Il fuorilegge (film 1978)

Il fuorilegge
L'arrivo di Perceval alla corte di re Artù
Titolo originalePerceval le Gallois
Paese di produzioneFrancia, Italia, Germania
Anno1978
Durata140 min
Generedrammatico
RegiaÉric Rohmer
SoggettoChrétien de Troyes (poema)
SceneggiaturaÉric Rohmer
Casa di produzioneLes Films du Losange
FotografiaNéstor Almendros
MontaggioCécile Decugis
MusicheGuy Robert
ScenografiaJean-Pierre Kohut-Svelko
Interpreti e personaggi

Il fuorilegge (Perceval le gallois) è un film del 1978 diretto da Éric Rohmer, tratto dal poema cavalleresco incompiuto del ciclo bretone Perceval o il racconto del Graal, composto tra il 1175 ed il 1190 da Chrétien de Troyes.

Trama

Affascinato da un incontro imprevisto con dei cavalieri, Perceval, un ragazzo cresciuto isolato nel suo castello e nei boschi intorno, è convinto di aver visto degli angeli.

Sfidando la disapprovazione della madre che, a causa di tragici lutti, ha fatto di tutto per evitare che Perceval conosca la guerra, decide di recarsi alla corte di re Artù per diventare cavaliere. La sua inesperienza e la sua ingenuità gli fanno commettere gravi errori. Durante il viaggio provoca la gelosia del cavaliere Orgueilleux de la Lande (di cui ha ingenuamente baciato la dama), che giura di fargliela pagare.

Alla corte di re Artù ottiene l'investitura a cavaliere e uccide il Cavaliere Rosso, che è in lite col re e ha insultato la regina; s'impossessa della sua armatura e parte per nuove avventure. ottiene. Da Gornemant de Goort, un castellano che gli concede ospitalità, riceve dei consigli e viene iniziato all'uso delle armi. Nella città di Beaurepaire difende la giovane dama Blanche-Fleur respingendo gli assalti di Clamadieu des Îles, un nobile che vorrebbe impadronirsi del castello di lei: lo sconfigge ma gli concede salva la vita, preferendo affidarlo alle prigioni di re Artà.

Vorrebbe allora tornare al castello materno. Dalla nebbia emerge la sagoma di un maniero: il Re Pescatore, suo castellano, gli offre ospitalità. Durante la festa assiste a uno strano cerimoniale: un giovane porta una lancia sanguinante e una ragazza una coppa, il "Graal". Per discrezione non osa chiedere spiegazioni. La mattina dopo si ritrova solo, il maniero è vuoto. Una donna dall'aspetto stregonesco gli rimprovera di non aver fatto la domanda che avrebbe guarito il re ammalato.

Ormai Perceval è condannato a errare e a non ritrovare il proprio castello. Proseguendo il suo viaggio, ha l'occasione di umiliare l'Orgueilleux de la Lande. Udita la fama delle sue gesta, re Artù si ripromette di incontrarlo ma Perceval preferisce la solitudine.

Trascorrono cinque anni. Apprende da un eremita che le sue disgrazie dipendono dal fatto che ha abbandonato sua madre e lei è morta di dolore. Perceval ritrova il maniero del Graal. Il venerdì santo si raccoglie davanti alla rappresentazione della Passione e si pente dei peccati di vanità.

Produzione

Il soggetto

Il soggetto del film è tratto dal poema arturiano Le conte du Graal ou le Roman de Perceval di Chrétien de Troyes (1137-1190). Già nel 1964 Rohmer aveva realizzato per la televisione un documentario su di esso, in bianco e nero, di venti minuti, con documenti e miniature dell'epoca. Passeranno quattordici anni perché realizzi la versione cinematografica. Il regista spiega in un'intervista[1]:

(FR)

«Ce film ne prétend pas s'inscrire dans la lignée des œuvres qui, à la manière de Parsifal. de Richard Wagner…, reprennent, amplifient, interprètent la légende du Graal. Ce n'est pas tant le thème qui nous importe ici, que le texte, l'un des plus beaux de la littérature française et auquel le cinéma peut redonner une audience qu'il n'a plus.»

(IT)

«Questo film non pretende di inserirsi nella tradizione delle opere che come il Parsifal di Richard Wagner... riprendono, amplificano, interpretano la leggenda del Graal. Non è tanto il tema che in questo caso ci interessa ma il testo, uno dei più belli della letteratura francese e al quale il cinema può offrire un pubblico che non ha più.»

La lingua

L'utilizzo diretto del testo di Chrétien de Troyes, nel francese del XII secolo avrebbe impedito al film di essere accessibile al grande pubblico. Rohmer che non era soddisfatto delle traduzioni esistenti ne intraprese una propria, in versi di otto sillabe, che "obbedisse a una duplice esigenza, quella di essere letterale e quella di essere comprensibile". Tradurrà solo una parte dei 9234 ottonari del poema.

«Contrairement à l'idée reçue, la poésie est plus facile à comprendre que la prose. Ces octosyllabes sont plus proches du langage parlé actuel, même celui d'un enfant de six ans, que la prose très écrit par laquelle le lecteur français d'aujourd'hui est invité prendre connaissance du texte de Chrétien de Troyes. La littérature populaire a été rimée et l'est encore. C'est en vers, généralement de huit pieds, que sont composées nos chansons et nos comédies musicales.»

«Contrariamente a ciò che si crede, la poesia è più facile da comprendere della prosa. I versi ottonari sono più vicini alla lingua parlata attuale, anche di quella di un bambino di sei anni, rispetto alla prosa attraverso la quale il lettore d'oggi è invitato ad affrontare il testo di Chrétien de Troyes. La letteratura popolare era in rima e lo è ancora. È in versi, generalmente di otto piedi, che sono composte le nostre canzoni e le commedie musicali.»

Una "messa in scena" teatrale

Il film è tutto girato nello studio di Epinay in un'unica scenografia. Il regista dichiara in un'intervista concessa a Claude-Jean Philippe che "ha cercato di trovare la visione di uno spazio che fosse semplificato, cioè di uno spazio che si potesse afferrare quasi con un solo colpo d'occhio".

La scenografia è stilizzata: un'arena di sabbia, erba dipinta, rocce di cartone, un fiume in fibra di vetro, tre alberi di metallo, un castello di cartone dorato, sempre lo stesso, su cui cambiano solo gli stemmi e le insegne.[2].

Recitazione e scenografia

Ecco come Rohmer stesso spiega le sue scelte registiche:

«Les acteurs de ce film sont des récitants qui, pris par leur texte, finissent par jouer ce qu'ils s'étaient simplement proposés de dire. C'est bien ainsi que nous entendons les présenter d'emblée, par une mise en scène qui tourne délibérément le dos au réalisme cinématographique, si l'on veut, inspirée par la scénographie médiévale, mais aussi par les leçons du moderne Théâtre en Rond. Le studio de tournage sera occupé par un espace central assez vaste, sorte de lice où se rouleront les tournois et toutes les évolutions des chevaux. Autour de ce champ clos seront construit, comme autant de maisons, les décors intérieurs et extérieurs de différentes scènes. Donc on voit un film qui est à la fois médiéval et moderne.»

«Gli attori di questo film sono dei recitanti che, presi dal loro testo, finiscono col recitare ciò che si erano semplicemente proposti di fare. È proprio così che noi li vogliamo presentare fin da subito, attraverso una messa in scena teatrale che rifiuta deliberatamente il realismo cinematografico, se si vuole, ispirata alla scenografia medievale, ma anche alla moderna lezione del Théâtre en Rond. Lo studio per le riprese sarà occupato da uno spazio centrale abbastanza vasto, una specie di lizza in cui si gireranno i tornei e le evoluzioni dei cavalli. Attorno a questo campo chiuso saranno costruiti, come delle case, gli interni e gli esterni delle differenti scene. Dunque si vede un film che è al tempo stesso medievale e moderno.»

Uso della terza persona

I personaggi parlano di sé stessi in terza persona. Essi descrivono se stessi, commentano il proprio comportamento, anche in preda alle emozioni più forti. Non si sottolinea il passaggio fra discorso diretto e discorso indiretto. Ad esempio in una scena, Blanchefleur, prima di mettersi a piangere, mormora: "Lei piange". Ciò produce un effetto di "straniamento" fortemente voluto da Rohmer. Viene utilizzato alternativamente il parlato e il canto.

Coro

Rohmer ricorre all'invenzione di un coro: voci anonime fuoricampo cantano e commentano la storia.

Musica

Autore delle musiche è Guy Robert, che ha rielaborato arie del XII e del XIII secolo e utilizzato strumenti dell'epoca, come la chitarra saracena, la ribeca, il liuto, il flauto traverso, lo chalumeau.

Distribuzione e accoglienza

Il film, presentato al Festival di Parigi nel 1978, sconcerta pubblico e critica[senza fonte]. In Italia fu distribuito nel 1984 con sottotitoli.

Critica

Jean de Baroncelli scrive su Le Monde il 13 ottobre 1978:

«...un prodotto insolito...come cascato da un altro pianeta e di fronte a cui il nostro sguardo resta freddo.»

Medioevo e infanzia

Giovanna Angeli scrive in un suo studio dedicato alle fonti medioevali del film:

«Medioevo-Infanzia: ecco l'equazione che si presenta quando si tratta di interpretare il cinema sul Medioevo.[...] Lancillotto e Ginevra (Lancelot du Lac) (1974) di Robert Bresson o I nibelunghi (Die Nibelungen) (1924)di Fritz Lang riportano lo spettatore, con la loro atmosfera primitiva, falsamente realista, a un mondo utopico nel quale, da bambini, avremmo potuto vivere. La campagna, la foresta, le capanne, i prodotti semplici della natura, la cavalleria, rappresentata con colori dalle tonalità quotidiane, accorciano le distanze con una storia scritta otto secoli fa e ci immergono nel ricordo fantastico di un passato vissuto, come se il medioevo, nella sua versione pura, fosse il ricordo stesso della nostra infanzia [...] Quanto al Perceval di Rohmer gli spetta senz'altro il primo posto in questa gerarchia.»

Riconoscimenti

Note

  1. ^ Éric Rohmer : "Perceval le Gallois", su University of Delaware. URL consultato il 6 settembre 2022.
  2. ^ Ciné-club : Perceval le gallois de Eric Rohmer
  3. ^ Persée

Bibliografia

  • Intervista a Rohmer sul film e conversazione con Jacques Le Goff, in Ça cinéma, n. 17, 1979.
  • Note sull'adattamento e la regia di Perceval le Gallois, in "Fiction", n. 2, inverno 1977-78.
  • Pascal Bonitzer, Éric Rohmer, Cahiers du cinéma, 1991.
  • Jacques Fieschi, Entretien avec Fabrice Luchini, Cinématographe, nº 44, 1979.
  • Marty Joseph, Perceval le Gallois d'Eric Rohmer, un itinéraire roman, Cahiers de la Cinémathèque, nº 42-43, 1985.
  • Wise Noami, Perceval, French Quarterly, nº2, 1979.
  • Giovanna Angeli, Perceval le Gallois d'Éric Rohmer et ses sources, in Le Moyen Âge dans le théâtre et le cinéma français, Cahiers de l'Association internationale des études francaises, vol. 47, n. 1, maggio 1995.
  • Chrétien de Troyes, Le Conte du Graal (Perceval), éd. Félix Lecoy, Paris, Librairie Honoré Champion, Parte I e II, 1984.
  • Chrétien de Troyes, Le conte du Graal ou le Roman de Perceval, Le Livre de Poche, testo presentato, pubblicato e tradotto da Charles Méla, Paris, Librairie générale française, collezione "Lettres gothiques" diretta da Michel Zink, 1990.

Collegamenti esterni

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