Poesie (Aristotele)
Le poesie di Aristotele erano una serie di componimenti estemporanei scritte dal filosofo per determinate persone ed eventi della sua biografia, oggi perdute a parte scarni frammenti. Non è sicuro, comunque, che queste poesie fossero state pubblicate e raccolte e, per il loro carattere pubblico e retoricamente elaborato, possono essere annoverate tra le opere essoteriche. CarmiDelle composizioni poetiche di Aristotele ci sono giunti cinque frammenti, tre dei quali in metro elegiaco, uno in esametri e un altro in dattilo-epitriti. Diogene Laerzio parla, offrendo l'indice dei testi aristotelici, di poesie in esametri e carmi in distici elegiaci. Abbiamo notizia anche di un Inno ad Ermia, tiranno di Atarneo e compagno di Aristotele nell'Accademia.[1] Ancora, per Ermia compose un epigramma:
Una elegia rivolta all'amico Eudemo di Cipro, filosofo platonico,[3] la cosiddetta "elegia dell'altare", con un elogio del maestro Platone, viene parzialmente citata da Olimpiodoro:[4]
Infine, sempre Diogene Laerzio cita un Inno alla Virtù[6] in 15 versi corali e, al termine del catalogo degli scritti aristotelici, una poesia esametrica, il cui inizio era «O nume santo veneratissimo, lungisaettante»[7] - quindi un probabile Inno ad Apollo - e un'elegia il cui inizio era «Figlia di madre dai figlioli belli».[8] NoteBibliografia
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