel 1645 e da Ascanio Maffei nel 1648; la fondazione della congregazione per l'assistenza degli infermi poveri nel 1648.
Agli inizi del Settecento l'urbinate Gianfrancesco Albani divenne papa con il nome di Clemente XI; questi si mostrò munifico e generoso nei confronti della sua città natale, così come il nipote, il cardinaleAnnibale Albani (1682-1751), nei confronti di chiese, monasteri, opere pie e della cattedrale.
Il patrimonio architettonico delle diocesi fu colpito dal terremoto del 3 giugno 1781, che portò distruzione soprattutto nella parte montana dell'arcidiocesi e nelle chiese di campagna. La cupola della cattedrale di Urbino cedette nel gennaio del 1789, provocando danni alle opere d'arte custodite nella chiesa.
Durante il periodo napoleonico l'arcidiocesi di Urbino fu guidata dal vescovo Spiridione Berioli (1787-1819), di tendenze filonapoleoniche, con qualche contrasto con il clero diocesano e il capitolo della cattedrale. Tuttavia, dopo la caduta di Napoleone, Berioli abbandonò le simpatie liberali. Durante il suo episcopato, nel 1801, si riaprì la cattedrale restaurata in forme neoclassiche dall'architetto romano Giuseppe Valadier.
Dopo l'annessione delle Marche al Regno d'Italia l'arcidiocesi di Urbino dovette subire la politica anticlericale del governo unitario. L'arcivescovo Angeloni (1846-1881), considerato un conservatore e reazionario, fu arrestato tre volte. Intanto, in tutta la seconda metà dell'Ottocento sorsero istituti di carità: l'orfanotrofio, la "Casa delle Convertite", la conferenza di San Vincenzo de Paoli, l'istituto Santa Felicita per l'istruzione di ragazze povere, la Banca Cattolica, le cooperative cattoliche e le casse rurali. Si deve all'Angeloni la celebrazione di sinodo provinciale nel 1859 e di due sinodi diocesani nel 1867 e nel 1880.
Nel 1900 nacque il giornale diocesano "L'Ancora", seguito da "Il Dovere", per la diffusione dell'Azione cattolica, e da "Il lavoro", che si opponeva alla stampa socialista.
Urbania e Sant'Angelo in Vado
Tiphernum Metaurense, l'odierna Sant'Angelo in Vado, fu sede vescovile già nell'antichità, scomparsa a causa delle distruzioni portate dai Goti nel VI secolo. Apparteneva certamente alla sede marchigiana Lucifero, episcopus Tifernis Metauris, che prese parte al sinodo riunito da papa Ilario nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma il 19 novembre 465, durante il quale fu interdetto ai vescovi in punto di morte di designare il proprio successore.[6] A Tiphernum Metaurense viene poi attribuito un altro vescovo, Mario, che prese parte al sinodo romano convocato da papa Simmaco il 1º marzo 499 per eliminare alcuni abusi che si erano introdotti nell'elezione del vescovo di Roma. Questo vescovo tuttavia firma gli atti come episcopus ecclesiae Tifernatium, senza ulteriori specificazioni; potrebbe perciò appartenere anche alla sede omonima dell'Umbria, Tiphernum Tiberiacum, ossia Città di Castello.[7]
Il territorio delle due future diocesi appartenne a lungo all'arcidiocesi di Urbino. A partire dal XII secolo si costituirono alcune circoscrizioni ecclesiastiche indipendenti dai vescovi urbinati:
Il 18 febbraio 1636[10], su istanza del cardinale commendatario Francesco Barberini, con due bolle dal medesimo incipit Pro excellenti praeminentia[11], papa Urbano VIII eresse le città di Casteldurante e di Sant'Angelo in Vado in sedi diocesane, le unì aeque principaliter e le dichiarò suffraganee di Urbino. Contestualmente, la città di Casteldurante, per omaggio al pontefice che ne fece sede vescovile, cambiò nome in Urbania. La residenza vescovile, secondo le bolle d'erezione, spettava in alternanza a Sant'Angelo in Vado e a Urbania, con alternanza da un vescovo all'altro.
Furono erette a cattedrali la chiesa dell'antica abbazia di San Cristoforo a Urbania, e la chiesa di San Michele Arcangelo a Sant'Angelo in Vado.
Le due diocesi erano molto piccole: la diocesi di Urbania comprendeva Urbania e Sassocorvaro, mentre quella di Sant'Angelo in Vado la sola città episcopale. Per questo motivo, il 20 ottobre 1636, con il breveCum nuper nos[12], Urbano VIII unì alla diocesi di Urbania la prelatura di Mercatello, e alla diocesi di Sant'Angelo in Vado l'abbazia di Lamoli, con le rispettive pertinenze.
Primo vescovo delle diocesi unite fu Onorato Honorati (1636-1683). Di lui scrive Cappelletti[13]: «Consacrò tutte le sue cure per porre in buon ordine lo stato delle due nuove cattedrali; piantò tre seminarii pei chierici di ambe le diocesi, in Urbania, in Vado e in Mercatello; visitò diligentemente il suo gregge; celebrò la solenne consacrazione della cattedrale di Urbania. A lui il vescovo di Rimini Marco Gallo affidò per qualche tempo l'amministrazione della propria diocesi…».
All'Honorati si deve anche la celebrazione del primo sinodo diocesano nel 1637; fino al 1790 furono indetti nelle due diocesi altri sedici sinodi. L'ultimo sinodo delle diocesi unite fu celebrato dal vescovo Giovanni Capobianco nel 1959.[14]
Durante l'episcopato di Giovanni Vincenzo Castelli (1714-1736), fu ricostruita la cattedrale, che venne consacrata nel mese di ottobre del 1726, come ricorda la lapide esposta nella chiesa. Il vescovo Paolantonio Agostini Zamperoli (1779-1813) morì in esilio a Como per non aver prestato il giuramento preteso da Napoleone Bonaparte.
«Numerosi erano i monasteri della diocesi di Urbania, tra i quali quello delle cappuccine in Mercatello, eretto nella casa ove il 27 dicembre 1660 nacque santa Veronica Giuliani, che, divenuta cappuccina in Città di Castello, vi morì il 9 luglio 1727».[9] Mercatello aveva anche due antichi conventi francescani, quello di Santa Chiara (fondato nel 1224 circa) e quello di San Francesco, entrambi soppressi, il primo durante il periodo napoleonico, il secondo nel 1887. A Sant'Angelo in Vado sorgevano i conventi dei Servi di Maria, dei Conventuali, dei Minori, dei Cappuccini, quattro conventi di monache, numerose confraternite, oltre tre ospedali e il Monte di Pietà. A Urbania si trovavano conventi dei Conventuali, dei Minori, dei Cappuccini e dei Chierici regolari minori (Caracciolini), un monastero di benedettine e uno di clarisse.[14]
In occasione dell'unione con Urbino, il vescovo Ugo Donato Bianchi dispose una riduzione del numero delle parrocchie, che passarono da 49 (35 per Urbania e 14 per Sant'Angelo in Vado) a 10:
Santa Veronica Giuliani nel comune di Mercatello sul Metauro;
San Giovanni Battista nel comune di Sassocorvaro;
San Cristoforo martire (cattedrale), San Giorgio martire, Santa Maria del Piano, San Pietro apostolo e San Vincenzo in Candigliano nel comune di Urbania;
2 parrocchie nella diocesi di Sant'Angelo in Vado:[17]
San Michele arcangelo in Lamoli nel comune di Borgo Pace.
La revisione del numero e dell'estensione delle parrocchie comportò la cessione del territorio di 3 parrocchie soppresse della diocesi di Urbania a quella di Sant'Angelo in Vado: l'ex parrocchia di Santa Croce in Sompiano (comune di Borgo Pace), il cui territorio fu integrato nella parrocchia di San Michele arcangelo in Lamoli; e le ex parrocchie di Santo Stefano in Metola (comune di Mercatello sul Metauro) e di San Martino in Baciuccaro (comune di Sant'Angelo in Vado), i cui territori furono annessi alla parrocchia della cattedrale di Sant'Angelo in Vado.[18]
Le sedi unite
Il 26 aprile 1965[19] le diocesi di Urbania e Sant'Angelo in Vado, vacanti dopo la morte del vescovo Giovanni Capobianco, furono date in amministrazione all'arcivescovo urbinate Anacleto Cazzaniga, fino a quando il 23 maggio 1977Ugo Donato Bianchi divenne, con due distinte nomine, arcivescovo di Urbino e vescovo di Urbania e Sant'Angelo in Vado, unendo così in persona episcopi le tre sedi episcopali.
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i vescovi, è stata stabilita la plena unione delle tre diocesi e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale. Ugo Donato Bianchi è diventato il primo arcivescovo di Urbino-Urbania-Sant'Angelo in Vado.
Nel 2010 è stato riaperto al pubblico, dopo un'attenta opera di ristrutturazione e di ampliamento, il museo diocesano Albani, istituito nel 1964 in alcuni locali a pianterreno del palazzo arcivescovile di Urbino, e dedicato alla famiglia Albani, che nel Settecento si mostrò particolarmente munifica verso la cattedrale, contribuendo in maniera determinante ad accrescerne la collezione artistica.
^La bolla riporta la data del pridie nonas junii, che corrisponde al 4 giugno. Cappelletti (III, p. 206) indica erroneamente la data del 7 luglio.
^La provincia ecclesiastica era formata dalle diocesi presenti nel Ducato di Urbino, i cui duchi avevano già chiesto la sua formazione, all'epoca l'unica altra arcidiocesi entro lo Stato pontificio, di cui Urbino era un feudo, era l'arcidiocesi di Ravenna; l'allora pontefice Pio IV aveva buoni rapporti con la Corte urbinate anche perché suo nipote Federico Borromeo aveva sposato nel 1560 Virginia della Rovere, figlia del Duca.
^Ad eccezione di Eubel (Hierarchia Catholica, IV, p. 84) e del sito web ufficiale dell'arcidiocesi di Urbino, tutti gli altri autori (Cappelletti, Moroni, Gams, Beweb), riportano come anno di erezione delle due diocesi il 1635. Le bolle di erezione, riportano la medesima data (Cappelletti, Le Chiese d'Italia…, III, pp. 420, 432): «Datum Romae apud s. Petrum anno dominicae Incarnationis 1635, XII kalend. martii, Pontificatus nostri anno XIII», ossia: "Dato a Roma, presso San Pietro, nell'anno dell'Incarnazione del Signore 1635, dodici calende di Marzo (=18 febbraio), tredicesimo anno del nostro pontificato". Poiché si tratta dell'anno dell'Incarnazione, che inizia il 25 marzo 1635 per terminare il 24 marzo successivo, il 18 febbraio non può che corrispondere, nel nostro computo, al 1636.
^Testo delle bolle in: Cappelletti, Le Chiese d'Italia..., III, pp. 414-420, 425-432.
^Testo del breve in: Cappelletti, Le Chiese d'Italia..., III, pp. 434-436.
^Cappelletti, Le Chiese d'Italia..., III, pp. 434-436.
^abDal sito web dell'arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant'Angelo in Vado.
^Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 21, 27 gennaio 1987, Supplemento Straordinario nº 5, p. 40 e seguenti. In questo numero della Gazzetta Ufficiale è contenuto l'elenco delle parrocchie della diocesi che ottennero la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto" dal Ministero dell'Interno, in forza della Legge 20 maggio 1985 n. 222, art. 29. Tale qualifica fu concessa con decreto ministeriale del 6 dicembre 1986 su richiesta del vescovo del 27 giugno 1986.
^Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 7, 10 gennaio 1987, p. 7 e seguenti. In questo numero della Gazzetta Ufficiale è contenuto l'elenco delle parrocchie della diocesi che ottennero la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto" dal Ministero dell'Interno, in forza della Legge 20 maggio 1985 n. 222, art. 29. Tale qualifica fu concessa con decreto ministeriale del 23 dicembre 1986 su richiesta del vescovo del 27 giugno 1986.
^Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 21, 27 gennaio 1987, Supplemento Straordinario nº 5, p. 41 (nº 3) e p. 42 (nº 17 e 18).
^Vescovo di Ursinum, che secondo Lanzoni potrebbe essere Bolsena (Vulsinii) o Urbino (Urbinum). Per Cappelletti e Gams invece, Evandro fu vescovo di Ajaccio in Corsica.
^In una lettera di Gregorio Magno del 599 si fa menzione di Sebastiano, probabile vescovo di Urbino, nominato dal papa visitatore della Chiesa di Rimini (Charles Pietri, Luce Pietri, Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), École française de Rome, 2000, vol II, pp. 2006-2007). Sebastiano viene identificato con l'omonimo vescovo di Sirmio (o di Risano), che, abbandonata la sua sede per l'invasione degli Avari, dapprima fu nominato legato pontificio a Costantinopoli, e poi vescovo in Italia, forse a Urbino. Vladislav Popović, Le dernier évêque de Sirmium, «Revue d'Etudes Augustiniennes et Patristiques», vol. 21, 1975, pp. 91-111.
^Alcuni autori, tra cui Eubel, e la tradizione locale, ritengono che questo vescovo corrisponda al futuro papa Martino V. Tuttavia lo stesso Ughelli (col. 788) mette in dubbio questa tradizione, mentre Cappelletti (p. 184) la esclude decisamente. Sia il Dizionario biografico degli italiani che l'Enciclopedia dei papi non accennano in alcun modo all'episcopato urbinate di Martino V.
^Matteo Ghiri non acconsentì al trasferimento a Forlì, per cui la nomina di Giorgio non ebbe effetto.
Cristiano Marchegiani, Il seminario tridentino: sistema e architettura. Storie e modelli nelle Marche pontificie, Pescara, Carsa edizioni, 2012 ("I saggi di Opus", 20), pp. 277–304 (Urbino), 328-329 (Urbania), 329 (Sant'Angelo in Vado).