Mura di Bivona
Le mura di Bivona costituivano il sistema difensivo e la cinta muraria di Bivona, comune italiano della provincia di Agrigento in Sicilia. StoriaLa cinta muraria di Bivona risale alla prima metà del XIV secolo: nel 1358, infatti, il paese fu classificato come terra, che indicava un abitato cinto di mura e munito di un castello[1]; nella Descriptio Feudorum di re Federico III, risalente ai primi anni del Trecento, Bivona era ancora indicata come casale, cioè un abitato aperto e a carattere agricolo[2]. La necessità di innalzare le mura difensiva del paese fu dovuta all'espansione demografica di Bivona nel periodo della guerra del Vespro[3]: divenuta una cittadina di media grandezza già nella prima metà del Trecento, il castello non era sufficiente a fornire la dovuta protezione agli abitanti e si rese necessaria l'erezione della cerchia muraria[1]. Le mura di Bivona cinsero il nucleo più antico della città almeno fino alla fine del Cinquecento[4]. DescrizioneIl circuito delle mura di Bivona può essere ricostruito grazie alla presenza di documenti in cui è citata l'esistenza di alcune chiese o cappelle intra ed extra moenia[1] o di toponimi in uso in età medievale[5]. Il perimetro delle mura costituisce, grosso modo, il centro storico cittadino: la struttura urbanistica assai irregolare di questa parte dell'abitato si distingue nettamente dai quartieri del paese costruiti successivamente[6]. Tratto settentrionaleIl tratto settentrionale delle mura, identificabile con la cortina di case di via Sirretta, formava verosimilmente un unico sistema difensivo con il castello; al di fuori delle mura, in prossimità dei quartieri Castello, Fontanza Pazza e Sant'Agata, si trovava il quartiere denominato Rabatello, che nei paesi siciliani indica un sobborgo posto fuori la cerchia muraria[5]. Tratto occidentaleNel tratto occidentale insisteva la cosiddetta Porta dei Cavalieri, attestata fino al XVII secolo, nonostante non svolgesse più la sua funzione originaria[5]. Fino alla seconda metà del Novecento erano visibili i ruderi di un bastione appartenuto alla parte occidentale delle mura cittadine; il bivonese Giovan Battista Sedita, nel 1909, affermò[7]: «Non minore curiosità mi destano quei ruderi di un bastione, che tali mi sembrano, soprastanti al ponte Pisciato, e sottostanti al fabbricato degli eredi del Prof. Paolo Picone. E qui mi si presenta la curiosità: a quale scopo sarà stato eretto quel bastione isolato, se non ad oggetto di difesa e di sicurezza?» Tratto meridionaleLa parte meridionale delle mura si trovava poco a valle della chiesa madre chiaramontana[5]; un rogito del 1488 ne conferma tale localizzazione[8]: «subtus Matricem ecclesiam dicte terre Bibone, sutta li mura vecchi.» Nel tratto sud-occidentale doveva esserci una postazione di guardia, come attestato dal toponimo Garita (documentato per la prima volta nel 1593), il cui significato, "torretta di legno per il ricovero delle sentinelle"[9], rimanda al sistema di fortificazioni[10]. Ancora oggi un quartiere bivonese è denominato dei Garitani. Tratto orientaleIl tratto orientale si trovava nei pressi del fiume Alba, che attraversava da nord a sud il paese lungo le attuali via Lorenzo Panepinto e piazza Guglielmo Marconi. Al di fuori di questo tratto di mura fu costruita la chiesa di Santa Rosalia, come descritto in una lettera del 1607[11]: «[...] dicono alcuni antichi che a una peste antica comparve la santa a questo luogo dove è hoggi la chiesa, la quale allora era fuori le mura. Bivona anticamente era rinserrata intorno come già si vedono li muri antichi [...]» I resti delle mura orientali erano ancora visibili fino alla prima metà del XIX secolo: sono citati, infatti, in documenti del 1714, del 1752 e del 1838[12]. PorteLe porte, poste in corrispondenza delle vie di accesso nel paese, dovevano essere almeno quattro, anche se ne risultano documentate solo due (Porta dei Cavalieri e Porta dei Ferri)[6].
A Bivona esistono, inoltre, due toponimi, Porta Palermo e Porta Vecchia, che, riscontrandosi per la prima volta nella toponomastica cittadina nella seconda metà dell'Ottocento, non dovrebbero riferirsi ad antiche porte esistenti lungo il circuito murario del paese[6]. Note
Bibliografia
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