Aquilone (cacciatorpediniere 1903)
L’Aquilone è stato un cacciatorpediniere della Regia Marina. StoriaNel 1910 l'unità, come del resto tutte le navi gemelle, fu sottoposta a radicali lavori di modifica: l'alimentazione delle caldaie, inizialmente a carbone, divenne a nafta, mentre l'armamento vide la sostituzione dei cannoni da 57 mm con 4 pezzi da 76/40, e dei quattro tubi lanciasiluri da 456 mm con altrettanti da 450 mm[1][2]. Anche la sagoma della nave fu profondamente modificata: dai due corti e tozzi fumaioli esistenti si passò a tre fumaioli di minori dimensioni e forma più snella[2]. Inquadrata nella IV Squadriglia Cacciatorpediniere (Turbine, Nembo, Borea), la nave prese parte alla guerra italo-turca[3]. Il 4 maggio 1912 l’Aquilone ed il capoclasse Nembo occuparono l'isola di Lipsos, nel futuro Dodecaneso[4]. Nel 1914-1918, a seguito di ulteriori modifiche, sulla nave furono installate le attrezzature necessarie a posare mine[2]. Prima guerra mondialeAll'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale l’Aquilone faceva parte della V Squadriglia Cacciatorpediniere, di base a Taranto, che formava unitamente ai gemelli Turbine, Nembo, Borea ed Espero[5]. Comandava la nave il capitano di corvetta Elmi-Feoli[5]. Nel pomeriggio del 23 maggio 1915 l’Aquilone ed il Turbine lasciarono la base con l'ordine di perlustrare la costa fino all'altezza di Manfredonia, e porsi quindi in pattugliamento[5][6][7] . Nelle prime ore del 24 maggio, non appena l'Italia ebbe dichiarato guerra all'Impero austro-ungarico, numerose unità della K.u.K. Kriegsmarine furono inviate, come precedentemente pianificato, a bombardare obiettivi militari e città costiere dell'Adriatico[5][6][7]. Alle 4.10 del 24 maggio l’Aquilone avvistò l'esploratore austroungarico Helgoland intento a bombardare Barletta, e diresse per attaccarlo: la nave avversaria interruppe il bombardamento della città, ma si pose all'inseguimento del più piccolo e meno armato Aquilone[5][6][7]. In quella fase, intorno alle 4.30, giunse sul posto il Turbine, che, identificato l'esploratore nemico da 9.000 metri e compresa la situazione, diresse a notevole velocità per attaccarlo, onde distoglierlo dall'inseguimento dell’Aquilone e dal bombardamento di Barletta[5][6][7]. Vistosi attaccato, l’Helgoland cessò il fuoco contro l’Aquilone, che poté allontanarsi, e diresse invece contro il Turbine (questa unità fu poi affondata in un impari combattimento in seguito all'arrivo di tre cacciatorpediniere austroungarici, lo Csepel, il Tatra ed il Lika)[5][6][7]. Il 31 maggio 1916 l’Aquilone salpò da Brindisi insieme alla torpediniera Centauro, costringendo alla ritirata – insieme all'incrociatore ausiliario Città di Siracusa ed al cacciatorpediniere Ardito – i cacciatorpediniere austro-ungarici Orjen e Balaton, che avevano attaccato lo sbarramento del canale d'Otranto ed affondato il «drifter»[8] Beneficent[5]. Il 23 agosto dello stesso anno l’Aquilone (comandante Farina) salpò da Valona e partecipò allo sbarco ed all'occupazione di Porto Palermo, in Albania, trasportando e sbarcando un plotone di marinai dell'incrociatore corazzato Francesco Ferruccio (presero parte all'operazione anche il vecchio incrociatore torpediniere Minerva, il dragamine Taide e due cannoniere): l'operazione si svolse senza intoppi, dato che il piccolo presidio di gendarmi greci si ritirò senza opporre resistenza[5]. TorpedinieraNel primo dopoguerra la nave subì nuove modifiche alle sovrastrutture, che comportarono la rimozione di uno dei tre fumaioli e l'arretramento della sovrastruttura della plancia[2]. Declassato a torpediniera nel corso del 1921, l’Aquilone fu radiato nel 1923[2] ed avviato alla demolizione. Note
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