MissusIl Missus (in friulano Anunziazion o Nunsiade) è la celebrazione della novena di Natale in uso nell'antica diocesi patriarcale di Aquileia, e conservata nell'arcidiocesi di Udine, in buona parte dell'arcidiocesi di Gorizia e della diocesi di Concordia-Pordenone, nonché in alcune aree di quella di Belluno-Feltre. Tale celebrazione, che si svolge ogni giorno dal 15 al 23 dicembre, è incentrata sul canto del brano evangelico che narra l'annuncio dell'angelo alla Vergine Maria (Lc 1,26-38), brano che inizia appunto con le parole Missus est angelus Gabriel a Deo. OriginiLe origini della tradizione liturgica del Missus, che è tuttora assai radicata nell'animo dei fedeli friulani, non sono state mai definite con assoluta certezza. Agli inizi del Novecento gli studiosi Ivan Trinko[1] e Giuseppe Vale[2] si limitarono a sottolinearne la matrice aquileiese, ma senza fornire argomentazioni decisive. Le origini del canto dell'annunciazione nella novena prenatalizia friulana potrebbero infatti essere illuminate da alcuni indizi offerti dal Codex Rehdigeranus[3], un documento liturgico di area aquileiese del VI secolo corredato di un Capitulare evangeliorum; sulla base delle indicazioni offerte da quest'ultimo circa i brani evangelici da proclamare nelle diverse feste, si sa infatti che la V domenica di Avvento comportava la lettura della pericope lucana dell'annunciazione. Inoltre, in epoca medievale, tale pericope veniva proclamata in alcuni monasteri da un sacerdote in vesti bianche e con un ramo di palma in mano, in un tripudio di luci[4]. «Quest'ultimo dettaglio – evidente allusione all'iconografia consueta per l'arcangelo Gabriele – permette di richiamare i cosiddetti misteri, quelle particolari manifestazioni di religiosità poste sul crinale tra liturgia e drammaturgia. Nel Medioevo, infatti, soprattutto sui sagrati delle chiese, si “mettevano in scena” le narrazioni bibliche per esprimere gli eventi salvifici. Così anche in Friuli, come in alcune altre realtà, sono state riscontrate testimonianze dello zu del agnul e de Maria, ricordato dai registri dei camerari gemonesi come vera drammatizzazione dell'annunciazione attraverso figuranti che rappresentavano i personaggi coinvolti nell'avvenimento. Chiaramente era la natura dialogica del racconto a favorire una rilettura drammatizzata e la distribuzione delle parti. La liturgia stessa ospitava forme rituali fortemente mimetiche, ovvero i drammi sacri; tra essi è degna di nota la Representatio angeli ad Mariam, come riportato dal processionale cividalese CI del XIII secolo»[5]. Le numerose sacre rappresentazioni che avevano fino ad allora nutrito l'immaginario dei fedeli furono proibite, secondo Giuseppe Vale, contestualmente alla abolizione del rito patriarchino, avvenuta sullo scorcio del XVI secolo. Lo studioso suppone che il canto del vangelo, con formule diverse per il dialogo tra il cronista, l'angelo e la Vergine, fosse stato altresì recuperato nella novena di Natale istituita proprio negli stessi anni dal patriarca Francesco Barbaro. Dalla sua sede originaria, la chiesa plebanale udinese di Santa Maria di Castello, l'usanza si sarebbe diffusa in ampie aree della diocesi aquileiese. È importante notare la specificità che la novena di Natale secondo la tradizione aquileiese riceve dalla pericope evangelica dell'annunciazione: secondo Vale, il canto del Missus quale parte della novena di Natale «era uso esclusivamente friulano, cosa provata dal fatto che in nessun formulario di preghiere per la novena stampato al di fuori del Friuli era compreso il testo di san Luca»[6]. Tale specificità è stata conservata anche nella recente revisione del rito a cura della Commissione liturgica dell'Arcidiocesi di Udine[7]. TestoLa cantoria, accompagnata dall'assemblea, si divide in 3 voci: narratore (detto storico), angelo e Maria.
Forme musicaliLa consuetudine delle comunità rurali ha dato particolare impulso a questa celebrazione, rivestendo il testo lucano di forme musicali peculiari. Mentre non ci sono note le intonazioni del Missus in uso nei secoli XVI, XVII e XVIII, sono tuttora vive, soprattutto in Carnia, quelle che seguono gli stilemi della tradizione orale chiamata ‘patriarchina’, tipiche dei luoghi in cui non era possibile una esecuzione musicale più organizzata. La presenza di queste forme, che si affiancano a quelle d'autore ottocentesche e novecentesche, fa sì che il genere del Missus rappresenti «un vero e proprio problema di storiografia musicale, da investigare integrando gli strumenti della ricerca musicologica e dell'etnomusicologia, oltre a quelli della storia liturgica locale»[8]. A partire dalla fine del Settecento, alla creazione di brani musicali sulla pericope evangelica del Missus si sono dedicati gli autori locali più affermati; il primo compositore di un Missus in ‘canto figurato’ fu, secondo Vale, Giovanni Battista Tomadini, ma tra le sue opere attualmente censite non ne compare alcuno; un primato cronologico spetterebbe invece al Missus di Domenico Carminati (datato «Venzone 1800»), maestro di cappella a Palmanova[9]); tra gli altri compositori si ricordano almeno Giovanni Battista Candotti, Jacopo Tomadini, Vittorio Franz (autore di cinque Missus)[10], Raffaele Tomadini, Giovanni Battista Cossetti, Carlo Rieppi, Antonio Foraboschi e molti altri. Tra queste composizioni, va segnalato per il notevole successo il Missus op. 517 di Candotti, che si è divulgato nella prassi delle comunità friulane piccole e grandi, e «rappresenta un interessante caso di raccordo fra la storia musicale scritta e la tradizione orale sia per l'evidente richiamo al modello del missus tradizionale (nell'incipit), sia per la sua larga diffusione quale prodotto musicale ‘popolare’»[11]. Negli ultimi anni del secolo, in particolare l'attivismo dei ceciliani friulani comportò il rilancio di una tradizione che persiste anche nella contemporaneità, in un percorso che testimonia il mutare degli orientamenti estetico-musicali nel corso del tempo. Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
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