La magia naturale, quale si è andata delineando a partire dall'età rinascimentale, è quella disciplina dell'occulto che si occupa delle forze della natura, concependole come entità vive e animate, e in quanto tali manipolabili dal mago che può impartire loro direttamente dei comandi, agendo in armonia con le loro leggi fenomeniche.[1][2]
Questo tipo di magia spesso è consistito nello studio sperimentale della natura, in maniera simile ad una scienza naturale su basi spirituali,[4] presentandosi come la traduzione in pratica, o la controparte complementare, della filosofia della natura.[5][6]
Il dibattito sulla liceità o meno di una magia naturale risale al Medioevo, quando i teologi cristiani cercarono di definire i limiti che separassero la magia «vera» o appunto naturalis, cioè rispettosa delle leggi iscritte da Dio nella natura, da quella «falsa» che sarebbe stata ispirata dal demonio. Un tale approccio tuttavia spogliava di fatto la magia della sua valenza prodigiosa, respingendo come soprannaturale e perciò maligna qualsiasi operazione che alterasse l'intima essenza degli enti sublunari, concepiti secondo la dottrina aristotelico-tomista delle forme, immettendo o risvegliando in loro delle virtutes o proprietà occulte che esse prima non manifestavano.[6]
Il successivo dibattito che si protrarrà fino al Rinascimento inoltrato assumerà le vesti di una battaglia culturale per ampliare la legittimità e la definizione stessa della magia naturale, oltre le ristrettezze imposte dalle strutture mentali dell'inquisizione ecclesiastica.[6]
Principali sostenitori della magia naturale
Di seguito alcuni dei principali sostenitori della magia naturale che si inserirono in questo dibattito:
Ruggero Bacone, alchimista appartenente all'ordine francescano, già nel Duecento aveva cercato di distinguere la magia bianca o naturale, che intende operare in armonia col disegno universale stabilito da Dio, dalla magia nera o necromantica, che mira invece a sottomettere gli enti naturali al volere del mago, sovvertendone le leggi con l'evocazione di spiriti o demoni, oppure ricorrendo ad artifici e inganni:[9]
«Quicquid autem est praeter operationem naturae vel artis, aut non est humanum, aut est fictum et fraudibus occupatum.»
(IT)
«Qualunque aggiunta che vada oltre le opere della natura o dell'arte, o non è di provenienza umana, oppure è finta e coinvolta in una frode.»
(Ruggero Bacone, Epistola de secretis operibus artis et naturae, cap. 1, pag. 523, nell'edizione curata da S. J. Brewer, Londra, Longman, 1859)
Marsilio Ficino nel Quattrocento fu tra i primi umanisti che contribuirono alla rinascita del neoplatonismo e dell'ermetismo, ripensando in termini nuovi i rapporti tra natura e arte magica. Nel terzo libro del suo De vita, stampato nel 1489, pur muovendosi nel contesto della medicina astrologica, Ficino intendeva rifondare la funzione del sapere, da lui concepito non più solo in senso intellettuale o contemplativo, ma anche operativo e taumaturgico.[6]
Sviluppando la dottrina emanatistica di Plotino, Ficino vedeva l'universo come il risultato della dispersione dell'Uno nella molteplicità, e perciò intimamente vitalizzato da energie e forze arcane, celate nell'oscurità della materia, che spetta al mago ridestare e ricombinare secondo i loro rapporti di simpatia o antipatia.
«[...] un universo tutto vivo, tutto fatto di nascoste corrispondenze, di occulte simpatie, tutto pervaso di spiriti; che è tutto un rifrangersi di segni dotati di un senso riposto; dove ogni cosa, ogni ente, ogni forza, è quasi una voce non ancora intesa, una parola sospesa nell'aria; dove ogni parola ha echi e risonanze innumerevoli; dove gli astri accennano a noi e si accennano fra loro, e si guardano e ci guardano, e si ascoltano e ci ascoltano.»
(Eugenio Garin, Magia ed astrologia nella cultura del Rinascimento, articolo su «Belfagor», n. V, pag. 659, anno 1950)
Ne consegue, da un lato, che la magia non è sterile imitazione della natura, ma dall'altro essa è perfettamente naturale, in quanto si propone di preservare, e anzi di favorire la spontanea evoluzione di tutto il creato che, corrottosi a causa del biblico peccato originale, tenderebbe inconsciamente a ritornare verso la sua perfezione originaria.
La magia così intesa è quindi un atto di amore, un dovere sacro dell'uomo che, essendo immagine di Dio, è chiamato a redimere la natura nella prospettiva religiosa ed escatologica della «cura».[6]
In Pico della Mirandola ritorna il presupposto religioso su cui si fonda la magia naturale, seppure in un'ottica diversa da quella ficiniana: per Pico infatti la legittimazione divina della magia avviene attraverso la cabala, le cui dieci sephirot esprimono le diverse modalità della manifestazione di Dio nella natura. Si tratta pertanto di una magia di tipo fonetico, che porta il mago a trascendere la stessa scala naturae in cui è strutturato l'universo coi suoi influssi astrologici, per collocarsi al livello dell'intelligenza divina, e far affiorare così, da «ministro e non artefice della Natura», «dai suoi oscuri recessi, le virtù sparse e seminate nel mondo dalla bontà di Dio», riunendo le virtù inferiori della terra con quelle superiori del cielo.[10]
«Et sicut agricola ulmos vitibus, ita Magus terram caelo, idest inferiora superiorum dotibus virtutibusque maritat. Quo fit ut quam illa prodigiosa et noxia, tam haec divina et salutaris appareat.»
(IT)
«Come il contadino marita gli olmi alle viti,[11] così il mago la Terra al Cielo, ossia gli elementi inferiori con le facoltà e le virtù degli elementi superiori. Perciò, quanto l'una magia appare mostruosa e nociva, tanto l'altra si mostra divina e salutare.»
Penetrando nei recessi nascosti della natura, la magia si prefigge così il medesimo scopo dell'iniziazione nei misteri antichi.[13]
Il tedesco Agrippa di Nettesheim, sulla scia di Ficino e di Pico, intendeva rivalutare la figura del mago in quanto «sapiente, sacerdote e profeta», definendo la magia come la filosofia più santa e più nobile, per la sua capacità di penetrare i segreti più reconditi della natura, e riaccordare tra loro gli aspetti terreni con quelli celesti: per questo essa è scienza integrale della natura, tanto fisica quanto metafisica.[10] Il suo De occulta philosophia in particolare è diviso in tre libri, corrispondenti ai piani della realtà su cui opera la magia:
Agrippa riprende inoltre la concezione neoplatonica di una natura pervasa da potenzialità spirituali ed occulte derivanti dalle idee, infuse dentro di essa dall'Anima del Mondo.
«E si chiamano poteri, o proprietà, occulti, perché le loro causali ci sfuggono e lo spirito umano non può penetrarli. Perciò solo i filosofi hanno potuto, pel lunga esperienza piuttosto che per ragionamento, acquistarne in parte la conoscenza.»
Paracelso si segnalò nel dibattito sulla magia naturale soprattutto per i suoi apporti in ambito medico, superando la tradizionale concezione ippocratica degli umori, e attribuendo piuttosto all'azione di spiriti incorporei, denominati arcani, la causa degli squilibri patogeni in grado di alterare i tre principi spagirici dell'organismo, corrispondenti agli archetipi del mercurio, dello zolfo e del sale.[14]
Tra le altre cose Paracelso sviluppò la dottrina delle segnature, basata sulla somiglianza delle forme dei vegetali con l'aspetto degli organi umani, svelando la loro funzione terapeutica occulta.[14]
Con Giordano Bruno giunse a maturazione il proposito di naturalizzare la magia, estendendo a dismisura il concetto stesso di natura, nel quale egli ricomprese non solo il mondo fisico e celeste, ma anche i demoni. Il discrimine tra magia lecita ed illecita si trasforma così, nella «nolana filosofia», in una distinzione riguardante unicamente la finalità che il mago persegue: nella scienzateurgica costui ricerca la struttura razionale della realtà coi suoi nessi di simpatia per potervi poi intervenire, anche andando oltre le sue leggi ordinarie, mentre nella magia desperatorum, ossia dei superstiziosi, la ragione viene sottomessa ad una federeligiosa, nell'illusione di potersi congiungere a Dio per vie extra-naturali.[6]
Per Bruno non aveva più senso la separazione tra dimensione astrale e mondo sublunare: la distinzione gerarchica fra diversi piani della realtà venne ricondotta alle loro attitudini funzionali più che a differenze ontologiche, essendovi una sola Causa universale e sostanziale, «un'anima di un solo genere, sebbene non sempre di un unico e identico atto a causa delle sempre diverse disposizioni della materia». L'esigenza di ordinare discorsivamente gli enti naturali secondo una scala appartiene alla fase conoscitiva della magia, convalidata successivamente dalla produzione operativa di fenomeni magici con cui la sapienza viene unita all'arte: il mago infatti non è che «un sapiente dotato della capacità di agire».[15]
Lo studio delle diverse tipologie di cause, mediate dalla Causa prima, conduce Bruno a prospettare tre livelli all'interno della stessa magia fisica, ovvero:
magia divina, che risale al Principio universale;
magia naturale, che ne individua la diversità degli effetti nella materia;
magia matematica, che ricompone razionalmente la realtà in un unico quadro mentale.[6]
Secondo Campanella, infine, una magia autenticamente naturale non avrebbe potuto prescindere dal riconoscimento della capacità senziente che egli attribuisce a tutti gli esseri, anche i più insignificanti o apparentemente inanimati, ossia dei sentimenti di simpatia e antipatia con cui essi tendono a presevare la loro natura, che si traducono in rapporti di amore, odio, speranza e timore.[6]
«Or chi sa tutti questi effetti nell'uomo ingenerare, con erbe, azioni e altre cose opportune, mago si può appellare.[6]»
(Tommaso Campanella, Del senso delle cose e della magia, 1604[19])
L'uso del termine «naturale», che intendeva escludere da questo tipo di magia qualsiasi ricorso ad interventi «soprannaturali», ritenuti spregiativamente sinonimo di «innaturali» o persino «contro natura»,[20] è stata foriera in ogni caso di ambiguità lessicali, come quando si cerchi di applicare questa distinzione a culture diverse da quella occidentale. Tale era ad esempio la difficoltà riscontrata dall'antropologo William Rivers:[21]
«L'uso del termine sovrannaturale implica l'esistenza del concetto di naturale, ed è proprio questo concetto quale noi lo abbiamo che manca tra i popoli di cui intendo parlare.»
Pur cercando di separare la magia dalla religione, Rivers si accorse infatti che vari ritualianimistici come quello della preghiera rivolta a superiori entità spirituali si riscontravano ugualmente nelle pratiche magiche, in cui risultava arduo distinguere l'intervento di esseri soprannaturali da quello di forze meramente impersonali.[21]
«Le entità e i processi del mondo sensibile sono l'espressione esteriore dei processi e degli esseri soprasensibili, spirituali.»
(Wilhelm Pelikan, Le piante medicinali per la cura delle malattie, vol. III, Alassio, Natura e Cultura, 1998)
Secondo il Concise Oxford Dictionary del 1934, la magia nera, la magia bianca, e la magia naturale andrebbero così distinte a seconda della tipologia di esseri implicati: i diavoli nella prima, gli angeli nella seconda, e spiriti impersonali nella terza.[21]
Oltre al pampsichismo, ossia la visione per cui tutto è impregnato da una coscienza, un altro concetto proprio della magia naturale è che il mondo non è un mero assemblaggio di componenti meccaniche, e quindi i fenomeni e gli eventi della natura non sono l'effetto di pure leggi deterministiche, bensì di reciproche interazioni fra le sue parti, le quali, essendo vive e senzienti, instaurano fra di loro dei rapporti di simpatia e antipatia, ovvero attrazione o repulsione.
Un risvolto terapeutico di questa concezione magica si ebbe nella cosiddetta «dottrina delle segnature», sviluppata tra gli altri da Paracelso e Giambattista della Porta, secondo la quale ogni essere naturale di origine animale, vegetale o minerale, a seconda dell'aspetto con cui si presenta (appunto la sua segnatura) indica quale parte del corpo umano può curare in base alla sua affinità con quest'ultima: ad esempio una noce ha una relazione occulta col cervello per via della loro somiglianza, o la forma di un fagiolo con quella dei reni.[27]
^Illustrazione presente in Michael Maier, Symbola aureae mensae duodecim nationum, Francoforte, typis Antonij Hummij, 1617.
^Michela Pereira, Ruggero Bacone: natura tra filosofia, scienze e magia, in AA.VV., L'idea di natura dal Medioevo all'età moderna, "Hermes. Studi di filosofia", pp. 120-121, Universitalia, 2018.
^Tale era ancora la definizione di magia, ad esempio, nel dizionario francese Larousse del 1928: «presunta arte di produrre, per mezzo di pratiche il più delle volte bizzarre, effetti contrari alle leggi della natura».
^abc Gilbert Lewis, Magia, su treccani.it, Enciclopedia delle scienze sociali, 1996.
^Talete affermava ad esempio che «tutte le cose sono piene di dei» (da una testimonianza di Aristotele, De Anima, 411 a7).