Zeffiro (cacciatorpediniere 1905)
Lo Zeffiro è stato un cacciatorpediniere della Regia Marina. StoriaNel 1912 l'unità, come del resto tutte le navi gemelle, fu sottoposta a radicali lavori di modifica: l'alimentazione delle caldaie, inizialmente a carbone, divenne a nafta, mentre l'armamento vide la sostituzione dei cannoni da 57/43 mm con 4 pezzi da 76/40, e dei quattro tubi lanciasiluri da 356 mm con altrettanti da 450 mm[1][2]. Anche la sagoma della nave fu profondamente modificata: dai due corti e tozzi fumaioli esistenti si passò a tre fumaioli di minori dimensioni e forma più snella[2][3]. Lo Zeffiro partecipò ad uno dei primi scontri della guerra italo-turca. Nel pomeriggio del 29 settembre 1911 prese parte, insieme a numerose altre siluranti, ad uno scontro con due torpediniere turche, la Tokat e l’Antalya, uscite dal porto di Prevesa. Lo Zeffiro, insieme ai cacciatorpediniere Alpino e Carabiniere ed alla torpediniera Spiga, circondò l’Antalya, che, gravemente danneggiata, andò ad incagliarsi e venne catturata, per poi essere finita a cannonate dall’Alpino (anche la Tokat fu poi affondata da altre navi italiane insieme ad una cannoniera)[4][5][6][7]. Nel 1914-1918, a seguito di ulteriori modifiche, sullo Zeffiro furono installate le attrezzature necessarie a posa 10-16 mine[2][3]. All'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale lo Zeffiro faceva parte della IV Squadriglia Cacciatorpediniere, di base a Brindisi, che formava unitamente ai cacciatorpediniere Ascaro, Alpino, Carabiniere, Pontiere e Fuciliere[8]. Comandava la nave il capitano di corvetta Arturo Ciano[8]. A due ore dalla dichiarazione di guerra, alle due di notte del 24 maggio 1915, lo Zeffiro imboccò il canale navigabile che portava a Porto Buso, località della laguna di Grado ove sorgevano una caserma ed un porticciolo austroungarici[8][9][10]. Giunto a circa 500 metri dalla caserma (intorno alle 3 di notte), il cacciatorpediniere lanciò un siluro contro il pontile, danneggiandolo, distrusse i motoscafi e le imbarcazioni lì ormeggiate, cannoneggiò la caserma e la torretta di guardia danneggiandole ed incendiandole; della guarnigione, 11 uomini rimasero uccisi nel cannoneggiamento od annegarono nel tentativo di fuggire, 23 – solo 6 dei quali, tuttavia, erano effettivamente a Porto Buso al momento dell'attacco – raggiunsero le proprie linee, 48, compreso l'ufficiale comandante, tenente Mareth, si arresero e furono presi a bordo dello Zeffiro, che li condusse a Venezia, ove giunse alle 6 del mattino[8][9][10]. Il 30 aprile 1916 la nave salpò per posare un campo minato al largo di Sebenico, ma s'imbatté nelle navi ospedale Anfitride e Tirol e dovette quindi rientrare alla base[8]. Nelle notti tra il 3 ed il 4 e tra il 4 ed il 5 maggio lo Zeffiro ed il Fuciliere poterono effettuare la posa di un campo minato nelle acque di Sebenico[8]. All'alba del 12 maggio 1916 l'unità – al comando del capitano di fregata Costanzo Ciano, fratello del precedente comandante, e con a bordo in qualità di pilota il tenente di vascello ed irredentista Nazario Sauro –, con l'appoggio dei cacciatorpediniere Alpino e Fuciliere e delle torpediniere costiere 40 PN e 46 OS, penetrò nel porto di Parenzo; un gruppo di marinai dello Zeffiro (frattanto raggiunto anche dalle altre navi), tra cui lo stesso Sauro, catturarono un gendarme e si fecero indicare la posizione di un hangar per aerei, contro il quale alle 4.50 iniziò un cannoneggiamento che durò una ventina di minuti[8][9]. Mentre l'hangar era danneggiato da qualche colpo da 76 mm delle navi italiane, queste venivano a loro volta prese di mira dal tiro delle batterie costiere e poi da 10 idrovolanti (che si scontrarono con due velivoli italiani ed uno francese); tutte le unità riuscirono comunque a rientrare alla base, lamentando però qualche danno, quattro morti ed alcuni feriti[9]. Il 18 luglio dello stesso anno lo Zeffiro trainò – fino ad una ventina di miglia da Meleda – ed appoggiò, insieme alle torpediniere Climene e Procione, tre idrovolanti («L 141», «L 156», «L 157») che effettuarono un'infruttuosa incursione nel canale della Morlacca (tra Pago e la costa dalmata), che si risolse senza risultati e con la perdita di due velivoli[8]. Il 24 settembre 1917 Zeffiro, Pontiere e Carabiniere salparono da Venezia per intervenire in uno scontro tra le torpediniere costiere 9 PN, 10 PN, 11 PN e 12 PN e quattro cacciatorpediniere austro-ungarici, ma il combattimento ebbe termine, in seguito all'intervento di aerei italiani, prima dell'arrivo delle navi salpate da Venezia[8]. Nel primo dopoguerra, tra il 1919 ed il 1921, la nave subì nuove modifiche alle sovrastrutture ed all'apparato motore: vennero eliminati una caldaia e di conseguenza uno dei tre fumaioli, mentre la sovrastruttura della plancia venne arretrata[2][3]. In seguito a tali modifiche la potenza dell'apparato motore scese a 3400 HP, e la velocità a 25 nodi[3]. Venne inoltre sbarcato un pezzo da 76 mm, rimpiazzato da una mitragliera contraerea da 6,5/80 mm[3]. Declassato a torpediniera nel luglio del 1921, lo Zeffiro fu radiato nel marzo 1924[2][3] ed avviato alla demolizione. Note
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