Tigri del BalticoTigri del Baltico è un termine utilizzato per riferirsi alle tre repubbliche baltiche dell'Estonia, della Lettonia e della Lituania durante i periodi del loro boom economico, che iniziò dopo l'anno 2000 e che continuò fino al 2006—2007. Il termine è mutuato da altre espressioni simili, come Tigri asiatiche e Tigre celtica, utilizzati per descrivere i periodi di crescita economica in zone dell'Asia orientale e dell'Irlanda rispettivamente. StoriaDopo il 2000, le economie delle tigri baltiche implementarono importanti riforme economiche e iniziative di liberalizzazione che, insieme ai bassi stipendi di queste nazioni e alla forza lavoro molto qualificata, attrassero ingenti quantità di capitali esteri. Tra il 2000 e il 2006 gli stati baltici ebbero i maggiori tassi di crescita in Europa, e questo andamento continuò fino al 2007. Nel 2006, ad esempio, il PIL dell'Estonia crebbe dell'11,2%, mentre la Lettonia crebbe dell'11,9% e la Lituania del 7,5%. Tutte e tre le nazioni, nel febbraio 2006, videro i propri tassi di disoccupazione scendere sotto la media europea; inoltre, l'Estonia è nella lista dei dieci stati con le economie più liberali al mondo, e nel 2006 fu classificata dalla Banca Mondiale come economia di alto livello[senza fonte]. Le tre nazioni entrarono nell'Unione europea nel maggio 2004. L'Estonia, visti gli ottimi risultati economici raggiunti e il rispetto dei criteri di convergenza verso l'euro, ha adottato la moneta unica europea a partire dal 1º gennaio 2011; anche la Lettonia ha adottato l'euro verso il 1º gennaio 2014, mentre la Lituania ha adottato l'euro nel 2015. Le economie baltiche prevedevano di continuare a crescere con un tasso annuale del 5-10% fino almeno al 2010. Nel decennio 2000-2010, il PIL doveva crescere in modo drastico, in modo simile a quanto successo in Irlanda nel boom economico degli anni novanta. Mentre il PIL pro-capite è circa al 60-75% della media UE, essi dovrebbero convergere, avvicinandosi tra loro non raggiungendo, comunque, quello dell'Unione europea nel prossimo futuro. Il 65% della media UE è un gran risultato, considerando che nel 1999, Lettonia e Lituania avevano un PIL pro capite pari al 25% di quello dell'UE. Una delle caratteristiche negative della crescita economica degli stati baltici è stata la crescita sostanziale del deficit delle partite correnti; questo ha portato alcuni economisti a predire il rischio di uno scenario di recessione, e di crisi economica in Lettonia ed Estonia. D'altra parte, questi paesi hanno un debito pubblico molto basso (3,8% del PIL in Estonia, 17% in Lettonia),[1] le banche centrali delle due nazioni hanno riserve ad avvicinarsi agli aggregati monetari M1,[2][3] e le grandi banche private sono gestite dai giganti economici scandinavi. Il governo estone è rimasto fiducioso e molto ottimista; questo deriva in qualche modo dalle proprie riserve finanziarie, che superano il 10% del PIL (dato del 2006) e che dovevano aumentare di circa il 3,6% dei PIL con la finanziaria del 2007. Il debito pubblico dell'Estonia è attualmente al 3,6% del PIL, il dato più basso nell'Unione europea, ma anche uno dei più bassi al mondo. La finanziaria del 2008 doveva produrre un surplus del PIL dell'1,5%. Nel 2008, e in particolare nel 2009, tutti e tre gli stati baltici saranno duramente colpiti dalla crisi economica globale, con il PIL della Lituania che crollò del 14,8%, quello della Lettonia a -17,7% e quello dell'Estonia al -14,3%. La contrazione economica, però, è ascrivibile ad una particolare congiuntura internazionale più che a debolezze interne, e i tre Paesi Baltici hanno saputo riprendersi rapidamente. L'Estonia, in particolare, si conferma come il Paese più dinamico del trio baltico, anche grazie all'adozione dell'euro, e nel 2011 la crescita del suo PIL è stata dell'8% (stime). StatisticheCrescita annuale del PIL
PIL pro capiteIn dollari internazionali, nella teoria della parità dei poteri di acquisto (PPA). I numeri tra parentesi mostrano i PIL nazionali pro-capite come percentuale della media dell'Eurozona (misurata a PPA).
Note
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