La stazione fu attivata il 16 maggio 1859 con il nome di Bozen-Gries; il fabbricato viaggiatori fu progettato da Sebastian Altmann, architetto dipendente del municipio di Bolzano (all'epoca parte del territorio imperiale austriaco). La gestione fu avocata alla società Südbahn.
Essa venne a costituire il capolinea temporaneo della ferrovia del Brennero, precedentemente attivata il 23 marzo dello stesso anno tra Verona e Trento. Perse tale ruolo il 24 agosto 1867, allorché la linea fu prolungata fino a Brennero.
Sotto l'egida dall'amministrazione fascista il fabbricato viaggiatori venne pesantemente ristrutturato: dal 1927 al 1929 l'architetto Angiolo Mazzoni rielaborò la facciata principale in chiave monumentale, neoclassica e razionalista. Ne risultò un largo frontone squadrato, scandito da semicolonne; ai lati dell'ingresso furono ricavate due nicchie, ove vennero collocate due statue allegoriche rappresentanti - in forma antropomorfa - la trazione elettrica e quella a vapore, opere dell'artista austriaco Franz Ehrenhöfer. A lui furono anche commissionati i mascheroni sui cornicioni del complesso, una fontana ritraente san Cristoforo ed una allegoria dei fiumi altoatesini, posta sopra l'ingresso della torre con l'orologio eretta a est del corpo principale.
Nel 1935 le FS procedettero all'elettrificazione della linea per Merano con sistema trifase a 3600 volt[4]; i binari destinati ai treni da e per Caldaro (stante il diverso standard di trazione, a 1100 V CC) vennero invece dotati di terza rotaia[2]. Nel 1952 l'alimentazione trifase venne sostituita dai 3000 volt CC comuni al resto della rete italiana.
Nel 1936 il nome della stazione venne semplificato, e da Bolzano-Gries divenne semplicemente Bolzano[5].
Nel secondo dopoguerra la ferrovia per Caldaro, passata successivamente sotto la gestione di altre realtà private (ultima delle quali la Società per Azioni Ferrovia del Renon[2], poi divenuta Ferrovie Elettriche ed Autoservizi Riuniti - FEAR[6]) perse d'importanza e venne infine chiusa al traffico passeggeri nell'agosto 1963, in considerazione del cattivo stato di rotabili e impianti. La linea sopravvisse per soli servizi merci fino al 28 giugno 1971, quando venne definitivamente chiusa e poi disarmata; si provvide quindi a smontare la terza rotaia.
Nel 2011, a seguito di un concorso architettonico internazionale, l'architetto austriacoBoris Podrecca vinse l'appalto per progettare la riqualificazione dell'areale ferroviario intero[7].
Strutture e impianti
Il fabbricato viaggiatori ospita la biglietteria, la sala d'attesa ed esercizi commerciali come bar ed edicola.
Il sedime consta di sei binari passanti utilizzati per il servizio passeggeri, più altri binari per il trasporto merci. I binari sono collegati da sottopassaggio dotato di ascensore.
Movimento
La stazione di Bolzano registra circa 5,5 milioni di passeggeri annui, risultando così la più frequentata della regione d'appartenenza[8].
Nella stazione fermano i treni regionali svolti da SAD, e Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Provincia autonoma di Bolzano, nonché collegamenti a lunga percorrenza operati dalla stessa Trenitalia, da NTV e dalla joint venture DB-ÖBB-Trenord.
A Bolzano sostano inoltre i servizi a lunga percorrenza Riviera Express, operanti la tratta Nizza-Mosca.
Servizi
La stazione dispone di:
Biglietteria a sportello
Biglietteria automatica
Servizi igienici
Bar
Interscambi
La stazione è servita dalle autolinee urbane gestite da SASA e dagli autoservizi interurbani SAD.
(DE) Elisabeth Baumgartner, Eisenbahnlandschaft Alt-Tirol - Verkehrsgeschichte zwischen Kufstein und Ala im Spannungsfeld von Tourismus, Politik und Kultur, Innsbruck, Haymon, 1989. ISBN 3-85218-065-1
Wittfrida Mitterer, Scambi & simboli - paesaggio ferrovia Bolzano-Innsbruck. Memorie e volumi in rilievo, Bolzano, Athesia, 2007. ISBN 978-88-8266-441-1
(DE, EN) Adolph Stiller (a cura di), Stadt, Beispiel, Bozen: Projektentwicklung Bahnhofsareal - City, Model, Bolzano: Project Development Railway Station Area (Architektur im Ringturn, 24), Salisburgo, Salzmann, 2011. ISBN 978-3-99014-048-2